QuiBolzano nr21 2020

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Croce Bianca e Caritas insieme per esaudire i desideri dei malati

È cresciuto in Bassa Atesina Mario Capecchi pag. 6

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IL METODO ZANGIROLAMI Qual è stato il primo approccio con il Metodo Zangirolami? Ne ho sentito parlare da una mia collega di lavoro che lo ha sperimentato perdendo molti chili e riuscendo a mantenere la nuova situazione. Ho avuto un paio di bambini nel giro di 2 anni e mezzo e sono aumentata quasi di venti chili. Dopo il secondo figlio non riuscivo più a dimagrire e allora mi sono detta che dovevo provare qualcosa. Ho 37 anni e ho pensato: o ci penso adesso o non ce la faccio più. Aveva anche problemi di salute? No, quelli no. Volevo solo tornare in forma e rivedermi nello specchio come ero prima. Volevo di nuovo riconoscermi. Com’è stata la fase iniziale? Come prima cosa ti fanno fare le ana-

An��e� Ros�h a� P���A ��� Metod�

Dr. Ivan Zangirolami

lisi del sangue ed era tutto a posto. Mi hanno spiegato che avrei dovuto guardare bene a quello che mangiavo e fare 15 minuti di movimento alla mattina e altri 15 la sera. Niente di più. Mi hanno detto che se avessi seguito fedelmente il metodo in un anno sarei riuscita a scendere di 20 kg. Com’è andata? All’inizio non è stato facile perché devi smettere anche dolci, alcol e aperitivi con le patatine, ecc. Ho dovuto cambiare abitudini. Nel primo mese sono scesa subito di 4 chili, poi la cosa è andata in maniera più graduale e

An��e� Ros�ha � ���O �� Met od�

dopo un anno mi sono trovata con 21 kg in meno. Risultato raggiunto e sacrificio solo all’inizio, in pratica. Il metodo lo consiglierebbe anche ad altri. Sì, sicuro. A metà mi sono detta: perché non l’ho fatto già prima? Non è difficile, bisogna solo abituarsi e passare ad un altro stile di vita caratterizzato da un’alimentazione consapevole. Ti senti meglio e piena di energia.

IL BENESSERE PASSA PER L’INTESTINO intervista al Dr. Fabrizio Reggiani

Che l’intestino sia il nostro secondo cervello non è più una novità. Il sistema nervoso enterico dell’apparato digerente contiene infatti 500 milioni di neuroni e rappresenta un vero e proprio sistema autonomo che influisce sul sistema nervoso centrale. Tante persone soffrono di depressione, ipersensibilità, disbiosi intestinale, irregolarità intestinale, sovrappeso, fattori che influiscono sul benessere. Nonostante diversi dei disturbi elencati siano alle volte associati a processi di tipo neurologico, il sistema nervoso centrale non è sempre l’unico responsabile in quanto esso interagisce con l’intero sistema fisiologico della persona. Queste alterazioni spesso sono associate a carenze del microbiota intestinale (l’insieme dei micro-organismi che si trovano nel nostro intestino), che svolge e contribuisce a numerose attività fisiologiche, come ricorda il Dr. Fabrizio Reggiani collaboratore del Dr. Ivan Zangirolami. Su queste considerazioni scientifiche e sulle esigenze dei pazienti il Metodo Zangirolami ha sviluppato diverse soluzioni diagnostiche: i test sul microbiota e la permeabilità intestinale condotti su pazienti affetti da depressione, stress e sovrappeso hanno infatti evidenziato gravi carenze e alterazioni che influivano sull’umore, sul metabolismo basale, sul sistema immunitario, su quello neuroendocrino e quello neurale. I test intestinali non sono invasivi, basta un auto prelievo ematico con un pungi dito e una campione di urine e sono quindi adatti a pazienti di qualsiasi età.

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La cultura, per dare senso alle cose in tempo di pandemia Rispetto alla scorsa primavera questi giorni presentano allo stesso tempo un elemento di continuità e una grande novità, entrambi faticosissimi da gestire. L’aspetto che ben conosciamo è la mutevolezza del quadro di riferimento, ovvero delle regole che siamo chiamati a seguire. Ogni tot giorni il quadro cambia e lo sforzo che ci viene richiesto per capire cosa possiamo e non possiamo fare è davvero notevole, anche perché le regole non cambiano dappertutto allo stesso modo, ma si articolano in maniera diversa anche grazie (?) alla nostra autonomia. Il territorio altoatesino poi, com’è noto, presenta una complicazione in più rappresentata dalle grandi differenze oggettivamente presenti tra le città – il capoluogo in particolare – e le realtà rurali. Fin qui la continuità. Ma – facendo gli scongiuri e mantenendo quindi fede alla possibilità di evitare un nuovo lockdown generalizzato – questo autunno ha aggiunto un nuovo elemento, che sta provocando inquietudine e purtroppo anche potenziali tensioni sociali. Le “restrizioni” progressivamente operate sulla scia dei dcpm di ottobre 2020 infatti hanno di fatto spaccato il paese, bloccando alcune parti di esso e invece consentendo ad altre di proseguire la propria attività. L’intento, di per sé meritorio, è quello di arginare le fonti di

contagio, ma a livello sociale si è creata una situazione ed è difficile non intravvedere una scelta di fondo in merito a ciò che viene ritenuto prioritario oppure no nella tenuta del sistema. Con la temporanea eccezione proprio del territorio altoatesino, tra i settori “fermati” c’è stato quello della EDITORIALE cultura e dello spettacolo, troppo spesso erroneamente associato al solo “tempo libero”. La scrittrice e matematica Chiara Valerio nei giorni scorsi ci ha ricordato che, in realtà, l’attuale situazione va superata attraverso uno sforzo culturale, che consenta innanzitutto di mettersi all’ascolto, per poi capire, interpretare e “superare” l’ansia per la propria salute e il concreto mantenimento del proprio stile di vita. Per questo il blocco delle attività culturali e il ritorno della scuola alla didattica a distanza oggi ci impongono degli interventi seri di compensazione, che però non possono essere solo economici. Di informazione di qualità, opinioni autorevoli, spunti di riflessione, arte e cultura ne abbiamo davvero un enorme bisogno, per riuscire a trovare – nonostante tutto – un nuovo equilibrio.

QUIINTERVISTA A LUISA BERTOLINI

Amo scrivere di comico e di colori

La cosa che mi piace di più di me. L'ostinazione. Il mio principale difetto. Non saper raccontare le barzellette. La volta che sono stata più felice. Quando ho trovato l'uomo della mia vita. In famiglia mi chiamano...

Scimmia isterica o maestro zen (più che chiamare, mia figlia mi descrive come...). L'errore che non rifarei. Il tempo perso della politica degli anni Settanta. La persona che invidio di più. Marilyn Monroe. La persona che ammiro di più. L'autore del fumetto "Kelvin & Hob-

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bes", Bill Watterson. Un libro da portare sull'isola deserta. "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" di Carlo Emilio Gadda. Il capriccio che non mi sono mai tolta. Mettere dei tacchi da 12. L'ultima volta che ho perso la calma. Nell'ultimo collegio docenti, come in tutti quelli precedenti. Mi sono sentita orgogliosa quando... ...mia figlia ha vinto il premio Calvino. La mia occupazione preferita. Scrivere di comico e di colori. Il luogo dove vorrei vivere. Una casa che dà sul lago. Il colore che preferisco. Il giallo di cadmio. Il fiore che amo. Il girasole. Il mio piatto preferito.

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La zuppa di pesce. Il mio musicista preferito. Ryūichi Sakamoto. Il mio pittore preferito. Felice Casorati. Dico bugie solo... Purtroppo non ne sono capace, di dire bugie. La mia paura più grande. Perdere la vista. Il giocattolo che ho amato di più. L'orso. L'oggetto a cui sono più legata. L'orso di peluche, quello. La massima stravaganza della mia vita. I miei matrimoni. Il mio primo ricordo. Una scala che scricchiola in una casa di un medico tedesco che aveva una libreria di libri antichi e che assomigliava a Freud. Dove mi vedo tra dieci anni. Sotto terra.

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Luisa Bertolini dirige la rivista online “Fillide” che raccoglie saggi e racconti sul tema del comico e dell’umorismo. Ha insegnato per più di quarant’anni storia e filosofia nei licei e all’attività didattica ha sempre affiancato la ricerca filosofica sui temi del kantismo e della critica del linguaggio, scrivendo saggi e traduzioni (Hermann Cohen e Fritz Mauthner). Nel 2002 ha pubblicato per Guerini “Il colore delle cose”, un tema che continua a coltivare per la rivista “Doppiozero”.


