QuiBolzano nr23 2020

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INSERZIONE PUBBLICITARIA

CBD, un’alternativa naturale contro ansia e depressione pag. 4

EDITORIA

SPAZI PUBBLICI

CULTURA

Le donne e la storia

Parco Cappuccini pronto a rinascere

La musica non si ferma

Una giovane meranese racconta

Il progetto è definito, a breve l’inizio dei lavori

Molte le novità da parte degli autori altoatesini

pag. 6

pag. 9

pp. 20 e 36



Lamentarsi non serve, rimbocchiamoci le maniche Oggi come oggi per tutti noi è davvero fondamentale, giorno per giorno, riuscire a trovare un modo per guardare con fiducia al futuro, scrollandoci di dosso quel fardello di ansia e pessimismo che ci appesantisce. In questo senso ho trovato davvero prezioso un commento dello psicanalista Massimo Recalcati, intitolato “No alla Generazione Covid” e pubblicato da Repubblica. Recalcati si riferisce alla didattica a distanza, la risorsa che in fretta e furia la scuola si è ritrovata a dover implementare, per non dover chiudere bottega a tempo indeterminato. Essa non è affatto l’ideale, riconosce Recalcati, osservando però in primo luogo che i “reali” processi di formazione non seguono mai una traiettoria ideale. E aggiungendo in secondo luogo – cosa ancor più importante – che “i maggiori effetti formativi si generano non a partire dai successi o dalle gratificazioni, dalle prestazioni mirabili o dalle affermazioni senza intoppi, ma dalle cadute, dai fallimenti, dalle sconfitte, dagli smarrimenti”. Recalcati prosegue la sua riflessione mettendo in guarda dal pericolo della lamentela permanente e dalla vittimizzazione. Per questo di dichiara contrario all’idea stessa di

una Generazione Covid caratterizzata – come sempre più spesso si sente dire in giro – per “le occasioni che sono state ingiustamente e definitivamente sottratte”. Come sappiamo nella scuola molti sono gli operatori (e soprattutto gli alunni e studenti) che in questa fase si EDITORIALE sono rimboccati le maniche, reinventandosi e mettendosi in gioco in una nuova forma, inaspettata e costantemente in divenire. Recalcati conclude il suo commento incoraggiando tutti a prendere esempio da coloro che non si sono rassegnati, non piangendosi addosso perché – a ben vedere – “siamo sempre ancora in tempo anche se siamo sempre in ritardo”. Dalla scuola che resiste, reinventandosi, è giusto ripartire. Ed è anche alle priorità e all’esempio della scuola che a mio avviso devono guardare oggi politica ed economia, quando sono tentate di tornare troppo presto a una “normalità” che potrebbe di fatto provocare ancora molte vittime tra i nonni dei ragazzi di cui sopra.

QUIINTERVISTA AD ANDREA CASTELLI

foto: foto Panato

Il capo dei pompieri Attore professionista, autore e doppiatore. Si fa conoscere in regione prima con l’innovativo gruppo de “I Spiazaroi” (1975-2000) e poi per i suoi monologhi in dialetto trentino e in lingua. Nel 2000 è chiamato da Marco Bernardi al Teatro Stabile di Bolzano. Ama variare dal brillante al serio, dal classico al moderno, dal dialetto all’italiano. Il mio principale difetto. Reagire con troppa veemenza all’arroganza e non capire che oggi è una battaglia persa. Da bambino sognavo di diventare... Capo dei pompieri che, nel tempo libero, faceva anche il campione mondiale di ciclismo. La persona che invidio di più. È una vita che provo a invidiare qualcuno, ma non ci riesco perché mi viene da ridere. Un libro da portare sull’isola

deserta. “Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello. Per leggerlo in treno sono quasi finito chissà dove... Il capriccio che non mi sono mai tolto. Una villa sontuosa con servitù a bizzeffe, uno scudiero e due cavalli di buon carattere. L’ultima volta che ho perso la calma.

Quando un cretino in bici sul marciapiede digitando al telefono ha investito mia moglie alle spalle. Le ha fatto male. Gliene ho dette tante ma tante. Al ciclista intendo... L’ultima volta che ho pianto. Quando è morto mio padre. Credevo di essere un duro ma non ce l’ho fatta. La mia occupazione preferita. Leggere, scrivere, disegnare e cucinare. Nel tempo libero recito in teatro. Il paese dove vorrei vivere. Un paese sempre sui 24 gradi dove i politici che promettono di abbassare le tasse lo facessero davvero. Il colore che preferisco. Giallo sole, giallo luce, giallo vita. In vacanza leggo ancora qualche giallo. Il piatto preferito. Aglio, olio e peperoncino. Con gli ingredienti ben calibrati sento le campane. Il mio musicista preferito Beethoven. Quando mi accingo a scrivere, la sua “Pastorale” in sottofondo mi indica la via. Del mio aspetto non mi piace… Tutti questi capelli biondi a zazzera e questi occhi azzurri da “Husky”. Non sopporto…

L’ignorante che vuole insegnare agli altri e gli altri che ci cascano. Ribollo di furia iconoclasta. Dico bugie solo… No, anche in compagnia... Il giocattolo che ho amato di più. I tappi corona (le “scudeléte”) che travestivo da ciclisti per fare Giro, Tour e Vuelta in tutti i locali della casa imitando la voce di De Zan. Un giorno mamma inavvertitamente mi schiacciò Anquetil e fu un dramma. Mi sono sentito orgoglioso di me stesso quando… Quando l’onorevole Bertinotti venne nel mio camerino al Piccolo di Milano per dirmi che l’avevo fatto piangere. Far piangere un politico oggi non è da tutti. Il mio primo ricordo… Una luce nel primo presepe che vidi in vita mia. Ero piccolissimo. Quella luce ogni tanto la vedo ancora. L’oculista dice che non è grave. L’ultima volta che ho pregato… Quando un carabiniere voleva farmi contravvenzione. Non l’ho pregato, l’ho supplicato. Lui ha detto “Ma lei è l’attore?”. Non mi pareva vero!


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STORIA DI COPERTINA

RIMEDI NATURALI

Olio di CBD: un’alternativa sicura e naturale contro ansia e depressione Stress da Covid19? Non ci sono solo gli psicofarmaci. Anche in tempo di pandemia la cannabis può essere una valida risposta alla crisi che colpisce soprattutto la psiche delle persone e rende la vita quotidiana una vera e propria sfida. La cannabis – e soprattutto il suo agente non psicoattivo CBD con le sue proprietà antispasmodi-

che e calmanti – è un’alternativa provata nel trattamento di sintomi che vanno dall’ansia, insonnia e nervosismo alla depressione e ai disturbi da stress post-traumatico. Studi scientifici dimostrano l’effetto positivo del vecchio rimedio cannabis sulla nostra salute e mostrano nuove prospettive per il futuro.

“Nelle statistiche dell’uso degli antidepressivi Bolzano e la Toscana sono in pole position. È un fatto noto che la popolazione altoatesina sia un po’ fragile dal punto di vista emotivo e in periodi di crisi è proprio la parte più fragile della società quella che avverte maggiormente il colpo.” A parlare è il dottor Pietro Bandimarti in forze presso la Farmacia Perini di Bolzano, che in questi mesi ha potuto toccare con mano, come molti suoi colleghi, il forte aumento nella richiesta di antidepressivi e ansiolitici da parte dei pazienti bolzanini. “Spesso in farmacia capitano persone con ricette scadute che ci chiedono con grande insistenza questo tipo di farmaci, che non possiamo comunque vendere se non sono prescritti dai medici. Medici che, va detto, spesso sono loro stessi molto sotto pressione se non ma-

Nel caso però si voglia ricorrere a prodotti derivanti dalla cannabis i pregiudizi sono ancora molti. “Tutti noi in passato abbiamo visto la cannabis come una droga e quindi all’inizio siamo partiti con i piedi di piombo, poi però con l’esperienza acquisita abbiamo cambiato radicalmente atteggiamento”, ci racconta il dottor Brandimarti. Il farmacista bolzanino invita in sostanza a lasciarsi alle spalle il ’68 e dintorni quando la cannabis veniva vissuta socialmente come una trasgressione, per considerare il suo utilizzo terapeutico come una grande risorsa. Il farmacista Pietro Brandimarti ricorda poi in particolare che l’olio CBD – che deriva dai fiori della canapa ed è di libera vendita non necessitando di ricetta medica – si è dimostrato davvero un’alternativa ideale agli antidepressivi.

Dottor Pietro Bandimarti

lati in prima persona.” Il dottor Brandimarti lo conferma: tutta la catena della salute è sottoposta a un grande stress in questo periodo di pandemia. Ma ci sono anche molti pazienti (e molti medici) che scelgono di ricorrere a metodi naturali per affrontare la situazione, per ritrovare per lo meno in parte la loro serenità o – nel caso di malati cronici o oncologici – per impostare un’adeguata a terapia del dolore.

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STORIA DI COPERTINA

versità di Lethbridge, in Canada. Gli studiosi stanno testando gli effetti e le possibili applicazioni cliniche dei cannabinoidi nel tempo, notando che oltre alle proprietà antinfiammatorie già note, il CBD è in grado di modulare l’espressione genica delle porte di accesso del virus diminuendone il numero e quindi riducendo la possibilità che infetti le cellule. Uno studio simile ha preso piede anche a Tel Aviv, Israele. Anche qui diversi medici stanno testando le proprietà antiinfiammatorie della cannabis e del CBD per alleviare i sintomi e rallentare il processo infiammatorio che aggrava le condizioni dei malati di Covid-19.

LA CANNABIS TERAPEUTICA

Sin dall’antichità la cannabis veniva usata come pianta medicinale. Numerosi ritrovamenti testimoniano come per migliaia di anni le popolazioni utilizzavano parti essiccate ed estratte della pianta per curare malattie comuni quali reumatismi, gotta, malaria o altri disturbi dolorosi. Mentre l’ingrediente psicoattivo THC è usato principalmente per il dolore e malattie neurodegenerative, il CBD, come molti altri cannabinoidi, non altera la mente, distinguendosi soprattutto per le sue proprietà antispasmodiche e calmanti, ponendosi di fatto come un’interessante alternativa naturale a farmaci sintetici e antidepressivi. A questo proposito, ci teniamo a focalizzare l’attenzione su quest’ultimo periodo in cui l’intera società ha dovuto fronteggiare un nemico comune, il Coronavirus. Come moltissimi psicologi ci fanno notare, questo trauma collettivo ha avuto diversi impatti sulla psiche e salute mentale, non solo dei più fragili. Se una limitata e sana dose di allerta sono necessarie per fronteggiare la quotidianità, una situazione del genere può far sviluppare depressione, ansia, panico e tensione al di fuori del normale.

tuali pazienti, se ne sono aggiunti di nuovi con diverse sintomatologie da stress tra cui ansia, insonnia e nervosismo. Se si soffre di una grave forma di depressione o patologie associate, lo psicofarmaco può essere utile. Tuttavia, molte persone fanno ricorso a farmaci antidepressivi anche nei casi in cui terapia naturale, esercizio fisico o strategie di autoaiuto avrebbero potuto funzionare altrettanto bene o meglio, senza effetti collaterali. Infatti, se da una parte il trattamento farmacologico può risultare utile, dall’altra sappiamo non essere l’unica risposta.

L’ALTERNATIVA AGLI PSICOFARMACI

SISTEMA ENDOCANNABINOIDE E NEUROTRASMETTITORI

LA PSICHE IN TEMPI DI CRISI

Diversi psicoanalisti hanno dichiarato di aver ricevuto un notevole aumento di richieste di antidepressivi e psicofarmaci. Agli abi-

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Dopo la scoperta nel 1994 del sistema endocannabinoide nel corpo umano, si venne a conoscenza di particolari neurotra-

smettitori, chiamati endocannabinoidi, prodotti dal nostro corpo, i quali scambiando informazioni tra sistema nervoso ed altri organi regolano l’umore, l’appetito, il sonno, il dolore, il ricordo, l’infiammazione, ecc. Molte di queste patologie “scatenate” come risposta a una condizione di stress, come la quarantena, isolamento e paura, possono essere alleviate in maniera efficace da prodotti contenenti CBD. EFFICACIA DEL CBD

Alcuni studi stanno dimostrando come il CBD non solo può essere utile come terapia post-trauma da coronavirus, bensì anche come cura preventiva, abbassando le probabilità di contrarre il virus. A suggerirlo è uno studio in preprint (quindi non ancora sottoposto a peer review) condotto dall’uni-

CBD SENZA EFFETTI COLLATERALI E DI LIBERO ACCESSO

Il CBD è liberamente disponibile sul mercato italiano (legge 242 del 2016 che regola la filiera della canapa) e non ha quindi bisogno di prescrizione medica. È importante sottolineare che il CBD non ha effetti psicoattivi e non crea dipendenza, che è invece effetto collaterale per gli psicofarmaci. Lo spettro d’azione della cannabis è vastissimo e può migliorare la qualità della vita di persone colpite da stress, ansia, depressione, nausea, anoressia e perdita dell’appetito, ma anche da emicrania, disturbo ossessivocompulsivo o post traumatico da stress e molto altro. Diversi sono i preparati e i metodi di assunzione, si spazia tra tisane, biscotti, olii, pillole, ecc. (inserzione pubblicitaria)


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LIBRI

IL PERSONAGGIO

Alla scoperta delle donne nella nostra storia Francesca Ferragina, meranese, lavora come pedagogista e responsabile per due servizi infanzia 0-6 anni per gli ospedali di Merano e Bressanone. Per passione fa la scrittrice e a febbraio è uscito il suo romanzo “Io. Anna” (Ed. Albatros), primo capitolo di quella che nella sua testa è una trilogia. In occasione del mese contro la violenza sulle donne, Francesca racconta in un PodCast la vita di donne straordinarie che hanno cambiato il corso della storia. // Di Francesca Morrone Francesca Ferragina, a quanti anni ha cominciato a scrivere? A scrivere non lo so esattamente. A inventare storie fin da bambina. Dicono che abbia sempre avuto una fervida immaginazione, e soprattutto che non la smettevo mai di parlare. Sono figlia unica e quindi giocavo spesso da sola, ma questo non mi dispiaceva, perché stavo ore e ore a inventare avventure per me e i miei giocattoli. Da chi ha ereditato la passione del racconto? Penso da mia nonna Dorina. Per motivi di lavoro dei miei genitori passavo molto tempo con lei e i suoi amici (tutti anziani ovviamente) e quindi sono stata sempre circondata da persone che mi raccontavano le loro avventure di ragazzi, del periodo della guerra, dei film visti al cinema, e tanto altro. Ma soprattutto adoravo

renderlo accattivante e allo stesso tempo leggero.

quando mia nonna invece di raccontarmi le fiabe mi riportava le storie tratte dalle opere di musica classica. Lei aveva lavorato come maschera in teatro quindi mi raccontava di Papageno, della regina della notte, di Alfredo e Violetta, della madama Butterfly, ma soprattutto mi narrava della bella Turandot.

