TravelGlobe Ottobre 2016

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Federico Klausner direttore responsabile Federica Giuliani direttore editoriale Devis Bellucci redattore Silvana Benedetti redattore Maddalena De Bernardi redattore Francesca Spanò redattore Paolo Renato Sacchi photo editor Isabella Conticello grafica Willy Nicolazzo grafico Paola Congia fotografa Antonio e Giuliana Corradetti fotografi Vittorio Giannella fotografo Fabiola Giuliani fotografa Monica Mietitore fotografa Graziano Perotti fotografo Emanuela Ricci fotografa Giovanni Tagini fotografo Bruno Zanzottera fotografo Progetto grafico Emanuela Ricci e Daniela Rosato Indirizzo: redazione@travelglobe.it Foto di copertina: GIOVANNI TAGINI | REP. DOMENICANA Tutti i testi e foto di questa pubblicazione sono di proprietà di TravelGlobe.it® Riproduzione riservata TravelGlobe è una testata giornalistica Reg. Trib. Milano 284 del 9/9/2014 2


EDITORIALE

QUELLA SCIA DI SANGUE CHE SCORRE IN EUROPA Una lunga scia di sangue scorre in Europa, soprattutto in Francia e Germania. Negli ultimi due anni sono stati oggetti di attentati dell’ISIS, il sedicente stato islamico del califfo Abu Bakr al-Bagdadi, Charlie Hebdo, giornale satirico francese, un supermercato di cibi ebraici, lo Stade de France, il teatro di musica Bataclan, il caffè di Dacca in Bangladesh con molte vittime italiane, l’aeroporto e il metrò di Bruxelles, un treno tedesco, la promenade di Nizza, il festival di musica di Ansbach e una chiesa vicino a Rouen, nella quale è stato sgozzato un vecchio sacerdote. E dove non colpiscono i terroristi lo fanno i loro emuli, spesso individui con disagi mentali, per i quali la ampia eco mediatica delle imprese dei fanatici seguaci di al-Bagdadi, e il fascino della notorietà conseguita, costituiscono una motivazione in più. L’Europa balbetta, bloccata tra il desiderio di una stretta sui rifugiati, considerati potenziali veicolo di terrorismo, caldeggiata dalle destre e dai movimenti xenofobi ed euroscettici, e uno scatto di orgoglio verso la tolleranza e l’accoglienza di un continente illuminista e laico, che però fa perdere voti ai governi che lo scelgono. Sono problemi enormi, che si ripercuotono sul nostro stile di vita e ne minano le sicurezze. Sicurezze, diciamo per inciso, che altri popoli non hanno mai conosciuto. A noi pare che sia della nascita dell’ISIS, che di questi epocali fenomeni di migrazione, noi occidentali portiamo responsabilità pesanti. Prima di tutto per avere sfruttato le risorse di molti Paesi, distribuendo in cambio briciole a governi corrotti e compiacenti, poi di avere deciso a tavolino di destituirli con le armi, quando sono diventati scomodi e ingombranti, mediante la formula magica dell’esportazione della democrazia. Democrazia su cui poi siamo disposti a chiudere un occhio magari parteggiando inconfessabilmente per i golpisti turchi contro Erdogan che per quanto possiamo esecrare la sua repressione delle opposizioni e della libertà di stampa – è sempre un presidente legitti3

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mo, democraticamente eletto per ben due volte. In questo grande trambusto è nostro dovere tenere la barra dritta e ricordarci i principi fondamentali della nostra civiltà giuridica e i valori del pensiero occidentale: la responsabilità penale è personale e ogni forma di razzismo deve essere bandita. L’accoglienza e la integrazione sono un valore, pur se devono essere regolate in maniera più efficace, con norme precise da rispettare. Il diritto di culto va preservato, ma non la concezione dello stato. Per essere chiari: se scegli di venire in Italia, e l’Italia ti accoglie, sappi che le leggi le fa lo stato italiano e non Allah, e a quelle devi obbedire. Poi hai diritto a pregare chi vuoi. Vorrei finire con una riflessione. Ovviamente l’Europa non ha la possibilità di assorbire intere nazioni. E d’altra parte nessuno fuggirebbe dal proprio Paese, se solo potesse decentemente viverci. Quindi sarebbe bene che l’Europa cominciasse a restituire parte di quanto ha illecitamente sottratto, non elargendo elemosina e assistenza, ma ricostruendo fabbriche, produzione e lavoro, in modo da rendere meno appetibile l’emigrazione. Quanto all’ISIS scomparirà dalle carte geografiche non con i bombardamenti aerei, ma tagliandone i fondi e denunciando quei governi doppiogiochisti che con loro si arricchiscono attraverso illeciti commerci e contrabbando. Certo non è un processo semplice né breve. Da subito occorre che gli islamici moderati, che vivono in Europa, prendano definitivamente le distanze dai terroristi, isolandoli e denunciandoli. Schierandosi a fianco dei cittadini dei Paesi che li ospitano e non a quelli che credono nel loro stesso dio, ma ne interpretano le parole a convenienza, come ha più volte ricordato il grande imam di al-Azhar, considerato da gran parte dei musulmani del mondo la suprema espressione vivente del pensiero teologico e giuridico islamico sunnita. Altrimenti sarà poi difficile non accomunarli ad essi.


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S O M M A R I O

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EDITORIALE di Federico Klausner

Angola

Tutti i colori della terra

Foto e testi di Bruno Zanzottera REP. DOMINICANA Spiagge infinite

Foto e testi di Giovanni Tagini italia Calabria, una storia piccante

NEWS

Francia

Lille, il supermercato delle pulci

Foto e testi di Vittorio Giannella USA Natura incantata

Foto e testi di Federico Klausner

Foto e testi di Bruno Zanzottera

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LEGENDA

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M E N T E C U O R E N AT U R A G U S TO CORPO


TERME

APP

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MUSEI

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OFFERTE


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| TUTTI I COLORI DELLA TERRA

Quella che i popoli delle etnie angolane, rimaste isolate a lungo tempo anche a causa della guerra, utilizzano per ornare il volto, i capelli e il corpo in un arcobaleno umano.

Angola

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In apertura: Donne Mu Himba di un villaggio nel Parco Nazionale di Iona, danzano in commemorazione del decesso di un anziano. In questa pagina: la parte meridionale dell’Angola è abitata da una serie di popolazioni che sono rimaste per lungo tempo isolate, anche a causa della guerra che ha devastato il Paese per oltre 20 anni. Si tratta di piccoli gruppi etnici che vivono in buona parte di pastorizia allo


stato semi nomade, che spostano i propri kraal (accampamenti in cui vivono con gli animali) attraverso un vasto territorio compreso tra l’altopiano di Huila ed il fiume Cunene, che segna il confine con la Namibia. Gli antropologi le hanno classificate come etnie del gruppo Bantù centrale, che comprende molte popolazioni che vivono tra l’Oceano Atlantico e l’Indiano, in un’area delimitata a nord dai fiumi Congo e Rufiji e a sud dal Cunene e dallo Zambesi.


In molte lingue di origine bantù il termine bu significa uomini (ba, uomo). Secondo i vari dialetti si può trasformare in u, mu, wu, ku. I gruppi dell’Angola meridionale hanno quindi assunto i nomi di Mu Himba, Mu Hakaona, Mu Cuvale, Mu Huila per indicare gli uomini delle varie etnie. Nella foto vediamo due ragazzi di etnia Mu Cuvale dei villaggi della regione attorno a Caraculo, con le caratteristiche capigliature a cresta. I Mu Cuvale sono un gruppo di lingua herero (una tra le principali popolazioni della Namibia), che vive ai piedi dell’altopiano di Huila e pratical’agricoltura in aggiunta alla tradizionale pastorizia.

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Il Parco Nazionale di Iona, con i suoi 15.200 km2, è la più grande area protetta dell’Angola. Il suo territorio è costituito, nella zona costiera, dall’estensione settentrionale del grande deserto del Namib, con gigantesche dune che sfumano nell’Oceano Atlantico. La sua parte orientale invece è caratterizzata da un altopiano pietroso e vaste praterie punteggiate da acacie e baobab. Il Parco è anche l’habitat della Welwitchia Mirabilis, una pianta antichissima che viene indicata come una sorta di fossile vivente. La pianta, che vive in territorio desertico, assorbe con le foglie l’umidità necessaria alla sua sopravvivenza, dalle nebbie che si creano per l’escursione termica tra l’acqua dell’oceano e la sabbia del deserto.