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STORIA DI COPERTINA foto: Masiar Pasquali

L’INIZIATIVA

Al via le stagioni di Prosa e di Danza del Centro Servizi Culturali S. Chiara Dopo essersi bruscamente interrotte lo scorso marzo per le ormai note vicende legate all’emergenza sanitaria, sono pronte a partire le nuove stagioni di prosa e di danza del Centro Servizi Culturali S. Chiara. Una ripartenza nel segno della qualità, con grandi interpreti del palcoscenico italiano e prestigiosi coreografi di fama mondiale. GRANDE PROSA E ALTRE TENDENZE Saranno venti gli appuntamenti in calendario per questa nuova Stagione, distribuiti all’interno di due rassegne: la GRANDE PROSA (al Teatro Sociale) e le ALTRE TENDENZE (al “Sociale” e al “Melotti” di Rovereto), curate dal direttore dell’Ente, Francesco Nardelli. Spetterà a due mostri sacri come Paola Gassman e Ugo Pagliai il compito di inaugurare la Grande Prosa con un caposaldo della produzione shakespeariana come “ROMEO E GIULIETTA”. A seguire, spazio a un’altra coppia formata da Stefano Santospago e Laura Marinoni, impegnati con “CITA A CIEGAS. (Confidenze fatali)”, spettacolo ispirato a Jorge Luis Borges. Il

programma proseguirà poi con una prima nazionale: “DECAMERON”, progetto liberamente tratto dalle novelle di Boccaccio, che ha visto rinnovarsi la collaborazione tra TrentoSpettacoli e il regista Stefano Cordella. A dicembre andrà in scena “PEACHUM. Un’opera da tre soldi”, ispirata a L’Opera da tre soldi di Brecht e interpretata da Fausto Paravidino e Rocco Papaleo. Il 2021 si aprirà con “ORGOGLIO E PREGIUDIZIO”, classico della letteratura inglese portato per la prima volta in Italia da Arturo Cirillo, per poi proseguire con due Premi Ubu come Valter Malosti e “I DUE GEMELLI VENEZIANI” di Goldoni, e Tindaro Granata, protagonista de “LO ZOO DI VETRO” di Tennessee Williams. Di particolare intensità “EICHMANN. Dove inizia la notte”, atto unico

interpretato da Ottavia Piccolo e Paolo Pierobon, mentre Anna Maria Guarnieri e Giulia Lazzarini, dirette da Geppy Gleijeses, saranno le interpreti di “ARSENICO E

VECCHI MERLETTI”, capolavoro della comicità teatrale. A chiudere la programmazione, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani con “DIPLOMAZIA” di Cyril Gely.

“Lieben Sie Gershwin?” di Marco Goecke


Elio De Capitani e Ferdinando Bruni in “Diplomazia”

foto: Riccardo Rodolfi

Altrettanto ricca anche la programmazione di Altre Tendenze, dedicata alle proposte più alternative della scena nazionale. Due gli spettacoli che verranno recuperati dalla scorsa stagione: il tagliente “TRASCENDI E SALI” di Alessandro Bergonzoni, a cui è affidata l’apertura, e

Alessandro Bergonzoni

“JACQUES E IL SUO PADRONE” della compagnia trentina Emit Flesti (in aprile). In mezzo ci sarà spazio per “DA PROMETEO. Indomabile è la notte”, un lavoro di Oscar De Summa con la Premio Ubu 2019 Marina Occhionero, per Gipo Gurrado e il suo “SUPERMARKET. A modern musical tragedy”, e per “FEDELI D’AMORE. Polittico in sette quadri per Dante Alighieri” di Marco Martinelli con il Premio Ubu Ermanna Montanari. E ancora un gradito ritorno come quello della regista di Tesero Daria Deflorian, impegnata con “CHI HA UCCISO MIO PADRE”, per continuare con l’evocativo “MEPHISTOPELES. Eine Grand Tour”, ultimo lavoro del collettivo veneto Anagoor. Di ben poche presentazioni ha bisogno la protagonista dell’ottavo appuntamento: Emma Dante, regina del teatro

italiano che torna con la sua ultima opera, “MISERICORDIA”. Ultimi due appuntamenti della rassegna, “RADIO GHETTO_ Voci libere”, progetto teatrale che porta sul palco l’esperienza di una radio partecipata da e per le comunità di braccianti stranieri che vivono nelle campagne dell’agro foggiano, e il conclusivo “PIGMALIONE” di Shaw, riletto dalla drammaturga trentina Angela Demattè. INDANZA 2020 Dopo una lunga astinenza dai palcoscenici, il 21 ottobre scorso la rassegna InDanza è ripartita con un cartellone 2020, ideato da Emanuele Masi, che presenta importanti novità: 6 appuntamenti, dal 21 ottobre al 1° dicembre 2020, con tre lavori in prima nazionale e due in prima assoluta ospitati a Trento, Bolzano e Rovereto. Linguaggio d’elezione la danza contemporanea, per un cartellone attento alla produzione nazionale dialogante con le istituzioni e gli artisti del territorio, impreziosito da opere di coreografi di fama mondiale. Dopo aver inaugurato la stagione lo scorso 21 ottobre al Sociale di Trento con la MM Contemporary Dance Company diretta da Michele Merola e la prima rappresentazione assoluta del dittico comprensivo di Pastorale (nuova creazione di Merola), e di Duo D’Eden di Maguy Marin (in prima italiana con la MMCDC), il 10 novembre l’appuntamento è a Bolzano, al Teatro Comunale, con la nuovissima serata, in esclusiva nazionale, firmata dal pluripremiato coreografo tedesco Marco

Goecke per la Gauthier Dance di Stoccarda. Un lavoro tutto all’insegna di Gershwin, sulle sue più celebri canzoni interpretate da star del jazz, e sul Concerto per pianoforte in fa maggiore. Il 20 novembre, invece, al “Melotti” di Rovereto la Spellbound Contemporary Ballet di Mauro Astolfi festeggia 25 anni di successi nazionali ed internazionali con una serata a più titoli denominata Spellbound25: quattro lavori firmati da Marcos Morau, Goecke e Mauro Astolfi. Prece-

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Di Stefano coglie l’intramontabilità del ‘classico’ e il suo superamento nel III atto di Bayadère, il cosiddetto Regno delle Ombre. Le Anime impalpabili apparse in sogno al guerriero Solor dopo aver fumato il narghilé sono spunto di un’astratta, contemporanea e psichedelica nuova visione. InDanza 2020 chiude i battenti il 1° dicembre al Teatro Comunale di Bolzano con Blasphemy Rhapsody, ultima creazione della coppia di artisti Emio Greco e Pieter C. Scholten per la loro foto: Masiar Pasquali

foto: Laila Pozzo

STORIA DI COPERTINA

“MISERICORDIA” di Emma Dante

de lo spettacolo il tradizionale Aperitivo InDanza nelle sale espositive del MART con Sycho dell’israeliano Itamar Serussi Sahar. Il 30 novembre altro debutto assoluto al Sociale di Trento con il Nuovo Balletto di Toscana in Bayadère-Regno delle Ombre, nuova creazione di Michele Di Stefano per la compagnia fiorentina diretta da Cristina Bozzolini, in cui lo stesso

ICK di Amsterdam. Una rapsodia per sette corpi nata durante il lockdown sui passi della Pizzica e del Charleston: due danze lontane nel tempo e nei luoghi accumunate dal concetto di perseveranza. Per maggiori informazioni visitare il sito www.centrosantachiara.it

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PROSPETTIVE

L’INIZIATIVA

“Sogni e vai” ad ali spiegate Ogni persona ha desideri e sogni che vorrebbe realizzare nel corso della propria vita. A chi è gravemente malato però, spesso non rimane molto tempo per esaudirli. Parenti e operatori sanitari si ritrovano inoltre, quasi sempre, senza mezzi né possibilità per realizzare i sogni dei familiari malati. Grazie a una speciale ambulanza e al progetto congiunto “Sogni e vai” della Caritas altoatesina e della Croce Bianca da due anni l’impossibile è diventato possibile e decine di persone in gravi condizioni di salute hanno potuto esaudire un loro grande desiderio. Un desiderio grande, nonostante la sedia a rotelle, la salute sempre più precaria e il necessario, costante apporto di ossigeno di una bombola. Tornare nel luogo dove, prima della malattia, la vita trascorreva senza pensieri, in allegria con la famiglia. Era il desiderio di Elena, un viaggio nei ricordi per riassaporare quei momenti di spensieratezza, di gioia che fanno sentire ancora vivi. Qualcosa di difficile da realizzare, senza l’aiuto di un’equipe specializzata soprattutto dopo il peggioramento delle condizioni di salute. I familiari di Elena però non si arrendono e venuti a conoscenza del progetto “”Sogni e vai” fanno la loro richiesta. In pochi giorni la speciale ambulanza è pronta,

come l’equipe di volontari della Croce Bianca e della Caritas disponibili ad accompagnare Elena

in sicurezza. Neanche due ore ed Elena è sul lago, con i volontari a debita distanza e i familiari

Per nessuno è facile parlare di ultimi desideri. Può fare paura, ma realizzarli significa dare voce alle persone malate, renderle partecipi fino all’ultimo della vita. accanto per riassaporare quella brezza di lago che tanto significava per lei vacanza, riposo, bellezza. Un aperitivo veloce sul lago e un pranzo con familiari e accompagnatori, tutti insieme. “Elena era così felice e si sentiva talmente bene che per quelle


PROSPETTIVE

due ore non ha avuto neanche bisogno dell’ossigeno – sorride raccontando l’esperienza vissuta la volontaria accompagnatrice del progetto – Ha tenuto banco durante tutto il pranzo ed è riuscita pure a gustarsi, dopo il dolce, una sigaretta.” Elena aveva una boutique di moda e così, dopo il ristorante, con i suoi familiari e amici non si è fatta mancare un rapido giro di shopping per le vie del centro di Riva dove ha comprato un paio di scarpe gialle rivestite internamente di pelliccia sintetica. “Ci ha detto che l’inverno sarebbe stato freddo e umido, che sarebbero state ottime e che non si possono fare previsioni su quanto tempo si vivrà”, racconta la volontaria ancora stupita di quanta forza e gioia di vivere fosse racchiusa in Elena così colpita da una grave malattia nel corpo ma non nell’anima.