Quali sono i temi che tratta nel romanzo? C’è un po’ di tutto, mi piace dire che con meno di 200 pagine si può vivere un’appassionante avventura alla corte di Enrico VIII, tra amore, amicizia e una corsa contro il tempo.

Come nasce l’idea di un romanzo storico dedicato alle donne? Penso che a volte ci siano dei pregiudizi nei confronti del romanzo storico. Si pensa sia pesante e noioso, ovviamente per chi non apprezza il genere. Io invece ho sempre adorato la storia, forse perché grazie al cielo ho sempre trovato insegnanti e persone che me l’hanno posta in modo divertente e intrigante, come il mio amato professor Piccinelli (che tra l’altro mi consiglia ancora oggi). Così ho pensato di fare lo stesso con il mio romanzo:

Da dove nasce l’idea del romanzo? Sinceramente? Da un sogno che ho fatto circa sei anni fa. Avevo guardato la serie televisiva “The Tudors” e come resistere al fascino di Jonathan Rhys Meyers nei panni di Enrico VIII? Scherzi a parte, il viaggio nel tempo mi ha sempre intrigato. Ho letto libri e visto film di ogni tipo su questo argomento (e si nota dalle citazioni che si trovano nel romanzo). In particolare mi ha segnata “Timeline” di Michael Crichton: la storia d’amore tra Marek, archeologo del futuro, e Lady Claire, nobildonna e personag-

gio chiave nella storia della guerra dei cent’anni, è qualcosa di meraviglioso e ho spesso sognato un amore così anche io. Dove ha raccolto le fonti per tracciare la storia di Anna Bolena? Inizialmente da libri biografici che parlavano della dinastia Tudor dalla guerra delle due rose in poi: una storia davvero affascinante; poi mi sono addentrata nella ricerca un po’ più seriamente utilizzando trattati storici, archivi online che raccoglievano atti ufficiali, corrispondenza tra Enrico VIII e Anna Bolena, e altro. Inoltre nel 2015 sono stata con la mia famiglia in vacanza in Gran Bretagna e abbiamo visitato molti luoghi inerenti alla vita di Enrico VIII e Anna Bolena permettendomi di prendere appunti sugli spazi, i paesaggi, perfino i profumi, così da immergere il più possibile il lettore nell’atmosfera raccontata. Perché ha scelto proprio Anna? Anna Bolena è un personaggio storico davvero affascinante. È stata una donna estremamente intelligente, colta e intraprendente. Ha ricevuto una formazione avanzata per i tempi, riservata solitamente ai figli maschi, e questo perché il


LIBRI

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Il logo del Podcast “Storie di donne nella Storia”

padre, accortosi subito delle capacità della figlia, le ha permesso di studiare con il fratello George. Purtroppo l’inizio del XVI secolo non era ancora pronto per una donna così, ma soprattutto Enrico VIII non lo era. O meglio, all’inizio era affascinato dalla bellezza particolare (anche questa fuori dai canoni dell’epoca) e dalla cultura di questa donna; dalla possibilità di conversare con lei di arte, religione e politica. Solleticava il suo enorme ego il fatto che lei non si sia subito concessa a lui, come tutte le amanti che aveva avuto fino a quel momento; ma soprattutto trovava stimolante i loro battibecchi. Ma la nascita di Elisabetta, una femmina, e gli aborti avuti da Anna hanno incrinato questo rapporto idilliaco. Enrico aveva estremamente bisogno di un erede maschio e Anna sembrava non darglielo. Il re aveva già più di quarant’anni e nel gennaio del 1536 la sua brutta caduta da cavallo ha lasciato col fiato sospeso il regno. Questo ha cambiato profondamente Enrico. Questo, e

la sua nuova passione per un’altra donna, la più “disciplinata” e docile Jane Seymour. Dopo l’esperienza esasperante del divorzio dalla sua prima moglie, Caterina D’Aragona, il re non voleva perdere troppo tempo e quindi, complice il suo Primo ministro Thomas Cromwell, ha raccolto materiale sufficiente per arrestare Anna e condannarla a morte. Non dico che Anna Bolena sia stata una santa, ma sicuramente non meritava quella fine. E io, come la mia protagonista Elanor, ho voluta riscattarla. Quali sono le caratteristiche di questa eroina femminile che l’hanno colpita di più? Non posso dire che Anna Bolena sia stata un’eroina. È stata una donna. Come dico nella dedica nel mio romanzo, una donna “troppo forte per un tempo che la voleva debole”. Quello che mi ha colpito di lei è sicuramente la sua intelligenza, la sua intraprendenza e la sua caparbietà. Ha saputo tener testa a uno degli uomini più potenti e incostanti dell’Europa del XVI secolo. La sua sconfitta non è da considerare una sua mancanza, bensì una condanna costruita ad hoc da uomini arrivisti e dame invidiose. Perché una donna della modernità dovrebbe potersi riconoscere nel personaggio di Anna Bolena? Perché ha saputo farsi strada da sola. Il padre la voleva solo tra le lenzuola

del re, lei ha ambito a di più. Non si è accontentata e non ha voluto essere un ennesimo giocattolo in mano a un uomo, bensì guadagnarsi un titolo e una posizione degna. E non è un po’ come il costruirsi una carriera nel mondo del lavoro di oggi? Il suo impegno a favore delle donne non si ferma al racconto. Quali sono i progetti che porta avanti? Da quest’estate realizzo un podcast in cui ogni settimana racconto la vita di una donna del passato. “Storie di donne nella Storia” è il mio piccolo gioiello, di cui vado molto fiera perché unisce la mia passione per la storia alla mia volontà di far prendere coscienza alle donne di quanti sforzi sono stati fatti per essere dove siamo e che nulla deve essere dato per scontato. Cosa la spinge a occuparsi del mondo femminile? Sono una donna cresciuta in una famiglia di donne che con le loro imperfezioni mi hanno mostrato quanto si possa essere forti. Mia nonna è rimasta vedova a cinquant’anni e non ha più avuto e voluto altri uomini nella sua vita. Si è arrangiata in tutto e sapeva mettere al suo posto chiunque importunasse lei o qualcuno a lei caro. Ha sconfitto non uno, ma ben tre tumori: due al seno e uno all’utero. È morta questa primavera. Se l’è portata via il Covid, ma solo perché era rimasta sola in casa di riposo per via del lockdown. Sono sicura che se

avessimo potuto continuare a vederla, insieme avremmo sconfitto anche questa. Mia madre ha due sorelle e formano un trio eterogeneo ma unitissimo, una sorta di Tre Moschettieri. Mi hanno insegnato il valore della famiglia, del sacrificio e dell’umiltà. Crescendo con questi esempi ho capito che donna volevo diventare. Sono diversa da loro, perché le includo tutte dentro di me. Come si difenderebbe dalla critica di femminismo? Secondo lei, oggi, parlare di femminismo è ancora attuale? Penso sia attuale ricordare i princìpi del femminismo. Perché è nato e cosa ha ottenuto. Poi però bisogna prendere atto che il mondo dall’inizio del XX secolo è cambiato e quindi non si può restare ancorati a ideali vecchi di un secolo. Devono evolversi e operare per e con l’attualità. Le suffragette si sono battute per ottenere non solo il voto, bensì il riconoscimento di essere delle cittadine tali e quali agli uomini. Negli anni questo ha portato alla ricerca di riconoscimento di una parità di diritti; una lotta che stiamo ancora combattendo. Non è potendo studiare, lavorare e fare carriera che siamo uguali agli uomini, bensì come possiamo studiare, lavorare e fare carriera. Finché una donna dovrà sforzarsi il doppio (se non il triplo) per ottenere le stesse condizioni di uomo come posizione, stipendio, ruolo, opportunità, allora la lotta femminista non sarà finita.

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LE PIETRE DI BOLZANO

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Flavio Schimenti architetto

MEMORIE URBANISTICHE

Alla scoperta dei giardini segreti di Bolzano, seconda parte Continuando nella riscoperta dei giardini nascosti o poco noti di Bolzano, dopo quello di palazzo Toggenburg (Qui Bolzano, 12.11.20, n˚ 22); non possiamo non parlare di alcuni spazi verdi che ornavano e ornano la nostra area urbana. Uno di questi è il giardino Moser, che sorgeva fra via della Rena e via della Stazione. Anche tale architettura del verde, secondo il gusto dell’allora proprietario, doveva appagare unicamente lo sguardo. Il giardino, tagliato in parte “all’italiana” e in parte all’inglese, era sito – in mezzo a statue, fontane, nicchie architettoniche con sfondi affrescati con le tecniche pittoriche dell’trompe-l’oeil – immerso nel verde proprio a pochi passi dal Duomo. Fra il 1860 e il 1880 era uno dei parchi più invidiati della città. Stefan Georg, di esso scriveva: “Entra anche tu nel giardino...e ammira.” Altro parco ammirato dai bolzanini è il giardino Rottensteiner situato fra via Rafenstein, il maso medievale Mauracherhof e la Torre Druso/Troyenstein. L’ampio spazio

verde di circa tremila metri quadrati, ospita piante secolari, tra le quali cipressi, frassini, cedri, ciliegi, faggi, palme, magnolie, pini e ippocastani. Nacque alla fine dell’800 per volere degli allora proprietari, i Rosenthal. I produttori di porcellane di origine ebraica, dal cognome famoso, acquistarono la proprietà in quel periodo e ne fecero la loro residenza estiva. A loro si deve la creazione del parco, la collocazione del laghetto con piante acquatiche, canne di bambù, una fontana dalle forme storiche, un padiglione adornato di piante rampicanti e la collocazione di colonne isolate in stile corinzio. Morti i Rosenthal la proprietà è poi passata agli attuali Rottensteiner, i quali hanno mantenuto integre le precedenti strutture.

IL RICHIAMO DELL’HEIMAT

Atri giardini e parchi adornavano Bolzano e la sua periferia, fra questi quelli che si affacciavano da Gries verso Bolzano, oggi al loro posto troviamo il Lungotalvera S. Quirino. Dalle vedute del 1850, anche tali parchi prospicienti il Talvera erano regolati con aiuole disposte all’italiana, fontane mo-

numentali, urne di gusto classico e alberi di decoro. Altri sorgeranno intorno a castel Flavon con un laghetto per i pesci; nella villa Wendlandt in via Fago, dove poi sorgerà il parco e il palazzo Ducale, e in altre aree urbane, mentre Bolzano si apprestava già a disporre dei primi parchi pubblici.

LA SATIRA

Roberto Tubaro

Diversi personaggi noti, non resistendo al richiamo dell’autonoma Heimat, decidono di lasciare tutto e trasferirsi in Alto Adige. Dopo il like del Papa alla modella brasiliana Garibotto, Bergoglio si è trasferito a Corvara sotto il nome di Franziskaner. “In realtà non l’ho fatto apposta”, ha dichiarato. “Quel giorno stavo cercando foto altoatesine per decidere dove trasferirmi. Digitando 'Castelrotto' devo aver scritto 'Garibotto' e, dopo aver visto quelle curve non proprio montane, devo aver messo un like cercando di uscire di fretta dall’applicazione!”


