La ricostruzione dopo una catastrofe: da spazio in attesa a spazio pubblico

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prima di una casa propria, hanno bisogno di una casa in comune con quanti hanno perduto la loro dimora: uno spazio di silenzio e parola10, di incontro e raccoglimento, però sempre in comunione. Alcune riflessioni conclusive Il meccanismo dei concorsi, alternative? I concorsi di idee hanno il vantaggio della visibilità e possono contribuire ad un processo di ricostruzione riuscito se generano, sin dall’inizio, le sinergie necessarie per stabilire un laboratorio permanente in situ dove i protagonisti esprimano i loro bisogni ed elaborino le risposte adeguate. Abbiamo già rilevato, tuttavia, i pericoli di una progettazione in differita che fomenta un dubbio legittimo sull’efficacia del processo se non procede da una domanda sociale reale, disperde energie e pospone la coordinazione degli attori implicati. Vi sono alternative? La storia ci offre esempi11 straordinari di intensificazione dei processi di ricostruzione nel caso di workshop sul posto con coinvolgimento degli attori locali generando poderosi atti di riterritorializzazione (De Matteis, Governa, 2005; Magnaghi, 2000) che aiutano gli abitanti nel riconoscimento prima, implicazione e cura dopo. La ricostruzione possibile La ricostruzione affronta il sentimento incommensurabile di perdita dei suoi abitanti. L’elaborazione del trauma dura decenni, aggravata spesso da interventi che ignorano la percezione simbolica del territorio e le risorse reali disponibili. Una ricostruzione disattesa, o erronea, genera aspettative frustrate e traumi insuperati rendendo più difficile agire: il progetto di una nuova città non prefigura solamente una forma urbana ma anche un modo di convivenza, implicando questioni sia di ordine formale e architettonico, che politico e sociale. Lo studio di diversi casi dimostra che sola professionalità di pianificatori e progettisti non è garanzia di successo. Non basta ricostruire infrastrutture, case e servizi per conseguire l’accettazione e la cura degli abitanti, occorre intervenire con la stessa intensità e qualità negli spazi edificati come in quelli aperti per preservare l’identità dei luoghi e delle comunità locali. E questo è difficile perchè implica la capacità di leggere sia gli elementi materiali ed espliciti di del territorio, che quelli immateriali e impliciti trovando le forme della loro attualizzazione nel presente. Se ci riferiamo, ad esempio, al tema della casa, solitamente gli urbanisti disegnano un tracciato e definiscono gli usi prioritari, quindi gli architetti riempioni i vuoti di edifici, spesso alieni tra loro, alla

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10 La 'casa di tutti' rimanda alla Togu-na, 'casa della parola' presso i Dogon (Mali), uno spazio comunitario con il tetto molto basso dove gli abitanti si riuniscono per discutere questioni importanti del villaggio. L’altezza del ricettacolo non permette di alzarsi in piedi per eccesso di veemenza, garantendo la modulazione dell’espressione individuale. 11 Belice 1980, Vajont 2004, Greensburg 2007, etc.

città nel suo insieme ed alle forme di vita comunitaria. Il tessuto vivo che conforma lo spazio pubblico, il semipubblico e, in parte, quello privato, è invece condiviso da molti soggetti diversi, quindi la sua progettazione dovrebbe essere il più possibile aperta, trasparente ed inclusiva. Urbanisti e architetti tendono ad immaginare la città o la casa a partire da un modello di società e di famiglia ideale, che non esistono, mentre la città è un organismo vivo, mai perfetto, mai finito né unidirezionale che richiede la capacità di integrare il sapere pratico-vivenziale degli abitanti e quello disciplinare dei tecnici. In difesa dell’uso Spesso la risposta dell’amministrazione pubblica all’emergenza è il trasferimento della popolazione in località considerate sicure. Questa soluzione, motivata come temporale e d’urgenza, suole convertirsi in definitiva, ma un cambio forzato di dimora è sempre un atto violento12 (Abhas, 2010). Passare da una condizione di vita sulla costa ad una sulle colline (o viceversa) e da una città consolidata ad una nuova comporta un trauma emozionale importante per la popolazione perchè modifica radicalmente la sua maniera di percepire e stare nel mondo. Per evitare questi effetti collaterali di difficile soluzione, l’esperienza di Rikuzentakata ci mostra la possibilità di costruire, sin dal momento delle tendopoli, una casa comune dove conversare serenamente, magari situata in luogo strategico per abbracciare con lo sguardo il paesaggio. Un’altra questione fondamentale riguarda l’accettazione del progetto che dovrebbe preoccupare sin dall’inizio del processo di ricostruzione. Un progetto è inteso quando entra in connessione con l’universo di valori dei suoi utenti e risponde ad una situazione reale. Per questo è fondamentale la questione dell’uso inteso come uso-cura, non uso-funzione, spostando l’accento sull’esperienza13 dello spazio con tutti i suoi complessi significati: pratico, contemplativo, simbolico (Rapoport, 2003). Occorre allora difendere che lo spazio pubblico tra le case è altrettanto importante che quello privato al suo interiore, perchè raccoglie attività diverse, individuali e collettive, ed è libero della rigidezza della specializzazione. Il valore principale dello spazio pubblico è proprio la sua capacità di rispondere alle necessità del gruppo senza dimenticare, peró, l’individuo. 12 La definizione dei limiti (fisici e temporali) della città provvisoria, di vitale importanza, viene spesso sottovalutato. La coesistenza di città parallele genera profondo malessere a gli abitanti che, spaventati e disorientati, non riconoscono il luogo, arrivando a maturare un sentimento di rifiuto. In molti casi (Belice, Friuli, Irpinia, Umbria, l’Aquila) sono mancati l’accompagnamento all’insediamento provvisorio (informazione, alternative tecniche, supporto economico, occupazione temporale) ed un processo di formalizzazione progressiva della città e dell’abitare. 13 Gli spazi della casa e gli elementi architettonici non hanno valore tanto per le caratteristiche geometrico dimensionali, bensì per le relazioni che stabiliscono tra le persone.


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