Sport a Gorizia

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SPO R T a

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GORIZIA

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SPORT A GORIZIA 1942 | 2012 70 ANNI DI ATTIVITÀ CONI

Lo sport consiste nel delegare al corpo alcune delle più elevate virtù dell’animo.

Jean Giraudoux (scrittore e commediografo francese, 1882-1944)

La maggior emozione che un cittadino, uno sportivo, un dirigente e un politico possano avere è quella di poter stringere la mano al Presidente della Repubblica e scambiare qualche parola con lui.

Significa conoscere direttamente la persona che rappresenta al suo massimo livello il Paese per il quale uno ha profuso il proprio tempo, la propria passione, la propria intelligenza nell’unico interesse del bene e del progresso della collettività. Se poi il presidente è una persona di grandissimo profilo umano e di grandi aperture culturali come Giorgio Napolitano, l’incontro con lui diventa anche un importante riconoscimento e sprone a continuare e anzi migliorare, il proprio impegno istituzionale e sportivo.

CAPITOLO 1

LO SPORT A GORIZIA

GIORGIO BRANDOLIN PRESIDENTE CONI FRIULI VENEZIA GIULIA

Ho raccolto il testimone molti anni fa, con umiltà e spirito di servizio.

E con grande amore per lo sport e il territorio di Gorizia.

Ho ricevuto questo testimone da dirigenti che hanno dato il meglio della loro vita per lo sport goriziano, con uno splendido volontariato.

Ho portato questo testimone come una bandiera che rappresentasse valori assoluti, oltre i confini della provincia e dell’Italia, convinto che lo sport fosse, sia, incontro, confronto e amicizia al di la delle frontiere, politiche, statali, mentali. Adesso questo testimone l’ho depositato nella grande casa dello sport nazionale, il Coni, dal momento che sono state eliminate le delegazioni provinciali. Rimangono quelle regionali, che ne hanno raccolto lo spirito, il messaggio e la continuità. E che ora sono onorato di servire come presidente.

Ma la memoria rimane, deve rimanere, perché è il nostro Dna, rappresenta le nostre radici, l’esempio dal quale continuare nella via di uno sport portatore di valori. Gorizia e il suo territorio hanno avuto una storia complessa, grande anche nella tragedia. Sono passate invasioni e guerre, sono stati edificati confini e cortine di ferro. La città di Gorizia, la “Nizza d’Austria”, è stata distrutta e riedificata, vi hanno studiato, operato, gareggiato, uomini eccezionali. Tutto questo rivive nella memoria che deve essere perpetuata, rinnovata, analizzata. Anassimandro di Mileto, il grande filosofo inventore della scienza, duemilacinquecento anni fa esortava a correggere gli “errori dei maestri” per proseguire nel loro insegnamento. Con umiltà e riconoscenza mi sento onorato di aver portato il testimone del Coni goriziano e lavorato con questo spirito fino al suo epilogo. Non alla sua morte, perché la leggenda dei nostri atleti e dei nostri dirigenti, non muore, ma, anzi, continua.

E questo libro ne è il primo passo.

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CAPITOLO 1

LO SPORT A GORIZIA

LO SPORT A GORIZIA LA SUA FUNZIONE SOCIALE E POLITICA NELLE VICENDE STORICHE DEL NOVECENTO

DI UMBERTO SARCINELLI

La Provincia di Gorizia, così com’è delimitata dai confini disegnati dopo la seconda guerra mondiale non è che una piccola parte di quella Principesca Contea che nel passato aveva fatto dell’Isonzo la sua arteria vitale e che mai era diventato “termine” o “limes” di popoli e società.

Al contrario una terra d’incontri e commistioni, di sincretismi e mescolanze. Un luogo in cui le tre grandi civiltà europee si uniscono fisicamente: latina-mediterranea, germanica-continentale, orientale-slava e fondono i loro caratteri e culture.

Confronto, integrazione, rivalità, emulazione sono anche le caratteristiche dello sport. L’areteia, la superiorità della bellezza e dell’armonia dei classici greci qui, nelle due sponde dell’Isonzo-Aesontium (ma anche l’Eridano degli Argonauti e del Vello d’oro) trovano esaltazione e devoti seguaci.

Lo sport in questa Principesca

Congresso Regionale delle Società Sportive nel 1987.

Contea non è metafora e sublimazione della guerra, bensì prevalenza della virtù e della filosofia.

Nella terra della “Nizza d’Austria” la pratica sportiva si è evoluta dalle prove fisiche d’iniziazione delle classi dominanti dei Gepidi (uccidere da soli a mani nude un orso o un cinghiale) fino a diventare una “prova d’ardimento” fatta di etica,

regole e valore. La povertà dei tanti dopo guerra intrisi di miseria e distruzione ha indirizzato verso sport di fatica e di gruppo.

La disciplina germanica, il lavoro slavo e la fantasia latina hanno “fatto squadra”, creando una miscela imbattibile.