ULTIMI DESIDERI Per nessuno è facile parlare di “ultimi desideri”. Può fare paura, ma realizzarli significa dare voce alle persone malate, renderle partecipi fino all’ultimo della vita. “Se riusciamo a dare alla malattia e al morire una prospettiva fuori dal tabù e riusciamo a parlarne, allora anche per le persone malate diventerà più facile esprimere i propri desideri, come quello di una gita, un viaggio verso una particolare e significativa meta, per rivedere un luogo, degli amici o i propri cari lontani”, racconta Giulia Frasca, coordinatrice per la Caritas del progetto assieme a David Tomasi della Croce Bianca. Momenti semplici, di fragile tenerezza e intensità di vita. Come per nonna Rina, 91 anni, che da Egna ha voluto essere portata nel suo luogo del cuore, sulle colline toscane dove sta nascendo un

hospice per accogliere persone affette da patologie considerate inguaribili assieme ai propri familiari. “Mio figlio ha portato pure il paiolo per la polenta. Abbiamo mangiato tutti assieme: un’emozione unica, adesso posso anche morire in pace”, ha raccontato nonna Rina al suo ritorno, poco prima di mollare gli ormeggi e lasciare questa vita. DESIDERARE NON COSTA NULLA! Sono tante le storie di vita che i volontari potrebbero raccontare, ultimi viaggi che hanno riempito gli occhi dei pazienti dei gerani di casa propria che da anni non vedevano più, o del sapore di un buon bicchiere di vino degustato in compagnia davanti a una montagna. Il progetto “Sogni e vai” è attivo in provincia da oltre due anni ed è riuscito a realizzare

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fino ad oggi, grazie al fondamentale aiuto di una squadra di oltre 40 volontari appositamente formati, oltre 80 desideri di persone gravemente malate. I viaggi, svolti nell’arco di una giornata, sono per i pazienti e per i familiari accompagnatori totalmente gratuiti. È possibile usufruire del servizio una sola volta. Croce Bianca e Caritas garantiscono la prontezza operativa, mentre per la realizzazione dei desideri e dei viaggi si ricorre invece anche a donazioni e sostegno finanziario proveniente dall’esterno. “L’ambulanza dei sogni è a disposizione di chiunque si trova in una condizione di malattia grave e desidera realizzare un desiderio particolare del suo cuore. Per prenotare il viaggio non è necessario essere giunti alla fine del proprio percorso, anzi. Spesso è meglio affrontare una esperienza del genere quando ancora si hanno le giuste energie per godere appieno di ogni momento del viaggio”, spiegano Barba Siri, presidente della Croce Bianca e Paolo Valente, direttore della Caritas. “Le persone che accompagniamo ci insegnano quanto sia importante e bello avere fino all’ultimo una meta nella vita. Le ringraziamo di cuore per questo. Così come diciamo grazie a tutti coloro che, con le loro donazioni, rendono possibile il nostro servizio. Anche loro sono nostri compagni di viaggio”, concludono Siri e Valente. (inserzione pubblicitaria)

NON ESITATE A CHIAMARCI! Con la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “Sogni e vai, ad ali spiegate”, la Caritas e la Croce Bianca vogliono incoraggiare i malati e i loro familiari a farsi avanti e chiamare per prenotare la speciale ambulanza che permetterà di esaudire il proprio sogno. Il viaggio sarà completamente gratuito e della organizzazione se ne occuperanno i volontari della Croce Bianca e della Caritas in accordo con i familiari. Per prenotare i viaggi o avere ulteriori informazioni vi invitiamo

a chiamare il numero di telefono 0471 444 555, scrivere una mail a info@sognievai.it o visitare il sito www.sognievai.it Possono sostenere la realizzazione del progetto sia privati che imprese. Ogni centesimo è un aiuto prezioso! Per donazioni: Ass. Prov. di Soccorso Croce Bianca Causale: Sogni e vai IBAN: IT45 D 08081 11601 000301015893 SWIFT: RZSBIT21103


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IL PERSONAGGIO

PERCORSI DI VITA

foto: Erika Gamper

Il momento commovente del primo incontro tra Mario Capecchi e la sorella

Mario Capecchi: il ragazzo di strada della "Bassa" che vinse il Nobel È Egna il set del nuovo film di Roberto Faenza, “Resilient”, biopic sulla storia di Mario Renato Capecchi, vincitore nel 2007 del Premio Nobel per la Medicina, la cui incredibile storia ha inizio proprio in Bassa Ate// Di Alex Piovan

CHI ERA MARIO CAPECCHI? Capecchi nacque a Verona nel 1937 e la sua vita fu complicata fin dai primi anni: perse infatti il padre, Luciano Capecchi, chiamato alle armi in Libia durante il periodo del colonialismo fascista in quanto pilota dell’Aeronautica militare, e fu allontanato dalla madre, Lucy Ramberg, che dopo la morte del marito si era trasferita in Alto Adige (a Costalovara, sull'altipiano del Renon) ed era una poetessa e attivista del gruppo Bohemiens, arrestata dalle SS come prigioniera politica nel 1941 e in seguito deportata nel campo

di prigionia nazista di Dachau. Prima dell’arresto, ha raccontato Capecchi in un’intervista ri-

sina. Da bambino, infatti, dopo la deportazione della madre, Mario Capecchi si era ritrovato a vivere la strada in diverse città del Nord Italia. Una storia che va, come lui stesso disse, "dagli stracci alla ricerca". lasciata alla giornalista Carina Dennis, la madre aveva venduto tutti i propri averi per assicurare al figlio le cure di una famiglia di contadini sudtirolesi; ma i soldi inspiegabilmente finirono e pochi mesi dopo, a soli quattro anni, il piccolo si ritrovò a vagabondare senza una casa in Bassa Atesina. Questa intervista è uscita nel 2004 su “Nature”, ed è intitolata “From rags to research” (“Dagli stracci alla ricerca”): “Il mio messaggio è che chiunque, in qualunque circostanza, può farcela”, spiega Capecchi, raccontando anche di come si ritrovò a dover mendicare e rubare assieme ad altri piccoli gruppi di bambini. Fu allora che nella sua storia accadde qualcosa di

incredibile: alla fine della guerra la madre venne liberata e, dopo un anno, riuscì a ritrovarlo. Nel 1946 si imbarcarono e attraversarono l’Oceano alla volta degli Stati Uniti. Ad aspettarli, lo zio di Capecchi, Edward Ramberg, professore di fisica. Trovata la pace, Capecchi crebbe e a nove anni iniziò le scuole elementari, senza sapere l’inglese, né leggere, scrivere o fare di conto. Nonostante i suoi insegnanti sostenessero che non sarebbe mai potuto andare al college, intraprese un percorso di studi universitari, prima al MIT di Boston e poi a Harvard. Nel 1967 conseguì il Dottorato di Ricerca all’Università di Harvard, studiando sotto la supervisione di James


IL PERSONAGGIO

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foto: Erika Gamper

Mario Capecchi e Marlene Bonelli con la foto della madre

Grazie al Nobel Capecchi ha potuto riabbracciare in Alto Adige la sorella Marlene Bonelli, cittadina austriaca D. Watson, il biologo che – con Francis Crick, Maurice Wilkins e Rosalind Franklin – scoprì la struttura della molecola di DNA. L’Enciclopedia Britannica riporta che Capecchi iniziò a lavorare alla ricerca sul ‘gene targeting’, che nel 2007 l’avrebbe portato a vincere il Nobel, nel 1980.

LA VITA E IL FILM, IN BREVE

L'INCONTRO CON LA SORELLA Ma la storia di Capecchi, e il suo legame con l'Alto Adige, non finisce qui. Due anni dopo la nascita di Capecchi, la madre aveva dato alla luce la figlia, nata da una seconda relazione: Marlene Boneli, la sorellastra di Mario. E quando, nel 2007, Capecchi vinse il premio Nobel, la sorella (che a lungo aveva lavorato come casellante nel nord Tirolo) lo riconobbe in televisione e sui giornali. Fu il preciso lavoro di Isabelle Hansen, giornalista del Dolomiten, quotidiano locale in lingua tedesca, che permise a Marlene e Mario di incontrarsi di nuovo. Marlene sapeva di avere un fratellastro, e sapeva che la madre era stata deportata, ma era convinta fossero morti. Entrambi – Capecchi e la sorella – avevano cercato informazioni sulle proprie origini e sulle sorti dell'altro, ma senza fortuna. Dopo molti anni, finalmente, si sono potuti rincontrare, proprio qui, in Alto Adige.