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Buona parte delle etnie che abitano l’Angola del sud sono riunite in societĂ claniche esogamiche basate sulla discendenza matrilineare. Il ruolo della donna è particolarmente importante perchĂŠ il passaggio della proprietĂ del bestiame (cosa fondamentale per popoli di pastori) avviene attraverso il fratello della madre. Alle donne sono anche affidati i principali riti magici, che mettono in comunicazione gli esseri umani con il mondo degli antenati.

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Ragazza di etnia Mu Hakaona e Cuanhama (a sin.) con un’acconciatura fatta con piccoli cilindri di metallo ricoperti da strisce di carta colorata ricavate da confezioni vuote di vario genere, oppure da lattine vuote ritagliate. Ragazza di etnia Mu Huila (a ds.), con un’elaborata acconciatura realizzata con una pietra rossa sbriciolata, chiamata oncula, che viene mescolata con burro, erbe, fango o sterco. I Mu Hakaona vivono tra i monti della regione di Iona non lontano dal fiume Cunene. Hanno una grande conoscenza del loro territorio e in particolare delle proprietà delle piante, che usano a scopo curativo, religioso e anche igienico e cosmetico. Utilizzano le foglie dell’albero di mopane per arrestare emorragie; altre foglie sono usate come sapone e profumi, mentre varie radici hanno la capacità di mettere gli stregoni in contatto con gli spiriti. 16


Ragazza di etnia Mu Huila (a sin.), con un’acconciatura realizzata con burro, erbe, fango e sterco che viene impastata sopra i capelli. Un giovane pastore di etnia Mu Hakaona o Cuanhama (a ds.) nei pressi del villaggio di Oncocua. I Mu Huila vivono sulle terre dell’altopiano di Huila a sud della città di Lubango. Conservano antiche tradizioni legate al culto degli antenati e sono organizzati in villaggi matriarcali. Le donne si vestono con abiti in tessuto stampato o in pelle ornata con conchiglie. Al collo portano pesanti collane di perline impastate di fango. Anche le capigliature sono realizzate da varie trecce ricoperte e irrigidite con ocra e sterco, a cui sono appese lunghe file di perline multicolori.

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Molte delle etnie dell’Angola meridionale sono dei sotto gruppi degli Herero che vivono, per la maggior parte, nella confinante Namibia. Gli Herero sono sempre stati pastori semi nomadi, che arrivarono in Namibia da oriente nel XVII secolo. Da qui vari gruppi si spostarono verso nord occupando le province dell’Angola meridionale. L’isolamento in cui vissero questi clan per molto tempo portò ad una differenziazione culturale e di costumi, creando praticamente delle nuove tribù.

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Una ragazza Mu Himba in una danza, con i capelli acconciati con un impasto di ocra e burro. I Mu Himba sono senz’altro il gruppo principale e maggiormente conosciuto tra le varie etnie dell’Angola meridionale. Vivono nelle vicinanze del fiume Cunene spostandosi tra Namibia e Angola (in Namibia sono conosciuti con il nome di Himba). Fanno parte del grande ceppo Herero da cui si separarono nel XVIII sec. Sono tra le poche etnie al mondo ad avere una discendenza patrilineare e matrilineare allo stesso tempo. La religione, l’educazione e l’autorità famigliare sono organizzate secondo regole patrilineari, mentre le parentele ed i passaggi di proprietà seguono la discendenza matrilineare.

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Doppia pag. precedente: una donna Mu Himba fotografata nella sua capanna in un villaggio all’interno del Parco Nazionale di Iona. I Mu Himba usano cospargersi il corpo, gli abiti, i monili e i capelli con l’ocra rossa ed il burro. Questo impasto ha anche lo scopo di proteggere la pelle dal sole e dagli insetti, oltre che estetico.

Anziane donne Mu Himba, riunite in una capanna, si stanno preparando le acconciature per la commemorazione del decesso di un anziano. I Mu Himba seguono il culto degli antenati a cui chiedono protezione per affrontare le varie fasi della vita. Il loro antenato mitico, Mukuru viene anche identificato con il dio creatore Ndjambi Karunga. Le donne si spalmano il corpo ed i capelli con un impasto rossastro ricavato da ocra e burro. Indossano bracciali e cavigliere in ferro e collari con grosse conchiglie.

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Le acconciature di uomini e donne Mu Himba rivelano anche lo stato sociale della persona. Le bambine portano due lunghe trecce davanti al viso, mentre i maschi hanno un unico ciuffo. Raggiunta l’adolescenza le ragazze si impastano lunghe trecce con l’ocra ed i ragazzi si fanno una coda rigida e ricurva, che a volte ricoprono con tessuti multicolori. Gli uomini, in occasione di danze cerimoniali indossano collane di ferro.

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Uomini e donne Mu Himba (in alto) danzano per commemorare la morte di un anziano della tribÚ. I Mu Himba o piÚ semplicemente Himba, come vengono chiamati nella vicina Namibia, discendono da un gruppo di Herero che si separò dal resto della popolazione nel XIX secolo. Due ragazzi di etnia Mu Cuvale (sotto) si muovono agili tra le falesie che circondano i loro villaggi nella regione attorno a Caraculo. I giovani Mu Cuvale indossano panni di tessuto stampato che utilizzano come una gonna e hanno acconciature a forma di cresta.


Uomini Mu Himba (in alto) danzano durante la commemorazione per la morte di un anziano. Dopo la separazione dagli altri Herero, i Mu Himba attraversarono il fiume Cunene e si stabilirono nell’Angola meridionale, dove chiesero ospitalità alle popolazioni locali. Queste ultime oltre alla terra, diedero loro il nome di ovahimba (i mendicanti), nome con cui sono conosciuti tuttora dalle altre etnie della regione. Donne di etnia Mu Huila (sotto) trasportano pesanti carichi di legna da vendere al mercato del villaggio di Mucuma sull’altopiano di Huila.


Una ragazza Mu Himba si reca ad un pozzo per riempire le sue taniche d’acqua. La migrazione verso l’Angola di questo gruppo di Herero, a cui venne dato il nome di Himba, ebbe come conseguenza una forte diversificazione culturale tra le due comunità. Mentre il contatto con i colonizzatori tedeschi trasformò gli Herero da pastori semi-nomadi in agricoltori stanziali e iniziarono a indossare abiti provenienti dall’Europa, i Mu Himba rimasero praticamente isolati, continuando a dedicarsi esclusivamente alla pastorizia e mantenendo inalterati i propri costumi.

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La carcassa di un’auto americana degli anni ‘60 del secolo scorso è una delle pochissime testimonianze rimaste della colonizzazione portoghese sull’altopiano desertico che costituisce parte del Parco Nazionale di Iona nell’Angola sud-occidentale a ridosso del confine con la Namibia.

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Ragazzini all’esterno di una capanna di un villaggio abitato dall’etnia Mondimba nella regione attorno alla cittadina di Chitado. I Mondimba vivono parzialmente di agricoltura, oltre alla tradizionale attività di pastorizia.


Una giovane donna appartenente all’etnia Mu Cuvale mentre allatta il figlio. Le donne Mu Cuvale indossano panni di tessuto stampati e portano un elaborato copricapo chiamato ompota, fatto da un’intelaiatura in legno ricoperta di stoffa. Alle braccia e alle caviglie indossano bracciali in ottone e i seni vengono ‘strizzati’ con corde o strette fasce di stoffa denominate oyonduthi. 32


Una giovane donna dell’etnia Mu Huila, con l’acconciatura di fango e sterco e una gigantesca collana di perline di vetro mischiata a fango, si reca al mercato per vendere la legna. Le ragazze della tribù iniziano ad indossare questo collare dopo il primo ciclo mestruale. All’inizio le perline saranno esclusivamente di colore rosso. Successivamente, con il matrimonio e la nascita dei figli, si aggiungeranno le perline di altri colori ed il collare diventerà sempre più imponente. Una volta indossate e impastate le perline con l’ocra, sarà praticamente impossibile toglierselo.


I bimbi di etnia Mondimba affiancano una ragazza acconciata con dei fili di perline che le ricoprono il viso. Questo particolare tipo di acconciatura significa che la ragazza ha raggiunto la pubertà avendo avuto il suo primo ciclo mestruale, ma non è ancora pronta per il matrimonio e quindi il suo volto non deve essere mostrato a chiunque.


