Quotidiano del Festival Trame n°3 - 23 Giugno 2017
Trame News. Il giornale del Trame Festival edito a scopo promozionale. Hanno collaborato: Mario Bucaneve Maria Rosaria Cardenuto Maria Colistra Vanessa Coricello Alessandra Corrado Tommaso De Pace Angela De Sensi Francesca Gatti Marcello Giannotti Sensi Margherita Esposito Sonia Forlimbergi Ilaria Mastroianni Valeria Mastroianni Francesco Molinaro Vincenzo Morello Alessia Nicolazzo Giovanni Nicolazzo Giorgia Rausa Gabriele Ripandelli Gaetano Savatteri Mario Spada Alessia Sauro Germana Termine Anna Zizzo Sito internet: www.tramefestival.it Pagina FaceBook: @tramefestival Profilo Twitter: @tramefestival
Trame news | 23 Giugno 2017
I crocevia delle piccole frontiere Ne parlano Giuseppe Lavorato e Santo Lombino con Nuccio Iovene «La ‘ndrangheta ha spiccato il suo salto negli anni ‘70, periodo in cui è diventata una delle organizzazioni criminali più ricche grazie a due ordini di motivi: anzitutto, i rapporti che strinse con l’eversione nera fascista e con i numerosi fiancheggiatori dentro l’apparato dello stato» cosi Peppino Lavorato, impegnato politicamente nella lotta alla mafia fin dagli anni Sessanta nella piana di Gioia Tauro, inizia la sua conversazione con Santo Lombino e Nuccio Iovane, sul suo libro “Rosarno. Conflitti sociali e lotte politiche in un crocevia di popoli, sofferenze e speranze”. Si tratta di «un libro corale, connettivo – asserisce Iovene riguardo al testo di Lavorato– che considera la mafia come una struttura che apparentemente ricompone i problemi, ma che in realtà porta avanti un sistema di potere». Durante l’incontro sono stati ricordati alcuni episodi eclatanti, tra cui la notte dell’8 dicembre 1970 durante la quale i grandi boss della ‘ndrangheta rimasero svegli e
armati per essere chiamati a concorrere al completamento del colpo di stato del principe nero. Poi, nel luglio del 1970, in cui furono incaricati di mettere la bomba nella stazione di Gioia Tauro. Proprio in quegli anni si stava delineando la strategia fascista ed eversiva secondo cui si sarebbero disseminate bombe sui treni che avrebbero prodotto sangue in tutta Italia». «Bisogna sottolineare inoltre -ha continuato Lavorato- sui rapporti stretti tra l’imprenditoria affaristica e predatrice con uomini delle istituzioni e della politica corrotti e collusi che vigevano negli anni ’80. In Calabria in quel momento giungevano risorse pubbliche immense, che dovevano servire ad ammodernare e costruire infrastrutture, ospedali, scuole, impianti industriali, attività produttive capaci di corrispondere al bisogno dei giovani disoccupati. Se avessimo avuto dirigenti con un pizzico di amore avrebbero impegnato tutte le loro risorse per costringete i governanti a mantenere fede ai loro impegni sociali».
