Teme - Gennaio 2011

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normativa

L’elemento soggettivo nella responsabilità per danni della P.A. nella materia degli appalti pubblici Avv. Filippo Martinez Avv. Davide Moscuzza Martinez & Partners Studio legale associato

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TEME 1.11

Con una recente pronuncia della Corte di Giustizia CE (30 settembre 2010 causa C-314), il massimo organo giurisdizionale comunitario ha rinforzato con chiarezza la tesi per la quale il privato che lamenti un danno provocatogli dalla P.A. a causa dell’illegittimo svolgersi di una procedura ad evidenza pubblica, non debba dimostrare, ai fini dell’ottenimento del risarcimento, il dolo o la colpa dell’Amministrazione, trattandosi in sostanza di una responsabilità di tipo oggettivo, che deriva in modo automatico dall’illegittimità del comportamento. Le conseguenze di tale importantissima pronuncia sono dirompenti e si innestano, a livello nazionale, nel graduale processo di allargamento dei confini della responsabilità civile delle Pubbliche Amministrazioni. È noto che fin dalla celeberrima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500 del 1999 la giurisprudenza italiana ha delineato un modello di responsabilità civile dell’Amministrazione parametrato sulla responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) o responsabilità da fatto illecito. Con la scelta di tale modello il privato, oltre al danno ingiustamente subito e al nesso di causalità tra quest’ultimo e la condotta della P.A., deve in ogni caso provare la colpa (o il dolo) dell’Amministrazione, e, nel caso di specie, l’indagine del giudice non dovrà limitarsi “al solo accertamento dell’illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad

esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa […]della P.A. intesa come apparato, che sarà configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato), sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione […], quali limiti esterni alla discrezionalità”. In seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite, la giurisprudenza amministrativa si trovò dinanzi al problema della valutazione concreta della condotta colposa della P.A. In particolare ci si chiedeva se qualsiasi violazione dei parametri di diligenza, prudenza e perizia della condotta, oltre che dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte della P.A., a prescindere dalla loro gravità, potesse integrare la colpa dell’Amministrazione: a tale quesito la giurisprudenza rispose riconoscendo soltanto alla violazione grave la dignità di condotta lesiva generatrice dell’obbligo di risarcire il danno e legando la gravità della violazione all’inescusabilità dell’errore compiuto, con prova a carico del privato. Può difatti leggersi che: “se la violazione appare grave e se essa matura in un contesto nel quale all’indirizzo dell’Amministrazione sono formulati addebiti ragionevoli, specie sul piano della diligenza e della perizia, il requisito della colpa potrà dirsi sussistente”; al contrario, “se una violazione è l’effetto di un errore scusabile dell’Autorità, non potrà configurare il requisito della colpa” (Cons. Stato, sez.


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