Terre di frontiera / Ottobre 2016 - Numero 7 Anno 1

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merse saranno tutte le restanti aree della valle del Vajont. Tutti i terreni fertili coltivati dai contadini di Erto Casso. Insieme alla rabbia cresce la paura. I contadini sanno che le loro comunità sono costruite su costoni di vecchie frane sedimentatisi centinaia di anni prima. Per altro Erto, sita a 776 metri sul livello del mare, verrebbe a trovarsi a meno di 54 metri sul livello del nuovo bacino artificiale. La gente cerca di avere una reazione. Vuol coinvolgere tutti i parlamentari della zona, farli passare dalla sua parte e avere qualche strumento per combattere i “padroni” della Sade. Tentativo vano. Da Roma, viene nominata la commissione di collaudo che dovrà verificare il corretto espletamento dei lavori sul Vajont. Dei quattro membri di cui è composta, due hanno già approvato il progetto generale della diga non corredato della prescritta perizia geologica. L’altro, Francesco Penta, ha invece già lavorato per la Sade per la realizzazione della diga di Pontesei. Il concetto di terzietà sembra ampiamente sopravvaluto. Nel 1959 a Forno Zoldo, località sita a pochissimi chilometri dal cantiere del Vajont, una frana si stacca e cade nel bacino artificiale di Pontesei di proprietà della Sade. Muore l’operaio Arcangelo Tiziani, addetto al servizio di sorveglianza. Una decina di anni prima, a Valsella di Cadore - poco distante da Erto Casso - veniva accertata la stretta correlazione tra il serbatoio di Pieve di Cadore, sempre della Sade, e i dissesti a 101 fabbricati siti nell’abitato. La società sa che qualcosa non va. Anche perché da quando hanno iniziato a costruire la strada di circonvallazione che dovrà collegare le aree ora separate artificialmente

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dal nuovo bacino, si iniziano a intravedere strane fessurazioni nel terreno. Viene convocato sul posto il geotecnico austriaco Leopold Muller. Il team guidato da Muller, composto dai geologi Franco Giudici ed Edoardo Semenza - figlio dell’ingegnere progettista del Vajont - arriva a una conclusione disastrosa: “esiste un’enorme massa in movimento, estensibile su circa due chilometri e mezzo, dalla quale si possono distaccare frane a ripetizione, soprattutto con gli invasi e gli svasi del lago”. Semenza padre dubita, tentenna. Chiede al figlio di

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rivedere le sue conclusioni, magari con l’ausilio del vecchio professor Dal Piaz. E nomina un nuovo esperto, Pietro Caloi, che per tutta risposta esprime un parere completamente opposto a quello di Muller. La Sade può procedere tranquilla. Agli ertani però nessuno spiega nulla. In fondo, perché dovrebbero. È la paura a mettere le ali ai piedi dei montanari. Centoventisei capi famiglia si riuniscono nella vecchia baracca del CRAL e si costituiscono, alla presenza del notaio, in Consorzio per la rinascita della valla ertana. L’unica giornali-


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