Doppia pagina seguente: a differenza della parte occidentale caratterizzata da grandi dune che vanno a morire sulle rive dell’Oceano Atlantico, il territorio orientale del Parco Nazionale di Iona si presenta come una grande savana, cosparsa di formazioni di granito di varie dimensioni.


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Il fiume Cunene nasce dall’altopiano di Blé in Angola e per buona parte del suo percorso ne segna il confine con la Namibia. Nel tratto finale verso l’Oceano Atlantico, il fiume attraversa il grande deserto del Namib ed è praticamente l’unico corso d’acqua perenne della regione. Nei pressi di Epupa il Cunene crea una serie di cascate, che il governo namibiano ha intenzione di sfruttare costruendovi una diga. Il progetto, che si trova proprio nel territorio abitato dagli Himba (Mu Himba in Angola), è fortemente osteggiato dalla popolazione locale, oltre che dal mondo ambientalista, a causa del suo forte impatto sull’ecosistema e sulla vita degli abitanti.

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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera

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Per i campi saranno utili una torcia elettrica, un coltellino da campeggio, una borraccia, spago, nastro adesivo, salviette igieniche e carta igienica. Fotografia Per quanto riguarda le fotografie alle persone, l’Africa è sempre un continente abbastanza delicato. Le popolazioni del sud dell’Angola sono in genere molto gentili e disponibili, ma è’ buona norma chiedere loro il permesso prima di fotografarle e non essere troppo invadenti nei villaggi, per evitare situazioni imbarazzanti per loro. Immaginatevi di trovarvi degli estranei che entrano in casa vostra e si comportano come ne fossero i proprietari. Potrà capitarvi che vi chiedano una mancia per le foto, non siatene scandalizzati, possedete sempre molto più di loro. Anche merci come zucchero e tabacco saranno sicuramente molto gradite.

PREFISSI Il prefisso internazionale dell’Angola è 00244; per chiamare l’Italia 0039 CARTOGRAFIA Angola, ed. Turinta, scala 1: 1.850.000 - Angola, ed. Reise Know How, scala 1:1.400.000 BIBLIOGRAFIA Ryszard Kapuscinsky: ‘Ancora un Giorno’ ed. Feltrinelli, € 11,00. La storia della guerra di liberazione e dell’indipendenza dell’Angola raccontata dal celebre reporter polacco. INDIRIZZI UTILI Ambasciata della Repubblica di Angola in Italia - Via Druso 39 00184 Roma. Orario ufficio consolare: da Lunedì a venerdì dalle 9 alle 13, Tel.: 06 772695225, Fax: 06 772695241. Consolato di Milano Indirizzo: via Matteo Bandello, 6, 20123 – Milano. Tel.: 02 43986267.

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| LILLE, IL SUPERMERCATO DELLE PULCI

Dall’alba di ogni primo sabato di settembre al tramonto della domenica successiva, Lille si chiude al traffico e diventa il piÚ grande mercato delle pulci di Europa, visitato da oltre due milioni di persone.

Francia

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Apertura: oggetti di improvvisati venditori, comuni cittadini. Pagina precedente: pausa pranzo all’Esplanade. Lille, capitale delle Fiandre francesi, nel primo weekend di settembre ospita l’annuale braderie (in francese “vendere” a poco prezzo), una due giorni nel più grande mercato all’aperto d’Europa; due milioni e mezzo di visitatori, cento


chilometri di marciapiedi, quindicimila espositori, che consumano 500 tonnellate di moules frites (cozze e patatine), il piatto della manifestazione. Questi i numeri della braderie di Lille, che occupa vari quartieri della città. In quello centrale le boutique vendono a prezzi stracciati i loro capi. Quest’anno l’evento è stato cancellato per il timore di attentati. Riprenderà l’anno prossimo.


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La braderie di Lille ha origine antichissime, c’è chi ipotizza la sua nascita addirittura nel 1127. Ma è nel 500 che assume le sembianze attuali, quando ai servi venne concesso, nelle ore notturne, di vendere gli oggetti usati dai propri padroni.

Oggi coinvolge antiquari professionisti e comuni cittadini, che si disfano di vecchi oggetti ormai impolverati, come ceramiche o vasellame.

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Il sabato alle 14 prende il via ufficialmente la braderie, e, come in ogni mercato, il primo giorno offre - la migliore selezione, le vie non sono ancora particolarmente affollate e c’è tutto il tempo per decidere.

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I brocanteurs si piazzano sulla Facade dell’Esplanade; chi ricerca cose interessanti di antiquariato britannico deve dirigersi nel Quartier des Arts.

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Per i punti clou degli oggetti vintage bisogna addentrarsi lungo la Jean Baptiste Lebas Boulevard, dove si vedono centinaia di persone intente a contrattare in modo animato. Nella foto un manichino da boutique e un Cristo intagliato su legno. 53


Lungo il canale della DeÚle, di fronte al Champ de Mars, si trova la parte piÚ interessante dedicata ai brocanteurs, all’arte etnica (nella foto a sinistra) o alle stoviglie e soprammobili.

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Tra la Gare Saint Saveur e il municipio di Lille ci sono le vie riservate agli antiquari professionisti. Nella foto carte e libri antichi dal XVI secolo a oggi.

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Bernard Vermorel, da oltre vent’anni prende parte alla braderie e da lui si scovano vecchie cartoline, santini quasi consumati decorati a mano piÚ volte per farli durare di piÚ e libri antichi.

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Nella scenografica corte dell’ex Borsa di Lille si radunano i patiti dei vecchi dischi in vinile, dei fumetti e riviste vintage e dei vecchi libri e guide. Senza dubbio uno dei luoghi piÚ frequentati del mercato.


Tutta la Place De Gaulle di Lille è abbellita da facciate fiamminghe dai colori pastello e finemente decorate. A destra: il campanile della cattedrale di Notre- Dame de la Treille.

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In poche fermate di metro dal centro di Lille si arriva a Roubaix, fervida città industriale fino agli anni Sessanta. Alcune ex fabbriche sono state convertite in musei, come lo splendido Museè de La Piscine (roubaix-lapiscine.com) con opere grafiche, pitture, ceramiche e sculture da Picasso a Giacometti.

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Lampade Art Decò originali in vendita di fronte al municipio di Lille, in Place Salengro a prezzi che vanno dai 300 euro ai 2500 euro.

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Qui di fianco in alto: scultura all’entrata del Palazzo delle Belle Arti di Lille, che Napoleone fece costruire alla fine del secolo XIX, di fatto il più grande museo della città, che custodisce una vasta raccolta di sculture e capolavori di artisti come Donatello, Goya, Courbet. Un grandioso lampadario accoglie i visitatori nell’area informazioni, opera dell’artista Gaetano Pesce.

Sopra e a fianco: Il museo del Louvre a Lens, nota città mineraria. La sede staccata del più famoso Louvre di Parigi ha aperto al pubblico il 12 dicembre 2012 in uno spettacolare edificio, progettato dall’architetto americano Tim Culbert. La mostra permanente è suddivisa in tre sezioni: antichità, medioevo, era moderna, con pezzi provenienti dal Louvre parigino. Si trova a 35 chilometri da Lille.

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A sinistra: Evariste Doublet, da anni presente alla Braderie vende cose vecchie di una certa dimensione come pompe di benzina, cartelli pubblicitari e jukebox ancora funzionanti. A destra: Pierre Foulon con un quadro “preso di mira� da decine di frecce.

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Nella pagina precedente: la splendida Place du General De Gaulle frequentata da artisti di strada. Qui sotto: rue Monnaie ci sono i ristoranti specializzati in carne e prodotti affumicati, come il Barbier Qui Fume, anche macelleria. Servizio impeccabile, si mangia all’aperto in una viuzza tranquilla con ottima carta dei vini.

A fianco: il bar Privilege, ottima birreria frequentata da giovani. Sotto; una sosta golosa da non perdere in pieno centro è la pasticceria cioccolateria Meert, fondata nel 1761 e nota nel mondo per le sue “gaufre”, un biscotto farcito con burro e vaniglia del Madagascar. Un luogo che il generale De Gaulle non mancava mai di visitare più volte all’anno.

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Nelle immediate vicinanze di Lille, a soli 10 chilometri, vale la pena visitare il LAM di Villeneuve d’Ascq, una struttura in piena campagna, che ospita una ricca collezione di quadri e sculture moderne. Nella foto “Les Trois Cabanes en une” dell’artista Daniel Buren.