Ilde Terracciano
Nel testo di Lombino “Un Paese al crocevia. Storia di Bolognetta” viene affrontato, invece, il fenomeno delle migrazioni. L’autore che ha partecipato attivamente ai moti operai e studenteschi degli anni ‘70, narra di Bolognetta, uno dei primi comuni ad aver fornito centinaia di migranti al grande esodo verso le Americhe. Conclude Lombino: «lì i nostri migranti hanno costituito delle società di mutuo soccorso, tra cui la Society of Mutual Benevolence of Bolognetta, diventata poi Saint Anthony Society of Bolognetta, nel New Jersey». Si tratta di un testo documentale, costruito su una molteplicità di fonti archivistiche, grazie alle quali svela criticamente un mondo articolato ed eterogeneo, una comunità di nobili e popolani, ceti medi e alti, conservatori e rivoluzionari, contadini e proletari, mafiosi e uomini di Stato, i vari oriundi che si ritrovavano nelle strade della Little Italy e condividevano gioie e dolori della lontananza dalla loro Bolognetta. Giorgia Rausa Alessia Sauro
La forza senza paura della sposa bambina venduta al boss Il racconto commosso della madre più giovane d’Europa Venduta dalla madre per cinquanta mila lire a un pregiudicato. A undici anni fidanzata di lui, a tredici sposa e madre. La madre più giovane d’Europa. Ilde Terracciano a Trame festival, racconta la sua vita, concentrandosi sull’infanzia, con la presentazione dell’autobiografia Scappa a piedi nudi. «Se non perdoni non puoi andare avanti». Nel corso della conferenza, guidata da Manuela Iatì di Skytg24, mostra tutto il coraggio e tutta la forza che ha avuto nel superare le difficoltà incontrate durante la convivenza con il suo primo marito. Costretta a soddisfare ogni desiderio del suo compagno, e a crescere troppo in fretta www.tramefestival.it
tanto da dover assumere il ruolo di madre in una età in cui ancora si gioca con le bambole. Sotto questa grande corazza di donna coraggiosa, in Ilde sono presenti ricordi non sempre nitidi, volutamente rimossi, che nonostante tutto, ancora oggi la colpiscono nel profondo. Nel racconto doloroso e allo stesso tempo pieno di forza, nella piazza silenziosa e attenta, fa cenno al giorno di quel matrimonio: «Ricordo solo che mia madre aveva preparato una grande festa. Crescendo ho distrutto tutte le foto». Altri ricordi, però, restano indelebili nel tempo, come quel vestitino verde che in-
dossava quel freddo 10 gennaio quando è stata portata via dalla sua casa e dalla sua famiglia. «Oggi – continua – vesto solo di nero, per allontanare dalla memoria quei colori e i tutti i ricordi ad essi collegati». Attraverso la sua testimonianza, raccontata senza filtri e senza paura, Ilde Terracciano vuole lasciare un messaggio di speranza e lotta a tutte le ragazze e i ragazzi che vivono situazioni difficili, senza via d’uscita apparente. «Parlatene, chiedete aiuto, scappate dalle situazioni troppo complicate, sapendo che esiste sempre qualcosa di meglio nella vita. Ce la potete fare, perché ce l’ho fatta io». Gabriele Ripandelli, Vanessa Coricello,
Trame news | 23 Giugno 2017
L’antimafia a specchio nel dibattito tra Forgione e Visconti Il tramonto dell’Antimafia? I rischi connessi alla costruzione di falsi miti e alla propaganda populista L’antimafia incastrata tra i tecnicismi della giurisprudenza, i rischi dettati dalla mitizzazione di personaggi ambigui. Sono questi gli estremi attraverso i quali si muove il dibattito diretto da Francesco D’Ayala - del GR Rai -, tra Costantino Visconti - professore ordinario di Diritto penale nell’Università di Palermo e autore di “La mafia è dappertutto”. Falso! e Francesco Forgione, giornalista ed ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia, autore di I tragediatori. La fine dell’antimafia e il crollo dei suoi miti, libri entrambi presentati a Trame 7. Visconti, da puro giurista, spiega attraverso i tecnicismi del sistema penale, come la tutela di alcuni diritti fondamentali cristallizzati nella Costituzione, si possa scontrare con quelle che il popolo, in situazioni di dubbia eticità, identifica come ingiustizie. È il caso, ad esempio, dell’assoluzione del
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prete che celebrava messa nel covo di un boss latitante. Ebbene, il diritto di professare il proprio culto si esplica a prescindere dall’essere un pregiudicato, un latitante o un indagato. Questa assoluzione, che il popolo forcaiolo inquadra come ingiustizia, processualmente è solo piena tutela di un diritto. Visconti crede e auspica in una società che resiste, capace di debellare la «malattia endemica che è dappertutto», una società in cui questa rete pervasiva può essere annientata dal «braccio dell’antimafia come questione dei cittadini». Forgione esordisce con una riflessione sulla perdita e sull’evanescenza delle ideologie. «Lo schierarmi a prescindere non mi impedisce di riflettere. Il fenomeno della mitizzazione delle icone dell’antimafia smantellate da inchieste giudiziarie e giornalistiche, avviene quando, ad esempio, paradossalmente un “personaggio noto per
la lotta alla mafia” si ritrova a commettere il reato di estorsione, laddove gli imprenditori pagavano per il timore del paventato discredito». In questo discorso si innesta – secondo Forgione- anche il ruolo della magistratura, che esercita una funzione etica che la carta costituzione non le ha attribuito, arrogandosi il ruolo di guardia della politica. «Il momento dell’antimafia è stato schiacciato dentro la spettacolarizzazione della costruzione di falsi miti e amplificandoli ha snaturato il fenomeno della lotta». Aggiunge che: «La stessa comunicazione di stampo populista è da evitare, perché quando i processi si svolgono in tv si rischia di arrivare a condanne senza un quadro probatorio dettato dal codice e gli operatori di giustizia finiscono con il deformare la percezione dell’azione giudiziaria, a discapito delle garanzie del sistema italiano». Maria Rosaria Cardenuto
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Trame news | 23 Giugno 2017
I cento giorni di Cosa Nostra.