Molti hanno dato giustificazioni sociologiche al fatto che la provin13

CAPITOLO 1

LO SPORT A GORIZIA

Nella foto da sinistra si riconoscono: Meroi, Ferigo, Felluga, Cristiani, Ass. Sport Brancati Mario, Gemo, Sanzin, Gregorat, Anzil, Frattina, Presidente Ing. Velio e altri.

cia di Gorizia, dagli anni 40 ai 70 del secolo scorso sia stata la prima in Italia nel rapporto fra giocatori di calcio professionisti e numero di abitanti. In realtà, sebbene le condizioni di vita pesanti, dopo

due sofferte guerre con relative invasioni, distruzioni e residui di odi ideologici, abbiano forgiato fisici e caratteri forti e determinati, la ragione di questo successo clamoroso è nella cultura di una

Dirigenti del CONI Provinciale di Gorizia Da sinistra: Peternel - Civelli Delegato Regionale - Cristiani - Bregant - Ferigo - Marri

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Mitteleuropa che non emargina l’educazione fisica, ma ne fa giusta integrazione della formazione generale dell’individuo. Nemmeno la società del benessere e del capitale e le loro lusinghe hanno intaccato le radici di questo carattere.

In questo libro, a memoria delle generazioni future, viene narrato un breve periodo della storia della Principesca Contea di Gorizia: quella delimitata dall’operare del comitato provinciale del Coni, dal 1946 al 2012. Un periodo complesso, durante il quale si chiudono e si riaprono frontiere, si creano e poi scemano dogmi ideologici e riaffiora l’antico sentire mitteleuropeo che non concepisce barriere fra popoli ma solo confini amministrativi di territori interconnessi.

Può sembrare contradditorio che a Gorizia il muro fra est e ovest sia stato abbattuto solo nel 2006, dopo quello, più simbolico, di Berlino, mentre da sempre le popolazioni non si sentivano divise e proprio lo sport, anche negli anni più difficili e turbolenti abbia fatto da ultimo, tenace collante. Soprattutto tra i giovani.

In questo senso il Coni provinciale ha avuto un ruolo decisivo.

Ha saputo unire le varie discipline in un’identità non sciovinista, ma storicamente reale. Ha saputo dialogare con la Jugoslavia prima e con la Slovenia poi, in virtù del suo ruolo istituzionale, che si interfac-

CAPITOLO 2

LO SPORT ABBATTE I CONFINI

LO SPORT ABBATTE I CONFINI

DI GUIDO BARELLA

Quando un sogno diventa realtà. Già, perché Giorgio Brandolin aveva 21 anni ed era un roccioso difensore del Ronchi quando per la prima volta attraversò il confine (era il 1971 e il confine era, appunto, ancora confine, con le sbarre, la polizia, i finanzieri, la milica, la carina...) per andare a disputare una partita a Nova Gorica. Novanta minuti in campo, molti di più fuori dal campo, dopo la partita, tutti assieme per la cena finale, quasi un terzo tempo transfrontaliero.

Poi, cambiarono i ruoli, ma non le abitudini. Perché, ad esempio, da presidente del Ronchi prima e del Coni isontino poi Brandolin prese a frequentare la festa che ogni anno la comunità italiana in Istria organizzava (e organizza) per stringersi attorno ai suoi campioni sportivi.

E allora l’idea nacque e si sviluppò A sinistra: calcio transfrontaliero.

In campo giovani calciatori della ISM Gradisca e gli avversari sloveni di Bilje

in maniera quasi naturale, ancorché controcorrente visti i tempi: in attesa che poi ci pensasse anche la Storia (sì, quella con la “S” maiuscola), la piccola storia fatta dallo sport poteva davvero cancellare i confini. Perché su un campo di calcio così come nel gruppone di una corsa ciclistica, disputando

una marcia anche non competitiva o remando sull’Isonzo, si è davvero tutti uguali: tutti atleti, senza altra distinzione, figurarsi di passaporto! Atleti che corrono, si divertono con un pallone, remano, gioiscono, si incoraggiano l’un l’altro, imprecano. E poi, si sa. La storia dello sport tante volte ha scritto la Storia

Un incontro di badmington in piazza della Transalpina nel 1998.

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CAPITOLO 2

LO SPORT ABBATTE I CONFINI

Torneo delle Nazioni 2004 al 2010. Nella foto una rappresentativa del F.C. Go&Go composta da dieci ragazzi italiani e dieci sloveni.

Calcio transfrontaliero durante una partita della Pro Gorizia e Nova Gorica.

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udinesi. Si gioca durante la settimana per non entrare in conflitto con i campionati tradizionali, ma si gioca. I dirigenti ci mettono tutta la loro passione e convinzione, qua e là scoppia qualche battibecco (perché è naturale che sia così: non accade anche nei nostri “italianissimi” campionati?) ma l’entusiasmo è più forte di tutto, anche nel difficile lavoro organizzativo: del resto, anche l’informatica ormai dà una mano e i risultati vengono raccolti in tempo reale da tutti i campi, di qua e di là del confine che non c’è più.

Ma la collaborazione transfrontaliera non è patrimonio esclusivo del calcio. Nel 2007 i campionati

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

CAPITOLO 4

Lo sport e gli atleti Baseball Basket Calcio Canoa Canottaggio Ciclismo Pallavolo Vela

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CAPITOLO 4

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LO SPORT E GLI ATLETI

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

SCHEDA ATLETA COGNOME:

PALIAGA

NOME:

THOMAS

Nato :

12/08/1994

Specialità Canoa Velocità Tesserato: Società Canottieri Ausonia Allenatore Societario: Andrea Tessarin

SCHEDA ATLETA

Pechino 2008. K4 1000 in azione. L'equipaggio ha ottenuto il 4° posto

COGNOME:

TESSARIN

NOME:

GIORGIO

Nato:

29/11/1983

Specialità Canoa Velocità Tesserato: Società Canottieri Ausonia Allenatore Societario: Andrea Tessarin

Thomas Paliaga, classe 1994, campione italiano junior e azzurro ai campionati europei in Portogallo

PRINCIPALI RISULTATI

2009 Campionati Italiani Ragazzi Caccamo

settembre

Junior di Curitiba 2003 e punto di forza del K4 azzurro agli Europei di Pontevedra nel 2007 assieme all’altro gradese plurititolato Mauro Pra Floriani (che gareggia attualmente con le Fiamme Oro e nel 2015 tenterà di qualificarsi a Rio 2016). L’Ausonia, che da 15 anni ha in Andrea Tessarin il suo capoallenatore continua a sfornare talenti: Thomas Paliaga, classe 1994, specialista dei 200 metri (anno d’oro il 2012: campione italiano junior, azzurro agli Europei in Portogallo), Meshua Marigo (1998), finalista agli Europei junior e seconda in finale B ai Mondiali, 3 volte campionessa italiana nel 2014, e Gianluca Pommella (1999), due titoli italiani nel 2014.

5° K2 1000m

Giorgio Tessarin, classe 1983, seconda prova coppa del mondo a Szeged (Ungheria).

1° classificato F/B in K4 500 mt e 6° classificato F/B in K4 1000 mt.

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CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

Matteo Romano durante una premiazione

maglia della Marina). Cristin ha ereditato la direzione tecnica nel 1997 dal duo Andrea Loda-Ambra Rocca e la mantiene tuttora. Il suo palmares parla, a gennaio 2015,

di 45 titoli italiani e 100 podi tricolori: con lui sono sbocciati, tra gli altri, campioni eccezionali come Francesca Russi, due bronzi mondiali Junior (Duisburg 2001, Trakaj 2002) e finalista ai Mondiali assoluti, 11 titoli italiani, Enrica Locci, 10 titoli italiani, e Matteo Romano, 8 titoli italiani. Romano, classe 1986, bandiera della società, è ancora uno dei migliori singolisti italiani. Grandi campioni, come quelli sfornati dall’Ausonia: Vinicio Busdon, Mauro Lugnan I, il “due con” di Italo Deltin e Antonio Gregori (timoniere Pietro Scaramuzza) che partecipò nel 1956 alle selezioni per le Olimpiadi di Melbourne, Alessandro Marin, azzurro a Tampere 1977, e il più titolato di tutti: Daniele Corazza.

Cresciuto nell’Ausonia e poi

passato ai Vigili del Fuoco, è stato due volte campione italiano (1982 e 1984), due volte ottavo ai Mondiali (Montreal 1984, Tasmania 1990) oltre a vincere nel 1990 la prestigiosa internazionale di Lucerna. Attualmente l’attività dell’Ausonia è più concentrata sulla canoa, ma Ilaria Corazza, classe 2001, protagonista nelle categorie giovanili del canottaggio, ha tutta l’intenzione, da nipote di Daniele, di voler portare avanti la tradizione di famiglia.

Francesca Russi, Erika Pagliarella, Rebecca Meioli e Caterina Pellizzari in acqua 2 durante una gara

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LO SPORT E GLI ATLETI

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LO SPORT E GLI ATLETI

CICLISMO

DI IVANO GON

È fuor di dubbio che il ciclismo abbia da sempre conosciuto una grandissima popolarità tra gli sportivi italiani. Anche nella provincia isontina lo sport delle due ruote, per le sue intrinseche peculiarità legate ad una disciplina che richiede uno sforzo fisico di grande intensità e una dedizione particolare alla sofferenza e al sacrificio, è entrato sin dai suoi albori pionieristici nel cuore di moltissima gente. Ad alimentare e a favorire la passione per la bicicletta nelle nostre zone, hanno vieppiù contribuito alcuni aspetti particolari del nostro vivere comune, come l’uso pressoché quotidiano, soprattutto negli anni dell’immediato dopoguerra, di un mezzo che, prima del massiccio avvento della motorizzazione globale, costituiva l’unico modo per gli spostamenti sul territorio per gran parte delle A sinistra: Giro d’Italia nel 2001, arrivo della tappa a Ljubiana finale di 5 giri del circuito Gorizia – Nova Goriza

Coppa Montes Monfalcone. Arrivo a braccia alzate.

persone. Molti tra coloro che non sono più giovanissimi, ricordano ancora infatti, le lunghe colonne di ciclisti che si formavano negli orari di apertura e di chiusura delle varie aziende e fabbriche del Monfalconese (in particolare per raggiungere il Cantiere Navale) e del Goriziano.

Dall’uso quotidiano al sogno di

emulare le imprese dei grandi campioni del pedale il passo è quasi scontato, soprattutto per la gioventù del periodo post-bellico, in cui fremeva la voglia di cimentarsi in attività fisiche per il gusto della competizione e del successo sportivo.

La conformazione morfologica della provincia isontina si pre91

CAPITOLO 4

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LO SPORT E GLI ATLETI

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

slovena (Olympia, Ok Val e Soca) ha permesso di creare una squadra competitiva. Il gruppo targato Olympia è stato affidato nuovamente al trio Fabrizio Marchesini, Robert Makuc, Federico Battistutta e quello che doveva essere un progetto a medio termine, in realtà ha prodotto risultati già dopo il primo anno con la promozione in B2.

Elisa Togut, olimpiadi di Sidney 2000 e Atene 2004, mentre celebra il trofeo quale miglior giocatrice del campionato europeo.