CENTRO – PIANI – RENCIO

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IL PROGETTO

Pronto a rinascere il Parco Cappuccini

Il rendering del progetto

Mentre gran parte del centro storico di Bolzano è ostaggio dei lavori per la costruzione delle infrastrutture per il Waltherpark, sembrerebbe in procinto di sbloccarsi la situazione relativa alla riqualificazione del Parco dei Cappuccini. Solo qualche settimana fa, su queste pagine, constatavamo come nel 2020 il parco abbia cominciato a ospitare con maggiore frequenza spettacoli e rassegne culturali: dal Cinema sotto alle stelle ai concerti dell’Orchestra Haydn, dall’edizione bolzanina del Trento Film Festival, alle iniziative della Biblioteca provinciale in lingua italiana Claudia Augusta. Una situazione totalmente diversa rispetto a pochi anni prima: i nostri lettori più attenti ricorderanno gli sforzi del comitato di quartiere “Quasicentrum” che ancora nel 2015 definiva le vie intorno al parco “un quartiere di passaggio, tagliato dal traffico, poco valorizzato e abbandonato a sé stesso, al deperimento e degrado, sino a soffrire delle stesse condizioni di una periferia.” Nelle ultime settimane il dibattito su ciò che sarà il nuovo Parco dei Cappuccini si è fatto più fitto. È di pochi giorni fa la notizia che c’è un progetto per il parco che tenta di mettere d’accordo la Provincia (che è il committente) e il Comune di Bolzano. Per provare a fare un po’ di chiarezza, abbiamo contattato il progettista, l’architetto bolzanino Kurt Wiedenhofer, e già dopo poche battute abbiamo capito la

complessità della gestione del progetto. Dire che coinvolge Provincia e Comune è riduttivo, considerati i numerosi uffici delle due realtà pubbliche coinvolte nel progetto. Non dobbiamo dimenticare inoltre il ruolo delle istituzioni che si affacciano sul parco: il Teatro Comunale con il Teatro Stabile e la sua controparte tedesca, le VBB (Vereingte Bühnen Bozen), e il Centro culturale Trevi – Trevilab con il Centro Multilingue, il Centro Audiovisivi e la Biblioteca provinciale italiana Claudia Augusta. La prima cosa che salta all’occhio è che spariranno gran parte degli elementi attuali del parco e che l’organizzazione interna verrà rivista. Nelle intenzioni di Provincia e Comune era centrale l’idea di uno spazio che consentisse l’organizzazione di eventi culturali. Un’altra idea era stata formulata dalle istituzioni teatrali presenti in piazza Verdi, che avevano manifestato l’interesse ad avere un chiosco in prossimità del Teatro. E un’altra visione ancora prevedeva un collegamento almeno visivo tra il Centro Trevi – Tevilab e il Teatro. L’Architetto Wiedenhofer ha raccontato: “Il progetto ha cercato di tenere conto di tutte queste esigenze. Ci saranno due nuovi varchi nel muro perimetrale: uno verso il Teatro, mentre quello attuale di via Cappuccini viene chiuso, ma ce ne sarà uno nuovo all’altezza del Centro Trevi. Non ci sarà un chiosco, ma uno ‘spazio bistrot’ che sorgerà nella parte nordest

del parco. Si tratta di una soluzione trovata dal mio collega bergamasco Marco Formenti, che da un paio di anni lavora in provincia di Bolzano. Quest’area ospiterà anche uno spazio ‘palco’ per manifestazioni. L’idea è che sia il gesto-

re del bistrot a farsi carico della gestione e del coordinamento del programma delle attività nel parco, oltre che di chiudere i cancelli la sera.” Dal varco di ingresso di via Cappuccini si accede a un’area dove sorgerà un parco giochi, e subito più a sud sorgerà una piccola ludoteca, oltre che un’area espositiva temporanea. Il progetto prevede anche una struttura polifunzionale esterna al parco, tra la fontana e la strada, che verrà adibita a parcheggio biciclette e fermata del bus. Il progetto, per andare avanti, necessita ancora delle autorizzazioni e della variazione al Piano Urbanistico Comunale. I tempi non sono immediati, ma vedere progressi sulla riqualificazione del parco non può che far piacere.

Till Antonio Mola

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CENTRO – PIANI – RENCIO

POLIZIA POSTALE

I giovani e la rete, in tempo di “Covid” La Sezione Polizia Postale e delle Comunicazioni di Bolzano, da oltre dieci anni, tiene incontri di sensibilizzazione in favore di scuole, genitori e associazioni, con il fine di trasmettere una serie di informazioni per un utilizzo più sicuro e consapevole della Rete. Quest’anno scolastico, in relazione all’emergenza sanitaria, gli incontri nelle scuole non hanno ancora avuto luogo con le classiche modalità. Ma con un po’ di impegno da parte dei genitori i figli potranno comunque affrontare gli stessi argomenti, quali la pedopornografia, il cyberbullismo e il sexting. Si potrebbe ritenere che, proprio da questa emergenza, possa nascere un’opportunità di crescita, in cui i genitori trovano il tempo di condividere con i figli determinati argomenti e ridurre, in tal modo, la possibilità che rimangano vittime di situazioni spiacevoli. I genitori, nel fare ciò, non devono sentirsi in difficoltà perché, se da un lato i loro figli sono tecnologicamente più evoluti, è altresì verso che sono ancora immaturi e pertanto hanno bisogno di qualcuno che li affianchi per far loro comprendere quali siano i pericoli che la Rete può presentare. È sempre importante ricordare che la tecnologia di per sé è neutra. Sono

que raggiungibile al 0471 531413 per fornire, qualora necessario, consigli. Proprio sul tema dei pericoli insiti nella rete, specie in questo periodo in cui la rete stessa diventa per i giovani (e non solo) l’unico modo per relazioarsi con gli altri, vi proponiamo alcune riflessioni della Dottoressa Silvia Mulargia, Direttore tecnico psicologo della Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di Bolzano.

gli utilizzatori che fanno in modo che essa sia positiva o negativa. Quei genitori che avessero bisogno o piacere di approfondire argomenti relativi ai pericoli presenti in rete, potranno trovare utili informazioni sul sito Commissariato di PS on-line, oppure sul sito genitori-connessi.bz. La Sezione Polizia Postale e delle Comunicazioni di Bolzano è comun-

dell’apprendimento e dunque della formazione e informazione, ma anche per le relazioni sociali e affettive. Tuttavia anche se i ragazzi sono impegnati con video lezioni online, hanno a disposizione molto tempo e questo può aumentare il desiderio di utilizzare, in modo non troppo controllato, i dispositivi elettronici, arrivando talvolta a trascorrere molte

Il Covid-19, e le misure di sicurezza sanitarie applicate, quali la quarantena obbligatoria e il distanziamento sociale, hanno causato un significativo cambiamento delle abitudini quotidiane di tutti noi. In questo scenario straordinario, le tecnologie digitali hanno avuto un ruolo ancora più centrale. Alle restrizioni sui movimenti nello spazio fisico è corrisposto una simmetrica espansione dei nostri movimenti nello spazio digitale. Per quanto riguarda i ragazzi, l’attuale situazione ha costretto alla ricerca di un’alternativa alla frequenza scolastica, optando per una didattica a distanza, in cui mezzi telematici, quali smartphone, tablet e connessioni internet si sono rivelati importanti e di supporto, non solo sul versante

La psicologa della Polizia Postale Dottoressa Silvia Mulargia

ore giocando, chattando, guardando serie tv e video, facendo delle vere e proprie abbuffate tecnologiche. I preadolscenti sono ad esempio molto più attratti dai video su Youtube e dagli youtuber, dalle instant stories, attraverso le quali condividono i momenti più importanti della loro giornata e, non ultimi, dai videogiochi. Si parla di binge watching, ossia abbuffata di “visione”, un’abitudine che porta a guardare programmi e serie tv per un periodo di tempo prolungato, anche durante la notte (vamping), incidendo negativamente sul sonno, sullo stile di vita e sul benessere in generale. Da una recente ricerca “l’adolescenza ai tempi della pandemia”, è emerso che, a seguito di una convivenza forzata, spazi ristretti, impossibilità ad uscire, gli adolescenti che affermano di “essere sempre connessi” sono passati dal 7% al 25%, invece, coloro che indicano di essere online dalle 5 alle 10 ore al giorno, sono passati dal 23% al 54%. Il vuoto, determinato dalla mancanza temporanea di svaghi all’aperto, palestra, luoghi di ritrovo con il gruppo dei pari, ha dunque determinato, in molti casi, un uso eccessivo delle nuove tecnologie di comunicazione. È fondamentale quindi stabilire dei limiti nel loro utilizzo, permettendo ad esempio all’adolescente di restare in contatto con i propri amici, di utilizzare moderatamente videogiochi non violenti, ma anche dedicare del tempo ad approfondire e rafforzare i rapporti all’interno della famiglia, che talvolta si sono allentati a causa

della frenesia della vita quotidiana. È fondamentale favorire il dialogo aperto e costruttivo e l’ascolto. Inoltre, in questo periodo, i ragazzi possono sperimentare anche la noia, che può essere una buona occasione per imparare a riconoscere e a stare con le loro emozioni, imparare a sentirsi e a sentire l’altro, ampliando l’empatia. È bene ricordare che i ragazzi, benché definiti nativi digitali, dunque molto preparati da un punto di vista cognitivo sulle nuove tecnologie, non sempre lo sono da un punto di vista emotivo e le fragilità tipiche del periodo adolescenziale li rendono più vulnerabili ed esposti ai numerosi pericoli della rete (cyberbullismo, sexting, pedofilia), soprattutto in un periodo come quello attuale, dove si è costretti a rimanere a casa. Per questo è fondamentale che le importanti figure di riferimento, quali i genitori, accompagnino i loro figli verso un uso responsabile e consapevole della rete; trasmettano una cultura digitale, che vuol dire non solo sapere utilizzare le nuove tecnologie, scoprire le risorse le opportunità che possono offrire ma anche insegnare a riconoscere i rischi e i pericoli a cui si può andare incontro. Nello stesso tempo educare anche alla cultura del rispetto, dell’assertività, dell’empatia e del pensiero critico. Essere genitori al tempo dei social media è sempre più complesso, per questo motivo è indispensabile avere familiarità e maggior conoscenza dei vari digital device, per poter stabilire con i propri figli una comunicazione efficace e costruttiva.


SENZA CONFINI Paolo Bill Valente scrittore, giornalista (e altro ancora)

PROSPETTIVE

Ripartire. Ma con quale economia e in quale società? Lo screening di massa dello scorso fine settimana è stato una bella lezione di partecipazione. Al di là di alcuni problemi tecnici (che sempre ci saranno) l’Alto Adige (che non è solo Provincia, ma anche istituzioni statali, comuni, organizzazioni di volontariato e cittadini) si è mostrato capace di reagire con tempestività ed efficacia. Si può discutere a lungo sui motivi di una adesione così ampia della popolazione altoatesina allo screening anti-Covid. Un motivo che pesa è certo il fatto che si è tutti stufi e che si è disposti a ogni cosa (purché ragionevole) possa farci uscire da una situazione che penalizza ognuno. Ma è lo stesso una bella immagine quella dei molti,

moltissimi altoatesini, vecchi e nuovi cittadini, che vanno a fare il loro test, a volte tremando nel freddo, per una sorta di “senso di cittadinanza”, se non proprio

per dare un consapevole contributo al bene comune. Insomma: che le estenuanti e sterili polemiche quotidiane di questi mesi abbiano lasciato il campo a tre giorni di impegno civico può solo far piacere e incoraggiare tutti a fare meglio. Nella speranza che tutto questo sforzo serva davvero a combattere la diffusione del virus, l’esperienza di questi giorni solleva anche alcune altre questioni. La prima riguarda l’economia. Abbiamo fatto il test di massa (an-

che) per consentire alle attività produttive di ripartire il più presto possibile. Ma quale economia guarirà un pianeta in affanno? Lo scorso fine settimana ad Assisi i giovani economisti e imprenditori hanno chiesto alle grandi potenze mondiali e alle istituzioni economico-finanziarie che “rallentino la loro corsa per lasciare respirare la Terra”. La seconda questione riguarda la casa e chi non ce l’ha. Allo screening di massa hanno preso parte anche persone senza dimora, altre che vivono in strutture comunitarie di accoglienza. Di fronte a un esito “positivo” è stato detto loro di mettersi in “isolamento domiciliare”. Ma chi la casa, nella quale isolarsi, non ce l’ha?


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GRIES – SAN QUIRINO

IL PERSONAGGIO

In ricordo di Christine Bauhofer Christine Bauhofer, insegnante, cantante e ballerina, è stata un importante personaggio della scena musicale e artistica di Bolzano e del Quartiere di Gries, dove ha vissuto e lavorato. Sì è spenta, purtroppo, a 60 anni nella notte di lunedì 20 ottobre dopo una lunga lotta contro il cancro, ma i suoi colleghi e amici la vogliono ricordare con il sorriso sulle labbra, l’energia e la passione che non l’hanno mai abbandonata. “Il canto e la danza sono sempre state le sue grandi passioni fin da quando era piccola”, racconta Daniele Ravagnani, compagno di vita e di musica, “ non ha potuto frequentare una scuola artistica da ragazza perché, a quei tempi, non era facile: non esisteva il liceo musicale e le uniche scuole d’arte erano private e molto costose. Ha frequentato le magistrali che l’hanno instradata verso l’insegnamento, però ha continuato a coltivare il suo amore per la musica in privato, cantando e suonando la chitarra con gli amici dopo la scuola.” Dopo le prime esperienze giovanili è entrata a far parte del gruppo

“Corde Vocali” con Giorgio Cappelletto, da cui è iniziato il suo percorso con la musica etnica confluito poi nel Gruppo “Almaterra” che ha fondato insieme a Loreno Ferrarese, Matteo Fracchin, Maria Hechensteiner, Salvatore Cosentino e Daniele Ravagnani. “Per un periodo ha intrapreso anche un percorso di canto lirico che le ha dato grandi soddisfazioni e l’ha portata a stringere una forte amicizia con l’insegnante Sabrina Bizzo”, spiega Daniele Ravagnani. Ha inoltre portato avanti con successo un progetto dedicato a Janis Joplin, di cui fin da giovane amava cantare i brani, accompagnandosi da sola con la chitarra.

Da questo interesse personale è riuscita a formare un gruppo con i musicisti Andreas Unterholzner, Cristiano Giongo, Marino Sartin e Matteo Scalchi. A Christine si deve soprattutto il merito di aver portato il ballo e il canto flamenco a Bolzano. Quando ancora non esisteva alcuna scuola di danza per questa disciplina, Christine e un gruppo di amiche hanno iniziato ad apprendere i primi zapateados del flamenco da Ulli Naumann, nella palestra dietro lo storico Night Club “Navarro” di Via Museo. Acquisita dimestichezza con i passi base, il gruppo ha iniziato a organizzare viaggi in Spagna per apprendere tecniche sempre più complesse. Cominciato come un hobby tra amiche, il flamenco è diventata una vera e propria passione per Christine che, dopo anni di corsi con celebri maestri spagnoli, ha deciso

di aprire la prima scuola di flamenco a Bolzano appoggiandosi a Upad e Palladio. Sempre molto aperta alla diversità culturale, amava le contaminazioni artistiche: insieme al progetto Alps Move ha infatti ideato e realizzato lo spettacolo “El Grito” salendo sul palco assieme a una ballerina di tango e, in un’altra occasione, ha musicato e coreografato i testi delle poesie di Garcia Lorca, le “siete canciones”, che ha portato in scena al circolo militare e al circolo cittadino. Allo stesso modo è sempre stata sostenitrice della commistione linguistica e per questo pioniera della scuola bilingue a Bolzano per le elementari Longon, dove insegnava tedesco. Quando è nata l’esigenza per la scuola di sperimentare l’insegnamento bilingue, Christine ha colto l’occasione e si è cimentata nell’insegnamento della matematica in seconda lingua, impegnandosi coscienziosamente per studiare la metodologia necessaria a insegnare una disciplina per lei nuova e ad adattarla alle esigenze linguistiche dei bambini. “ Fin dalle prime lotte politiche culturali di fine anni ‘70 Christine si è battuta per l’unione del gruppo linguistico italiano e tedesco”, racconta Daniele, che di lei vuole ricordare specialmente il carattere tenace, ma anche molto socievole e disponibile. “Gli amici erano la sua seconda famiglia e quando chiamavano non c’era divano o scusa che la trattenesse.”