Ne parla Piero Melati con Bianca Stancanelli. La Capsula del tempo nella storia di mafia. “Giorni di mafia” il testo di Piero Melati presentato da Bianca Stancanelli a Trame.7. L’autore nella sua opera racconta una parte della storia politica e istituzionale dell’Italia molto spesso taciuta. Uno scritto diretto, incisivo perché l’esigenza è quella di narrare storie minute, piccoli frammenti del passato che insieme congiungono i pezzi. La mafia vista come fenomeno culturale, trattato e descritto. Cento sono per l’esattezza i giorni raccontati, difficoltà, misteri ancora oggi irrisolti, che partono dal 1950 fino alla morte di Provenzano. Giorni, mesi, anni che consentono all’autore di delineare una storia di mafia che ha segnato e generato una ferita in Italia e di cui ancora oggi se ne sentono gli effetti. «Perché – dice l’autore – ci sono passaggi storici che non consentono di cogliere il bianco o il nero, ma non si può comprendere la storia senza studiare quella dell’apparato statale». Il libro di Melati ha anche uno scopo sociale, quello di divulgare informazioni rimaste nel dimenticatoio. Un esempio è il caso del piccolo Claudio Domino, undicenne ucciso durante il Maxiprocesso. Il movente del suo assassinio si potrebbe individuare o nel coinvolgimento della propria famiglia nella gestione di un appalto di pulizia, oppure nel caso di Serafina Battaglia, vedova di un mafioso che ha denunciato gli omicidi del marito, senza trovare “conforto” nella giustizia. Dettagli intrisi di un mistero che ha generato la consapevolezza che “non c’è conciliazione tra noi e la verità”, riconducibile anche ai professionisti dell’antimafia che muovono i loro passi con prudenza, scadendo e irrigidendosi, talvolta, in “schieramenti rassicuranti”, generando un «marchingegno della storia mafiosa che è diventato il teatro dei pupi della retorica». «Eppure – conclude Melati – l’immagine preoccupante è quella di un “fenomeno invisibile e pazzesco” che si insinua nelle istituzioni e andrebbe narrato con maggiore obiettività». Germana Termine e Valeria Mastroianni www.tramefestival.it
Amici di battaglia. Così Pietro Grasso ricorda Borsellino e Falcone sul palco di Trame 7 «Borsellino e Falcone prima che eroi erano uomini. Pensarla così serve per farci capire che ognuno di noi può e deve fare qualcosa». Testa alta, schiena dritta e seguendo sempre la sua coscienza, Pietro Grasso, prima da magistrato e poi da politico italiano ha sempre lottato contro la mafia. Dopo 25 anni dalla strage di Capaci, alla settima edizione del Trame festival presenta il libro Storie di sangue, amici e fantasmi. Ad aprire e chiudere il libro troviamo una lettera per Giovanni Falcone ed una per Paolo Borsellino. Due compagni di lavoro ma soprattutto due grandi amici e due maestri di vita. Durante la conferenza, Grasso si sofferma molto a parlare di loro e li descrive anche nella loro vita privata. «Apparentemente Falcone era una persona serissima, che sapeva anche come mettere a disagio i giornalisti dalle domande scontate. Però con gli amici scherzava molto ed era molto amichevo-