IL REGISTA E IL FILM studiare, conseguendo un dottorato di ricerca sotto la supervisione di James Watson. Nel 2007, vinse il Premio Nobel per la Medicina e, dopo molti anni, rincontrò la sorellastra, Marlene Bonelli, in Alto Adige. A Egna, il regista Roberto Faenza sta girando il suo nuovo film, "Resilient", basato sulla biografia di Mario Capecchi. Roberto Faenza ha già lavorato in Alto Adige. "Anita B.", un suo film del 2014, venne girato prevalentemente tra Bolzano, Fortezza, Egna e Merano. L'uscita del film è prevista per il 2021.

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Roberto Faenza aveva già lavorato in Trentino-Alto Adige. È del 2014 il suo “Anita B.”, con Eline Powell e Robert Sheehan, girato per lo più tra Fortezza, Egna, Bolzano e Merano. Il regista ha all’attivo oltre venti pellicole. Meritano senz’altro di essere ricordate, oltre a “Sostiene Pereira”, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi e con Marcello Mastroianni, anche “Jona che visse nella balena”, “Prendimi l’anima” e “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. Nel cast del nuovo film, tra gli altri, anche Francesco Montanari e Tonino Tosto.

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Mario Capecchi nacque a Verona nel 1937. Suo padre fu un pilota e sua madre una poetessa e un'attivista del movimento Bohemiens. Quando Capecchi era piccolo, la madre, Lucy Ramberg, venne deportata a Dachau. Trovatosi solo e in povertà, nonostante fosse ancora bambino Capecchi fu costretto a vagabondare e trovare modi per sopravvivere tra le strade di Bolzano e della Bassa Atesina, proseguendo fino all'EmiliaRomagna. Dopo la fine della guerra la madre lo ritrovò e insieme raggiunsero l'America, dove Capecchi poté


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LE PIETRE DI BOLZANO Flavio Schimenti architetto

MEMORIE URBANISTICHE

La Città Nuova-Neustadt di Sebastian Altmann Nel 1859 con l’arrivo della linea ferroviaria Bolzano-Verona la città si risveglia dal torpore medievale. La classe dirigente e la borghesia bolzanina sviluppano infatti un nuovo interesse ad aprire la città a tutto ciò che è innovativo a livello internazionale. Il guscio del centro storico che ha avviluppato, protetto e difeso Bolzano e il suo territorio nel corso dei secoli, diventa improvvisamente troppo stretto ed estremamente limitato. Nel capoluogo altoatesino viene chiamato da Monaco l’architetto Sebastian Altmann al quale verrà dato l’incarico di “architetto civico”. Altmann avrà il compito, di immaginare una nuova città. Bolzano doveva proiettarsi verso la modernità e il nuovo secolo imminente, nel più ampio respiro di una cultura europea. Egli, tracciato il viale della Stazione per collegare il blocco dei complessi edilizi ferroviari al centro antico, si dedicherà a riqualificare l’intera area urbana. Per l’architetto di Monaco la Nuova Città deve essere ariosa, godere di ampi spazi, grandi aree verdi, viali alberati, zone adatte al passeggio

STORIE DAL MULTIVERSO

ed allo svago. Gli edifici, tutti di un certo decoro e di pregio, devono trovare giusta collocazione all’interno di tali aree così concepite e progettate. Tutto ciò farà traslare la città, rispetto al nucleo originario, verso Sud e parallela al corso del Talvera, in una sorta di sistema a pettine. Nasceranno quindi i grandi viali alberati dell’attuale via Dante, via Carducci e tutte le strade di raccordo parallele. Viali dove verrà piantato il platano, tutt’ora presente, pianta cara ai filosofi greci, agli imperatori

e simbolo della “dea madre”. Ville ed edifici di notevole importanza troveranno collocazione entro gli spazi della nuova città. Oltre all’edilizia abitativa Altmann progetterà: la collocazione del nuovo Tribunale di Bolzano (oggi Comando della Legione Carabinieri, con annesso Carcere), il nuovo Ospedale, le Caserme e altre opere di servizio. Tale griglia urbanistica comprende inferiormente anche la parte prospiciente all’Isarco, attuale via Garibaldi, collegando

così l’ intero sistema alla zona ferroviaria. Gli architetti civici che gli succederanno allungheranno questa nuova città verso via Cassa di Risparmio, modificandone però il modello. Secondo Altmann, Bolzano doveva diventare una grande “Città giardino”e ritroviamo tracce di tale idea proprio ripercorrendo le vie e le strade da lui realizzate. Oggi, sotto l’ombra dei platani secolari, ci sembra ancora di sentire il sussurro, i pensieri e le parole degli antichi filosofi.

LA SATIRA

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Un viaggio negli universi paralleli alla ricerca di personaggi che hanno fatto la storia dell’Alto Adige.

Michele inizia la sua vita artistica come Goaslschnöller, per poi diventare famoso a Gargazzone grazie al gruppo “Pichler Fünf”, formato con i suoi fratelli e poi come solista. Tra i brani più famosi ricordiamo “Billig Jeans”, “We are the Wolkenstein”, “Blame it on the Burgeis”, “Heil the World” e “Thriller”, dedicata alla sua città natale considerata un mortorio.


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I dati statistici rilevati a livello nazionale dipingono uno scenario assai problematico sul piano dell’economia. Centinaia di migliaia i posti di lavoro in meno. Conseguenza: “Sembra profilarsi il tempo di una grave recessione economica che diventa terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà, proprio come avvenuto dopo la crisi del 2008”. I dati del Rapporto Caritas sono raccolti nei centri d’ascolto, nei servizi e progetti sparsi capillarmente sul territorio e confermano le descrizioni statistiche. “Analizzando il periodo maggiosettembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che da un anno all’altro l’incidenza dei ‘nuovi

poveri’ passa dal 31 per cento al 45 per cento: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52 per cento rispetto al 47,9 dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa. Cala di contro la grave marginalità.”

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Di fronte a tale situazione le Caritas non si limitano a parlare e mettono in atto risposte concrete, malgrado coloro (pochi ma rumorosi) che mettono i bastoni tra le ruote e grazie ai molti (ma silenziosi) che danno una mano. “Fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19, di fronte a queste sfide drammatiche e forti criticità, Caritas Italiana e le Caritas diocesane hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, spesso in forme nuove e adattate alle necessità contingenti.” Le crisi fanno emergere il peggio, ma anche il meglio di ogni realtà.

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La Caritas nazionale, raccogliendo i dati provenienti dalle diverse realtà diocesane, tra cui quella di Bolzano-Bressanone, ha pubblicato il “Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia” che ricostruisce gli effetti economici e sociali dell’attuale crisi sanitaria. E mostra le risposte date e da dare nei prossimi mesi.


CENTRO – PIANI – RENCIO

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LA TESI DI LAUREA

3ffen: per continuare in ciò che è giusto “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”; è con questa frase, lasciata in eredità da Alexander Langer, che viene ripresa l’intenzione di unire e far incontrare i gruppi linguistici presenti nel nostro territorio. Ancora una volta l’idea viene ripresa da una giovane che accoglie questo messaggio e lo rende concreto. Si tratta di Paula Boldrin neolaureata alla facoltà di Design della Libera Università di Bolzano. “3ffen” è il titolo della sua tesi scritta insieme ai relatori Gianluca Camillini e Valeria Burgio. “Treffen” che significa incontrare; 3 come il numero di gruppi linguistici prevalenti nella nostra Provincia: tedesco, italiano e ladino. Paula ci racconta di essere cresciuta in una famiglia di madrelingua italiana e, a causa della netta divisione tra i gruppi linguistici segnata prevalentemente dalla divisione delle scuole, non ha avuto l’opportunità di entrare in contatto fin da piccola con coetanei di madrelingua tedesca, neppure nelle associazioni sportive e per il tempo libero, in quanto anche queste divise a seconda del gruppo linguistico. Per questo, al momento della laurea, coglie l’occasione per inventare una nuova modalità, un gioco, per permettere l’incontro tra tedeschi italiani e ladini. “‘3ffen’ è un gioco cooperativo per la conviven-

Paula Boldrin

za etno-linguistica in Alto Adige – ci racconta – per il gioco mi sono ispirata agli insegnamenti di Alexander Langer.” Il gioco consiste nel creare un percorso con grandi tessere, ci si divide in due squadre, l’obiettivo è comune. I giocatori dovranno costruire ponti, abbattere muri ed esplorare nuove frontiere. “Anche per queste figure ho ripreso Langer e ho concretizzato nel gioco il suo

messaggio: bisogna abbattere i muri, creare ponti, esplorare le frontiere. ‘3ffen’ ha lo scopo di unire i ragazzi e farli giocare insieme, e contempo-

raneamente questi messaggi sono rappresentati all’interno del gioco”, ci spiega Paula, che inoltre ha avuto la possibilità di vedere sperimentato il suo gioco dai giovani studenti delle scuole elementari Langer nel quartiere Firmian di Bolzano; un auspicio per il futuro, quando forse questa attività potrà essere svolta all’interno di tutte le scuole plurilingui altoatesine. È giocando che le giovanissime generazioni possono interagire, ed è anche la scuola il luogo giusto per farlo. Langer desiderava, come tanti giovani oggi che passano inosservati e spesso non vengono ascoltati, una scuola unica per tutti, inclusiva, aperta, interculturale. Chissà se proprio l’insieme di culture diverse che oggi si incontrano, domani diventeranno un’unica cultura, con un’unica storia, un’unica identità: la cultura altoatesina. Anche tramite un’attività semplice e così spontanea com’è il gioco si riescono a creare le circostanze per vivere insieme, vivendo meglio. Incominciamo a giocare?