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INFO UTILI Foto e testi di Vittorio Giannella

Come arrivare Più voli al giorno da Roma e Milano con Air France. Dall’aeroporto Charles De Gaulle si raggiunge Lille con il TGV, treno veloce, in 50 minuti. Dove dormire Hotel Up, vicino la stazione di Lille. Mercure Lille Roubaix, in un bell’edificio art déco, 22 avenue Jean Lebas Roubaix. Dove mangiare Le Barbier Qui Fume, ristorante - macelleria dai prezzi modici. 69 rue de La Monnaie a Lille, mai chiuso. Le Pain Quotidien, in pieno centro, ricette vegetariane e prodotti bio. Place Rihour. Link Sito ufficiale della Braderie de Lille Sito ufficiale del turismo di Lille Sito dell’ ente del turismo francese

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| SPIAGGE INFINITE

Sono quelle finissime accarezzate da un mare blu caraibico, che abbracciano il Paese. Come grandi piazze su cui si svolge buona parte della vita dei dominicani e ne scandiscono i tempi.

REPUBBLICA DOMINICANA

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Nella pagina d’apertura: sulla lunga spiaggia tra Punta Cana e Bavaro, tra le più turistiche e belle dell’isola, giovani ragazzi si divertono in pose divertenti per una foto ricordo. Nella pagina precedente: da El Fuerte lunghe attese e tante chiacchere per un taglio alla moda, i dominicani dedicano molto tempo alla cura del proprio aspetto, non c’è da sorprendersi se i centri estetici e i parrucchieri sono sempre pieni.

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In queste pagine: Nelle ore piÚ calde della giornata ci si rilassa all’ombra di grandi piante, chi legge un buon libro e chi si dedica al domino, uno dei giochi piÚ amati; in ogni angolo del paese i piÚ anziani passano intere giornate a sfidarsi a colpi di tessere numerate, sorseggiando del buon Rum e fumando ottimi sigari.

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Venditori di dolci e bibite nella ciudad colonial di Santo Domingo, il quartiere centrale divenuto patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1990. Una fitta rete di viuzze con le classiche casette colorate, ospita i principali musei, gallerie d’arte, pittoreschi ristorantini ed edifici architettonici risalenti al XVI secolo. Per vivere il lato bohemien della capitale è raccomandata una sosta alla Cafetera, luogo di ritrovo di giovani artisti, dove assaggiare il vero caffè dominicano. A due passi dalla Zona Colonial si trova il Jardìn Botànico Nacional Dr. Rafael considerato tra i più belli al mondo, con numerose collezioni di piante e fiori rari, raccolte su una superfice di 12.000 metri quadrati.

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Una ragazzina sorride felice per il suo coloratissimo leccalecca. L’isola ha molteplici affinità con la cultura e la cucina mediterranea dovuta da anni di dominio spagnolo. Ingredienti poveri e nutrienti insaporiti dalle numerose spezie coltivate sull’isola. Il piatto nazionale è il soncocho, preparato con un mix di carni stufate servite su una base di riso, patate, verdure e banane. Tra i dolci nazionali più apprezzati c’è il dulce de leche, a base di riso, latte, zucchero, cannella e vaniglia.

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In queste pagine: l’innata allegria, la gioia di vivere e l’ospitalità sono gli elementi distintivi che meglio rappresentano la popolazione. La cultura dominicana è un mix di dottrine, dalla creola a quella afroamericana. La musica ne è un esempio; nella zona


delle piantagioni di canna da zucchero si suona musica africana, al sud, dove prevale l’influenza spagnola, si suona lo zapateado. Nelle altre zone le culture si fondono e si suona il merengue, il bolero e la musica criolla.


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Nella pagina precedente e in queste: momenti di vita quotidiana al Barcelò Premium Resort di Punta Cana. Una lunga spiaggia di sabbia finissima lambita da numerose palme, aree dedicate allo sport, tre grandi piscine, camere eleganti e spaziose e diversi ristoranti, con cucina internazionale e tradizionale, lo rendono uno dei resort piÚ lussuosi della costa est.

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In senso orario dall’alto: un improvvisato set fotografico a bordo mare, tra dune di sabbia e palme da cocco. Una famiglia sulla battigia si diverte ad aspettare le onde. Un venditore di cap-


pelli di paglia, sulla spiaggia di Punta Cana. Un gruppo di musicisti allieta gli ospiti del Barcelò al bar sulla spiaggia.


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Alcune piccole imbarcazioni accompagnano i turisti sull’isola di Saona. Prima di giungere a destinazione ci si ferma in un angolo di mare poco profondo, dove fare snorkeling in acque trasparenti e calde, circondati da numerosi pesci tropicali e grandi stelle marine rosse.


La penisola di Samanà rappresenta uno dei tratti di costa più affascinanti: piccoli villaggi di pescatori, lagune, spiagge di sabbia bianchissima e acque trasparenti. Nell’omonima baia da gennaio a marzo, arrivano in queste acque protette ben dodicimila megattere per riprodursi, uno spettacolo unico. Il posto migliore per osservarle è sulla piccola isola di Cayo Levantado, inclusa nella lista delle isole più belle del mondo. Se si cerca il divertimento Las Terrenas è il posto giusto per vivere la vita dominicana in riva al mare, praticando sport acquatici su spiagge meravigliose, circondati da ristoranti e bar alla moda.

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Tra le mete da non perdere c’è l’isola di Saona, una delle più famose di tutto l’arcipelago delle Antille. Non ci sono strutture alberghiere e quindi non è permesso soggiornarci ma è facilmente raggiungibile con escursioni organizzate giornalmente. 94


Sull’isola vivono poco piÚ di 500 persone, per lo piÚ pescatori e artigiani. Oltre alle lunghe spiagge immacolate, un mare trasparente caldo e poco profondo, si trovano piccolissimi villaggi dalle tipiche abitazioni caraibiche dai colori sgargianti. 95


In senso orario dall’alto: un militare in alta uniforme piantona l’ingresso del Pantéon Nacional e un grosso ventilatore lo aiuta a sopportare il caldo. Non tutte le abitazioni sono collegate all’acquedotto, quindi si fanno portare l’acqua a domicilio con camion cisterna. 96


Un coloratissimo negozio di souvenir caraibici sull’isola di Saona. Momento di relax fuori da un piccolo bar-merceria a Punta Cana. 97


Una grandissima passione dei dominicani è il baseball. Non è solo lo sport nazionale, ma un vero amore. La nazionale nel 2013 ha vinto il più prestigioso campionato del mondo ed è da sempre tra le squadre più forti e competitive. In tutto il paese ci sono scuole di baseball e non c’è ragazzino che non ci giochi. Molte società straniere seguono con attenzione le giovani promesse. Negli USA alcuni tra i migliori giocatori arrivano proprio da queste scuole.

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Alcuni operai ripristinano e tengono puliti i binari che servono per il trasporto della canna da zucchero dalle coltivazioni fino alle grandi distillerie. Nella Repubblica Dominicana si producono i rum più famosi al mondo. Uno di questi è sicuramente Brugal che produce rum dal 1888 utilizzando una delle varietà più pregiate di canna da zucchero, coltivata esclusivamente per l’azienda a Puerto Plata.

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La Repubblica Dominicana è famosa anche per la produzione di sigari. La famosa rivista americana Cigar Aficionado ha inserito 11 sigari dominicani nei migliori 50 sigari del mondo, confermando la Repubblica Dominicana come una delle principali produttrici di sigari di qualitĂ . Tra i migliori sigari dominicani svetta l’Arturo Fuente Don Carlos Belicoso della storica azienda di famiglia Fuente; questi sigari, preparati con tabacco coltivato a Santiago de Los Caballeros, sono lavorati a mano e vengono invecchiati almeno un anno. Al palato presentano aroma di cioccolato fondente e nocciola, perfetto per accompagnare un ottimo rum.

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L’isola di Saona vista dal mare. Natura incontaminata, lunghe spiagge di sabbia bianca finissima con numerose palme da cocco e un’acqua calda poco profonda e cristallina le sono valse l’appellativo de “la piscina dei caraibi”.

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INFO UTILI Foto e testi di Giovanni Tagini VISTO Occorre il passaporto in corso di validità e una carta turistica per un massimo di 30gg acquistabile nell’ambasciata dominicana, tour operator o su questo sito. CLIMA Buono tutto l’anno con temperature che vanno da un minimo di 21° a un massimo di 33°. Nei mesi più caldi, tra giugno e ottobre, possono verificarsi momenti di pioggia. ELETTRICITÀ Prese elettriche piatte con standard americani da 110 volt, necessario l’adattatore. VALUTA La moneta locale è il Peso dominicano DOP. Al cambio 1 euro corrisponde a circa 50 Pesos.