le» racconta Pietro Grasso sul palco, in Piazzetta San Domenico insieme a Gaetano Savatteri, «Borsellino, invece», continua il Presidente del Senato, «mostrava apertamente la sua voglia di vivere e la capacità di relazionarsi con gli altri». Qualche cenno anche sulla discussione della legge sullo ius soli. A riguardo afferma che per lui chiunque tifi una squadra italiana e vada in una scuola italiana è riconoscibile come tale e lo è più di chi non vota pur avendone il diritto. Nelle battute conclusive lancia un messaggio di speranza per tutti i cittadini, affermando che la sua vita è improntata sulla convinzione che tutto si possa cambiare e che dunque la mafia si può combattere. Gabriele Ripandelli, Vanessa Coricello, Anna Zizzo
Pietro Grasso e Gaetano Savatteri
Bianca Stancanelli e Piero Melati
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Trame news | 23 Giugno 2017
Il paese dei padrini Parla Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro «Con l’attuale legislatura italiana se ci fosse una volontà politica diversa potremmo vincere la mafia». Non si risparmia Nicola Gratteri sul palco del Trame Festival, dove ha presentato con Gaetano Savatteri il suo ultimo libro “Il Paese dei Padrini” scritto a quattro mani con Antonio Nicaso. Il testo cerca di essere un anello di congiunzione tra la penisola dell’Ottocento e l’odierna Italia mafiosa. Come viene sottolineato da Gratteri «la storia è bizzarra e piena di omissioni, viene scritta dai vincitori perché i perdenti sono sempre brutti, sporchi e cattivi». Bisogna, dunque, interrogarsi su quelle “verità” rimaste indiscusse nel tempo e domandarsi ancora come e quando abbia avuto inizio il fenomeno della ‘ndrangheta. Per rispondere a questa domanda gli autori hanno portato avanti una ricerca storica attingendo alla documentazione degli archivi di Stato e ricostruendo la storia dell’Italia. Una prima causa dell’emergere della realtà mafiosa si può individuare nelle elezioni amministrative del comune di Reggio Calabria del 1889. Anno in cui, i candidati aristocratici, per osteggiare i Borboni, assoldarono Francesco Di Stefano e alcuni membri della magistratura, per spingere gli oppositori all’astinenza dal voto. A quel tempo - nonostante l’assenza di una legislazione antimafia – un metodo così approntato su minacce e
intimidazioni venne visto come un qualcosa di così grave da provocare l’annullamento delle elezioni e lo scioglimento del comune, il primo nella storia del Paese. In seguito ci furono altri eventi rilevanti come quello, ad esempio il terremoto dello stretto del 1908, che portò alla nascita dei primi usurai e delle truffe alle casse dello Stato che finanziava la ricostruzione. Un altro tema su cui si è soffermato Gratteri è la possibilità reale nel nostro Paese di portare avanti la lotta alla mafia dal punto di vista giuridico, e ha spiegato come all’Italia venga riconosciuta un’ottima legislazione antimafia, forse la migliore al mondo. Il problema sta nel fatto di non essere sostenuta ancora da un sistema giudiziario proporzionato alla realtà criminale presente: ramificata in quattro, cinque differenti attività mafiose. A conclusione dell’incontro, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, ha fatto notare come il progresso tecnologico, soprattutto nel campo informatico, stia incidendo molto sulla modalità delle indagini: ad esempio con la nascita dei processi a distanza, che puntano a limitare i costi, a risparmiare tempo e a salvaguardare l’ambiente limitando gli spostamenti. Anche grazie a queste nuove frontiere si punta a sconfiggere le mafie, per non lasciare la partita in eterno pareggio. Di Mario Bucaneve, Margherita Esposito e Sonia Forlimbergi
Pino Puglisi. Armato solo di Vangelo.