Andrea Dalla Serra

Il gioco in “azione”

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alle ore 20. E ciò per consentire al pubblico di poter rincasare tranquillamente prima dell’inizio del coprifuoco che inizia alle ore 23. Quindi fino al 24 novembre tutti gli eventi, a cominciare da quello di venerdì 30 ottobre, ossia l’omaggio bolzanino alle due più famose band della storia del rock (evento già sold out) “Beatles & Rolling Stones. Musica, immagini, racconti”, si terranno alle ore 20.


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COMMERCIO

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CENTRO – PIANI – RENCIO

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INIZIATIVE

IL FAI riparte con il Gruppo Giovani

Si sono concluse domenica scorsa le Giornate FAI d’Autunno. Per la prima volta, il 18 e il 25 ottobre, il Gruppo FAI Giovani Bolzano ha aperto alla cittadinanza il chiostro della chiesa dei Francescani e la sala di padre Caio d’Andrea all’interno del liceo dei Francescani, solitamente chiusa al pubblico e riservata

agli alunni della scuola in qualità di Aula Magna. Dopo lo stop di marzo alle tradizionali Giornate FAI di Primavera, il Fondo Ambiente Italiano è finalmente riuscito a ripartire grazie all’energia del suo Gruppo Giovani che, pur dovendo limitare il numero massimo di visitatori, ha voluto

FSE20222 Corso I’M INDEPENDENT 20.21

Riparte il corso della coop. soc. independent L. finalizzato all’inserimento lavorativo di persone con disabilità in ambito informatico-amministrativo per attività di segreteria e cura delle funzioni d’ufficio. Il corso è gratuito e si svolgerà da febbraio a dicembre 2021, presso la sede della cooperativa a Merano. È previsto un periodo di stage in azienda. In caso di necessità sono previsti vitto, trasporto, alloggio e assistenza alla persona. Destinatari sono 8 persone in stato di non occupazione, residenti o domiciliate in Alto Adige, con disabilità di tipo fisico-motorio e/o sensoriale e/o con malattia invalidante. Verranno svolte delle selezioni tra dicembre 2020 e gennaio 2021. Il termine per la presentazione della domanda di adesione alle selezioni è il 08/01/2021. Gli interessati sono invitati a chiamare independent L. per ricevere tutte le informazioni. Ulteriori approfondimenti sull’avviso di selezione si trovano alla pagina web www.independent.it/it/news/64 CONTATTI independent L. coop. soc. - via Laurin 2d & 6a 39012 Merano (BZ) (+39) 0473 010850 Progetto realizzato con il sostegno dell’Unione Europea, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige - Ufficio FSE, presentato nell’ambito dell’Avviso pubblico: “Azioni volte al rafforzamento delle competenze ed all’accompagnamento al lavoro dei soggetti vulnerabili” - Annualità 2019/2020– PO FSE 2014-2020, Asse II- Priorità d’investimento 9i - Obiettivo specifico 9.2

dare un segnale di ripresa e di speranza e riaffermare il ruolo fondamentale della cultura nella nostra vita. Lo scopo quest’anno non era raggiungere i grandi numeri delle scorse edizioni, ma dimostrare che il desiderio di tornare a fruire del patrimonio artistico e di vivere gli spazi aperti può convivere con le norme sanitarie e la tutela della salute delle persone. La scelta del luogo è ricaduta sul complesso dei Francescani perché nella poco conosciuta sala di padre Caio d’Andrea si trova un ciclo di pitture che si riaggancia alla corrente dei preraffaelliti. Il 2020 è infatti l’anno dedicato a Raffaello Sanzio e le Giornate del FAI rientrano così nella serie di eventi commemorativi del pittore, a 500 anni dalla sua morte. Il termine “preraffaelita” tuttavia voleva sottolineare l’avversione di questo gruppo di pittori rispetto all’arte di Raffaello, secondo loro colpevole di aver sacrificato la realtà in nome della bellezza. I dipinti si inseriscono bene nel contesto del complesso dei Francescani poiché proprio come i preraffaeliti denunciavano la corruzione dell’arte operata da Raffaello, così i Francescani si opponevano alla ricchezza e alla corruzione della Chiesa. Allo stesso modo i diversi affreschi del chiostro sono di grande valore artistico e presentano notevoli elementi di contrasto. Particolarmente interessante è il confronto tra gli affreschi in stile gotico lineare e quelli giotteschi, che testimoniano la vivacità culturale della Bolzano del Trecento e il suo ruolo di ponte fra l’area germanica e italiana.

Per la prima volta quest’anno è stato introdotto l’obbligo di prenotazione, ma questo non ha dissuaso i visitatori, le cui richieste di partecipazione hanno anzi superato la disponibilità massima di posti. “L’evento si può definire un vero e proprio successo”, commenta Federica Cassarà, referente del Gruppo FAI Giovani Bolzano. “Il tutto esaurito, in un

periodo come questo, è una grande soddisfazione. Abbiamo fatto il possibile per conciliare sicurezza, svago e cultura e anche la raccolta fondi ha superato le nostre aspettative: il pubblico è stato generoso e ha compreso lo sforzo dei volontari e le difficoltà del FAI in questo momento. Nonostante tutto, la popolazione ha desiderio di cultura e di prodotti culturali di qualità. Penso che sia i volontari sia i visitatori abbiano goduto anche dell’ordine con cui tutto si è svolto. Questa è una novità che ci spinge a ripensare il modello non solo delle Giornate FAI, ma anche della fruizione culturale a cui siamo abituati. Nessuna frenesia e un po’ di sana lentezza, ma comunque ottimi risultati.”

Greta Sofia Lampis


GRIES – SAN QUIRINO

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MONUMENTI DA RISCOPRIRE

Un grazie agli inventori dei Prati del Talvera L’unione fa... la bellezza. È infatti bello ciò che viene ricordato, dal luglio 1974, dalla scritta bilingue, incisa su una lastra di pietra posta su un gruppo di massi, nei pressi della prima panchina di pietra della Passeggiata Lungo Talvera Bolzano.

molti: il progettista Michele Lettieri, docente di topografia all’Istituto per geometri, l’assistente Primo Turato, ma anche gli studenti dell’Istituto che si esercitarono nel rilevamento del greto del Talvera. Per l’incanalazione del corso d’acqua fu preziosa l’opera dei militari, con l’ausilio di automezzi, escavatrici e altro, del 2° Reggimento Genio del IV Corpo d’Armata. Dopo i lavori di sistemazione idraulica da parte dell’Azienda speciale bacini montani, fu poi la volta degli operai della Giardineria Comunale, diretti dall’esperto Gildo Spagnolli, che ricoprirono di terra vegetale quanto l’Azienda bacini montani aveva sapientemente sistemato. A tale Azienda si deve anche la costruzione della poderosa briglia selettiva, volta a trattenere il materiale solido. La golena sinistra del Talvera divenne così man mano un’oasi verde, a disposizione di tutti. Fu esempio di fattiva collaborazione e sinergia di persone ed Enti, come Provincia, Comune... Che dire? A chi ha creato e a chi mantiene bella tale realtà, un caloroso grazie da tutta la città.

A riconoscenza delle prestazioni del II reggimento genio del IV corpo d’armata e dell’azienda speciale bacini montani per la sistemazione del letto del talvera - luglio 1974 - l’amministrazione comunale.

Fu una vera unione d’intenti a portare la Wasserpromenade del 1905 alla realtà oggi nota, e ammirata, come Prati del Talvera: è un polmone verde che giornalmente attira bambini, sportivi, anziani; vi si trovano spazi attrezzati per dimostrazioni sportive e popolari, campi sportivi, strutture per bambini. Per conseguire tutto ciò dal 1970 al 1973 lavorarono in

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SUCCEDE IN CITTÀ

FAUNA ED ECOSISTEMA

“In realtà – ci spiega Giulia Rasola, che insieme a Johanna Platzgummer ha curato i contenuti della postazione – si tratta spesso di una questione di percezione. Culturalmente siamo abituati a convivere con determinati rischi della montagna, siamo portati ad accettare il rischio di un incidente in montagna, o il fatto di poter essere morsi da una vipera. Conosciamo la situazione e ci attrezziamo al meglio per affrontarla. Nei paesi in cui le specie del lupo e dell’orso sono sempre rimaste presenti, penso per esempio alla Slovenia, la popolazione è abituata a conviverci (non ne ha timore) e ha mantenuto pratiche di difesa delle greggi altamente efficaci. Dobbiamo comunque stare attenti a non confondere la situazione delle due specie. Mentre alla base della presenza dell’orso sin dagli anni 1999-2000 sono stati avviati dei programmi di ripopolamento della specie nei nostri boschi, con trasferimenti di orsi dalla Slovenia al Trentino, la presenza del lupo nei nostri boschi è naturale. Il lupo, che non è necessariamente un animale da montagna, non si è mai estinto e in Italia si è ritirato nelle zone appenniniche del centro Italia approfittando anche del fenomeno dello spopolamento della montagna, soprattutto in Abruzzo. Poi, negli ultimi decenni, il lupo è risalito per l’Appennino fino in Liguria per poi cominciare a ripopolare le Alpi da Ovest in direzione Est.”

