Quaderni della Pergola | La gentilezza

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questi flussi migratori e delle tragedie ad essi connesse: ho parlato con i pescatori e il personale della Guardia Costiera, con i residenti e i medici, con i volontari e i sommozzatori. Volevo cercare di capire cos’è che stava accadendo davvero davanti ai miei occhi e collegare questo dolore collettivo con i miei drammi personali, creando come una consonanza tra il mondo intimo e la storia, quella con la Esse maiuscola, che sta accadendo intorno a noi. Non possiamo etichettare questi fatti utilizzando dei parametri nostri, che appartengono al nostro passato, perché la tragedia contemporanea del Mediterraneo è qualcosa che risponde a delle categorie sconosciute. È il mondo come l’abbiamo conosciuto fino a oggi e quello che potrà essere domani, un incontro epocale tra geografie e culture diverse. E questo anche se credo che il presente accada sempre in maniera ciclica: il presente è un accadimento, in forma leggermente diversa dalle quattro o cinque dinamiche con cui si sviluppa l’umanità. Qual è il modo giusto per affrontare, secondo Lei, il fenomeno dei migranti?

Credo che dobbiamo imparare a metterci in una condizione che viene continuamente disattesa, continuamente violata e trascurata: bisogna ascoltare quello che sta accadendo, concentrandoci sulla voce, i corpi e la storia dei primi protagonisti di questi sbarchi. Fin dalle origini il teatro è stato un luogo dove si discuteva e si rifletteva, quindi il teatro ha sempre presupposto un ascolto, lo stesso che viene richiesto oggi di fronte allo spaesamento che

ci attanaglia tutti. I tempi in cui viviamo non sono gentili, la conquista della civiltà nella nostra società è infatti molto lontana.

Come uomo di teatro, riuscire a portare avanti il suo mestiere cosa significa?

Occorre imparare a stare in silenzio: se non si conosce l’espressività dei silenzi, non si può comprendere neanche come dire una battuta. Sono palermitano e al Sud anche lo sguardo e il gesto sono narrativi. L’obiettivo è quello di trasmettere qualcosa agli spettatori, tante individualità diverse tra loro. In uno spettacolo, quando l’attenzione è al massimo e i pensieri si indirizzano verso un unico punto, gli esseri umani riescono quasi a dialogare tra loro. L’attività sostanziale di noi teatranti – attraverso il cunto – si convoglia con potenza verso questi momenti unici, in cui si lavora per A sinistra dotare ogni singolo essere umano di foto di Filippo Manzini una nuova prospettiva.


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