Elisa Togut in palestra, mentre allena i giovanissimi nel 2004

lustro trascorso nel campionato nazionale. A sua volta la società cormonese resistette due anni; e un biennio durò anche la successiva esperienza del consorzio goriziano Minerva Millennium. L’ultima presenza isontina nel campionato nazionale femminile è stata quella di Monfalcone che nel 2013 si ripresentò sul palco della B2 raccogliendo il testimone della Minerva.

Ma questa volta la parentesi durò un solo anno. Il 2014 ha invece registrato il ritorno dei ragazzi.

Come ai tempi del Rast, la sinergia tra le società della minoranza 109

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

Da dopo Roma, nuovi giovani “bisiachi” iniziano ad affacciarsi al mondo della vela agonistica, e questo è il caso di Mauro Pelaschier

Bruno Trani, in qualità di tecnico della Nazionale, alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Los Angeles nel 1984

mondo. La tradizione continua, e nel 1964, Annibale Pelaschier e Sergio Furlan partecipano ai Giochi Olimpici di Tokyo nel 1964 sul Dragone Argeste (I-21) timonato da Sergio Sorrentino.

La carriera agonistica di Livio Spanghero si è ormai esaurita, la famiglia, i figli Guido e Luisa, il lavoro, troppi sono gli impegni per continuare ad essere un agonista di alto livello. Ma la dedizione verso un mondo a lui molto caro lo portano, nel 1965, ad essere nominato membro della Commissione Sportiva Nazionale. Per chi è monfalconese, sa che tra la SVOC e la Canottieri Timavo, divise da una sottilissima rete metallica, c’è sempre stata una sana rivalità ago113

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

Larissa Nevierov che si prepara all'uscita in regata nel piazzale di Quindao durante i GiochiOlimpici di Pechino 2008.

Alessandro Marega in azione sul suo Laser mentre sta regolando il vang.

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piazzamenti a livello internazionale nella classe Laser: nel 1994 è terza ai Campionati Europei Femminili, nel 1995, ai titoli europeo e nazionale Europa aggiunge la piazza d’onore ai Mondiali Laser e inizia la sua galoppata verso l’olimpiade. Rizzi invece insiste con l’oceano e, a bordo del catamarano oceanico “Club Med”, nel 2000 vince a tempo di record (62 giorni, 6 h e 56’) il giro del mondo “The Race” issando il guidone della SVOC al passaggio di Capo Horn: la gloria imperitura è assicurata. Ma è solo al suo terzo giro del mondo che Stefano trova pace, imbarcato sul 60 piedi Amer Sport One, si gode la navigazione durante la regata che prende il nome di Volvo Ocean Race.

E’ il 2000 e, dopo ben 24 anni di astinenza, di un atleta della SVOC dai Giochi Olimpici Larissa Nevierov partecipa alle Olimpiadi di Sidney rinnovando la tradizione dei campioni monfalconesi Livio Spanghero, Adelchi, Annibale e Mauro Pelaschier, Bruno Trani e Sergio Furlan. Larissa si conferma ai vertici per gli anni successivi: nel 2001 e 2002 vince il Campionato Italiano, è seconda ai mondiali femminili di Barcellona. Oltre a Larissa un altro monfalconese fa capolino a livello internazionale, il giovane Andrea Trani che a prua di Gabrio Zandonà con il 470 ottiene un crescendo di successi. Terzo agli europei nel 2001, primo ai Giochi

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

DI GUIDO BARELLA

IL PROGETTO ESIMIT GORIZIA/NOVA GORICA Un progetto nato nel 1995 e via via cresciuto fino a diventare l’esempio più vincente di sempre della vela nelle acque europee.

Un progetto nato nel segno dello slogan Gorizia/Nova Gorica, capace di abbattere il confine prima ancora dell’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea e poi nell’area Schengen.

Un progetto fortemente voluto da un imprenditore sloveno con uffici in corso Italia a Gorizia per il quale l’Europa è una da sempre, che certe barriere – della testa prima ancora che sul territorio – non ha mai saputo cosa fossero.

Quell’imprenditore si chiama Igor Simčič e la barca è, oggi, Esimit Europa 2.

Un passo alla volta, l’idea di Igor Simčič è diventata una splendida realtà, rimanendo sempre però profondamente ancorata al territorio. Per dire: gli esordi sono stati alla Barcolana, e alla Barcolana Esimit Europa 2, ancora oggi che è diventata una Formula 1 del mare, continua a essere legata. Anche oggi che lei, barca slovena, segreteria a Cipro, iscritta allo Yacht club Montecarlo, può fregiarsi dell’alto patrocinio della presidenza della Commissione europea e del Par122

Igor Simčič

lamento europeo ed è l’unica al mondo che veleggia con la bandiera europea.

A bordo poi si respira la medesima aria. Se lo skipper è tedesco – Jochen Schümann – lo storico timoniere è un ragazzo di queste terre,

Esimit

Alberto Bolzan, da Romans d’Isonzo. Con loro uomini provenienti da undici paesi diversi, a significare anche concretamente cosa vuol dire “Unione europea”. A proposito di Alberto Bolzan. Il velista romanese nel 2014 ha salutato l’avventura con Esimit essendo stato chiamato a far parte dell’equipaggio di Alvimedica alla Volvo Ocean Race, il che significa, per chi non mastica troppo di vela, partecipare al Giro del Mondo! Prima di salutare Igor Simčič e l’equipaggio tutto, però, Alberto Bolzan si è tolto la soddisfazione di contribuire alla vittoria consecutiva numero 30 (in tempo reale) di Esimit Europa 2: non esiste regata in Mediterraneo così come sulle coste inglesi o del Baltico che non abbia visto lo scafo blu con le stelle d’Europa mettere la prua davanti a tutti.

