RETI E STAZIONI DELLA METROPOLITANA TRA FUNZIONALITA' E ARCHITETTURA

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TRASPORTI & CULTURA N.57

si fermata nella stazione Risorgimento (nei pressi di Castel S. Angelo) e prima ancora in quella di piazza Venezia. In questa visione di ampio respiro strategico, la stazione di San Giovanni costituisce, utilizzando le parole dell’allora Soprintendente Francesco Prosperetti, la porta di accesso al centro storico di Roma e come tale è stata la prima stazione a vedere applicata in maniera estensiva la nuova metodologia di scavo basata sulla cosiddetta “archeologia preventiva”3 che prescrive, dopo un’ampia campagna di carotaggi, una successiva conduzione dei lavori dove squadre di edili sono quotidianamente affiancati da squadre di archeologi con l’obiettivo di eliminare le sfasature e i ritardi rispetto ai cronoprogrammi ipotizzati nella fase di progettazione iniziale, ritardi che nel passato sono sempre stati imputati ai ritrovamenti archeologici. La prima operazione che ha dato avvio ai lavori è stata la messa in opera di grandi paratie in cemento armato che hanno delimitato il sedime su cui insiste la stazione consentendone in fase successiva lo scavo in condizioni protette. Man mano che si è proceduto verso il basso si sono montati i solai con funzione di controventamento delle paratie in modo da mantenere la stabilità dell’intera area di cantiere. Lo scavo, condotto con metodo stratigra co, è proceduto con dispositivi meccanici quando le condizioni lo hanno consentito e a mano nelle fasi più delicate. La successione delle attività di lavoro ha previsto, dopo lo scavo, la documentazione, il rilievo, il restauro, la delocalizzazione delle strutture archeologiche con lo smontaggio controllato e la conservazione dei reperti mobili allocati in appositi magazzini. Questa nuova procedura, se dal punto di vista della conduzione del cantiere ha garantito una grande ottimizzazione dei costi e dei tempi di realizzazione prevedendo e normando, come abbiamo visto, tutte le operazioni di scavo, nulla ha mai indicato relativamente al tema del “come” tradurre in qualità spaziali la ricca storia che i reperti restituivano. Come rendere comprensibile questo passato in termini contemporanei dentro uno spazio che non poteva essere un museo e che doveva funzionare come stazione di una linea di trasporto? Era la questione che rimaneva in sospeso quando con alcuni colleghi della Sapienza 3 Il decreto legge 163/2006 norma le attività che vanno sotto il nome di archeologia preventiva e che devono essere condotte all’interno di un appalto pubblico.

abbiamo avviato una ricerca sul tema degli spazi ipogei all’interno dei sistemi infrastrutturali contemporanei4. Grazie alla collega Sonia Martone del MIBACT che ci ha presentati alla dott.sa Rossella Rea responsabile per la Soprintendenza degli scavi di tutta la tratta T3 della metropolitana, abbiamo avviato una collaborazione mirata ad indagare progettualmente i temi che gli scavi ponevano all’attenzione dei tecnici di Metro C. Con i buoni uffici della Soprintendenza si è avviata una collaborazione anche con loro e grazie a questa condizione di fattiva condivisione d’intenti si è potuta sviluppare una ipotesi progettuale dotata di una buona dose di veridicità. Abbiamo avuto accesso all’area di scavo e l’assistere al ritrovamento di alcuni dei trentamila reperti rinvenuti è stato motivo di grande emozione. Ma anche le nude paratie cementizie con i solai di controventamento aperti per permettere alle gru di cantiere di movimentare i materiali ci hanno profondamente colpito. Come restituire tutto questo mondo di suggestioni in uno spazio che, lo abbiamo già detto, non è un museo ma una stazione di una linea metropolitana, uno spazio cioè in cui gli aspetti funzionali hanno un peso preponderante nelle scelte che de niscono e organizzano gli ambienti? La soluzione ci è apparsa quasi subito piuttosto evidente: la chiave di volta è stata quella di lavorare sul concetto di invaso spaziale e sul tema della sua fodera quale super cie narrativa: piano di restituzione di un racconto incentrato sul tema della ricchezza stratigra ca del luogo, sulla sua storia che attraverso le epoche si è materializzata, strato dopo strato, dalla preistoria sino alla contemporaneità. Da un punto di vista urbano il nostro progetto di ricerca proponeva l’idea di recuperare al sistema degli spazi pubblici della città l’emergenza archeologica di Porta Asinaria, splendido esempio di quel sistema di accessi che punteggiavano il perimetro delle mura Aureliane e che oggi sarebbe potuta tornare a svolgere un ruolo attivo all’interno dei ussi vitali della città con il compito di cerniera tra gli spazi della città di super cie e quella che in uno scritto ho de nito la città omologa5, la città ipogea al di sotto della prima. La quota su cui insiste la porta è sostanzialmen4 La ricerca ha prodotto una pubblicazione curata da P.V. Dell’Aira, P. Guarini, A. Grimaldi, F. Lambertucci dal titolo Sottosuoli urbani. Il progetto della città che scende, Quodlibet, Macerata, 2015. 5 A. Grimaldi. Gli ipogei metropolitani o della città omologa. Ri essioni sui caratteri identitari degli ipogei urbani. In, Sottosuoli urbani, op. cit.

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