Giulia Rasola e la postazione presso il Museo di Scienze Naturali

Uno stand al Museo, per conoscere meglio il lupo Il Museo di Scienze Naturali di via Bottai ha da poco aggiunto una stazione informativa sul lupo in Alto Adige alla preesistente sezione dedicata all’orso. Orso e lupo, due specie di animali selvatici che spesso vengono etichettati come problematici, spesso anche pericolosi. La stazione informativa ospita una riproduzione 1:1 della lupa denominata WBZ-F1, che vive in Val di Non e gli studiosi riescono ad apprendere moltissime nozioni

tivi: riconoscere la differenza tra lupo e cane, conoscere i lupi e il loro ambiente, la loro diffusone o il loro rapporto con l’uomo. “Uno degli aspetti che approfon-

Nello stand il lupo è presente anche sotto forma di origami

sul suo comportamento grazie al radiocollare di cui è provvista. La stazione è dotata di una postazione con “touch screen” che permette tramite dei giochi intuitivi di approfondire le conoscenze sul lupo tramite una serie di giochi educa-

diamo – continua Giulia Rasola – è legato alla caccia e al gruppo famigliare del lupo. Un lupo solitario, come ad esempio un giovane in fase di dispersione, caccia prede più piccole come lepri o caprioli. La caccia di gruppo scatta solo nel

caso di prede più grandi, come per esempio il cervo. Ma in ogni caso il lupo svolge un importante ruolo ecologico perché caccia soprattutto animali malati e debilitati. Anche quando il lupo si muove in branco, è bene specificare che nelle Alpi questo è perlopiù formato da un gruppo famigliare formato dai due adulti e dai piccoli, talvolta anche dai fratelli nati l’anno prima Spesso i lupi fanno notizia quando attaccano e uccidono pecore. In realtà le statistiche evidenziano che, per esempio, nel 2019 le pecore hanno costituito solo lo 0,24 per cento della dieta dei lupi che popolano i boschi dell’Alto Adige. Il resto delle predazioni ha riguardato ungulati selvatici, prevalentemente caprioli o cervi. L’invito è quindi quello di visitare il secondo piano del museo dove le sezioni informative di orso e lupo sono inserite in uno spazio denominato “Ritorno sulle Alpi”, nel quale in futuro troveranno spazio anche altre specie autoctone di animali.

Till Antonio Mola


SUCCEDE IN CITTÀ

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L’INIZIATIVA

“Se questo muro potesse parlare” In via Parma è iniziata la realizzazione del grande murales che coprirà la facciata cieca del civico 41. Il soggetto è stato scelto in modo ‘partecipato’, coinvolgendo gli abitanti in una riflessione sull’identità del quartiere e sul senso di appartenenza. L’obiettivo è sintetizzare in un’opera murale le storie, le emozioni e i desideri dei residenti. L’opera è realizzata da Oscar “Odd” Diodoro, illustratore e visual artist bolzanino. Don Bosco è la seconda circoscrizione più popolata di Bolzano. La posizione defilata rispetto al centro storico della città e la mancanza di attrazioni turistiche la rendono però ‘periferia’ non solo nella percezione di chi la abita, ma spesso anche nella considerazione delle istituzioni. Nonostante i numerosi interventi rigenerativi promossi dalle associazioni nate nel quartiere, stenta a formarsi un senso di appartenenza fra gli

Il muro di via Parma dove verrà realizzato il murales

Un’opera di Oscar Odd Diodoro

abitanti, mentre i commercianti lamentano lo scarso appeal della zona. Con il progetto “Se questo muro potesse parlare”, il collettivo OUTBOX – Urban Art in Southtyrol ha avviato un lavoro di ricerca nella comunità che abita il quartiere, con l’obiettivo di riflettere sui temi dell’identità e del senso di appartenenza. Colori, soggetti simbolici,

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memorie, desideri e consigli sono stati alcuni degli argomenti discussi con i residenti attraverso interviste realizzate nei mesi scorsi. Da questa indagine è emerso il forte senso di nostalgia, i ricordi delle case delle Semirurali, i colori caldi e vivaci, il gioco a pallone in cortile, dettagli del quotidiano e molto altro. Tutte le interviste sono state elaborate dal team di OUTBOX insieme a Oscar “Odd” Diodoro, l’artista-illustratore di Bolzano che da lunedì lavorerà a un grande murales sulla facciata cieca del condominio di via Parma 41. Il soggetto scelto racconta il senso di accoglienza conviviale del quartiere con lo stile geometrico tipico dell’artista bolzanino.

L’obiettivo del progetto promosso da OUTBOX all’interno del bando Generazioni 2020 è quello di contribuire a ricreare fra gli abitanti di Don Bosco il senso di appartenenza e identità, sentimenti in parte smarriti con l’abbattimento del vecchio quartiere semirurale e la costruzione dei grandi palazzi moderni. Anna Bernard, a nome del collettivo OUTBOX, afferma: “Siamo molto orgogliosi di poter realizzare la seconda opera murale di grandi dimensioni a Bolzano e non vediamo l’ora di vedere l’opera realizzata. Speriamo che il murale possa diventare un ponte che unisca le generazioni passate alla cultura contemporanea del quartiere.”

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Avere cura di se stessi ci dà la possibilità di aiutare anche il prossimo

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“Il corpo umano è un tempio e come tale va curato e rispettato, sempre”: sono parole del padre della medicina, Ippocrate; una frase semplice che racchiude in sé una verità assoluta: più ci prendiamo cura di noi stessi, e migliore sarà la qualità della nostra vita. Ma non solo: occuparsi del proprio corpo può essere la chiave per superare la crisi pandemica e aiutare chi ci sta vicino.

trovato su Curare l’alimentazione, fare esercizio fisico, mangiare bene, dormire abbastanza e soprattutto

curare l’igiene personale. Sono regole base per vivere più a lungo, dogmi che tutti conoscono, ma che spesso vengono trascurati per cause di forza maggiore, che siano queste il lavoro, i figli o quegli imprevisti che la vita ci pone sempre avanti Eppure basta poco per sentirsi in salute, il bene più importante della nostra esistenza. Qualche scala fatta a piedi, la passeggiata per arrivare al lavoro, un frutto al posto del tramezzino e una doccia in più non sono ostacoli insormontabili. Utilizzare il disinfettante prima e dopo aver fatto la spesa ci previene dalla malattie ed evita eventuali contagi, e una capatina dal medico di famiglia, di tanto in tanto, può aiutarci a capire qual è lo stato del nostro corpo.


SALUTE E SOCIALE

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Sentirsi anche a distanza Sicuramente vi siete spesso resi conto che la TV era troppo silenziosa e che le conversazioni in ambienti rumorosi richiedevano un grande sforzo. Ma le distanze delle ultime settimane ci hanno dimostrato più che mai che un buon udito è estremamente importante per rimanere in contatto con le nostre famiglie e i nostri amici e per sentire e percepire senza problemi al telefono o guardando la televisione. Anche una lieve perdita uditiva può compromettere la comunicazione o renderla impossibile. Poiché molte persone all’inizio non si accorgono quasi mai di una leggera perdita dell’udito, sospettano che la loro difficoltà di comprensione del parlato sia dovuta alla pronuncia poco chiara del loro interlocutore. Né trovano spiegazioni concrete per i problemi di concentrazione e la stanchezza prematura causata da un eccessivo sforzo di ascolto. La perdita dell’udito si verifica quasi sempre gradualmente. Di conseguenza, le persone si abituano a un udito sempre più scarso ed evitano inconsciamente la comunicazione interpersonale di tanto in tanto. Soluzioni individua-

li ed efficaci aiutano a prevenire a questi danni. Il primo passo è quello di effettuare regolarmente un test dell’udito dall’audioprotesista per intervenire tempestivamente contro un’eventuale perdita uditiva. L’obiettivo principale è quello di evitare che le persone si abituino a un udito peggiore con tutte le sue conseguenze negative. Un’eventuale perdita uditiva può essere compensata in modo molto efficace con apparecchi acustici moderni e poco visibili. Apparecchi acustici all’avanguardia Le ultime tecnologie consentono di ascoltare tutto con un’angolazione

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SALUTE E SOCIALE

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Marienklinik: gli esami in totale comfort

Certo, dal medico non si va sempre con la spensieratezza nell’animo, specialmente se bisogna affrontare un esame endoscopico; ma la competenza e la professionalità del personale della Casa di Cura S. Maria riesce a mettere a proprio agio il paziente per garantire il massimo risultato in un ambiente piacevole.

cellente comfort per lo smaltimento della sedazione dopo l’esame, con monitorizzazione costante dei parametri vitali e assistenza infermieristica. Il personale dedicato ha una lunga esperienza in ambito di endoscopia digestiva e segue programmi di formazione e training per mantenersi costantemente aggiornato sulle metodiche e tecnologie del settore.