Sport, passione, imprenditoria, ide-

CAPITOLO 4

LO SPORT E GLI ATLETI

Esimit

ali. “Esimit Europa 2 – ama ripetere Igor Simčič – non è soltanto uno dei più veloci e tecnologicamente più avanzati scafi al mondo. Esimit Europa 2 rappresenta una grande piattaforma di dialogo per lo sviluppo dell’intera nostra società. Sin dai primi passi compiuti a Gorizia e a Nova Gorica, noi puntiamo al dialogo paneuropeo in entrambe

le sfere di interesse, sia economico che diplomatico, nella convinzione che questa sia la via del successo per l’Europa. In Esimit siamo molto orgogliosi del fatto di rappresentare questo spirito europeo e di essere stati parte della costruzione dell’identità europea”.

La domanda a questo punto è spontanea: cosa aspetta Igor Simčič

a fare un ulteriore salto di qualità, cosa aspetta a puntare, per dire, alla Coppa America? E allora scopri che Esimit è – anche – un progetto che oltre a una sua forte connotazione sportiva, politica ed economica, ha anche dei valori etici. E questa Coppa America, la Coppa America dei catamarani, quasi un club privato tra pochi eletti, all’armatore di confine proprio non va giù. Se fossero rimaste in piedi le regole di un tempo, chissà, forse adesso vedremmo la barca blu impegnata nella serie di regate più famose al mondo. Ma così…

Esimit

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CAPITOLO 5

LE STORIE

LE STORIE GRANDI CAMPIONI

DI GUIDO BARELLA

MICHELE MIAN “Abbiamo un giocatore da portare in Nazional – Miky Mian Miky Mian”: sembra ancora di sentirlo l’urlo del palazzetto di via delle Grappate, anche perché dopo quegli anni lì – la seconda metà dei Novanta – ben poco si è visto, sotto canestro dalle parti dell’Isonzo.

Beh, comunque quel giocatore in Nazionale ci è arrivato. Michele Mian in effetti goriziano lo è solo a… metà. Nel senso che lui – classe 1973 - è di Aquileia, ma a Gorizia, nel settore giovanile, ci è arrivato a 14 anni per poi scalare tutte le categorie, arrivare in prima squadra e rimanervi fino al 1999, anno del doloroso addio quando, assieme ai diritti della A1, finì a Pesaro. In carriera poi anche le maglie di Udine, Rieti, Veroli e Cantù. Si diceva, la Nazionale: tre Europei conditi da un oro (1999) e un bronzo (2003),

due Olimpiadi (2000 e 2004, argento). Con la under 22 un argento Europeo (1994) e con la Sperimentale l’argento ai Giochi del Mediterraneo (1998). Può bastare?

Grande giocatore, Michele Mian.

Ma, soprattutto, grande persona.

Oddìo, impossibile da intervista-

re per i giornalisti (non si ricorda abbiamo mai rilasciato una-intervista-una…) ma, al tempo stesso, piacevolissima da raccontare.

Perché uno che intanto che gioca si laurea in Storia e Filosofia con 110/110 all’Università di Trieste, uno che per distendere i nervi se

A sinistra: Mian in azione durante l'incontro per la promozione del nuovo palazzetto.

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CAPITOLO 5

LE STORIE

Paolo Vidoz, Olimpiadi Atlanta 1996, medaglia di bronzo alle Olimpiadi Sidney 2000. Nella foto durante un combattimento.

Stefano Zoff campione europeo pesi leggeri 2001

devi essere cattivo e io penso di non esserlo”. Oppure: “Combatto a sensazione: posso battere chiunque, ma perdere anche da tutti”. E ancora: “Sono un pugile intelligente, ma solo quando mi concentro”.

Adesso si occupa dell’altra grande passione della sua vita, la cucina.

Del resto, lo aveva sempre ammesso: faceva a cazzotti per mettere via i soldi per aprire un’attività. Un’osteria, un agriturismo. Ecco. È arrivato l’agriturismo. Alle porte della città, sulla Mainizza. Ma è inutile telefonargli per prenotare, tanto se ne dimenticherebbe…

Un po’ più vecchio è invece il monfalconese Stefano Zoff, nato nel 1966. Un po’ più vecchio e deci-

samente più piccolo: superpiuma, piuma, leggeri. Di sé stesso ha detto, con quella guasconeria tipica del suo mondo: “Campione del mondo, tre volte campione d’Europa, titoli italiani come se piovesse: solo il Real Madrid ha vinto più di me!” E un grande giornalista di pugilato come Riccardo Romani ha chiosato: “Più che una carriera pugilistica, la sua sembra un lungo corso di sopravvivenza”.

Vidoz, Zoff. Due modi di intendere la boxe, due modi di intendere la vita.

Comunque, due campioni.