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FAMIGLIE E COVID-19

“Tana libera tutti”, il webinar gratuito Con questo titolo il Consultorio Arca, in via Sassari 17 a Bolzano, intende presentare una serie di webinar interattivi rivolti ai genitori con figli dai 3 ai 10 anni. Si tratta di un progetto che, in continuità con le iniziative promosse dal Consultorio in questi anni, intende andare a valorizzare e sostenere le capacità dei genitori di farsi promotori di benessere sia per se stessi sia per i figli. In un momento in cui la situazione sanitaria attiva pensieri e comportamenti caratterizzati da preoccupazioni e paure, può essere importante andare a riprendere quelle competenze di cura di sé e del “cucciolo” proprie della specie umana. Il tempo nuovo della pandemia e le nuove restrizioni al movimento

e alle relazioni fuori casa si collocano in un tempo di tardo autunno, quasi invernale: un tempo naturale e fisiologico di “chiusura”, dove il corpo e la mente possono ritrovare ristoro nella lentezza e in attività da svolgersi nel nido domestico. Ritrovare questo piacere è importante

in questo momento, non perché “siamo costretti” a casa, ma perché ci possiamo prendere del tempo per stare “dentro”: con le persone della famiglia, per mantenere e costruire relazioni, per stare in un contatto più consapevole con se stessi e con gli altri. Prendiamo esempio dai bambini:

per loro stare in casa, al sicuro, nella tranquillità degli spazi domestici è un piacere. Anche gli adulti possono riscoprire il gusto di un tempo e di uno spazio più “interno” fatto di pensieri, di parole e di attività dimenticate. Il Consultorio propone due webinar interattivi per quei genitori che hanno voglia di riscoprire il piacere del gioco e dell’incontro con i figli fatto di calma e di tempi lenti. Gli incontri avranno luogo intorno a un “caminetto” virtuale per parlare di come stiamo, di come stare bene con i bambini in casa e di quali risposte gli adulti possono dare alle domande “difficili” dei bambini, quelle che parlano delle loro paure e dei loro fantasmi. Per informazioni e iscrizioni scrivete a: consultorio@arca.bz

MONUMENTI DA RISCOPRIRE

I “luoghi della memoria” a Bolzano Nella preziosa opera del Comune di Bolzano, tramite l’Archivio Storico, per aiutare i cittadini a ricordare fatti e persone di eventi, anche tristi, della città, va ricordato l’allestimento dei “Luoghi della memoria”. Uno di essi, il n. 7 dei 23 finora proposti, è la “Memoria del lager”: si trova sul prato, davanti alla chiesa di S. Pio X, che si affaccia su via Resia. Vi è un cippo di porfido con la scritta bilingue “A RICORDO DEGLI INTERNATI E DELLE VITTIME DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI BOLZANO 1944-1945”. Realizzato nel 1965 su progetto dell’architetto Guido Pelizzari (1898-1978), fu collocato in tale anno nell’aiuola sita davanti al complesso abitato di via Resia 80; nel 1985 il cippo, rimaneggiato, fu trasferito e interrato nel prato davanti alla chiesa di S. Pio X. Come completamento del cippo, vicino a esso nello stesso anno fu posta una statua, con la scritta bilingue “1943-1945 UOMINI DI DIVERSA NAZIONALITÀ QUI SOFFRIRONO E PERIRONO PER LA LIBERTÀ NELLA LOTTA CONTRO IL NAZI-FASCISMO – LA CITTÀ DI

BOLZANO NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE”. Opera dello scultore Claudio Trevi (1928-1981), il bronzeo monumento, tramite la figura maschile e la figura femminile che tenendosi per mano urlano al cielo il dolore della loro tragica condizione, può essere anche simbolo della sofferenza che ancora oggi la protervia umana può arrecare a persone e popoli. A ricordare certi aspetti del passato ci aiuta il “Passaggio della Memoria” (percorso che circonda il lato esterno del muro dell’ex Lager di Bolzano), una serie di pannelli che raccontano la storia del campo nazista (attivo dal luglio 1944 al 3 maggio 1945), che è anche stimolo a darsi da fare perché non abbiano a ripetersi. Lo chiedono gli internati del lager, ottomila nomi dei quali dal 25 ottobre 2019 scorrono proiettati uno dopo l’altro nel “Muro della Memoria”, costituito da 32 lastre di vetro e acciaio; lo chiede in particolare, è stato il primo nome ad apparirmi, padre Giuseppe Girotti (1905-1945), Giusto tra le nazioni e Beato.

Leone Sticcotti


DON BOSCO – FIRMIAN

TOP

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BIBLIOTECHE

“Oltre L’Handicap” La Biblioteca “Oltre L’Handicap” dell’Associazione AIAS Bolzano, che trovate in via Piacenza 29/A, nell’ultimo anno ha vissuto un periodo di cambiamento e riorganizzazione e con l’arrivo dell’autunno e la ripresa dell’anno scolastico è ripartita con nuovo entusiasmo e tante nuove idee in programma. Tra le principali novità c’è sicuramente un’applicazione per smartphone di facile utilizzo che uscirà a breve, e una volta scaricata gli utenti avranno la possibilità di accedere al catalogo della biblioteca, prenotare il bene di loro

po di ragazzi che partecipavano ai soggiorni estivi in Val di Non, trasferendo le sue attività nel bosco e offrendo laboratori di lettura di favole in un’atmosfera tutta naturale. Tutte queste attività sono state di ispirazione e propedeutiche per la situazione attuale. Tanti i laboratori che si sono trasformati e aggiunti quest’anno, coordinati dal direttore dell’AIAS, Andrea Di Curti. Di particolare successo quello proposto dalla Biblioteca intitolato “Musica e Libri” ideato per avvicinare i partecipanti al mondo dei libri, stimolando il piacere della lettura anche at-

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traverso l’uso della musica (a cura di Jacopo Schiesaro). “La musica fa prendere vita ad alcune storie, facendocele sentire più vicine. È anche un’altra occasione per raccontarsi”, afferma il bibliotecario. Inoltre, in Biblioteca è stato istituito anche uno sportello di consulenza per DSA e ADHD, che appena sarà possibile avviarlo nuovamente, affiancherà il doposcuola CompitAias, gestito dall’Associazione e coordinato dalla dott.ssa Chiara Rullo (psicologa e psicoterapeuta) in cui gli studenti in primis potranno trovare un appoggio per affrontare le difficoltà legate all’apprendimento, i famigliari potranno ricevere consigli da esperti nel settore e anche gli stessi insegnanti potranno ricevere consulenze rispetto ai software compensativi e trovare materiale interessante riguardante la gestione inclusiva della classe e manuali sempre aggiornati sulle tematiche degli studenti con BES.

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MOBILITÀ

Ciclabile viale Druso: ecco l’intervento (transitorio) di fronte alle caserme

Dopo qualche anno di attesa e molta pazienza da parte dei residenti, alla fine una soluzione è arrivata, anche se provvisoria. In attesa dell’esproprio del sedime ANAS (capannone e magazzino), saranno infatti ristrette le attuali tre corsie e allargati il marciapie-

de e la ciclabile. Ricordiamo il punto della questione. In viale Druso nel tratto tra via Resia e via Sorrento è stata realizzata la corsia del metrobus e una ciclabile bidirezionale sul lato Sud della via medesima. Ma a causa delle problematiche legate

all’esproprio di un sedime ANAS (capannone-magazzino), le cui procedure non saranno concluse in tempi rapidi, l’Ufficio Mobilità del Comune di Bolzano ha deciso di elaborare una proposta transitoria per garantire la sicurezza dei pedoni e dei ciclisti. Infatti nel tratto in questione, lungo 75 m presso le caserme, l’attuale marciapiede è a larghezza ridotta, con particolare criticità per i ciclisti costretti a scendere dalla ciclabile e percorrere tale tratto o a piedi, o come succede spesso, andando contro-

mano sulla corsia autobus attigua. La soluzione transitoria prevede il restringimento delle attuali tre corsie di viale Druso posando una fila di mini new jersey con riempimento dello spazio tra mini new jersey e il cordone stradale con asfalto, consentendo l’allargamento del marciapiede lato Sud, garantendo quindi un percorso pedo-ciclabile in sede protetta in condizioni di sicurezza. Mini new jersey e archetti saranno riutilizzabili anche per diverse esigenze future.

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GRIES – SAN QUIRINO

17 Un incontro di confronto tra psicoterapeuti

RELAZIONI

I social e il valore di un abbraccio Com’è noto durante un periodo di reclusione in casa le relazioni umane sono limitate e circoscritte tra le mura domestiche. Le abitudini di tutti noi sono state capovolte; non si possono più vedere fisicamente gli amici e i colleghi di lavoro. Bolzano oggi è vuota, non ci si incrocia più casualmente per strada, non si percorrono più le lunghe ciclabili che attraversano la nostra città, i contatti sociali

Oskar Giovanelli

sono interrotti. Ma come si possono mantenere queste relazioni con gli altri in un periodo come quello che stiamo vivendo? L’utilizzo dei social network è davvero l’unico modo di rimanere in relazione sociale con gli altri? Per provare a rispondere a questi due attuali punti interrogativi abbiamo dialogato con Oskar

Giovanelli, psicoterapeuta delle dipendenze della Onlus Hands di Bolzano, che ha sede in via Orazio. “È un fatto che l’utilizzo dei social network sia aumentato in questo periodo, alle persone mancano i luoghi dove incontrarsi e dialogare, quindi il tutto viene spostato sulle piattaforme digitali”, spiega Giovanelli. I suoi dati mostrano infatti come il 40% dei giovani sotto i 25 anni che si sono recati alla Onlus risentivano di problemi legati alle dipendenze da gioco online e social network. “La reclusione in casa ha amplificato i problemi relazionali delle persone che ora, lavorando o studiando esclusivamente da casa, risentono particolarmente

dell’assenza del contatto umano e sociale.” Ma i social diventano proprio in questo momento qualcosa di essenziale per rimanere in contatto con amici e conoscenti, ci permettono così di comunicare con chiunque. “Chi non è cresciuto insieme all’avvento dei social non comprende che si riesce a socializzare anche attraverso questo strumento tecnologico, ma le piattaforme online non potranno mai sostituire totalmente le relazioni sociali – ha specificato lo psicoterapeuta, inoltre aggiunge un aspetto fondamentale per il tessuto sociale – altri luoghi d’incontro come cinema e teatri non possono venire sostituti dagli strumenti digitali, in quanto

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cancellerebbero il linguaggio non verbale e il contatto umano tra le persone. Lo strumento tecnologico è necessario per mantenere i rapporti ma va utilizzato con buonsenso – dice Giovanelli che conclude con una nota positiva per tutti noi – il periodo di reclusione non è eterno, e un domani potremo tornare a incontrarci, forse è proprio da questi momenti che si impara ad apprezzare di più le relazioni e il contatto umano.” Un sorriso, una carezza, un abbraccio. Chissà se usciti da questa pandemia sapremo davvero ridare valore a gesti di cui oggi siamo stati privati.

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SCUOLA

In classe o a casa, bisogna trasmettere passione La scuola è ormai iniziata da quasi tre mesi, gli studenti hanno potuto frequentarla in presenza per un breve periodo per poi tornare a svolgere la stessa tipologia di scuola con cui avevano lasciato i propri professori a giugno: la didattica a distanza. Quello che la scuola sta affrontando non è semplicemente un periodo che ha stravolto i programmi e le abitudini di alunni e insegnanti, ma può essere anche un’occasione di cambiamento e di innovazione, sia sul piano didattico che tecnologico. C’è chi come Francesco Bigolin – professore di matematica e fisica al Liceo Scientifico Torricelli di Bolzano – ha saputo cogliere, da un momento senza precedenti per l’insegnamento, l’occasione di aggiungere un “qualcosa in più” al proprio modo di insegnare. A marzo infatti Bigolin decide di aprire un canale YouTube dove produrre video con brevi spiegazioni di matematica e fisica per poi lavorare a questo progetto durante tutta l’estate. “Nei video affronto prevalentemente i programmi scolastici e cerco di farlo condividendo la

mia passione per la matematica e la fisica – ha spiegato Bigolin, che inoltre racconta come – in passato ho spesso avuto l’idea di creare dei video nonostante in rete ce ne fossero già, perché volevo spiegare la matematica nel modo ottimale secondo il mio metodo di insegnamento.”

Proprio in questo momento di lezioni a distanza sembra evidenziarsi ancora di più l’importanza del carattere personale dell’insegnamento. “Abbiamo riattivato la didattica a distanza avendo le

idee più chiare di quelle di marzo, per quanto riguarda gli studenti credo che si riescano a coinvolgere alle videolezioni i più volenterosi. È difficile raggiungere chi non vuol farsi raggiungere”, ha sottolineato il professore. La vera sfida sembra però quella di riuscire a trasmettere la passio-

ne anche attraverso lo schermo, infatti Bigolin avverte: “manca il rapporto umano tra docente e alunno, a scuola si impara insieme. Credo che la soluzione stia nell’essere se stessi mentre si

Francesco Bigolin

spiega una materia; solamente così chi ascolta può essere coinvolto e percepire la passione di un insegnante verso la propria materia.” La tecnologia è entrata a far parte del mondo della scuola e come sottolinea Francesco Bigolin dev’essere uno strumento per trasmettere ciò che piace e spiega: “dal punto di vista didattico ci possono essere molti vantaggi nell’utilizzo delle piattaforme digitali. Anche grazie ai video che sto realizzando ogni studente può basarsi sui propri tempi per apprendere, per questo motivo credo che la didattica digitale integrata con le lezioni in classe possa essere un punto di sostegno per gli alunni e i propri insegnanti.”