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procedure vengono effettuate con la possibilità di una sedazione, utilizzando un farmaco che toglie il fastidio permettendo un’esecuzione accurata dell’esame. A ciascun paziente è dedicata un’area “recovery” che consente un ec-

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La Coop Sos si prende cura dei vostri cari

I nostri servizi

Un progetto di assistenza domiciliare solidale, dove l’umanità viene messa al primo posto: ecco che cos’è Family home care. Sempre più spesso è emersa una domanda latente di assistenza considerata inesistente dovuta non solo alla scarsezza di risorse economiche: con il progredire dell’età, con l’insorgere della malattia, con la perdita dell’autosufficienza fisica, infatti, molte persone vivono sulla propria pelle la precarietà delle proprie risorse personali. La Coop SoS cura gli anziani della città di Bolzano con personale qualificato ormai da 30 anni. Tuttavia i bisogni della città sono cambiati, e per questo motivo nasce Family Home Care, un servizio istintivo capace di interpretare al meglio questo cambiamento senza intaccare la qualità e la professio-

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nalità. Per prima cosa SoS ha previsto che sia proprio il personale ad andare gratuitamente a casa di chi ha bisogno senza costringere il paziente a presentarsi presso il loro sportello. Tale attività viene svolta da un infermiere che valuta il bisogno assistenziale e fa una prima analisi di consulenza alla famiglia. Inoltre Sos può occuparsi di tutte

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le incombenze amministrative e prima di attivare un servizio viene sempre sottoposto un preventivo alla famiglia. L’offerta è ampia e va dall’aiuto nella selezione della badante, alla gestione amministrativa del rapporto di lavoro per conto delle famiglie fino alle prestazioni qualificate dell’infermiere.

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SALUTE E SOCIALE

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Parchi giochi sicuri dall’inquinamento La produzione di alimenti vegetali occupa un importante ruolo nella società. Al fine di garantire una produzione quantitativamente e qualitativamente conforme alle esigenze della popolazione è necessario proteggere le piante e i loro frutti dagli organismi patogeni e da piante infestanti mediante l’utilizzo di prodotti fitosanitari. I prodotti fitosanitari però non possiedono solamente effetti positivi per la produzione di alimenti vegetali. Il loro utilizzo può anche na-

Come stanno i nostri parchi giochi? Sono sicuri per bambini e genitori che vi passano del tempo? Secondo gli addetti ai lavori la riposta è sì, almeno per quanto riguarda la “salute” del verde: a seguito di un’indagine effettuata dal Laboratorio analisi alimenti e sicurezza dei prodotti dell’Agenzia provinciale ambiente e tutela del clima è emerso che i residui di prodotti fitosanitari nei parchi gioco altoatesini sono diminuiti di due terzi rispetto alla rilevazione precedente. scondere rischi e pericoli per l’uomo, gli animali e l’ambiente, soprattutto se utilizzati impropriamente e messi in commercio privi di approvazione e autorizzazione ufficiale. Le sostanze attive possono quindi essere utilizzate nei prodotti fitosanitari solamente dopo che è stata provata la loro efficacia

SCRIVI A... Vuoi segnalarci qualcosa che funziona o deve essere assolutamente cambiata nella nostra città? Conosci persone o belle storie che, secondo te, meritano di essere raccontate? Vuoi fare un augurio (gratuito) a un amico o a un parente? Telefona allo 0471 081582 o scrivi a redazione@quimedia.it

per la tutela delle colture vegetali e che non causano effetti negativi sulla salute dell’uomo, dell’animale e non hanno conseguenze dannose per l’ambiente. Il piano nazionale d’azione per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan) stabilisce orientamento, obiettivi, provvedimenti e tempistiche per la riduzione dei rischi e degli effetti sulla salute e sull’ambiente derivanti dall’utilizzo dei fitosanitari. L’obiettivo è quello di realizzare un uso sostenibile dei fitosanitari riducendo i rischi e gli effetti sulla salute e l’ambiente stimolando lo sviluppo dell’agricoltura integrata e di metodi alternativi. Una particolare attenzione è riservata alla tutela dei gruppi sensibili della popolazione, in particolare lattanti, bambini e donne in stato di gravidanza. Durante l’anno in corso, il Labo-

ratorio analisi alimenti e sicurezza dei prodotti dell’Agenzia provinciale ambiente e tutela del clima ha prelevato 114 campioni di erba da 37 parchi gioco situati in 21 comuni dell’Alto Adige, andando alla ricerca di 94 principi attivi. Dalle analisi sono emersi i residui di 10 differenti principi attivi, contro i 33 della campagna 2018-2019. “Alla luce dei risultati del monitoraggio 2020 – annuncia con soddisfazione l’assessore Arnold Schuler – si può dunque affermare che i residui di prodotti fitosanitari nei parchi gioco altoatesini sono diminuiti di due terzi rispetto alla rilevazione precedente.” Nel 56 per cento dei campioni non sono stati rilevati residui di principi attivi, nel 34 per cento ne è stato trovato uno, mentre solo nel restante 10 per cento


SALUTE E SOCIALE

era presente più di un residuo. Da segnalare, inoltre, che alcune sostanze rinvenute nei monitoraggi non sono riconducibili a un impiego professionale di fitosanitari in agricoltura, bensì a prodotti autorizzati come presidi medico-chirurgici o biocidi. La sezione di medicina ambientale del Dipartimento di preven-

zione dell’Azienda sanitaria, inoltre, sottolinea che i valori riscontrati, anche ipotizzando un’ingestione dell’erba, non comportano un superamento della dose giornaliera o della dose singola ammessa. Di conseguenza, i residui di prodotti fitosanitari rilevati nei parchi gioco non risultano costituire un pericolo per la salute

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dell’uomo e, in particolare, dei bambini. Per garantire la massima sicurezza, infatti, la diffusione dei prodotti fitosanitari nell’agricoltura in Alto Adige viene sorvegliata con un monitoraggio costante. “L’agricoltura è orientata verso una produzione sostenibile e ci sono continui miglioramenti

anche a livello tecnico”, conclude l’assessore Schuler, il quale sottolinea che “l’introduzione dell’obbligo di usare ugelli di iniezione per l’applicazione di prodotti fitosanitari ha portato con sé la diminuzione della dispersione dei prodotti che ora vengono applicati in modo più mirato”.

I luoghi dell’indagine

I nostri servizi SANIFICAZIONI E PULIZIE Si effettuano sanificazioni di superficie e ambientali anti Covid-19 in uffici, condomini, strutture sociali e altro, con prodotti specifici e macchinari innovativi. Si effettuano anche servizi di pulizie con l’utilizzo di prodotti ecologici, certificati Ecolabel.

no, parco giochi Compaccio; Lana, parco giochi centro sportivo; Terlano, parco giochi Settequerce e scuola Andriano; Appiano, parco giochi Cornaiano e Frangarto; Cortaccia, parco giochi Penone; Caldaro, parco giochi pista ciclabile; Egna, parco giochi Gänsplätzen; Merano, terrazze sul Passirio e parco giochi via Mainardo; Varna, parco giochi Novacella; Naz-Sciaves, parco giochi Fiumes e parco giochi Hintersun; Laives, parco giochi via Marconi; Bolzano, parco giochi via della Vigna, parco giochi Casanova e parco giochi Firmian.

