Sport club aprile 2018

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VINO #vino

L’ENOFILO Rubrica a cura di Roberto Coggiatti

VINO SFUSO SÌ O NO? Care amiche e cari amici di Sport Club, questo mese voglio rispondere ad alcune domande che qualcuno mi ha posto a proposito dei vini sfusi. Ma come sono fatti i vini sfusi? Sono veramente di qualità? Posso fidarmi quando dicono che “ è buono è leggero, non le fa male”?

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bbene sì, sarà la crisi che abbiamo affrontato, sarà la voglia di qualcuno di pesare meno nei confronti dell’ambiente con gli imballi, sarà la voglia di spendere meno, ma un incremento nei consumi di vino sfuso c’è stato. Come spiego sempre a chi viene ai miei corsi, partiamo dall’inquadrare correttamente la situazione. L’Italia paese che produce vino da sempre, è un paese con una storia contadina ancora attuale. Difficilmente troveremo una famiglia italiana in cui almeno un parente non abbia un pezzo di terra con delle viti piantate, e non abbia mai prodotto del vino. I più giovani meno, ma tutti quelli che hanno dai 40 anni in su ricorderanno il parente che porta il vino fatto da lui o comprato dall’amico contadino a qualche festa familiare. Questo per dire che il vino sfuso ha fatto e fa ancora parte dei nostri retaggi culturali. Molte persone over 40 considerano ancora il vino in bottiglia

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una sciccheria per ricchi, ed il vero vino quello sfuso. Chi ha ragione? Forse entrambi, se consideriamo che dal punto di vista merceologico il vino è una soluzione idroalcolica che deve superare i 10,5 gradi alcolici, e nemmeno sempre, si devono specificare dei parametri quali Bianco o rosso ma poco di più gli garantisce il nome. Quindi esistono vini e vini. E’ il palato il vero fattore discriminante. Se si è bevuto solo sfuso e si conosce solo quello lo si apprezza, di sicuro il salto con le bottiglie va fatto. E passiamo a spiegare che differenza esiste tra la lavorazione dello sfuso e quello della bottiglia. Tecnicamente nessuna, ma in realtà negli sfusi confluiscono varie cose. Innanzitutto il produttore tende ad avere una produzione non uniforme, questo perché madre natura influenza ogni singola vite, e di conseguenza in un vigneto avremo viti che danno uva migliore e viti che danno uva peggiore. Il bravo vignaiolo quindi saprà dividere il vino ottenuto e quindi il migliore verrà imbottigliato quello venuto meno bene sarà destinato ad altri usi. Questa premessa ci fa capire che a parità di cantina e di uve avremo livelli produttivi differenti, una vigna produrrà più uva e quindi avremo un vino inferiore, un’altra vigna produrrà meno uva, quindi di migliore qualità, e avremo un vino superiore. Fino a qui nulla di strano, tecnicamente una stessa cantina potrà produrre sia bottiglie di vario livello e che vino sfuso. L’aspetto economico deve però farci aprire gli occhi. Un vino meno buono costa sicuramente di meno, e spesso quello meno buono finisce in vendita come sfuso, dato che non potrebbe ben figurare in una buona bottiglia. Abbiamo già detto che spesso il consumatore abituale di sfuso non è un degustatore, ma un consumatore che cerca un prodotto accettabile ad un prezzo accessibile, quindi alcune differenze non verranno nemmeno percepite. Di sicuro si può produrre un vino sfuso di qualità, ma io diffido di chi sbandiera il suo come di qualità., soprattutto se esce ad un prezzo troppo basso. Questo è il crinale che divide il prodotto di qualità da quello che non lo è. Il punto è che chi lo riconosce smette di comprarlo e passa ad altri vini. Un vino che viene commercializzato all’ingrosso al di sotto di 1 euro al litro, e di conseguenza tra 1, 4 e 1,8 al dettaglio non può essere di qualità. Il costo di una buona uva non permette di realizzare vini buoni a quel costo. A quel costo sono prodotti vini provenienti dalle sotto lavorazioni dell’uva. In pratica una volta che dai miei acini ottengo il primo mosto, posso aumentando la spremitura ottenere altri prodotti meno pregiati che sono utilizzati per produrre vino. Anche le tecniche di vinificazione e gli impianti di produzione fanno la differenza, con la


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