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SUCCEDE IN PROVINCIA

MUSICA

La scena musicale regionale non dorme A caratterizzare dal punto di vista musicale il lockdown della scorsa primavera erano state le molteplici iniziative singole o collettive intraprese da vari musicisti locali, dalla produzione di brani in formato di video realizzati a distanza – ma trasudanti la voglia di contatto umano e di suonare insieme superando le barriere imposte dalla clausura obbligatoria – alle performance in balcone o in cortile (queste ultime rigorosamente dopo il passaggio in fase due). Ora, timidamente diciamolo, la scena musicale sta cercando di

riprendersi, qualcuno sta provando a pubblicare coraggiosamente i propri lavori discografici, maturati durante quel periodo o messi in cantiere addirittura prima; certo è che il secondo periodo di limitazioni tra le tante categorie a cui ha tagliato le gambe, le ha tagliate parecchio a musica, cinema e spettacoli teatrali. Negli ultimi giorni vanno però segnalate – al di là delle uscite dei dischi di Skankin’ Drops e Knurled Chicken Head e di quella imminente dei Mad Puppet –, le notizie riguardanti Edo Avi, i Polemici e i mai domi Shanti Powa. Il cantautore Edo Avi ha registrato un nuovo brano intitolato “Non puoi”, composto durante il lockdown primaverile, pensato appositamente per una compilation curata dal giornalista Antonello Cresti (Rockerilla, Manifesto), dedicata a un progetto

legato alle limitazioni della libertà e della sofferenza di chi ne subisce gli effetti: il brano è un’azzeccata canzone in chiave pop rock, nel più classico stile di Avi, dal refrain che cattura e dal messaggio ahimè veritiero che richiama immancabilmente anche quelle limitazioni a cui tutti siamo stati e siamo tutt’ora sottoposti, anche se per il nostro bene e per il Edo Avi bene comune: “No, no, no, non puoi/ fare quel che vuoi/qui le regole le dettiamo noi”. Naturalmente l’obiettivo del disco prodotto da Crespi è esprimere la propria contrarietà nei confronti di una forma di pensiero totalitario e castrante riguardo alla creatività e all’arte, al di là delle restrizioni di cui sopra. Legato ancor più a questo periodo problematico è il nuovo singolo dei Polemici, pubblicato su

I Polemici

youtube il 14 novembre scorso (youtu.be/O0CgEpnxZJY) e intitolato significativamente “Un giro fuori”: il gruppo di Tachi, Baruffaldi e soci, rispetto a come lo abbiamo conosciuto attraverso i due dischi usciti negli anni scorsi, si fa più intimista, pessimista se vogliamo, ma lo fa attraverso un filmato girato nel quartiere Europa, in un bel bianco e nero. Il drammatico testo, molto poetico e denso di contenuti importanti, si accompagna alle immagini di un quartiere deserto, in cui girano solo gli autobus e i Polemici, rigorosamente con la mascherina e mai insieme. Per concludere le notizie riguardanti gli Shanti Powa, che vanno dall’annuncio della creazione di una loro etichetta (di nome esisteva già, ma ora diventa una cosa di fatto) al riscontro internazionale del loro singolo “Rolling On” uscito a inizio estate. Con oltre centomila visualizza-

zioni (youtu.be/7FRbmcSjVRc) la canzone si è aggiudicata il vittorioso esito nel contest internazionale Fair-Play/Anticorruption, una manifestazione biennale schierata, come fa intuire il nome, contro la corruzione a 360°. Tra le centinaia di partecipanti provenienti da oltre venti nazioni, gli Shanti Powa si sono aggiudicati il primo posto a pari merito con due formazioni africane. Peccato che il covid-19 ci abbia messo lo zampino, perché la vittoria avrebbe previsto un concerto con l’esibizione dei tre vincitori in Corea del Sud nell’ambito del diciannovesimo congresso internazionale contro la corruzione! Il congresso si terrà tra il 30 novembre e il 4 dicembre prossimi, e in quei giorni, gli Shanti Powa vi si esibiranno in streaming… seguite il sito del gruppo per informazioni dettagliate.

Paolo Crazy Carnevale Shanti Powa


SUCCEDE IN PROVINCIA

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VÄTER AKTIV – PAPÀ ATTIVI

Iniziativa contro lo sclero da lockdown del coronavirus” con link a programmi di apprendimento per bambini, giochi ed “esperimenti”, consigli sulla genitorialità e informazioni sul lavoro da remoto. Se tutto questo sembra troppo, sulla stessa pagina c’è il “Survival kit per sclero da quarantena” che è stato sviluppato da esperti, con indirizzi di contatto del Servizio di consulenza maschile

della Caritas, del Mip - Iniziativa maschile della Val Pusteria e dei väter aktiv - papà attivi. In caso di emergenza gli esperti dell’associazione sono raggiungibili dal lunedì al sabato dalle 8 alle 22 e qualora non fossero disponibili richiameranno al più presto. Inoltre c’è la rete PSYhelp, tutti gli indirizzi dei partner si trovano sul sito www.nonseidasolo.it

FELICITAZIONI

Uno degli scatti di Alfred Tschager per Väter aktiv – Papà attivi

da lì all’aggressione fisica il passo è breve. Ora, con il secondo lockdown, siamo un po’ più preparati. Molti padri hanno sperimentato anche il bello di una paternità attiva, riducendo il livello di testosterone e quindi rendendo la casa più tranquilla. I datori di lavoro hanno superato le loro paure e timori verso lo smart working e hanno avuto esperienze positive. A venire incontro a tutti i papà che trascorrono il loro tempo con i bimbi ci pensa l’associazione Väter aktiv – Papà attivi, che ha allestito una pagina separata sul proprio sito www.vaeter-aktiv.it dal titolo “essere papà al tempo

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MERANO Nel corso del primo lockdown i conflitti violenti in famiglia sono purtroppo aumentati a causa del sovraccarico delle richieste e dei servizi di supporto non ancora sviluppati. La convivenza ravvicinata in casa, il doppio fardello dell’home office e della scuola a domicilio con attrezzature tecniche limitate, nonché i timori e le preoccupazioni per una situazione economicamente difficile e le incerte prospettive future possono condurci rapidamente ai nostri limiti: si comincia con uno stato d’animo irritabile, si diventa impazienti e intolleranti, ci sono scambi di parole forti e violenti, si rischia di perdere il controllo e


SUCCEDE IN PROVINCIA

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INIZIATIVE

Il campo scuola sul nordic walking che si è svolto in settembre

Nell’ultimo convegno di Diabetes Union, svoltosi online sabato 14 novembre in occasione della Giornata Mondiale del Diabete e incentrato sul “Ruolo dell’infermiere nel percorso del paziente diabetico”, il presidente di Diabete Italia, Stefano Nervo, ha spiegato qual è il rapporto tra la COVID-19 e il diabete: “Gli ultimi studi stanno mettendo in evidenza che le persone con diabete non hanno un rischio aumentato di contrarre la malattia. In caso di contagio, però, questi pazienti corrono un maggiore rischio di com-

Diabete e COVID-19: alimentazione e attività motoria Negli ultimi mesi, in relazione alla pandemia da coronavirus si è parlato spesso di diabete. Che rapporto c’è tra diabete e COVID-19? Quali sono i comportamenti consigliati alle persone con diabete? E a chi possono rivolgersi, qualora ne avessero bisogno? L’abbiamo chiesto a Gianluca Salvadori, presidente di Diabetes Union, e Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia Onlus.

ma sanitario nazionale, per ragioni legate soprattutto alle tempistiche, non è in grado di fornire. Penso a tutto ciò che riguarda la conta dei carboidrati o una Kit per misurazione della glicemia corretta educazione alimentare. Sono cose che vengono trattate, ma solo ultimamente e non ovunque allo stesso modo.”

plicazioni, soprattutto se si tratta di persone anziane e se hanno altre patologie associate.” Proseguendo, Nervo ha sottolineato che il 90% delle persone con diabete decedute finora era in sovrappeso, insistendo così sull’importanza di divulgare le buone pratiche: “Noi persone col diabete siamo le uniche persone con una malattia cronica in cui l’impegno è fondamentale per la buona riuscita della terapia. Ed è anche per questo che è importante l’associazionismo: ci permette di avere accesso a informazioni che il siste-

I comportamenti da adottare Gianluca Salvadori, presidente di Diabetes Union, spiega: “Oltre all’attività motoria, osservare la conta dei carboidrati (soprattutto per il diabete di tipo 1), attenersi alla terapia e mantenersi sempre ben idratati sono comportamenti fondamentali per il proprio benessere.” Un’altra cosa da non trascurare è l’alimentazione: “Dev’essere sana e bilanciata – precisa Salvadori – come concordato con il dietista di riferimento. Durante questa emergenza sanitaria, per la popolazione in generale e per le persone con diabete di tipo 2 in particolare,

controllare il proprio peso è ancora più importante. Non esagerare con le porzioni, evitare cibi fritti o cibi ricchi di grassi, seguire quindi una dieta sana ed equilibrata con frutta e verdura sempre presenti. E bere tanta acqua.” L’attività motoria Una passeggiata all’aria aperta, infine, rientra sicuramente tra le buone pratiche da seguire per la propria salute – che si tratti di nordic walking o meno. Ma non è l’unica opzione: tra chi ha preso parte al campo scuola di settembre, per

esempio, qualcuno afferma: “Camminare non fa per me, dopo pochi minuti ho male dappertutto, mentre in bicicletta riesco a fare anche 50 o 60 chilometri.” Per chi invece non potesse o volesse lasciare la propria abitazione, sul canale YouTube “Diabete Italia Onlus” sono disponibili le “Pillole contro l’inerzia motoria”, brevi video tutorial per allenamenti domestici. Il convegno di Diabetes Union può essere visto sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell’associazione.

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SUCCEDE IN PROVINCIA

LA PUBBLICAZIONE

In un libro la storia delle strade meranesi “La nostra storia personale è fortemente legata al vicolo dove si è imparato ad andare in bicicletta, all’angolo del primo appuntamento. I nomi di queste strade manterranno sempre un posto particolare nella nostra memoria personale. Nonostante la loro presenza capillare, nella nostra vita quotidiana però, non pensiamo mai davvero a cosa rappresentano quei nomi.” L’introduzione pubblicata sul secondo volume della collana Merabilia (edita dal Palais Mamming Museum) intitolato “Meran/o – Straßennamen und ihre Geschichte/Storie di strade” spiega in maniera molto esplicita (e nelle due lingue che si parlano in Alto Adige) lo scopo di Pietro Fogale e Johannes Ortner: fornire ai cittadini di Merano uno strumento con cui leggere la storia della città sul Passirio attraverso i cambiamenti dei nomi delle sue strade. “Nell’odonomastica di Merano, così come nell’architettura e nell’urbanistica, sono evidenti le idee e i segni che vari attori politici hanno lasciato in città –spiegano i due autori – Visti sotto questa luce, i nomi delle vie di Merano riflettono gli eventi politici degli ultimi due secoli. Se questa pubblicazione aiuterà a trattare questo lascito in modo appropriato e responsabile, avrà raggiunto il suo scopo.”

nell’Ottocento, anche a Merano, accanto alle denominazioni medioevali quali via delle Corse / Rennweg o piazza del Grano / Kornplatz, si cominciano a dedicare alla famiglia Asburgo e agli eroi tirolesi le nuove strade che nascono in seguito allo sviluppo urbanistico. Ecco allora che la via principale della città viene denominata Habsburgerstraße (oggi corso Libertà) e a seguire si troveranno a Merano un Franz-Ferdinand-Quai (oggi via Manzoni), la Giselapromenade (oggi Passeggiata Lungopassirio) o la MarieValerieStraße (oggi via Grabmayr). Tra il 1880 e il 1914 Merano si affermò come centro turistico di fama internazionale. La città crebbe velocemente e per dare ai cittadini di Merano, Maia Alta, Maia Bassa e Quarazze, oltre che ai sempre più numerosi turisti uno strumento in grado di orientarli fra le strade delle quattro città di cura, si cominciò a pubblicare un “Adressbuch”, uno stradario, che tra 1882 e 1933 conobbe ben dodici edizioni, oltre a numerose mappe della città. Entrambi strumenti che oggi ci permettono di ricostruire i cambiamenti delle vie cittadine. Con la fine della Prima guerra mondiale e l’annessione dell’Alto Adige

Dal periodo asburgico alla Belle Époque La prima parte della pubblicazione è costituita da tre saggi in cui i due autori ricostruiscono le vicende storiche che stanno alla base delle scelte odonomastiche degli ultimi due secoli. La toponomastica urbana, così come si è sviluppata a partire dalla Rivoluzione francese, ha progressivamente abbandonato l’uso di nomi legati alle caratteristiche geografiche locali, per diventare, vista la sua capillarità e onnipresenza, uno strumento memorialistico con finalità celebrative e pedagogiche. Così,

Pietro Umberto Fogale è nato nell 1968 a Merano, ed è docente di italiano presso la scuola professionale Savoy. Laureato in storia a Venezia e in studi storici ad Amburgo, Innsbruck e Gerusalemme (Yad Vashem), è stato mediatore culturale presso il museo archeologico dell’Alto Adige e del museo storico – culturale di Castel Tirolo. Ha fatto parte del gruppo di lavoro “Pietre d’inciampo a Merano”. Redattore della rivista “Storia – E” (2003 – 2010), è anche autore e traduttore di diversi articoli sulla storia locale.

