Medioevo n. 254, Marzo 2018

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costume e società traccia i romans de chevalerie del XIII secolo, soprattutto se al femminile. Cosí, nel Roman de Silence di Heldris di Cornovaglia (1286 circa), l’eroina omonima viene cresciuta come un maschio dai suoi genitori, perché possa ereditarne il feudo. Nature e Norreture, personificate, si contendono la determinazione del genere della fanciulla, la quale, convinta da Ragione, decide di non abbandonare le vesti maschili se non dopo molte peripezie, compresa la persecuzione a cui la sottopone una regina calunniatrice innamoratasi di lei «en travesti»: solo allora Silence abbandona il travestimento e sposa il re, decretando la vittoria di Nature.

L’ammirazione del poeta

Sul finire del XIII secolo, quando ormai si avanza spediti verso quella civiltà cavalleresca e cortese nella quale è normalmente la donna a incoronare il suo cavaliere, l’inversione dei ruoli sorprende e sciocca l’uomo, il quale, all’apparire in carne e ossa della vergine guerriera, cede alla propria curiosità, non estranea a una certa attrazione: è il caso di Francesco Petrarca (1304-1374), il quale, nella lettera inviata all’amico cardinale Giovanni Colonna, da Baia (campana) il 23 novembre 1343, si sofferma su Maria Puteolana, notissima vergine guerriera di Pozzuoli che, sotto il dominio angioino, difese la sua terra dai pirati saraceni, fino a trovare la morte, sopraffatta e accerchiata dai nemici provenienti dal mare. Documento preziosissimo, la lettera del Petrarca, che aveva visto Maria Puteolana già una volta prima di incontrarla di nuovo, non soltanto ci dà conto dei costumi «guerreschi» di una vergine guerriera del suo tempo, ma, ancor piú, dello «stupito incantamento» dell’uomo e dell’intellettuale, di fronte al fascino del mito redivivo delle Amazzoni. Scrive infatti il poeta all’amico Colonna: «Ciò che dunque questo giorno maggiormente mi ha mostrato e questa lettera ti mostrerà, fu la grande forza d’animo e di corpo di una donna di Pozzuoli. Si chiama Maria e suo merito particolare è d’aver conservato la verginità. Vissuta sempre tra uomini, e quasi sempre uomini d’arme, nessuno, come tutti fermamente credono, ha mai attentato né sul serio né per scherzo alla sua castità, e come si va dicendo, piú per timore che per rispetto. Ha un corpo piú da guerriero che da donna, ha una forza che può desiderare il piú provetto soldato; possiede un’agilità rara e inconsueta, l’età è fiorente, l’abito e l’aspetto sono quelli di un uomo forte. Non si compiace del cucito ma dei dardi; non degli aghi e degli specchi ma dell’arco e delle frecce; non la rendono bella i baci e i segni lascivi di un dente protervo ma le ferite e le cicatrici; ogni sua cura è volta alle armi e il suo animo disprezza il ferro e la morte. Trascina con i vicini una guerra ereditaria nella quale sono già morti in molti da una parte e dall’altra. Talvolta sola, piú spesso in compagnia di pochi, è venuta alle prese col nemico; sino a oggi è sempre riuscita vittoriosa. Piomba a capofitto nel combattimento, se ne distacca a fatica, aggredisce il nemico con

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In alto unica raffigurazione coeva di Giovanna d’Arco, rinvenuta a margine di un registro compilato da Clément de Fauquembergue, cancelliere del Parlamento di Parigi. La pulzella è raffigurata erroneamente con connotati squisitamente femminili, quali una lunga capigliatura sciolta e una gonnella. 1429.

violenza, con cautela gli tende insidie; sopporta le notti all’aperto e in armi, si compiace di riposare sulla nuda terra e di posare il capo sopra uno scudo o una zolla d’erba. Fra tante continue fatiche è in breve tempo cambiata. Non è trascorso molto da quando un giovanile desiderio di gloria mi spinse a Roma e a Napoli, dal re di Sicilia, eppure, quando mi si è accostata per salutarmi armata e circondata da armati, io che l’avevo conosciuta inerme – meravígliati – le resi il saluto marzo

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