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CAPITOLO 5

LE STORIE

DI UMBERTO SARCINELLI

MATTEO BISIANI Matteo Bisiani è uno degli sportivi più emblematici della provincia di Gorizia e quello che vanta i maggiori successi assoluti. Nato a Monfalcone nel 1976, residente a Villesse e nel 1993 entra nei gruppi Nazionali. L’anno dopo si trasferisce a Roma per intraprendere il percorso sportivo indetto dalla Fitarco per volere dell’allora Presidente Gino Mattielli. Il curriculum sportivo è impressionante: 1996 - Atlanta: bronzo a squadre con Michele Frangilli e Andrea Parenti.

2000 - Sydney: argento a squadre con Michele Frangilli e Ilario Di Buò.

Onorificenze: Nel 2000 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli consegna il titolo di Ufficiale della Repubblica per i risultati ottenuti. Nel 2002 riceve il "Collare d’Oro al Valore Atletico", la più alta onorificenza del Coni.

Matteo Bisiani alle Olimpiadi di Pechino 2008.

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Matteo Bisiani, medagliato a Sydney 2000. Alla sua sunistra si riconosce il grande Ilario Di Buò

Dal 2002 è allenatore iscritto all’Albo dei Tecnici della Fitarco. Da giugno 2006 è Allenatore della Squadra Nazionale Juniores under 18 e under 16 Fitarco. Da marzo 2008 fino a dicembre 2010 è Allenatore della Squadra Nazionale Seniores Femminile Fitarco, ai Giochi Olimpici di Pechino, la squadra femminile si aggiudica il 5º posto, il migliore risultato di sempre. A dicembre 2008 consegue, in Portogallo, il brevetto di Allenatore EMAU (European and Mediterranean Archery Union), primo e unico in Italia. Da gennaio 2011 è Allenatore delle Squadre Nazionali Juniores. In questi anni raggiunge,

con le Squadre Nazionali, risultati di assoluto rilievo, annoverandolo tra i migliori Allenatori Mondiali.

Dal 2006 al 2010 è collaboratore del CONI C.P. Gorizia nell’ambito dell’organizzazione e pianificazione degli eventi sportivi Matteo Bisiani ha ottenuto molti record, italiani e europei e la sua prestazione nei 18 metri indoor con 180 punti è ancora imbattuto in quanto è stato raggiunto il maggior punteggio possibile.

Il palmares annovera inoltre 32 podi ai vari Campionati italiani, 26 podi in Gare Internazionali e Grand Prix Europei e oltre 100 podi in gare Nazionali.

CAPITOLO 5

LE STORIE

Circuito di Bondeno (FE) la sua ultima gara, nella quale trovò la morte nel 1950

Il 1950 lo vede, senza avversari, sempre al primo posto nei circuiti di Gradisca D’Isonzo e di Oderzo.

Con l’amico Braidot raggiungono la pista di Cologno dopo un rocambolesco viaggio in sidecar nel quale portano con sé la Gilera parzialmente smontata (così si usava in quel tempo) e anche in questo circuito non ci sono avversari in grado di confrontarsi con il suo innato talento motociclistico.

E’ già selezionato per le finali nazionali, ma la voglia di correre è tanta e si concede ancora un’opportunità di vittoria sul circuito del Santissimo a Bondeno in provincia di Ferrara. La sua Saturno porta il numero 66 e sta velocemente rimontando la classifica dopo una incerta partenza. Orazio Castagna,

n°15 Pino Medeot su Rudge 350cc - speedway allo Stadio Moretti di Udine 1948

un altro pilota, era in ultima posizione e rientrando ai box tagliò la traiettoria a Pino che arrivava a forte velocità.

L’impatto è terribile e il destino ferma per sempre la carriera di Pino in quel 30 luglio 1950, al giro conclusivo dell’ultima selettiva per le finali nazionali. Giuseppe “Pino” Medeot diventa leggenda e resterà per sempre nella memoria degli appassionati del motociclismo Isontino. Un ricordo indelebile portato avanti dal sodalizio a lui intitolato “Moto Club Pino Medeot” di Gorizia.

Vittoria nel Circuito di Gradisca d'Isonzo sulla sua Gilera Saturno 500cc 1950

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CAPITOLO 6

I PARALIMPICI ISONTINI

Ugo Bregant Slalom gigante, Torino 2006

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CAPITOLO 6

I PARALIMPICI ISONTINI

Ugo Bregant - dopo Torino, partecipa ai Giochi di Sochi

esplodendo la tensione accumulata in un finale pianto liberatorio.

A posteriori possiamo tuttavia valutare il suo risultato come il migliore di tutti gli atleti isontini alle paralimpiadi.

Dopo quella esperienza Treu fu bloccato da problemi fisici che lo portarono a dedicarsi totalmente alla professione di fisioterapista e di osteopata e con questo delicato incarico partecipò poi alle Paralimpiadi di Atene, fornendo in questa veste il suo bel contributo al successo della delegazione azzurra.

A Seul era presente, come tecnico della squadra di atletica leggera, il monfalconese Gianni Secco,

allenatore del triestino Alessandro Kuris che nell’occasione conquistò la medaglia di bronzo nel pentatlon.

Alle Paralimpiadi di Atene partecipò la caprivese Giuliana Cum, un’atleta poliedrica giunta all’atletica leggera dopo una bella carriera nel calcio interrotta da un grave incidente stradale che la privò di una gamba.

All’età di 36 anni si avvicinò alle pedane e alla pista del campo Fabretto di Gorizia e fu presto capace di conquistare i titoli di campionessa italiana di getto del peso e lancio del disco stabilendo i nuovi primati nazionali.