Ne Parla Vincenzo Bertolone con Bianca Stancatelli Padre Pino Puglisi , il prete che combatteva la mafia col sorriso. «Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti» riecheggiano al Trame festival le parole di don Pino Puglisi – martire di mafia , ucciso il 15 settembre del 1993 – tramite il libro di Mons. Vincenzo Bertolone “L’enigma della zizzania” edito da Rubbettino Editore. «Per seguire le tracce di Cristo si dovrà camminare tra il grano e la zizzania, si dovrà imparare a distinguerli cominciando da quei loro semi che germogliano nel nostro cuore, si dovrà guardare il cuore dell’altro e le sue ferite, fino a scorgere persino dietro e dentro l’omicida quell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio, un’immagine che permane indelebile nonostante il male e il peccato». Uno dei punti più toccanti del testo di Bertolone che narra la storia di uno dei personaggi più significativi della storia della lotta alla mafia in Italia. «Don Pino Puglisi è “la punta avanzata “ di questo modello di conversione umana, prima ancora che sociale, politica e religiosa» - afferma l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, spiegando, al pubblico di Trame, come l’obiettivo di Pino Puglisi fosse quello di trovare un metodo educativo, illuminante, basato un impianto teologico, culturale ed esperienziale forte che portasse alla distruzione dell’ambiente dove il comportamento mafioso si sviluppa. Di conseguenza non è difficile comprendere, secondo Bertolone, il perché il parroco di Brancaccio venne ucciso dalla mafia: la sua logica era incompatibile con quella del Vangelo. Alessia Nicolazzo
Manuela Iatì e Ilde Terracciano
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Nicola Gratteri e Gaetano Savatteri
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Trame news | 23 Giugno 2017
Londra: tanti soldi anche sporchi Riciclaggio, gli inglesi a scuola dagli italiani Parla Claudio Petrozziello, l’uomo delle fiamme gialle in UK «Una piazza che muove miliardi di euro al giorno è vulnerabile». Si parla della City di Londra, la più grande piazza d’affari d’Europa che oggi con la Brexit rischia di diventare senza controlli. Lo spiega Claudio Petrozziello - colonnello della Guardia di Finanza e inviato a Londra come ufficiale di collegamento con la Gran Bretagna, massimo esperto in normativa di prevenzione inglese che ne ha parlato al Chiostro di San Domenico con Raffaella Calandra - giornalista di Radio 24 - e John Dickie - docente di storia italiana allo University College London, con a carico un ampio background di attenzione alle dinamiche della malavita organizzata italiana. Si dibatte su quanto possano essere attrattive le bolle speculative londinesi nei confronti delle organizzazioni criminali italiane, unitamente all’evoluzione dell’impianto normativo di prevenzione del fenomeno del riciclaggio dopo la presa di consapevolezza della gravosità di un fenomeno lesivo dell’immagine della City.
ed Unione Europea sulla centralità delle piazze londinesi come agevoli piazze di riciclo di proventi illeciti. “Perché l’Inghilterra si è resa conto di avere un problema. Avendo la piazza finanziaria più grande del mondo, per la legge dei numeri, anche la quantità di illeciti che passano per le sue strade è di notevole entità” – afferma Petrozziello, che aggiunge come dinanzi ad una simile consapevolezza, la City non voglia trovarsi in solitaria alla gestione di un simile fenomeno: «Quando i soldi diventano sporchi e son tanti, è un pericolo per la tenuta della gestione finanziaria della City». Un timore che è alla base dell’adozione di un piano di contrasto organico contro il fenomeno del riciclaggio da parte delle autorità inglesi, partorito sotto lo stretto coordinamento internazionale, beneficiando del «knowhow investigativo che nessun altro Paese
del mondo, eccetto l’Italia, ha», sancisce Raffaella Calandra. Una normativa definita “benvenuta” da parte dello storico John Dickie, che tiene ad ammonire: «Osservando la situazione da semplice cittadino, c’era da preoccuparsi. Abbiamo avuto alcuni sintomi: la più grande banca britannica per ben due volte ha dovuto pagare multe salate per infrazione su norme di riciclaggio. Abbiamo un mercato immobiliare visibilmente gonfiato da soldi di provenienza misteriosa». In chiusura Dickie, però, rassicura: «Gli anticorpi ci sono a Londra. Non è completamente il porto delle nebbie di cui si è parlato». Giovanni Nicolazzo
