Arte e politica nel cinema di Steve McQueen

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R I V I S TA

INDIPENDENTE

DI

CINEMA

L'ATTORE fETICCIO:

MIChAEL fASSbEndER Lucilla Colonna

corpo e il sangue (ma anche le lacrime, le pulsioni e le escrezioni) dei film carnali di Steve McQueen appartengono, nella finzione scenica, ad uno degli interpreti più ricercati del momento che, dopo essere stato prigioniero fra le sbarre di Hunger e tristemente intrappolato nei lacci mentali di Shame, ha visto spalancarsi davanti a sé, nella realtà, le porte del cinema mondiale. Il nome di battesimo del suo lontano parente indipendentista deve avergli portato fortuna, se è vero che la madre irlandese è pronipote di quel Michael Collins a cui Neil Jordan nel 1996 dedicò il lungometraggio omonimo, insignito del Leone d'Oro a Venezia. All'epoca, il festival lagunare premiò l'attore protagonista, Liam Neeson, con lo stesso riconoscimento che un anno fa ha coronato anche il lavoro del nostro: la Coppa Volpi. A giudicare dai progetti cinematografici che lo vedono coinvolto in questa stagione, possiamo ben dire che Michael Fassbender, nato trentacinque anni fa sotto il segno dell'Ariete, ha sfondato. Infatti, dopo averlo diretto nel fantascientifico Prometheus (2012), il regista Ridley Scott gli ha affidato il ruolo dell'avvocato nel thriller sulla malavita di frontiera The counselor (2014); Mattew Vaughn gli farà vestire per la seconda volta i panni di Erik Lehnsherr, alias Magneto, in X-men: Days of future past (2013); infine, la prima donna che lo dirigerà, Lynne Ramsay, l'ha voluto per il suo western Jane got a gun (uscita ancora da definire). Dotato di sense of humor non meno che di fascino, l'interprete tedesco-irlandese dice di es-

sersi spogliato fin dall'inizio della sua carriera, riferendosi al divertente spot di una compagnia aerea scandinava, che lo scritturò nel 1998 come mamma l'ha fatto. Anche se la sua vera abilità sta nel mettere a nudo la mente e l'anima dei personaggi estremi che interpreta, portandone alla luce le sfaccettature e i conflitti interiori, dobbiamo riconoscergli il merito di aver contribuito, con Shame, a legittimare nella Settima Arte il nudo maschile frontale-integrale, senza però dimenticare quei colleghi (Geoffrey Rush e Sacha Baron Cohen, per esempio) che prima o contemporaneamente a lui hanno fatto la propria parte. Anche su altri fronti, l'attore feticcio di McQueen non si è mai fisicamente risparmiato, arrivando a perdere diciotto chili, per interpretare in Hunger il volontario dell'IRA e membro del parlamento britannico Bobby Sands, che morì in carcere, con altri nove compagni, dopo 66 giorni di sciopero della fame. Nel 2013 vedremo Michael Fassbender nuovamente al lavoro con Steve McQueen, che gli ha affidato la parte di Edwin Epps in Twelve years a slave, girato insieme a Brad Pitt e a Paul Giamatti, nelle piantagioni di cotone della Louisiana e basato sulle memorie di Solomon Northrup, uomo nato libero che nel corso della sua vita fu rapito e schiavizzato. Intervistato a Londra da Silvia Mapelli, Fassbender ha dichiarato: «Steve è il regista con cui, per usare una frase fatta, avevo sempre sognato di lavorare, ma non osavo sperare. È un regista che sembra elevare il mestiere dell'attore ad altri livelli. Dopo due film girati insieme, siamo sulla stessa lunghezza d'onda e il nostro rapporto potrebbe essere definito telepatico. Steve è controverso, provocatorio, incredibilmente esigente. Come i suoi film».

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