Il design dei televisori Seleco 1960-2000

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Produzione e design dei televisori

Per una rassegna a largo raggio sugli anni cinquanta si veda il volume della mostra AAVV, Annicinquanta, la nascita della creatività italiana, Skira, Firenze 2005 e Centrokappa (a cura del), Il design italiano degli anni 50, Ricerche design Editrice, Milano 1985. 73 Renato De Fusco, Storia del design, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 258. 74 Per approfondimenti si veda Manolo De Giorgi, Il mobile popolare, in Manolo De Giorgi (a cura di), 45,63 Un museo del disegno industriale in Italia, Abitare Segesta, Milano 1995, pp. 24-29. 75 Vittorio Gregotti, Il disegno del prodotto industriale, Italia 18601980, cit., pp. 235, 237, 238. 72

3.4 Il dopoguerra e lo sviluppo dell’industrial design

Nella metà degli anni cinquanta si stanno producendo concretamente effetti dell’incontro fra la cultura italiana e il nuovo universo dei prodotti industriali72. La ricostruzione, una volta acquisita la metodologia del Razionalismo (ormai saldamente connesso sul piano ideale ai movimenti di Liberazione Nazionale e politicamente antifascista), come guida al rinnovamento del prodotto del disegno industriale, sembrava privilegiare due settori d’intervento: l’industrializzazione dell’edilizia e l’arredamento della casa popolare73. Uno degli episodi primi e caratteristici di questo atteggiamento è costituito dalla mostra della Rima (Riunione Italiana per le Mostre di Arredamento) che nel 1946 organizzò una manifestazione legata al tema dell’arredamento popolare in cui emersero, attraverso gli architetti del movimento moderno, soprattutto i temi della flessibilità, della riduzione degli spazi e dell’antidecorativismo. I modelli di imitazione erano quelli dell’arredo umile e senza storia: la sdraio, il tavolo pieghevole, l’attrezzo popolare. Un’equivalente spinta ideale fu quella costituita dalla VIII Triennale, intito-

lata Il mobile popolare, il cui intento generale risiedeva nella ricostruzione nazionale in una prospettiva democratica74. Lo slogan “dal cucchiaio alla città” di Ernesto N. Rogers, un uomo tra i più colti ed attenti alla cultura architettonica di quegli anni, ribadiva la sostanziale unità progettuale tra oggetti ed edilizia, per lo più intrapresa in entrambi i casi dalla tradizionale figura dell’architetto, indipendentemente dai livelli dimensionali e di complessità. Il design dunque si sviluppò fin da principio dalla cultura degli architetti, i quali coltivarono una precisa metodologia progettuale tipica della tradizione italiana. Nel 1951 alla IX Triennale Enrico Peressutti e Ludovico Belgioioso curano un settore dal titolo Le forme dell’utile: dai mobili sperimentali di Franco Albini di compensato o in giunco, alla valorizzazione materica e dei processi produttivi di Marco Zanuso. Tutto sembrava rivolto ad un estremo tentativo per riannodare i lembi lacerati di un’antica sapienza artigianale ed i nuovi principi figurativi e costruttivi, prima che produttivi ed economici75. Di tutt’altro tenore fu la vicenda Azucena, azienda fondata nel 1949 da

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