Fine 19esimo secolo: la Habsburgerstrasse, oggi corso Libertà

all’Italia la situazione dell’odonomastica cambiò radicalmente. Nel 1921 furono introdotti i primi nomi italiani. All’inizio si chiese di sostituire i nomi che più erano compromessi con il ‘vecchio regime’ e di tradurre gli altri, che divennero esclusivamente italiani dopo l’ascesa del fascismo al governo del paese. Fu a partire dal 1928, ma soprattutto con la delibera del 1935, che l’odonomastica cittadina cambiò radicalmente nel senso indicato dalla stagione politica che si stava sviluppando e così anche in città comparvero diversi odonimi chiaramente legati alla politica celebrativa e auto-celebrativa del fascismo, legata al mito della vittoria della Prima guerra mondiale come via Piave, via Cadorna, via Alpini, via San Michele del Carso (oggi via Palade) o piazza Vittorio Veneto a Sinigo. Nel 1935 inoltre, con un’operazione di xenofobia linguistica, vennero cancellati tutti i nomi tede-

Gli autori Johannes Ortner è nato nel 1973 a Merano. Ha studiato antropologia culturale e sociale a Vienna (1992 – 1999). Collaboratore (1999 – 2003) e poi responsabile del progetto “Rivelamento dei nomi geografici della Provincia di Bolzano” (2006 – 2013), è stato assistente ai parchi naturali e insegnante. Dal 2015 è il presidente dell’Heimatschutzverein di Merano. Autore di numerose pubblicazioni, relazioni, programmi radiofonici e televisivi sull’odonomastica e sulla storia locale.

schi, a eccezione di Schiller e Goethe. Nel Dopoguerra cambiano i nomi Con la caduta del fascismo nel 1943 furono eliminati i nomi che più erano compromessi con il regime quali via del Littorio (oggi via Carducci). Nel 1944, pochi mesi dopo l’occupazione tedesca dell’Alto Adige vennero reintrodotti alcuni nomi tedeschi, dieci, che andavano a sostituire i nomi legati alla casa Savoia, ritenuta responsabile del ribaltamento delle alleanze dell’Italia. Con la fine della Seconda guerra mondiale, visto “il mutato clima politico internazionale e locale”, si procedette a una revisione completa dei nomi delle strade, come è evidente nella denominazione di Corso Libertà. Negli anni del miracolo economico Merano conobbe un nuovo sviluppo urbanistico. Sorsero così il rione dei musicisti, tra l’ospedale e via Verdi, e quello degli scrittori, nella zona dei Greutenwiesen a Maia Bassa, tra la passerella sul Passirio e l’ippodromo. A partire dagli anni ‘70 e ‘80 nella denominazione odonomastica si cominciò ad allontanarsi dal modello celebrativo dell’eroe per dare spazio a chi era stato vittima del nazi-fascismo. La rete stradale di Merano misura circa 130 chilometri, e sono 209 le strade che vengono prese in considerazione e descritte una per una nella seconda parte del libro. Di queste, 77 sono dedicate a persone, 11 portano nomi di santi, quattro sono date e solo tre sono le strade dedicate a personaggi femminili: Claudia de’ Medici, Anne Frank, Albertina Brogliati.

Luca Masiello


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TRADIZIONI

San Nicolò al telefono, Krampus a casa Un Krampus

VADENA Una lunga barba bianca, un cappello a punta e… un cellulare! E al suo fianco, per i più coraggiosi, anche il Krampus. Certo, nessuno avrebbe mai immaginato che, un giorno, ci si sarebbe ritrovati a telefonare a San Nicolò per prenotare una sua visita il 5 dicembre. Eppure è questa la soluzione adottata dal comune di Vadena, per non rinunciare alla tradizione rispettando le esigenze imposte dall’emergenza sanitaria. San Nicolò, dunque, il 5 dicembre di quest’anno si fermerà in strada o nel giardino di chi avrà prenotato entro il primo dicembre, portando in dono un sacchetto di dolci. Non andrà altrettanto bene per i Krampus, la cui sfilata a Bronzolo – in programma per il 28 novembre – è stata annullata. Trattori, fuoco e fiamme, bastoni, motociclette, campanacci: la prima edizione, organizzata dal gruppo Göllerspitz Tuifl Branzoll e tenutasi lo scorso anno, aveva riscosso un grande successo, con più di 500 diavoli mascherati coinvolti nella sfilata e migliaia di curiosi ad assistere lungo il percorso transennato. Quest’anno, però, anche il Krampus dovrà farsi da parte. Da dove nascere questa tradizione? La leggenda vuole che il Krampus si nascose tra i giovani travestiti da diavoli che, durante le carestie, terrorizzavano e depredavano gli abitanti degli al-

tri villaggi. L’unico modo per distinguerlo era il suo zoccolo di capra. Il vescovo Nicolò, però, riuscì a esorcizzarlo e, sconfitto, il Krampus divenne suo servitore nel periodo delle festività natalizie. Da qui la leggenda, metafora dell’eterno conflitto tra Bene e Male. Ecco perché, il 5 dicembre, San Nicolò e il Krampus arrivano assieme, il primo premiando i “bambini buoni” e il secondo punendo i “bambini cattivi”. Simili ricorrenze si sono diffuse per lo più a partire dall’Ottocento, quando – con la fine dell’Inquisizione – le rappresentazioni del diavolo hanno subito meno censure. Oggi sopravvivono soprattutto nelle aree di lingua tedesca e, in Italia, oltre all’Alto Adige, anche in Friuli Venezia Giulia e in provincia di Belluno. I diavoli arrivano lungo le vie, rincorrono e assaltano gli astanti (a questo proposito non sono mancate, nel tempo, polemiche da parte di chi ignora che queste manifestazioni si svolgono in sicurezza e coinvolgono solo persone che desiderano partecipare). Alla fine, arriva San Nicolò a scacciarli e a riportare la pace. Fortunatamente, col tempo sembra essersi affievolita l’idea della punizione educativa, in favore di una partecipazione divertita e affascinata anche da parte dei più piccoli. Come incontrare San Nicolò quest’anno? Come dicevamo, quest’anno a Va-

dena la soluzione sarà una telefonata a San Nicolò. Dopotutto i tempi cambiano, ed è lecito supporre che anche lui si sia dovuto attrezzare di smartphone. Chiunque voglia ricevere una sua visita in strada o nel proprio giardino, dunque, non deve far altro che

telefonare al numero 3458371990 (dalle 18 alle 19) entro il primo dicembre, specificando se desidera che ci sia anche il Krampus o meno. Siate coraggiosi, e buon divertimento.

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Home delivery: il nuovo investimento Se proprio bisogna sforzarsi di trovare un lato positivo nella pandemia che ci ha sorpreso e ci ha bloccato a casa, si può liberamente pensare (giocando anche con i numeri), che in qualche modo queste chiusure hanno fatto in modo di aguzzare l’ingegno. Chiaro, non è stato e non sarà facile ma, statistiche alla mano, molte piccole aziende si sono ingegnate e modernizzate, ed entrando nel mondo del commercio online hanno trovato un modo per sopravvivere, investendo anche su un nuovo modo di vendere che risulterà utile anche in un prossimo futuro che sarà sicuramente roseo. Con la popolazione esortata a chiudersi in casa, le file chilometriche che soprattutto durante il primo lockdown si sono formate fuori dai supermercati, il delivery non è più una scelta di pochi, ma una necessità per la maggior parte della

popolazione. Dallo scorso marzo i “grandi” della consegna a domicilio si sono trovati quasi presi d’assalto, tanto che anche Amazon, in quel periodo, aveva iniziato a dare priorità alla consegna di beni essenziali. A sbloccare la situazione ci hanno

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pensato i piccoli esercizi commerciali che in questi tempi di Covid si sono convertiti alle consegne a domicilio, con evidenti vantaggi: uno di questi, appunto, sta nella possibilità di poter continuare a lavorare in un momento di immobilità e

mettersi a disposizione dei clienti che, confinati in casa, ne hanno bisogno. Con lo stesso intento è nato anche il servizio click&collect, che abbiamo trattato in queste pagine: andare incontro al cliente del quartiere è un investimento per il futuro.


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I pacchi arrivano con la fantascienza Se per esprimere un’esagerazione, una bizzarria, in Italia e in Francia si usa il termine “americanata”, un motivo ci sarà sicuramente. Perché pur senza approfondire troppo le origini di questo termine, nella cultura popolare gli Stati Uniti si distinguono da sempre per un’eccentricità che – nel bene o nel male – li porta sempre un passo avanti. Anche nella consegna a domicilio gli americani hanno trovato un nuovo modo per entrare nelle case dei loro concittadini, e lo fanno con gli ultimi ritrovati della scienza. Se solo una ventina di anni fa qualcuno avesse parlato di robot che fanno la spesa, sarebbe stato additato come un appassionato di fantascienza che forse si era perso troppo nei film. D’altronde vent’anni fa era il Duemila, e anche se ci sembra ieri, in quel periodo il mondo digitale non entrava in un palmo di mano come oggi, i navigatori non erano neanche di serie nelle vetture, per fare un esempio facile facile. E mentre a molti di noi sembra già un grande progresso cliccare su una pagina per farci portare a casa la spesa, in America i pacchetti arrivano a bordo di auto a guida autonoma. Accelerato dalla pandemia, il commercio online dovrà comunque camminare in

qualche modo, e per arrivare alla casa dei clienti, sempre più aziende stanno guardando alla tecnologia: Walmart, la catena di grande distribuzione americana, ha avviato i test di consegne a domicilio di beni alimentari sfruttando quattro ruote senza alcuna persona al volante. Grazie al progetto pilota avviato a Scottsdale, in Arizona,

che prenderà il via all’inizio del prossimo anno, i clienti potranno effettuare un ordine da un punto vendita locale e riceverlo tramite una delle auto autonome e completamente elettriche. La scelta del gruppo è ricaduta su Cruise, società di guida autonoma che ha già lavorato per gruppi alimentari di San Francisco per

fornire prodotti a chi ne aveva bisogno durante la crisi pandemica, con circa 125mila consegne effettuate. E per gli amanti dei dischi volanti, ecco che Amazon ha avuto il via libera alla consegna dei pacchi di via drone entro i 24 chilometri di distanza, quindi oltre la “distanza visibile” all’operatore: il colosso del commercio elettronico ha ricevuto l’approvazione della Federal aviation administration per gestire la sua flotta di droni per Prime Air. L’approvazione dell’autorità federale rappresenta per Amazon il riconoscimento che può in modo sicuro ed efficiente consegnare pacchi a casa dei clienti. Presto dunque Amazon vorrebbe far scomparire i corrieri sostituendoli con flotte di robot autonomi, sia per la gestione del magazzino che dell’ultimo miglio delle consegne, con l’obiettivo di trasformare il suo servizio in “consegna in 24 ore” per tutti gli Usa.

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“Click and collect”: uno spiraglio di luce

Era l’8 novembre, quando quell’ordinanza del presidente della Provincia aveva fatto abbassare le serrande dei negozi dell’Alto Adige: un duro colpo per tutti i commercianti al dettaglio. Ma non è servita neppure una settimana perché si trovasse una sorta di escamotage, e in qualche modo nei negozi già bui è entrato uno spiraglio di speranza: è il sistema “click and collect”, ovvero prenotazione a distanza e consegna fuori dal negozio. Questo nuovo modo di fare shopping è stato avviato pochi giorni fa, ma dai primi dati, e dai numeri dei negozi che hanno aderito all’iniziativa, pare proprio che si destinato a rivelarsi un successo: il cliente sceglie la propria merce dal computer di casa, poi esce e ritira la spesa dinanzi al neozio. I vantaggi sono tanti e per tutti: il cittadino può continuare ad acqui-

stare ciò che preferisce nella bottega che predilige, i commercianti possono vendere, seppur senza contatto con il pubblico. Certo, non risolve tutti i problemi, non è come prima; ma nulla, ormai è come prima, e bisogna tentare in tutti i modi di fare buon gioco a cattiva sorte. Come è ormai noto, sono attualmente sospese le attività commerciali al dettaglio, anche

quelle situate nei centri commerciali, eccezione fatta per le attività di vendita di generi alimentari e per quelle che vendono generi di prima necessità, che restano comunque chiuse la domenica e nei festivi. Gli unici esercizi a essere esentati dalle restrizioni sono le farmacie, le parafarmacie, le edicole e i tabaccai. L’escamotage (se si può definire così), è arrivato a seguito di una serie di diversi colloqui avvenuti tra l’Unione commercio turismo servizi Alto Adige, il presidente della Giunta Arno Kompatscher e l’assessore provinciale al commercio Philipp Achammer; da qui

la circolare di Achammer che integra l’ordinanza precisando che “per vendita a distanza si intende anche la modalità ‘click and collect’ secondo la quale un prodotto ordinato a distanza può essere consegnato fuori dal negozio”. “Si tratta di piccolo passo, ma pur sempre di un primo passo, nella direzione della riapertura e della ripresa dell’attività”, afferma soddisfatto il presidente dell’Unione Philipp Moser, che precisa che i negozi rimangono comunque chiusi all’accesso dei clienti e che il pagamento non può avvenire al momento della consegna della merce.

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Gianni Bio: qualità e sostenibilità I negozi GIANNI BIO sono un luogo dove le persone possono ritrovare i propri valori alimentari, il proprio benessere, il proprio stile di vita; un luogo dove il concetto “BIO” si concretizza anche grazie all’incontro tra qualità e sostenibilità. Ci trovate a Bolzano in Via Fago 38, Via Rovigo 53, Via C. Battisti 64 e al Bio-stand 22 in piazza delle Erbe. Potrete scegliere tra un vasto assortimento di prodotti biologici

certificati e di qualità: dalla frutta alla verdura di stagione, dai cereali ai legumi, dal pane al riso, dalla pasta a molto altro ancora. Nei nostri negozi abbiamo adottato la politica “meno rifiuti”, troverete quindi tantissimi prodotti sfusi. Puntiamo da sempre alla valorizzazione delle piccole e medie realtà produttive a filiera corta altoatesine, trentine e nazionali che lavorano nel rispetto dell’ambiente e delle persone.