MANCE non sono obbligatorie ma apprezzate per arrotondare uno stipendio molto basso. LINGUA Lo spagnolo è la lingua ufficiale, nel settore turistico si parla inglese, italiano e francese TELEFONO Il codice del paese è 00 1 809. ABBIGLIAMENTO Consigliato un abbigliamento comodo e leggero durante il giorno, un cappello per proteggersi dal sole e un pullover per la sera. NOTE SANITARIE Non è richiesta alcuna vaccinazione, indispensabile una buona crema protettiva per il sole e un repellente per zanzare nei mesi piovosi.

FUSO ORARIO -5 ore d’estate, -6 ore d’inverno.

CARTE DI CREDITO sono accettate le principali carte (VISA, Master Card, American Express e Diners)

COMPAGNIE AEREE Neos

LINK Ufficio del turismo dominicano

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| NATURA INCANTATA

Bisonti allo stato brado, coyote, orsi, pini e conifere. E poi geyser e sorgenti geotermiche che abbandonano i colori dell’arcobaleno. Esplorare lo Yellowstone National Park è una esperienza indimenticabile.

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In apertura: gli incredibili colori della Grand Prismatic Spring, nella zona del Midway Geyser Basin. Con una temperatura di 60 – 80°, una superficie di 8.600 mq e una portata di 2.000 l/min, è la più grande sorgente termale di Yellowstone e la terza al mondo. Si trova sulla sommità di un rilievo dai cui lati l’acqua fluisce in modo regolare, dando la impressione di una infinity pool. Il blu profondo centrale sfuma in azzurro verso i lati e nel vapore che la avvolge. Segue un bordo verde di alghe, che lascia il posto ai depositi minerali gialli e arancio che scuriscono nel rosso più esterno. Assolutamente stupefacente.

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Pagina precedente: la Opal Terrace, nelle Mammoth Hot Springs, nel corso di millenni ha creato ingenti depositi di carbonato di calcio, che hanno formato una piccola montagna. Il colore arancio del travertino è dovuto alle alghe che vivono nelle pozze di acqua calda. In questa pagina: nella valle del Gibbon river pascola liberamente un bisonte. Ăˆ un animale massiccio, che può pesare oltre 900 kg e correre fino a quasi 50 km/h.

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Due bisonti lungo la Grand Loop Road, la strada asfaltata a forma di otto che attraversa il parco. Yellowstone conta una popolazione di oltre 4.000 bisonti in continua crescita, grazie alla loro mole che li rende inattaccabili dai predatori. Quando decidono di attraversare o sostare sulle strade, incuranti del traffico, creano ingorghi lunghi anche svariate ore.

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Il Parco Nazionale di Yellowstone occupa un’area di quasi 9.000 kmq con un’altitudine media di 2.400 m.s.l.m. all’estremità nord occidentale dello stato del Wyoming e sconfina per piccoli lembi nel Montana (3%) e nell’Idaho (1%). È il nucleo centrale del Greater Yellowstone Ecosystem, uno dei più grandi ecosistemi intatto della zona temperata rimasto sulla Terra. Fondato nel 1872 è il più antico parco nazionale del mondo e la più grande riserva naturale degli Stati Uniti. Dal 1978 è stato iscritto nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.


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Pagine precedenti: a sinistra la cascata inferiore dello Yellowstone River, una delle più grandi del nord America con un’altezza di oltre 100 m. A destra: anche Yellowstone ha il suo Grand Canyon, che è uno degli spettacoli più straordinari di tutto il parco e del mondo. Pur non essendo imponente come quello del Colorado, la forma del corso dello Yellowstone River, che scorre nel fondovalle, il colore verdissimo delle sue acque e le sfumature gialle e rosa delle rocce lo rendono ipnotico. Formato dall’erosione di strati di roccia vulcanica, è lungo 37 km. e deve i suoi colori agli effetti termici della fusione dei ghiacciai sulla riolite. Si ammira al meglio dall’Artist Point sulla South Rim Drive e dal Lookout Point, Grand View Point e Inspiration Point lungo la North Rim Drive.

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A sinistra: la vegetazione a Yellowstone è quella caratteristica delle Montagne Rocciose. Dove non ci sono foreste abbonda una vegetazione bassa, tipica delle terre aride, in special modo artemisia, che da lontano appare come un piumino, a dispetto della sua consistenza coriacea. A destra: una femmina di cervo mulo, cosÏ chiamato per le dimensioni delle sue orecchie, che ricordano quelle del familiare quadrupede.

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I bisonti hanno un’indole pacifica, tranne quando entrano in calore. Questo trae in inganno i visitatori, che abbandonano le precauzioni, sempre dovute a un animale selvatico, e si avvicinano troppo, rischiando incornate letali. Il periodo degli accoppiamenti (luglio - agosto) si identifica a orecchio per il grande cozzare di teste dei maschi, che combattono per le femmine. La distanza minima a cui tenere un bisonte è 25 m. Maggiore se ci si accorge che l’animale è infastidito dalla nostra presenza.

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Un maschio di cervo mulo, cosĂŹ chiamato per le sue grandi orecchie, riposa sulle rocce bianche di calcite vicino alle Mammoth Hot Springs dando la ingannevole impressione di trovarsi sulla neve.

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Alberi morti emergono dai depositi calcarei delle Mammoth Hot Springs. Le acque di questa sorgente si caricano sotto terra di anidride carbonica che, miscelandosi con l’acqua, dà luogo all’acido carbonico, che a sua volte dissolve le pietre calcaree sotterranee, portando la miscela


in superfice. Qui l’anidride carbonica si separa e l’acqua deposita il calcare, che precipita creando le meravigliose e colorate terrazze di travertino.




Pagina precedente: depositi multicolori di pietra calcarea e cristalli di calcite (a destra) presso le Mammoth Hot Springs, dove si trova la direzione in alcuni degli edifici più antichi del parco. La particolarità di queste sorgenti è che in esse i depositi di travertino crescono molto più rapidamente che altrove. Qui sopra a sinistra: turisti in attesa dell’eruzione del geyser Old Faithful (Vecchio Fedele) nell’area denominata Upper Geyser Basin. Il geyser, uno dei più grandi del parco, ha una temperatura di 93° e, a differenza della maggior parte dei geyser, erutta con una certa regolarità. Da ciò deriva il 122


nome con cui fu battezzato dall’esploratore Henry Washburn nel 1870. Se la durata del getto, alto tra 35 e 55 m, è inferiore a 4 minuti l’eruzione successiva avviene 40-60 minuti dopo. Se invece li supera, quella successiva avviene dopo 75 – 100 minuti. Nella foto a destra: una vista panoramica delle Mammoth Hot Spirngs. Le sorgenti calde, a differenza dei geyser, rilasciano sufficiente calore attraverso il bollore e l’evaporazione, da evitare la esplosione di vapore caratteristica degli ultimi.

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Pagina precedente: un’altra vista delle Mammoth Hot Springs, con la passerella che permette ai turisti di avvicinarvisi. Le terrazze sono un terreno friabilissimo, insidioso e pericoloso, che in passato ha ceduto sotto il peso dei passi causando infortuni e ustioni. Un cammino di passerelle consente invece di avvicinarsi alle sorgenti in tutta sicurezza.


A sinistra: le impressionanti Mammoth Hot Springs si possono qui ammirare da un’altra angolazione, in tutta la loro imponente altezza. Qui sopra: alberi seccati a Firehole Lake, che si trova a circa 5 km dalla Grand Loop Road tra Old Faithful e la Madison Junction. Ăˆ un’area caratterizzata da molti geyser e sorgenti calde visibili dalla strada.




Pagina precedente: il Great Fountain Geyser nei pressi del Firehole Lake, è uno dei più grandi geyser di Yellowstone e dei più caldi (quasi 100°). Soffia ogni 8-12 ore per quasi un’ora e scaglia i vapori a un’altezza tra 20 e 50 metri. L’eruzione ha luogo circa un’ora dopo che il cratere si è riempito. Pochi minuti prima che avvenga l’acqua nel cratere ribolle violentemente.

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Foto a fianco: una mud pot (pozza di fango) nel Midway Geyser Basin. Si tratta di un accumulo di acqua in una depressione impermeabile di argilla. Le acque bollenti al di sotto fanno fluire il vapore nella pozza. Il solfuro di idrogeno che si sprigiona viene convertito da microorganismi in acido solforico, che spappola le rocce in argilla creando una pasta densa attraverso cui i gas ribollono. Sotto: una coloratissima sorgente termale nell’area della Fountain Paint Pot, Lower Geyser Basin.