Questi risultati la portarono alla convocazione in maglia azzurra alle paralimpiadi di Atene dove, pur con ottime prestazioni, giunse lontana dal podio penalizzata

Paolo Tavian è stato anche tecnico nazionale di sci alpino paralimpico

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CAPITOLO 7

RACCONTARE LO SPORT

RACCONTARE LO SPORT STORIA DEL GIORNALISMO SPORTIVO GORIZIANO

DI ALEXANDRA FALZARI

GIORNALISMO SPORTIVO DEL PRIMO NOVECENTO Lo sviluppo della stampa sportiva italiana può essere delimitata tra date precise: i primi giornali sportivi sono stati pubblicati fra il 1881 e il 1902, senza tener conto de “La Ginnastica” caso isolato di un mensile fondato a Venezia nel 1866.

Soltanto nei primi anni del Novecento il giornalismo sportivo italiano raggiunse livelli dignitosi, ma ancora molta strada lo separava da quelli di Francia e Inghilterra, paesi che potevano già allora vantare una tradizione consolidata. Due erano gli scogli da superare, da una parte la rudimentalità delle attrezzature tecniche, dall’altra la mancanza di eventi e manifestazioni che si svolgessero regolarmente e che in tal modo fossero in grado di catturare A sinistra: Edi Reja, grande allenatore di calcio.

l’attenzione delle masse.

Le cronache sportive ottocentesche prediligevano i discorsi, le cerimonie solenni, le sfilate; si esaltava l’umanitarismo e la solidarietà internazionale e particolare attenzione veniva prestata all’ambiente, allo spettacolo, alla ricostruzione

del dramma e del pathos.

Alla fine del primo conflitto mondiale le testate sportive rimaste in vita erano quattordici, una sola delle quali, “la Gazzetta dello Sport”, divenuta quotidiano nel 1913, godeva di un certo prestigio.

Tra il 1919 e il 1922 erano sorte

Festa olimpica a Gorizia. Bruno Pizzul racconta. Accanto a lui Edi Reja e Luigi Del Neri.

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CAPITOLO 7

RACCONTARE LO SPORT

Mariano del Friuli. Incontro fra Tonino Zorzi, Paolo Vittori, Dino Zoff e Pierluigi Bumbaca

po’ ovunque fogli sportivi di diversa importanza; in Regione troviamo “Gorizia Sportiva” del ‘28 e “La Rassegna Sportiva delle Giulie” del ‘29. Il regime non si limitò a controllare tali iniziative, ma promosse una stampa sportiva dichiaratamente propagandistica diretta “non soltanto a chiarire il concetto di sport fascista, bensì anche e soprattutto a diffondere certe discipline che alla causa di questo sport sarebbero utilissime, ma che ricevono una insufficiente trattazione sull’altra stampa”.

Attorno agli anni ‘30 si assiste alla nascita del cosiddetto “sport-spettacolo” e al conseguente fenomeno del “divismo”, diversi sono i fattori che portarono a questa situazione: 168

la democratizzazione della pratica agonistica; l’intromissione di interessi economici nel mondo sportivo; il professionismo come realtà comunemente accettata; e, soprattutto, il prevalere dell’elemento passivo su quello attivo, l’abitudine degli italiani ad essere oggetto degli avvenimenti, destinatari dei messaggi, spettatori più che attori. Il giovane, il dopolavorista faceva sport perché “doveva” farlo; ma, appena terminati gli esercizi, correva allo stadio o ai bordi delle strade per assistere a spettacoli validi, che riscattassero anche i suoi goffi tentativi.

Un dato interessante a questo proposito ce lo fornisce Gaspare Cataldo nel 1930 scrivendo che gli

atleti tesserati dal CONI “non superano i 600.000, di cui metà sono ... cacciatori. Trecentomila atleti, dunque, in una Nazione di quarantadue milioni di abitanti, di cui, all’incirca, dieci milioni sono uomini giovani.

Dunque gli atleti rappresentano lo 0,75% dell’intera popolazione, il 5% della popolazione giovane di sesso maschile”. (ibidem, pag 51).

In compenso gli italiani spendevano per assistere agli spettacoli: nel 1934 la spesa per questi ultimi, tra i quali lo sport ha una parte di primo piano, raggiunse i 3.700 milioni di lire (prezzi del 1938), vertice mai più toccato negli anni successivi.

Il fascismo si uniformò e vene in-

CAPITOLO 7

RACCONTARE LO SPORT

Giorgio Brandolin e il giornalista Guido Barella durante la presentazione del libro su Luigi Musina

innalzare il valore percepito della cronaca e, conseguentemente, del cronista. L’italianizzazione del lessico sportivo fu reso possibile da due fattori, in primo luogo la più ampia partecipazione delle masse

Copertina del libro dedicato a “Luigi Musina”

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alla pratica sportiva sia come numero di praticanti che di tifosi, in secondo luogo l’elaborazione dei regolamenti sportivi pubblicati da ciascuna Federazione.

Il regime intanto combatteva la battaglia contro “il barbaro dominio” che il giornalista Paolo Monelli definiva così: “i popoli forti impongono il loro linguaggio, i loro modi di dire, le loro sigle, non raccattano ogni foresteria con balorda premura [...] Non c’è più posto in un’Italia ardita e cosciente di sé per i cianciugliatori alla balcanica di parolette forestiere”. (ibidem, pag 162).