I negozi GIANNI BIO saranno disponibili anche durante il periodo natalizio per la consegna a domicilio, il tutto senza contatto e con pagamento tramite bonifico. Con un minimo di acquisto di 30 € la consegna è gratuita! Se state cercando un’idea regalo originale, abbiamo quello che fa per voi! Siamo a vostra disposizione per creare ceste natalizie personalizzate e su misura per le vostre esigenze. (inserzione pubblicitaria)

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Cinema, pop corn e snack: una storia lunga secoli La PCO GROUP Snackfood Solutions, azienda leader nel settore delle forniture di snack, ha deciso di portare il cinema direttamente a casa delle spettatrici e degli spettatori. Come? Da oggi, puoi ordinare i tuoi snack preferiti – pop corn, nachos, salse o ciò che preferisci – comodamente a casa tua, per non rinunciare alla parte più sfiziosa del cinema in attesa di poter tornare in sala. Chi non ha, almeno una volta, guardato un film al cinema gustando un pacco di pop corn? Per molti, ormai, è un vero e proprio rito: cinema significa pop corn. Ce ne sono di tutti i tipi – dolci, salati, caramellati, al cioccola-

to, al miele – e non manca chi, puntualmente, inventa un nuovo gusto o una nuova combinazione di sapori. Un successo incondizionato che li ha resi a tutti gli effetti un simbolo, non a caso ripreso anche in moltissimi film,

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in cui i protagonisti affondano le mani nelle tradizionali confezioni di carta mentre sorseggiano qualche bibita: da “Il tempo delle mele” a “Santa Maradona”, da “A cena con gli amici” a “Mr. Bean”. Ma certo i pop corn non

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Nachos

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Da decenni, PCO GROUP Snack Solutions è un’azienda leader nel settore delle forniture di snack: collabora con le più grandi catene di cinema, in Italia e nel panorama internazionale, per portare il meglio di dolce e salato alle spettatrici e agli spettatori, fondendo tradizione e innovazione. Negli ultimi mesi, però, le restri-

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Popcorn

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sono l’unica opzione per i cinefili golosi. Qualcuno preferisce le caramelle gommose, qualcun altro dei nachos con salsa piccante o al formaggio, altri ancora salatini o snack croccanti. E non si può certo dire che ai banconi dei cinema, oggi, manchi l’offerta. Ma chi fa sì che questo sia possibile?

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to che per ora va rimandato. In attesa di poter tornare insieme a godere dell’esperienza data dal vedere un film in sala, però, PCO GROUP Snack Solutions offre la possibilità di ricreare nel proprio appartamento almeno il lato più sfizioso: da oggi, infatti, puoi ordinare direttamente a casa tua gli stessi prodotti che di solito acquistavi al cinema. Che aspetti?

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La storia dei pop corn Quando gli europei arrivarono in America, nel XV secolo, scoprirono un cibo prima di allora sconosciuto: il mais. Le popolazioni indigene di diverse aree geografiche, alcune delle quali oggi sono Perù, Messico e Utah, usavano il mais sia come alimento che come elemento decorativo. Avevano infatti scoperto che, se esposto a una grande fonte di calore, scoppia. Da qui il nome con cui li chiamiamo oggi: pop corn. Uno snack che ha accompagna-

La pazienza al momento é di nuovo richiesta e forse possiamo arricchire il tuo prezioso tempo a casa con un buon bicchiere del nostro vino.

to la storia del cinema fin dai suoi albori. La prima macchina a vapore per produrli, infatti, risale alla prima metà del XIX Secolo e anche se da allora è cambiato praticamente tutto – dalla pellicola al digitale, dal bianco e nero ai colori, dal muto al sonoro – loro hanno resistito, e restano i fedeli compagni di molti accaniti cinefili.

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zioni dovute all’emergenza sanitaria hanno fortemente penalizzato il mondo della cultura e con esso l’industria cinematografica. Un vero peccato per tutti gli appassionati che aspettano il giorno della settimana in cui possono finalmente sedersi sulla comoda poltrona di un cinema a guardare un bel film accompagnandolo con qualcosa di buono. Un momento di serenità e divertimen-


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L’indagine: cresce il delivery food L’obiettivo dell’indagine, arrivata alla sua quarta edizione, è quello di mostrare le evoluzioni e lo stato dell’arte del settore oltre che offrire una panoramica dettagliata delle nuove tendenze e abitudini degli italiani e le loro preferenze in termini di cibo a domicilio, indagando sulle occasioni di consumo, il mercato, la crescita dei ristoranti e,

novità di quest’anno,su come queste rispecchino le identità e le emozioni dei consumatori. La “mappa del cibo a domicilio in Italia” consente anche di comprendere l’importanza e l’impatto che il digital food delivery riveste per i ristoranti, una delle categorie più colpite quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria e per cui il food delivery ha rap-

AN T S I D R KU OD NEW

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presentato una leva di business fondamentale che ha consentito loro non solo di digitalizzarsi e crescere, ma anche di poter continuare la loro attività nei mesi di chiusura. L’indagine consente inoltre di comprendere le dinamiche e gli andamenti del settore del digital food delivery dal punto di vista territoriale grazie all’ana-

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lisi completa di 30 città italiane, campione rappresentativo delle oltre 1.200 in cui Just Eat è presente con oltre 16.000 ristoranti. La novità introdotta quest’anno, accanto alle continuative e sempre più dettagliate analisi dei trend di mercato, delle cucine, dei piatti preferiti e del profilo degli utilizzatori dal punto di vista generazionale e professionale, è inoltre l’identificazione di 6 identikit degli amanti del cibo a domicilio, che indagano gli aspetti più emozionali e gli stati d’animo dei consumatori che ordinano, incrociandole con occasioni di consumo e tratti so-

Prosciutto cotto Salame del cacciatore Coppa Kaminwurzen Speck Pancetta Speck cotto Speck magro Bresaola (carne bovina)

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Il periodo del Covid quest’anno ha rappresentato un momento cruciale per il digital food delivery che ha contribuito a cambiare le abitudini dei consumatori con un’importante spinta alla digitalizzazione sia per il crescente ricorso ai pagamenti digitali per completare l’ordine, che per l’utilizzo del servizio da parte di nuovi utenti. È quanto emerge dall’indagine “La mappa del cibo a domicilio in Italia 2020”, redatta dall’Osservatorio Nazionale di Just Eat, che offre una fotografia completa del mercato del digital food delivery in Italia, della sua crescita ed evoluzione e degli impatti che l’emergenza Covid-19 ha avuto sul settore.


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Chi ordina di più Se facciamo una panoramica a livello nazionale e sociodemografico, i più attivi nel food delivery si confermano essere i Millennials insieme a quella immediatamente successiva, la Generazione Z, con un totale pari al 55%, che mantengono il primato ordinando soprattutto pizza, hamburger, sushi e dolci e che tendono a variare di più utilizzando principalmente l’app; gli uomini ancora una volta risultano essere quelli che ordinano di più a domicilio con un 52% contro il 48% delle donne. Queste ultime ordinano di più nella fascia 18-34, mentre gli uomini tendiamo a trovarli di più in quelle che vanno dai 35 anni in su. Tra chi ordina di più le famiglie si confermano essere le più alto spendenti, conseguenza anche di nuclei più ampi, mentre gli over 55 tendono a ordinare sempre dagli stessi ristoranti. Se guardiamo invece alla top

5 delle professioni che ordinano di più troviamo sul podio gli impiegati con il 41%, seguiti da studenti con il 22%, che cala rispetto al 2019 (30%) in virtù della chiusura di scuole e università a seguito del

ciodemografici. Il 2020 ha rappresentato per il mercato del digital food delivery un anno di svolta con una crescita significativa che lo ha portato a rappresentare tra il 20% e 25% dell’intero settore delle consegne a domicilio e ad affermarsi anche come essenziale agli occhi degli italiani. Nei mesi di lockdown il mercato ha visto anche un’importante espansione e il rafforzamento della presenza territoriale arrivando a servire il 100% delle città con più di 50.000 abitanti e il 66% degli italiani, vale a dire circa 40 milioni di persone.

Il potenziale del mercato del digital food delivery è ancora enorme, sia dal punto di vista della crescita del settore che in Italia chiuderà quest’anno tra i 700 e gli 800 milioni di euro, sia dal punto di vista dei consumatori che scelgono sempre più di ordinare cibo a domicilio via app. Crescono inoltre le occasioni di consumo e aumenta la frequenza con cui si ordina, elementi per cui il digital food delivery si afferma sempre di più come un’abitudine quotidiana, registrando quest’anno un trend positivo e un forte consolidamento su tutti i fronti.

lockdown, liberi professionisti con il 7%, operai con il 5%, imprenditori con il 4% e disoccupati con il 3%. Gli impiegati sono quelli che ordinano più spesso dallo stesso ristorante, prediligendo l’utilizzo dell’app,

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mentre i liberi professionisti tendono maggiormente a variare per provare diverse cucine e sapori. Sono anche quelli che hanno speso di più nell’ultimo anno, a differenza degli studenti.


VETRINA

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La bussola dei DIRITTI

Un recupero sicuro del proprio credito Aspetto fondamentale, quando si vuole recuperare un proprio credito, è capire se il debitore ha beni “aggredibili”, ossia se possiede un patrimonio di beni mobili, immobili o crediti che possano garantire il credito stesso. Per tale ragione è necessario rivolgersi a un avvocato, il quale può fornire una valutazione sulla consistenza patrimoniale del debitore e sulla convenienza dell’azione. Il nostro ordinamento prevede che, a tutela del proprio credito, il creditore possa promuovere tre tipi di pignoramento, denominati mobiliare, immobiliare e presso terzi. Conoscendo il codice fiscale o la partita IVA del proprio debitore, si potrà innanzitutto verificare se vi sono proprietà immobiliari. La ricerca dei beni immobili è finalizzata a promuovere un pignoramento immobiliare, ossia a “bloccare” un immobile. Tale procedimento ha, però, tempi lunghi e costi alti, che devono essere anticipati dal creditore, salvo poi essere recuperati all’esito della procedura. Meno costosi e più rapidi sono il pignoramento presso terzi (ossia presso soggetti che devono a loro volta denaro al proprio debitore) e il pignoramento mobiliare (ossia di beni che non siano immobili). Per individuare i beni da sottoporre a pignoramento mobiliare oppure i

soggetti terzi da pignorare, in assenza di altre informazioni al riguardo, il creditore può ottenere, attraverso il suo legale, la cosiddetta autorizzazione alla “ricerca con modalità telematiche” ex art. 492 bis c.p.c. Come si procede? Vi sono due fasi: 1) presentare un’istanza al Presidente del Tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede per ottenere l’autorizzazione ad avviare la ricerca telematica. Tale istanza deve essere preceduta dall’ottenimento, attraverso un legale, di un decreto ingiuntivo, ossia di un ordine di pagamento pronunciato da un Giudice. 2) Inoltrare ai gestori delle banche dati pubbliche (Agenzia delle Entrate, Anagrafe tributaria, Enti previdenziali, ecc.) una richiesta di accesso alle informazioni rilevanti. La richiesta è diretta a individuare cose e crediti da sottoporre a esecuzione forzata, compresi quelli relativi ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Ottenute tali informazioni, si procederà concretamente al pignoramento.

Hai una domanda da rivolgere al nostro esperto? Scrivi a redazione@quimedia.it La risposta verrà pubblicata nei prossimi numeri del giornale.

Avv.to Dott. Massimo Mira Bolzano

BalconORTO

I parassiti #6

Farfalla Cavolaia: sono una minaccia le larve di questo lepidottero, leggiadro come una farfalla in fase adulta! Le larve, costituite da bruchi verde pallido, riccamente punteggiati di macchie nere, con bande gialle lungo il dorso e i fianchi, raggiungono i 6 cm. Generalmente la cavolaia fa 2/3 generazioni all’anno, con voli a partire da marzo: settembre può diventare un vero disastro nell’orto, vista l’abbondanza di brassicacee. Rovina cavoli, verze, bietole, broccoli, cavolfiori, cavolo cinese, cavoletti, ma anche spinaci. Le uova si schiudono in due settimane e i bruchi cominciano a nutrirsi del fusto e delle foglie giovani e provocano gravi danni alle piante. Agiscono in gruppi numerosi e mettono a rischio interi raccolti. Erodono le foglie, rosicchiando persino le porzioni interne. La cavolaia minore, i cui bruchi sono di colore verde scuro, danneggia il cavolo rapa, il cavolo nero, la rapa e le cime di rapa. Rimedi: 1. rimozione manuale; 2. rete anti-insetti e polvere di roccia (zeolite) per grandi colture; 3. macerato di ortica e di foglie di pomodoro; 4. decotto di assenzio; 5. Olio di Neem (Azadirachta indica): un cucchiaino da diluire in 500 ml di acqua e irrorare di sera tramite spruzzino – Carenza 3/6 gg; 6. Bacillus thuringiensis (varietà kurstaki), insetticida biologico a base di batteri sporigeni estremamente selettivi. È totalmente innocuo per gli insetti pronubi e le coccinelle. Carenza: 3 gg; 7. l’antagonista oofago Trichogramma evanescens; 8. Apanteles glomeratus e il Phryxe vulgaris (uccidono le larve). Nottue: sono una ventina di specie di lepidotteri, in prevalenza notturni, le cui larve, cioè i bruchi, si cibano di piante orticole, arbustive e ornamentali. Si presentano di diversi colori,

dal rosa al nero, ma per lo più di verde brillante. Rodono colletti, fusti, foglie, fiori, boccioli e persino i frutti. Possono defogliare una pianta da orto in una notte. La presenza dei bruchi va da maggio a novembre in zona alpina. Colpiscono mais, peperoni, erbe aromatiche, gerani, melograno, rose, ma soprattutto i pomodori. John Orrock e i biologi dell’Università del Winsconsin nel 2017 hanno fatto una scoperta sorprendente: una pianta di pomodoro, se massicciamente

aggredita, è in grado di emettere una sostanza chimica volatile, lo jasmonato di metile che avvisa le sue simili del pericolo. Le piante allarmate dal segnale chimico reagiscono, rendendo le loro foglie meno nutritive, che così crescono più lentamente, e producendo una sostanza neuro attiva che induce i bruchi al cannibalismo. Fino a quando il loro numero non ritorna a essere a un livello sopportabile per la pianta: ce lo conferma Stefano Mancuso. Anche le vespe assetate sono ottime alleate. Rimedi: 1. rimozione manuale; 2. trappole a feromoni (nelle serre); 3. biotrappole a base di vino dolcificato e speziato; 4. estratto puro di cannella 1 ml in 500 ml; 5. Bacillus thuringiensis (varietà kurstaki), insetticida biologico a base di batteri sporigeni estremamente selettivi - Carenza: 3 gg; 6. Olio di Neem (Azadirachta indica): un cucchiaino da diluire in 500 ml – Carenza 3/6 gg; 7. geodisinfestante biologico a base di nematodi entomoparassiti del genere Steinernema da impiegare nel terreno.