Londra è, in quanto prima piazza dell’economia e finanza internazionale, una ghiotta occasione per ciascun investitore. «Non lava più bianco», tiene a precisare il colonnello Claudio Petrozziello, riferendosi con ogni evidenza all’accusa di Londra di esser la migliore lavatrice di denaro sporco presente nel contesto dell’economia illegale «ma è una grandissima opportunità di riciclaggio. Una piazza che muove miliardi di euro al giorno è vulnerabile. Le movimentazioni finanziarie che transitano per Londra in un anno sono centinaia e centinaia di miliardi e il 48% delle transazioni legate allo scambio commerciale avviene a Londra». Il dibattito non sfugge dal mettere in scena le implicazioni celate all’avvio delle trattative di divorzio tra Gran Bretagna www.tramefestival.it
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Trame news | 23 Giugno 2017
Massoneria in Calabria
Infiltrazioni mafiose, sospetti e misteri Confronto tra Stefano Bisi, John Dickie e Claudio Cordova Un argomento inedito alla seconda giornata del Trame festival: la massoneria. Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e lo storico britannico John Dickie sono i protagonisti del dibattito coordinato dal giornalista e direttore de Il Dispaccio, Claudio Cordova. L’incontro comincia con l’intervento di Cordova riguardo alle teorie dietrologiche e complottistiche con cui la massoneria viene spesso raccontata. Bisi si inserisce nella discussione entrando nel cuore del problema: «Se qualcuno pensa di entrare nella loggia da me presieduta per aprirsi qualche porta, aprirà quelle stesse porte ma per uscirne». Un’affermazione che tenta di ribaltare i luoghi comuni di riferimento sulla categoria massonica. Il focus, infatti, si è incentrato proprio sullo scardinamento di quella “paranoia antimassonica” presente in Italia, che lo stesso John Dickie ha preso in considerazione per presentare un confronto
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tra la cultura italiana e quella della sua terra d’origine, l’Inghilterra. Un Paese, quello britannico, culla della massoneria, all’interno del quale, però, è presente in maniera molto più controllata rispetto al nostro. Oggi, il Grande Oriente d’Italia conta fino a 23.000 “fratelli” tra le sue fila, e riguardo ai gruppi che decidono di aderire alla loggia «è sbagliato“generalizzare”» - precisa Bisi, secondo il quale bisognerebbe modificare l’atteggiamento persecutorio che si ha nei confronti della massoneria. La problematica, secondo Dickie, si riscontra in particolar modo nella cosiddetta “zona grigia”. I legami tra ‘ndrangheta, professioni, imprenditoria ed altri, sono importantissimi per la prima, che, senza questi, non si potrebbe definire tale. «La rete di contatti è ciò che permette di attirare potenziali iscritti – commenta Dickie –. Per la ‘ndrangheta la massoneria rappresenta un mito, un
centro di detenzione del potere al quale possono ambire». Controversa la questione sulla legittimità, da parte della magistratura, di sequestrare l’elenco degli iscritti, come recentemente avvenuto in Calabria e Sicilia. «Soltanto i regimi totalitari osavano indagare nell’intimo delle persone» - dichiara Stefano Bisi. Mentre John Dickie – pur riconoscendo la libertà associativa che accomuna la massoneria ad altre associazioni, e invitando a non cercare facili ‘burattinai’ che muovono le fila della mafia – si sofferma sulla complessità del fenomeno riconoscendo la necessità di mantenere attenzionata la categoria massonica e conclude l’incontro con questo interrogativo: «Senza un intervento della magistratura che ha scoperto la P2, a che punto saremmo oggi?». Francesca Gatti
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Trame news | 23 Giugno 2017
Ciao Marcello
Trame saluta un amico, Marcello Le Piane, operatore tv che ha seguito tutte le edizioni del nostro festival. Un abbraccio ai suoi familiari www.tramefestival.it