A lungo andare però questa battaglia scivolò nel comico tanto che in “Libro e Moschetto” si legge: “alcuni giornali si sforzano a tra-

durre in italiano tutti i vocaboli o termini stranieri che ancora sussistono nel linguaggio sportivo.

Ottima idea, ma non bisogna esagerare. [...] Ad esempio, abbiamo visto tradurre record con massimo.

Allora il record italiano dei cento metri è il massimo tempo in cui si corrono i cento metri in Italia: sarà piuttosto il minimo. Come non ci va giù disco al maglio su ghiaccio per hockey, oppure scivoli per sci e fuori-scalmo per outrigger. Senza contare palla ovale per rugby e palla corda per tennis. Va bene italianizzare, anzi bisogna, ma non al punto di rendere buffi i resoconti sportivi”. (idem) Per quanto riguarda lo stile, Bascetta individua i due modelli di riferimento per l’estetica del tempo: la dinamica del futurismo da un lato e l’estetismo dannunziano dall’altro. Si scelse la strada della retorica e della metafora; zoologica in Carlo Bregoglio, il “Carlin”, ancora oggi valide: la zebra per la Juventus, il toro per il Torino, la triglia per il Livorno e così via; letteraria e musicale per Bruno Roghi “dire che i nostri esperti abbiano scoperto la pietra filosofale è certamente un fuor d’opera” oppure “non manca tuttavia l’uomo nuovo, l’autentico Sigfrido che si fa largo irresistibilmente”.

Con il passare del tempo lo stile, esaltato dai discorsi di Mussolini, si colorì con metafore dai toni bellici ed epicizzanti. “È la calma

CAPITOLO 7

RACCONTARE LO SPORT

apparente che precede il segnale della battaglia; e ci si prepara, alla battaglia, senza nulla trascurare; proprio come a quelle vere a suon di cannonate e non a colpi innocui di pedale” (“Il Littoriale” 13 maggio 1939); “Non appena Cottur ha tagliato la linea del traguardo è stato preso d’assalto [...] dai più accesi ammiratori e, issato sulle loro spalle, portato in trionfo.”; “sono stati i belgi [...] a dar fuoco [...] alle polveri”; “sganciandosi di forza dalla pastoia del plotone” ed ancora “l’adunata”, “rientra nei ranghi”, “inseguitori del plotone”, “È il belga Van Houtte che dà battaglia” (“Il Littoriale”, 12 maggio 1939) e così via, con almeno un’altra decina di esempi simili. A questo proposito il linguista Giacomo Devoto scrive che, se da una parte bisogna “corrispondere alla mentalità agonistica

Copertina del libro “Storia dello sport a Ronchi”

Copertina del libro dedicato a “Armando Filiput” l'atleta più medagliato del secolo e antagonista di Ottavio Missoni nei 400 ostacoli

talvolta guerresca ed epica, del gioco di squadra in lotta per uno scopo da raggiungersi a qualsiasi costo” è tuttavia necessario “contenere in limiti ragionevoli questa bellicità e questa epicità, per il motivo sottinteso che dopo i 90 minuti siamo tutti quanti cittadini inoffensivi.”; sottolinea che: “fra la guerra vera e la partita ci sono le due differenze «abissali», la micidialità e il prolungamento indefinito nel tempo.” ricordando ai giornalisti inoltre che “i vostri eroi non hanno poi una vita né veramente rischiosa né grama”. Devoto conclude il suo breve saggio con una riflessione positiva: nonostante le esagerazioni, gli usi impropri o ingiustificati di certe espressioni da parte del giornalista sportivo “appare chiaro che questa lingua tecnica popolare epica, dà un quadro caratteristico delle possibilità, dei caratteri,

dei diversi aspetti dell’italiano d’oggi.” dando rilievo al ruolo che ha la lingua del calcio per la lingua dell’uso anche al di fuori del contesto sportivo “per quanto riguarda le espressioni popolari e affettive, quanto contribuisca a logorare il vocabolario elogiativo-epico; quanto di nuovo diffonda costruzioni scheletriche, telegrafiche al di là della cerchia ristretta in cui si formano spontaneamente. [la cronaca della partita di calcio]”.

Non manca mai l’occasione per sottolineare il buon operato del regime fascista: “Sulle perfette strade che il regime ha dato all’Italia, la quindicesima tappa non si è trascinata però come una passeggiata.”; ricordare agli italiani le guerre che si sono combattute e le eccellenze del luogo: “Siamo sulla pianura traversata dal Piave! Passiamo sul ponte che il gruppo è completo [...]

Copertina del libro “Storia dello Sport a Monfalcone”

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ARDAGNA GIANFRANCO SPANGHERO LIVIO TABAI FRANCESCO TARLAO ALDO TOGUT ELISA TOROS RICCARDO TOROS GUGLIELMO TRANI

RZAN ALBERTO ORZAN BRUNO PAOLUZZI LORIS PELASCHIER ADELCHI PELASCHIER MAURO PELLIZZONI ALDO PIERI ALESSANDRO POD

NA ACHILLE CAPELLO FABIO CAVALLI ENZO CERNIC MATEJ CUM GIULIANA FILIPUT ARMANDO DREOSSI BRUNO FURLAN SERGIO GRASSE

ORGIO VIDOZ PAOLO VITTORI PAOLO ZOFF DINO BISIANI MATTEO BLASON IVANO BREGANT UGO BRUMATTI GIUSEPPE BURGNICH TARCIS

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