Donatello Vallotta


VETRINA MEDICI PER L’ALTO ADIGE

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MUSEO DELLE SCIENZE DI TRENTO

“Banca dei ricordi” in arrivo al MUSE

Dodici mesi o meglio: dodici storie di vita. I Medici dell’Alto Adige presentano il loro nuovo calendario 2021, realizzato in occasione dei primi vent’anni dalla fondazione dell’associazione. Nel calendario la parola viene data alle persone con le quali esiste un collegamento tramite i progetti attivati in tanti pae-

“Diamoci la mano per tramandare la memoria”. È questo il motto scelto dal MUSE – Museo delle Scienze per la “Banca dei ricordi”, il nuovo progetto per raccogliere e valorizzare la memoria naturalistica del Trentino grazie alle testimonianze delle generazioni più anziane. Ricordi, parole e oggetti legati al mondo della natura e al territorio alpino, verranno raccolti in un nuovo spazio espositivo del museo per favorire lo scambio intergenerazionale e non perdere la memoria di questo patrimonio. Un ambizioso progetto, che mette al cen-

si diversi. L’idea è quella di consentire agli altoatesini di farsi un’idea di come i loro aiuti vengono accolti e usati. Con il ricavato dalla vendita del calendario verrà sostenuto il Dhulikhel Hospital in Nepal. Il calendario è disponibile contattando info@world-doctors.org oppure tel. 0471 974017 (dalle ore 9 alle ore 13).

foto: Archivio MUSE - Museo delle Scienze

Un calendario per la solidarietà

tro i nostri anziani e i loro saperi, a cui ognuno di noi può contribuire: grazie all’incentivo Art Bonus è possibile detrarre il 65% della donazione come bonus fiscale. Contiamo sul tuo aiuto per continuare a raccontare la Natura che ci circonda! Scopri come partecipare su www.muse.it

DISTILLATI

L’unicità del nuovo KIKU Apple Gin Dopo due anni di sviluppo il KIKU Apple Gin è realtà: ottenuto dalla distillazione della mela KIKU, grazie all’innovazione e la collaborazione tra aziende altoatesine – Roner, KIKU e Drinkfabrik. TERMENO Le distillerie Roner hanno lanciato sul mercato un prodotto molto speciale: si tratta del KIKU Apple Gin. Ottenuto dalla distillazione delle mele KIKU, una varietà che cresce ai piedi delle Dolomiti e che, quando pienamente matura, sviluppa un cuore particolarmente dolce che richiama il miele. Questo gin si affianca ai tanti distillati prodotti da Roner e in modo particolare al Gin Z44. La sua particolarità è data dalla sua unicità al mondo: l’idea di distillare la mela con il metodo London Dry, che non consente l’aggiunta di aromi, è stata messa a punto dal mastro distillatore dopo due anni di studio e lavoro, in quanto i sapori e i profumi

possono essere ottenuti unicamente dalla macerazione di tutti i suoi ingredienti. Tra le botaniche utilizzate c’è un mix di erbe mediterranee e alpine che vanno dal ginepro appena colto, alla lavanda e alla cannella. Tutte queste sono in grado di esaltare la mela e il risultato finale è sorprendente: il suo gusto esotico, accompagnato dalla dolcezza, suscita infatti sensazioni mai provate prima. “Questo gin di mele è unico nel suo genere, è 100% altoatesino, caratteristica per noi sempre importante. Con il KIKU Apple Gin vogliamo ispirare l’Alto Adige, gli amanti delle

mele e del Gin di tutto il mondo”, afferma Karin Roner, amministratrice delegata delle distillerie Roner. Jürgen Braun, amministratore delegato di KIKU, spiega: “KIKU è conosciuta in tutto il mondo per il suo gusto fresco, succoso e croccante, ed è coltivata con amore in più di 30 paesi. La crescita trionfale della mela KIKU è iniziata 30 anni fa con mio padre Luis Braun, che scoprì il ramo durante un viaggio in il Giappone. L’idea di fare un KIKU Apple Gin ci ha entusiasmato fin dal primo minuto e siamo molto felici di presentarlo ora”. Terzo partner in questo progetto è la Tyrol Tonic, per creare il per-

fetto Gin & Tonic. “Tyrol Tonic è la prima acqua tonica prodotta in Alto Adige e fin dall’inizio ha impressionato il mercato con la sua elegante dolcezza e le sue fini note amare. È una tonica molto versatile che può essere combinata in svariati modi. Si sposa alla perfezione con KIKU Apple Gin!”, dice Jakob Zuegg, amministratore delegato di Drinkfabrik.

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LA SCENA MUSICALE Paolo Crazy Carnevale musicofilo

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Tracy Merano, un debutto con anima sulla lunga durata La songwriter meranese in realtà ha già altri lavori alle spalle, ma questa è la prima volta che si cimenta con un disco a lunga durata, un long playing si sarebbe detto se fosse un 33 giri, come si usava quando il supporto usato per immagazzinare i suoni aveva una consistenza e un’importanza maggiori. “In verità – ci racconta la giovane cantautrice – avevo sempre desiderato fare un disco del genere, un disco con stili differenti ma con un sound omogeneo e maturo. La musica pop per me è molto importante, anche se amo e ascolto anche molti altri generi. Mentre lavoravo alla realizzazione di Save Your Soul mi sono resa conto della maturazione che avveniva in me e la cosa fondamentale, per ottenere questo risultato che desideravo, era farlo con dei musicisti veri, lontano dai suoni midi del mio computer usati per i dischi precedenti. Sono convinta che il suono sia più naturale e sincero se lo fai con dei musicisti reali.” Come darle torto, parole sacrosante, e la riprova balza spontanea dagli altoparlanti, ascoltando questo disco di pop freschissimo e accattivante, lontano dalle sonorità usate negli EP di Tracy usciti in precedenza o nei video/singoli a essi accompagnati. L’aver optato per andare in un vero studio per dare forma al disco ha contribuito poi a valorizzare particolarmente le belle sfumature della voce di Tracy. “Ho voluto cercare uno studio – prosegue Tracy – in cui oltre a esserci gente con cui mi trovassi bene, fosse un po’ come essere a casa, perché l’ambiente e l’atmosfera sono fondamentali per me e il Bucket hill Studio di Markus MacMayr è stato il luogo giusto in cui trascorrere i diciassette giorni che ci sono voluti ad effettuare le registrazioni. Markus si è occupato anche della produzione,

foto: GerdEder

Doveva uscire già lo scorso inverno questo primo disco della cantautrice Tracy Merano, poi le tristemente note vicende legate alla pandemia ne hanno posticipato i tempi, costringendo la giovane meranese, che ha mutuato il nome d’arte dalla sua città, a cambiare i propri programmi, senza però perdersi minimamente d’animo. Così all’inizio dell’autunno Save Your Soul, questo il titolo del disco, ha finalmente visto la luce e in attesa della riapertura dei negozi è disponibile attraverso il sito di Tracy.

mentre per il mastering ho chiesto ad Armin Rainer, che conoscevo da tempo e con cui avevo già lavorato: lui mi garantisce sicurezza ed ha una grandissima esperienza in questo campo.” E le scelte di Tracy si sono rivelate decisamente azzeccate, se poi ci si aggiungono i musicisti che l’accompagnano e che contribuiscono al risultato finale, il gioco è fatto. In

particolare spicca il lavoro di Michele Bonivento alle tastiere, ma ovviamente gran parte ha anche MacMayr che oltre a produrre cura gli arrangiamenti e suona la batteria, c’è poi l’infallibile sezione fiati con Gigi Grata, Fiorenzo Zeni e Christin Stanchina, Paolo Legramandi è al basso mentre le chitarre sono di Stefano Dallaserra e Valerio De Paola dà una mano a tastiere e cori.

Purtroppo, come si diceva in apertura, il Covid-19 ha messo i pali fra le ruote alla promozione prevista per questo disco e ora Tracy deve un po’ reinventarsi tutte le situazioni, ma entusiasta e dinamica com’è non si perderà certo d’animo. “Intanto, durante il lockdown – ci spiega – per non rimanere con le mani in mano ho fatto un singolo con Mental, al secolo Alexander Richter, un brano intitolato ‘Time Out’ che contiene impressioni e pensieri sbocciati proprio durante quel periodo. Ho sempre tante idee per le mie canzoni. Quasi ogni giorno me ne vengono in mente e appena ho tempo ci lavoro su. Scrivo in particolare su cose che mi sono successe o esperienze personali. Per promuovere Save Your Soul c’erano in previsione dei concerti, in particolare in Germania, evidentemente cancellati per via del Covid, così intanto oltre che in formato solido sul mio sito, il disco è disponibile sulle classiche piattaforme come Spotify, Youtube e via dicendo.” Ma non è tutto, per non lasciare nulla di intentato, in attesa che le cose migliorino, il prossimo 27 novembre, Tracy lancerà il primo singolo tratto da questo suo disco.


CULTURA E SPETTACOLO

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EDITORIA

I disastri provocati della Grande Guerra Profonda miseria, spaesamento e incertezza sul futuro: il biennio buio iniziato alla fine della Prima guerra mondiale è al centro di un nuovo volume dello storico Oswald Überegger, uscito in occasione del centenario dell’annessione dell’Alto Adige all’Italia nell’ottobre 1920. Ai primi di novembre del 1918, dopo anni di guerra, il fronte austro-italiano crollò. Dopo l’entrata in vigore dell’armistizio fra l’Austria-Ungheria e gli Alleati, il 4 novembre 1918, le armi tacquero definitivamente. La fine della guerra lasciò un’intera regione nel caos. Centinaia di migliaia di soldati sciamarono dal fronte verso i rispettivi paesi d’origine. Durante le memorabili giornate di novembre, decine di migliaia di tirolesi si trovavano ancora al fronte come soldati oppure erano prigionieri di guerra degli Alleati. E altre decine di

migliaia di civili, originari soprattutto del Trentino, appresero della fine del conflitto nella diaspora – per volontà o, i più, per forza – lontani da casa come profughi, sfollati o internati. “In questa difficilissima fase di tracollo politico e sociale”, sottolinea Oswald Ü b e r e g g e r, direttore del Centro di competenza Storia regionale della Libera Università di Bolzano, “Alla conferenza di pace di Parigi si decise in me-

TEATRO

rito alla questione del Tirolo.” Nel 1919 le potenze vincitrici sancirono d’autorità la divisione del Tirolo, come stabilito dal trattato di Saint Germain, assegnando l’Alto Adige all’Italia e tracciando sul Brennero un confine che è stato materia di discussione fino ai nostri giorni. Oswald Überegger ricostruisce le tappe fondamentali della storia di questi profondi cambiamenti e illustra la genesi di un problema di

minoranze che investe tutta la Mitteleuropa quale conseguenza della Grande Guerra. Ricco di sfaccettature, il libro analizza in oltre 270 pagine gli sviluppi politici, sociali, economici e di mentalità della società tirolese del dopoguerra, dando forma alla viva immagine della movimentata e contesa storia di una regione tra la fine della Prima guerra mondiale e la presa del potere da parte del fascismo. Pubblicato nel 2019 dalla prestigiosa casa editrice tedesca Schöningh-Verlag, il volume esce ora in lingua italiana per i tipi di Carocci editore. La sua pubblicazione è stata promossa nell’ambito di Historegio, il progetto di ricerca e divulgazione della storia regionale condotto dagli atenei di Bolzano, Innsbruck e Trento in collaborazione con l’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino.

ANTROPOLOGIA

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DICEMBRE

DICEMBRE

INCONTRO CON MONI OVADIA: “IL TEATRO È LA VITA”

MARCO AIME INCONTRA REMOTTI E NUVOLE

> BOLZANO | Ore 18 | Teatro Cristallo on-line

> BOLZANO | Ore 18 | Teatro Cristallo on-line

Nonostante la chiusura dei teatri imposta dalle misure di contenimento anticovid e il conseguente annullamento degli spettacoli in programma, il Teatro Cristallo ha deciso comunque di esserci nell’unica forma possibile, ossia con incontri online in diretta sulla pagina Facebook (facebook.com/teatrocristallobz). Fino a dicembre (per intan-

Il noto antropologo torinese Marco Aime incontra due colleghi (Francesco Remotti e Adriano Nuvole) per raccontare il libro che hanno scritto sulla situazione del mondo nel tempo della grande epidemia da Coronavirus. “Il mondo che avrete. Virus, antropocene, rivoluzione” è un’analisi schietta e

to) è stato organizzato un programma di dialoghi con alcuni attori, scrittori, saggisti noti a livello nazionale. Il 7 dicembre alle ore 18 ci sarà un ospite d’eccezione. Moni Ovadia, attore famoso per averci fatto conoscere la cultura yddish col suo umorismo, terrà un dialogo con il giornalista Rai Paolo Mazzucato sul tema “Il teatro è la vita”.

Info: Teatro Cristallo di Bolzano - tel. 0471 202016

profonda sulla crisi che stiamo vivendo.“Dall’osservazione partecipante del lockdown e dalle riflessioni sulla ‘cultura dell’Antropocene’ emerge drammaticamente il ‘furto di futuro’, l’impressionante debito economico ed ecologico che gettiamo sulle spalle delle nuove generazioni.”

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Ufficio centrale e redazione Tel. 0471 081 580 redazione@quimedia.it www.quimedia.it Redazione Merano Tel. 0471 081 580 redazione.merano@quimedia.it Redazione BassaAtesina Tel. 0471 081 580 redazione.bassa@quimedia.it Coordinamento Pubblicità Barbara Sonetti Tel. 0471 081583 - Cell. 349 6729085 barbara.sonetti@agenti.quimedia.it

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