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Un particolare del deposito sui bordi della Abyss Pool nel West Thumb Geyser Basin. Questo bacino è uno dei più piccoli e spettacolari di tutto il parco, grazie alla sua posizione sulle rive del grande lago Yellowstone. Possiede meno geyser degli altri, ma è un concentrato di mud pot, sorgenti calde, fumarole e geyser costieri. Il colore giallo intenso è dovuto ai cianobatteri, l’arancio dai protozoi e il marrone dai muschi.

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Una vista delle colorate terrazze della Minerva Spring nel gruppo delle Mammoth Hot Springs. Formata da acqua a 70° alterna periodi di inattività a periodi di attività. Ma quando è attiva le terrazze di travertino, che si accumula lungo i bordi dove l’acqua sfiora, si formano rapidamente al ritmo di oltre 20 cm all’anno. Il raffreddamento dell’acqua, che scende da una terrazza all’altra, consente la crescita delle alghe, che conferiscono il colore blu-verde, e dei cianobatteri che spaziano dal giallo al rosso.

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La Grand Prismatic Spring e i suoi colori, che abbracciano lo spettro della diffrazione della luce bianca in un prisma. Dovuti a microorganismi unicellulari archaea, le conferiscono tinte dal verde al rosso, a seconda del rapporto tra clorofilla e carotenoidi e della temperatura: d’estate prevale l’arancio e d’inverno il verde.


il Cliff Geyser erutta a fianco dell’Iron Spring Creek nel Black Sand Basin. Deve il suo nome alla piccola parete di geyserite sull’orlo del cratere lambita dal ruscello. Il riempimento di acqua bollente del cratere ne anticipa la eruzione, che avviene con grande violenza scagliando getti fino 12 m. di altezza.


Sempre nel Black Sand Basin una pozza colma di acque trasparenti verde smeraldo circondata da un’aureola d’oro. Non poteva che chiamarsi Emerald Pool ed è frutto della temperatura relativamente bassa (65°), che ha permesso lo sviluppo rigoglioso di alghe e microorganismi. L’acqua limpida assorbe tutte le altre tonalità ma riflette il blu che, mischiandosi al giallo intorno, da luogo all’incredibile verde che la contraddistingue. Uno dei rischi maggiori che corrono le pozze è dovuto all’ignoranza dei turisti che, scambiandoli per pozzi del desiderio, vi tirano monetine e altri oggetti, contribuendo al raffreddamento dell’acqua, quindi al cambio del colore delle alghe e batteri intorno che scuriscono. Se la temperatura dovesse continuare a ridursi, anche il suo incantevole verde smeraldo sparirebbe. 136


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Il Cinnamon Spouter (sgorgatore cannella) nel Black Sand Basin (parte dell’Upper Geyser Basin). La fervida fantasia degli esploratori ha cosÏ battezzato questo sgorgatore perenne per via del suo colore. In realtà si tratta di un cosiddetto Handkerchief Geyser (geyser-fazzoletto) a causa delle sue modeste dimensioni, che borbotta, ma non erutta. Qui a fianco le acque lasciano la Grand Prismatic Sprng per confluire nel Firehole River. Doppia pagina successiva: lo spettacolare azzurro intenso della Abyss Pool, nel West Thumb Basin, sulla costa del grande Yellowstone Lake.

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Doppia pagina precedente: lungo la strada tra Canyon Village e Norris una mandria di bisonti pascola placidamente lungo le anse del Gibbon River. Sopra uno svasso nuota nelle acque dello Yellowstone Lake. Il lago, che copre una superficie di 350 kmq, si trova a 2.350 m. di altezza ed è il più grande bacino di acqua dello Yellowstone Park. D’inverno (dicembre-maggio) si ricopre di uno strato di ghiaccio spesso quasi un metro, eccetto che in prossimità delle sorgenti calde.

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Un gruppo di oche canadesi (brenta canadensis) “pascolaâ€? in un prato accanto al Madison River. Ormai diffuse in tutti i paesaggi nordici settentrionali, sono una specie di uccelli migratori originaria del Canada, dove nidifica, e svernante negli Stati Uniti. Hanno misure record: una apertura alare fino a 1,75 m, una lunghezza di circa 1 m. e un peso fino a 6,5 kg. Caratteristica principale di queste oche è di avere zampe, becco, collo e la testa nera, con le guance bianche, e il corpo marrone con il petto bianco.

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Un coyote lungo la Grand Loop road tra Madison e Norris. I coyote, che pesano 15 kg, sono alti 50 cm alla spalla e vivono 13 anni al massimo. Sono animali intelligenti, adattabili e a Yellowstone particolarmente abbondanti. Proprio la loro adattabilitĂ , con un habitat che spazia del nord al centro America, da regioni remote e selvagge alle periferie cittadine, ha permesso loro di sopravvivere agli sforzi compiuti per sterminarli nel west allo scopo di proteggere il bestiame all’inizio del ‘900. Al contrario di puma e lupi, rimasti in pochissimi esemplari. Si nutrono di piccoli roditori, topi, lepri e carogne e danno alla luce da 4 a 8 cuccioli in aprile. Proprio la quasi eliminazione dei lupi ha loro tolto la competizione per territorio e cibo, consentendo loro di proliferare indisturbati.

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Yellowstone ospita una fauna ricca: oltra ai già citati bisonti e coyote, si incontrano orsi bruni e grizzly, specialmente al mattino presto e alla sera, nelle valli di Hayden e Lamar. Pur essendo in generale pacifici, si raccomanda di osservarli da lontano o dall’auto, soprattutto se hanno i piccoli. Altri mammiferi presenti nel parco sono i lupi, circa 13 branchi, che si distinguono dai coyote per le dimensioni doppie e non costituiscono pericolo se non si abituano a ricevere cibo dagli umani, poi alci (400), wapiti, specie di cervi (15.000), tassi, lontre e volpi. Tra gli uccelli si contano 300 specie, la metà delle quali si riproduce nel parco.

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Nella pagina precedente: una vista del Lago Yellowstone circondato da conifere. La vegetazione del parco è quella tipica delle Montagne Rocciose. Sono presenti piĂš di 1000 specie di piante autoctone, tra cui centinaia di fiori, diverse tipologie di conifere e di arbusti (ginepri, aceri e artemisie). Tre specie sono endemiche: la Ross’s bentgrass (agrostis rossiae, una graminacea), la verbena della sabbia di Yellowstone (Abronia ammophila) e il Yellowstone sulfur wild buckwheat (Eriogonum umbellatum var cladophorum), una varietĂ di grano saraceno. Sotto e nella pagina successiva: a Yellowstone gli animali hanno la precedenza e la presenza di bisonti (soprattutto) sulla strada porta ad attese lunghe anche ore.


INFO UTILI Foto e testi di Federico Klausner Dove si trova Il parco di Yellowstone si trova per la gran parte (96%) nello stato del Wyoming, nella sua estremità nord occidentale. 3% del parco è nel Montana e 1% nell’Idaho. Occupa 9.000 kmq di altipiani a una altezza media di 2400 m. Oltre a essere il primo parco nazionale istituito al mondo (1872) e il maggiore per superficie degli USA, è uno dei più grandi ecosistemi intatti di foresta temperata esistenti sulla Terra, dichiarato Patrimonio dell’Unesco nel 1978. Nel 2015 ha attratto più di 4.000.000 di visitatori, che hanno percorso i 220 km del Grand Loop, la strada a otto che lo attraversa, e i 1600 km di sentieri e mulattiere, che portano alle sue cinque differenti regioni: Mammoth Country, l’area termale che si estende nella zona di Mammoth Hot Springs, Roosevelt Country, con il suo paesaggio di wapiti e bisonti, Geyser Country, dove si trova l’Old Faithful, Canyon Country, con il Grand Canyon e la Lower Fall, alta 2 volte quella del Niagara, e la Lake Country, attorno al lago Yellowstone, dove sta la mag-

gior concentrazione di animali selvatici. Il parco è celebre per i numerosi geyser (oltre 300), le 10.000 sorgenti termali. Documenti Per recarsi negli USA i cittadini italiani hanno bisogno di un visto. Il modo più semplice per ottenerlo è mediante il Visa Waiver Program per stabilire la loro idoneità al programma stesso. Dopodiché occorre ottenere l’autorizzazione all’ingresso negli USA servendosi del Sistema Elettronico per l’Autorizzazione al Viaggio (ESTA). Informazioni più dettagliate si trovano qui. Attenzione: per l’ESTA è indispensabile un passaporto a lettura ottica. Se non lo si possiede occorre fare ricorso alle normali procedure consolari. Quando andare Pur essendo in gradi diversi accessibile tutto l’anno Il periodo migliore coincide con l’estate, da fine maggio a fine settembre quando tutte le strade, i musei, i visitor center e le information station sono aperte. Che è anche il periodo più affollato. Nel periodo invernale, viceversa, non tutto il parco è visitabile, essendo chiuse an-


che alcune sezioni della Grand Loop Road. Come arrivare Gli aeroporti internazionali più vicini si trovano a Denver, Salt Lake City e Chicago, serviti da moltissime compagnie. Aeroporti minori si trovano a Cody, Bozeman, Jackson Hole, e West Yellowstone. Attenzione a non confondere lo Yellowstone Airport, situato presso la cittadina di West Yellowstone, con il fratello maggiore Yellowstone Regional Airport di Cody. Da qui si può proseguire con un bus della START e unirsi poi a uno dei numerosi tour organizzati. In alternativa si può usare una macchina: presso gli aeroporti di arrivo sono presenti molte compagnie di autonoleggio. Dove dormire Gli accessi più comodi al parco sono dalla Western Entrance a ovest, a pochi km dalla città di West Yellowstone, e dalla Eastern Entrance a est, 7 km da Wapiti e 40 da Cody. Le migliori possibilità di alloggio con hotel e motel di ogni classe sono a West Yellowstone e Cody, la città di Bufffalo Bill. Noi siamo stati presso AmericInn Lodge & Suites a Cody, (ca. $160 la doppia, ottimo a parte la inquietante hall zeppa di trofei di caccia su ogni parete) e al Crosswind Inn (2*, $250 la doppia, semplice ma un po’ caro, come tutti gli hotel

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di West Yellowstone, che fanno pagare la vicinanza al Parco. Molto amato dai bikers su Harley). L’accesso settentrionale, dal Montana, che è aperto tutto l’anno, è tuttavia il più scomodo perché il più decentrato rispetto alla Grand Loop road, anche se il più vicino alle Mammoth Hot Springs. All’interno del parco si trovano diversi hotel e bungalow, la cui lista si trova qui o si può optare per questi campeggi. Come visitare Nel parco ci sono molti Visitor center, che sono una miniera di materiale, mappe e informazioni utili. Inoltre ci sono una dozzina di stores riforniti di cibo, cartoline, souvenir e benzina. Molto comodo è l’utilizzo del Trip Planner, messo gratuitamente a disposizione dal Parco (scaricabile) e la app anch’essa scaricabile gratuitamente da App Store e Google Play. La strada che tocca la stragrande maggioranza delle attrazioni, la Grand Loop Road, a forma di otto, è lunga oltre 220 km. Le 10 cose da non perdere In Yellowstone ci si potrebbe passare mesi, se oltre a seguire la strada si volessero compiere trekking ed escursioni nelle zone più remote e selvagge del parco. Se per mancanza di tempo ci si dovesse limitare a 10 attrazioni imperdibili, quel-


le suggerite sono: Old Faithful Geyser/Upper Basin, Grand Canyon of the Yellowstone River, Hayden Valley, Mammoth Hot Springs, Yellowstone Lake, Norris Geyser Basin, Lamar Valley, Tower Fall, Lower Geyser Basin, West Thumb Geyser Basin. Ingressi L’ingresso al parco costa $25 per un veicolo privato (compresi gli occupanti), $20 per moto e motoslitte (in inverno), $12 per i visitatori sopra i 16 anni, che entrino a piedi, in bici, sci ecc. L’ingresso è valido 7 giorni per i parchi di Yellowstone e Grand Teton. Esiste inoltre un pass annuale per entrambe i parchi ($50 ad auto). Se si ha intenzione di visitare anche altri parchi potrebbe convenire acquistare il pass annuale per tutti i parchi al prezzo di $80 per auto. Avvertenze Il parco appartiene alla flora e alla fauna locale che ne fa uso liberamente. Gli ospiti siamo noi. Quindi occorre attenzione a non mettere a rischio la incolumità degli animali guidando a velocità eccessiva specialmente all’alba e al tramonto, quando gli animali sono più attivi. La velocità massima consentita nel parco è di 45 mph (72 km/h), ma è meglio limitar-

la ancor più per osservare meglio ed evitare impatti con gli animali, o tamponamenti con chi si ferma. È proibito bloccare la strada e guidare fuoristrada. Per quanto riguarda la fauna è prescritta una distanza minima di 90 m. dagli orsi e 25 da ogni altro animale. Assolutamente vietato nutrirli, perché scatena la loro aggressività, che porta all’allontanamento dal parco o all’eliminazione. Per gli umani è invece fatto obbligo di camminare solo su sentieri e passerelle e di non bere alcol in molte zone. Paradossalmente tra tanti geyser è anche proibito fumare. Cosa portare L’abbigliamento dipende dalla stagione. Da preferire comunque scarpe alte, colori che si confondono con la vegetazione e un cappello. Indispensabile un binocolo, un adattatore per prese americane di corrente (che è a 120V!) e lucchetti del tipo apribile dalla polizia per controllo, per evitare che vengano rotti. Link utili Informazioni del parco Yellowstone Net Yellowstone National Park Visit Usa Italia - Info turismo Stati

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| CALABRIA, UNA STORIA PICCANTE

Ăˆ quella del peperoncino. Spagnolicchio, diavolicchio, pipu, sono alcuni dei nomi del principe rosso della tavola. Orgoglio della Calabria, viene esportato in tutto il mondo.

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Apertura: tramonto sul borgo di Diamante dove ogni anno si svolge il festival del peperoncino. Pagina precedente: panorama sul borgo di Verbicaro all’interno del Parco Nazionale del Pollino.


Peperoncini di varie origini e nazionalità esposti al Museo del Peperoncino, che si trova all’interno del Palazzo Ducale, nel centro storico del borgo di Maierà. Si tratta dell’unico museo al mondo dedicato a questa spezia coltivata e conosciuta da millenni in buona parte del pianeta.


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Ogni anno a Diamante, in provincia di Cosenza, si festeggia ‘Sua Maestà il Peperoncino’ con un campionato italiano per palati forti, dedicato ai divoratori del potente diavolillo rosso. Arte, cultura, gastronomia e spettacolo si danno la mano per onorare questa antichissima spezia che scalda l’anima e stuzzica il cuore. Il ‘peperoncino festival’ è qualcosa che sta fra l’eros e la goliardia, fra il colto e il nazional-popolare, fra la sagra di paese e l’evento di risonanza nazionale.

A far da cornice a tutto questo, una regione dove le antiche tradizioni sono più vive che mai. Dove spiccano alcuni gioielli storico-naturalistici, come i graffiti e le stalagmiti della Grotta del Romito, i villaggi di montagna di Verbicaro e Maierà, oltre all’antico borgo abbandonato di Cirella Vecchia (doppia pag. seguente), la città ‘tre volte distrutta’, come ricordano fonti storiche tramandate oralmente.

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Il convento dei cappuccini nei pressi di Belvedere Marittimo. Il borgo elesse a proprio patrono San Daniele Fasanella che, si racconta, ricevette l’abito serafico nel 1219 direttamente dalle mani di San Francesco d’Assisi. Il convento, costruito alla fine del XVI sec. su una collina sovrastata da un magnifico esemplare di pino marittimo, fu eretto in suo nome in ricordo del martirio subito a Ceuta il 13 ottobre 1227.

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L’ingresso della Grotta Azzurra dell’isola di Dino, sul litorale del golfo di Policastro di fronte a Praia a Mare. Si disputano l’origine del suo nome Venere, per il fatto che i naviganti vi avevano consacrato un tempio (aedina) a lei dedicato, e le tempeste o vortici (dal greco dina), che anticamente rendevano la navigazione attorno all’isola particolarmente pericolosa. Oltre alla Grotta Azzurra, tra le sue ripide scogliere si trovano una serie di altre grotte particolarmente amate dai turisti.

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La piccantezza di un peperoncino può essere misurata con la Scala di Scoville, (SHU - Scoville Heat Units), creata da Wilbur Scoville nel 1912. Originariamente il test era piuttosto empirico e consisteva nel diluire con acqua e zucchero l’estratto di peperoncino, fino alla scomparsa del suo bruciore. Oggi esistono test più scientifici, che misurano direttamente la quantità di capsaicinoidi (alcaloidi naturali presenti nelle piante del genere Capsicum, come il peperoncino), ma la scala SHU viene tuttora utilizzata per stabilire il grado di piccantezza. Nella classifica di piccantezza assoluta, il primo posto spetta alla specie Carolina Reaper, coltivato nella Carolina del Sud, che può raggiungere una SHU di 2.200.000. Il peperoncino calabro con 30.000 SHU si colloca al decimo posto della classifica mondiale alle spalle di: Trinidad Moruga originario di Trinidad, secondo con 2.000.000 SHU. Naga Morich proveniente dal Bangladesh, terzo con 1.000.000 SHU. Bhut Jolokia dall’India, quarto con 970.000 SHU. Habanero Red Savina coltivato in Messico e fratello ‘più cattivo’ del famoso Habanero, quinto con 850.000 SHU. Solo sesto con 350.000 SHU il mitico Habanero messicano. Lo Scotch Bonnet coltivato in varie isole caraibiche, si trova in settima posizione con 200.000 SHU. Ottavo il peperoncino Rocoto che si trova tra Perù e Bolivia, con 75.000 SHU. Infine il popolare peperoncino di Cayenna originario dalla Guyana francese, ma coltivato in molte altre parti del mondo tra cui l’Italia, nono con 50.000 SHU. 167


Diamante, sulla costa calabra, oltre ad essere la patria del festival del peperoncino, che si tiene ogni anno nel mese di settembre, è conosciuta anche come la città dei murales. Nel 1981 il pittore Nani Razzetti, d’origine milanese ma di cuore diamantese, propose alla municipalità di chiamare una serie di artisti per dare nuova vitalità al centro storico dipingendone i muri delle case. L’idea ebbe successo e più di ottanta artisti arrivarono a Diamante per esprimere la propria creatività sui muri trasformati in gigantesche tele.

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Nel corso degli anni i murales hanno varcato i confini del centro, per espandersi in tutta la cittadina e nella frazione di Cirella. Oggi sono oltre 150 le opere che si possono ammirare sulle facciate degli edifici di Diamante. I muri di Diamante raccontano la storia della Calabria, dalle origini fino ai giorni nostri. Ci sussurrano storie di devozione, leggende di mare, satira politica e hanno ridestato negli abitanti l’interesse per la conservazione del proprio passato. Ăˆ possibile effettuare un itinerario alla scoperta dei murales accompagnati da guide, che vi racconteranno la storia e la simbologia di ogni dipinto.

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Polenta con verdura e pipi cruschi cucinati al ristorante Bellavista di Maierà . Permeata da una profonda cultura contadina e pastorale, la cucina nel territorio del parco del Pollino affonda le sue radici nelle piÚ antiche tradizioni popolari della sua terra. I pipi cruschi sono peperoni essiccati che vengono preparati utilizzando dei peperoni Senise essiccati al sole e successivamente messi a soffriggere in un tegame con olio extravergine d’oliva. Una volta estratti e raffreddati i peperoni risulteranno cruschi (croccanti). I pipi cruschi vengono utilizzati in moltissime ricette calabresi.

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Essiccazione dei fichi per la realizzazione del miele di fichi, al negozio di prodotti tipici Casamaierà a Maierà. Il miele di fichi viene prodotto in Calabria da secoli e si tratta di una delle specialità della tradizione gastronomica regionale. Si ricava dalla bollitura di fichi di qualsiasi varietà. Si sposa con i dolci tipici calabresi come i turdilli e la pitta fritta, con i gelati alle noci e alle nocciole, o per esaltare il gusto di alcuni frutti come l’ananas.

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I ruderi dell’antico borgo di Cirella Vecchia posto su una collina di fronte al mare e all’omonima isola, dove si trova una torre di guardia costruita per l’avvistamento dei nemici. Nel corso della sua lunga storia la città venne distrutta per ben tre volte. La prima ad opera di Annibale, che la volle punire per essersi schierata a fianco di Roma. Successivamente fu la volta dei pirati turchi che, dopo averla saccheggiata, ne rapirono buona parte degli abitanti. La terza e definitiva si deve all’esercito napoleonico nel 1806. Ma oltre alle distruzioni storiche, ne esiste una quarta del tutto leggendaria, che vuole gli abitanti di Cirella Vecchia vittime di voracissime formiche rossi giganti.

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Il festival del peperoncino di Diamante si tiene generalmente nella seconda settimana di settembre. Durante le varie edizioni ha visto la partecipazione di personaggi illustri dello spettacolo come Penelope Cruz, che alcuni anni fa fu sponsor dell’Accademia Italiana del Peperoncino. All’interno del festival vi sono infinite iniziative che vedono il peperoncino come protagonista assoluto. Dall’esposizione di oltre 1000 varietà di peperoncini provenienti da tutto il mondo, a convegni tra cui uno di medici dal titolo ‘il peperoncino fa bene alla salute e all’eros’, degustazioni, il cinema ‘piccante’, spettacoli teatrali e di cabaret.

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In Calabria mangiare piccante è sinonimo di forza e prestanza fisica. Tra i contadini esisteva un vero e proprio rito di iniziazione che consisteva nell’ingurgitare la maggior quantitĂ di peperoncino che il palato e lo stomaco potevano sopportare. A questa antica tradizione si ricollega il Campionato Italiano dei Mangiatori di Peperoncino che vede la sua fase finale durante il festival di Diamante. Ad oggi il record appartiene a Francesco Vecchio, un medico lombardo che, nell’arco dei 30 minuti in cui si svolge la gara, ha divorato 800 grammi di peperoncino.

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La grotta del Romito si trova in una vallata sulla sinistra del fiume Lao. Al suo interno vi sono incisioni rupestri che risalgono al paleolitico. La più celebre di queste è il cosiddetto ‘Masso dei Tori’, un grosso masso situato presso l’imboccatura della grotta, che reca incisi su diversi livelli tre profili di bos primigenius. Le incisioni sono state datate dagli studiosi intorno all’XI millennio a.C. e rappresentano una tra le più felici espressioni del verismo paleolitico del Mediterraneo. La presenza alla base del masso di una doppia sepoltura di un giovane e di una donna, corredata da corna di bos primigenius, evidenzia un aspetto prettamente cultuale dell’immagine incisa nella roccia.

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INFO UTILI Foto e testi di Bruno Zanzottera Come Arrivare In auto: A3 Salerno-Reggio Calabria, uscita Lagonegro (poi statali 585 e 18). In treno: stazione di Lamezia Terme Centrale. In aereo: aeroporto di Lamezia Terme. Dove Mangiare Belvedere Marittimo: Sabbia d’Oro, Via Piano delle Donne, tel. 0985.88456. Lo chef propone menù interamente piccanti, consigliati gli gnocchetti Sabbia d’Oro con i gamberetti. Diamante: La Guardiola, lungomare Riviera Blu, tel. 0985.876759. La Taverna del Pescatore, affacciato sul porticciolo, tel. 0985.81482. Entrambi specializzati in pesce. Maierà: K3 presso l’hotel Bellavista, Contrada Arieste 80, tel. 0985-889300, cucina casalinga, pasta fatta in casa. Granite Belvedere Marittimo: Cipolla, p.za Dante 4 (da assaggiare quella alle castagne e al peperoncino). Diamante: Pierino, C.so Vittorio Emanuele 22.

Cosa Comprare Diamante: prodotti tipici, vini e liquori da Sapore Calabria, C.so Vittorio Emanuele 130. Ceramiche artigianali al laboratorio Passione Artistica, Via Santa Lucia 32. Maierà: prodotti tipici, salse piccanti (tra cui la n’duia, carne da spalmare impastata con il peperoncino), confetture e il gustoso miele di fichi da Casamaierà, Contrada Arieste 79. Musei Maierà: Museo del Peperoncino, Palazzo Ducale, tel. 348.5698413, 0985.81130 dove si trova anche la sede dell’Accademia del Peperoncino. Apertura dal 1 luglio al 15 settembre 17,30 – 23,30 Papasidero: Museo e Grotta del Romito, prenotazioni per visite guidate al sito archeologico tel. 0981/83078, papasiderocomune@libero.it Bibliografia Sua Maestà il peperoncino, Enzo Monaco, Accademia Italiana del Peperoncino. Link utili Peperoncino festival 177


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