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La campagna di misura si è concentrata principalmente sui comuni nei quali è presente un’intensa attività agricola; inoltre sono stati inclusi parchi pubblici dei maggiori centri urbani dell’Alto Adige per coinvolgere nel monitoraggio anche centri densamente abitati. I campioni di materiale vegetale sono stati prelevati in 24 distinte aree in 17 comuni: Malles, scuola elementare e scuola Tarces; Laces, parco giochi Coldrano: Castelbello, scuola elementare Ciardes; Lasa, scuola elementare Oris; Parcines, parco giochi Rablà; Naturno, parco giochi Stava; Natur-


ALIMENTAZIONE

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La Cantina Merano: amore diVINO al primo assaggio Una cantina e due aree vinicole con oltre 16 vitigni diversi, che trovano le migliori condizioni tra la conca di Merano e la Val Venosta. Una meravigliosa ricchezza che si riflette anche nel variegato assortimento di vini della Cantina Merano: 35 varietà che possono essere scoperte e degustate nell’enoteca panoramica a Marlengo. Con sapienza e cura, la Cantina Merano osserva posizione, terreno e condizioni climatiche, per trovare il luogo ottimale per ciascuna varietà e vitigno. Il lavoro dei viticoltori soci della Cantina Merano, sui ripidi pendii e sui terrazzamenti, è stato ed è tuttora portato avanti – rigorosamente a mano – con passio-

ber

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ne e dedizione. I processi tradizionali incontrano tecniche moderne di vinificazione, per tutelare il più grande valore della Cantina: l’autenticità dei vini, sempre fedeli alle radici territoriali e per questo capaci di raccontare le proprie origini e di rispecchiare le peculiarità dei vigneti in cui le uve maturano. Perché,

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ALIMENTAZIONE

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secondo l’enologo Stefan Kapfinger, il carattere dell’uva e del suo terroir, deve essere perfettamente riconoscibile in ogni calice di vino. Molte mani laboriose contribuiscono al successo della Cantina Merano. Visitando gli spazi e assaggiando i vini, troverete ad accogliervi un team giovane, esperto e appassionato che vive al 100% il suo amore per i vini meranesi. Anche quest’anno numerosi vini della Cantina Merano sono stati ricompensati con rinomati premi. Il Pinot Bianco DOC “Tyrol” annata 2018, è stato premiato dalla rinomata guida “Gambero Rosso” edizione 2021 con i “Tre Bicchieri”, cioè il riconoscimento più alto possibile. In più il Pinot Nero Riserva DOC “Zeno” annata 2017 si è aggiudicato il “Faccino” (95/100) della guida vinicola “Doctor Wine by Daniele Cernilli”. Un altro vino classico per l’Alto Adige, il Meranese Schiava DOC “Schickenburg” delle linea “Graf”, è stato premiato come “Schiava dell’anno” in occasione del “Trofeo Schiava dell’Alto Adige 2020” e con quattro stelle più il “Golden Star” di Vini Buoni d’Italia. Ogni bottiglia è unica, ogni sorso una delizia Un’altra specialità della Cantina Merano è lo spumante A.A. Brut Riserva DOC 36 che nasce da un grande Cuvée di Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Questo spumante millesimato è prodotto se-

condo l’elaborato processo “metodo classico”. Le uve per questo vino provengono da pochi, selezionati vigneti di Merano e dintorni che, uniti sapientemente, sviluppano un profumo unico, fresco e fruttato. La piacevole nota di lievito e la vibrante acidità si creano durante l’elaborata fermentazione in bottiglia con successivo riposo di 36 mesi sui lieviti fini. Lo spumante Brut Riserva 36 diventa un vero capolavoro grazie al suo perlage a grana fine. Scoprite da vicino la Cantina Merano e l’enoteca panoramica

L’enoteca panoramica della Cantina Merano a Marlengo offre una vista meravigliosa e suggestiva. È d’obbligo per tutti coloro che amano l’architettura, il design e il vino. Direttamente sopra l’area di produzione, in un padiglione di vetro spettacolare, si possono scoprire ed assaggiare tutte le varietà dei vini meranesi. Allo stesso tempo, la vista panoramica a 360° sulla valle dell’Adige e sulla conca meranese permette di vedere quasi tutte le zone di coltivazione della Cantina Merano.

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La bussola dei DIRITTI

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Pediform settimana del piede Covid19 e mancata esecuzione contratti tuale e legislativo in continuo divenire, non è semplice stabilire se il Coronavirus e/o le misure adottate dall’Autorità possano costituire valida causa di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte dalle imprese o dai privati. Peraltro, già il Decreto Cura Italia del 17.3.2020 prevedeva espressamente che il rispetto delle misure di contenimento emanate è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi versamenti. Gli effetti giuridici del COVID-19 sui negozi stipulati, in sintesi, dovranno essere scrupolosamente valutati ed esaminati caso per caso, tenendo conto di una pluralità di fattori quali, a titolo meramente esemplificativo, i fatti portati a sostegno del ritardo e/o dell’inadempimento contrattuale, l’incidenza specifica degli stessi sulla prestazione, l’assenza di soluzioni alternative per l’adempimento, la portata del testo contrattuale e, non da ultimo, l’applicabilità della legge italiana alla fattispecie contrattuale.

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Il diffondersi del Coronavirus ha comportato – e tuttora comporta − la difficoltà, per molti privati e imprese, di adempiere alle obbligazioni derivanti da contratti già sottoscritti. Nel nostro ordinamento giuridico, si deve far riferimento agli articoli 1256 e 1467 del codice civile, che regolano i rapporti contrattuali nei casi di inadempimento per impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità. Solo nei casi previsti da questi due articoli la parte è sollevata da responsabilità, può non adempiere e può chiedere la risoluzione del contratto, a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili, dandone comunicazione alla controparte. Non vi è responsabilità per l’inadempimento se e quando: - esso è estraneo all’evento straordinario che ha generato l’inadempimento; - l’evento stesso era imprevedibile; - l’inadempimento è insormontabile; - in alternativa, l’inadempimento sarebbe astrattamente possibile, ma si configura la cosiddetta “eccessiva onerosità sopravvenuta”, intesa come un aggravio patrimoniale che alteri, sostanzialmente, l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione; e ciò per un fatto straordinario e imprevedibile. Alla luce del complesso quadro fat-

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CULTURA E SPETTACOLO

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PERSONAGGI

Lo strano caso del professor Smiraglia Le vie della musica sono infinite, come dimostra il percorso di Stanislao Smiraglia, bolzanino classe 1950 che nel lontano 1978 realizzò un album al quale parteciparono Enzo Avitabile, Peppe Vessicchio e persino Pino Daniele. Tre anni dopo un suo brano venne cantato da Heather Parisi. Ormai è cosa assodata, la storia dei musicisti provenienti dalla nostra regione, che in un modo o nell’altro hanno avuto l’onore di avere frequentazioni artistiche anche lontano da qui, ci riserva spesso piacevoli e inattese sorprese. Quella che vogliamo raccontarvi quest’oggi e che ha per protagonista Stanislao Smiraglia, classe 1950, è più che mai interessante e decisamente poco nota e ci porta fino alle pendici del Vesuvio. La passione per la musica di Smiraglia parte da lontano, con una mamma diplomata in pianoforte al conservatorio, era praticamente impossibile che il giovane bolzanino non finisse per subirne il fascino e già ai tempi del liceo entrò a far parte di un complessino studentesco chiamato Brahms; ma per chi seguiva la scena musicale cittadina, il suo nome è senz’altro rimasto legato alla Doctor Brown’s Fuzz Band, di cui era il bassista, che tra il 1968 ed il 1970 sono stati una delle formazioni più in vista: “Il nostro repertorio – ricorda oggi Smiraglia, che abbiamo contattato a Napoli dove fino a pochissimo tempo fa è stato docen-

te universitario – includeva brani di Traffic, Spoocky Tooh, Humble Pie, Canned Heat e molti altri che nemmeno ricordo dopo tanto tempo. In generale esploravamo un’area di riferimenti musicali all’epoca alternativi rispetto dall’abbinata, ben più conosciuta, Beatles-Rolling Stones. Sicuramente facevamo cover recentissime perché eravamo molto aggiornati. Andavamo a dischi a Monaco o a Copenhagen! Avevamo un pubblico di fan che ci seguiva e, di solito, anche i nuovi spettatori erano molto attenti, rinunciando a ballare per ascoltare. Nonostante avessimo un repertorio blues-rock, nelle forme espressive eravamo piuttosto vicini alla psichedelia a orientamento ipnotico.” La Doctor Brown’s Fuzz Band, con la sua locandina ispirata a un concerto dei Jefferson Airplane, disegnata dallo stesso Smiraglia, fu protagonista di epiche serate, in particolare al Blow Up, uno dei templi della musica bolzanina dell’epoca, il tutto fino a poco dopo che Stani (come lo chiamano gli amici) si trasferì a Napoli a seguito della famiglia. Il trasferimento non fu proprio un bel momento per il giovane bolzanino, che lo rammenta così: “Era il 1969 ed è stato un bel trauma. Tant’è che al primo anno ho lasciato la facoltà di architettura e mi sono trasferito a Londra dove ho lavorato in una fabbrica di insalate russe per diversi mesi, riflettendo sul gran casino che era la vita. Al ritorno mi sono iscritto a Lettere per seguire l’equivalente di un corso di laurea incentrato sulle scienze psicologiche. Ho però

continuato a fare musica con amici e frequentavo personaggi diventati molto noti come Alan Sorrenti, Tony Esposito, Lino Vairetti degli Osanna, all’epoca abbiamo provato anche a fare qualcosa insieme ma con esiti precari.” È stato sul finire degli anni Settanta che la musica si è riaffacciata nella vita di Smiraglia, le nuove tecnologie, la possibilità di realizzare un demo casalingo e la voglia di proporre materiale originale lo spinsero a comporre dei brani come cantautore, a riallacciare vecchi contatti con gli amici della scena musicale partenopea, fino a quando, bussando alle porte di varie case discografiche per fare ascoltare i nastri realizzati a casa gli si aprirono i battenti della IT, un’affiliata della RCA italiana. “Ho iniziato a sottoporre a diversi produttori – continua Smiraglia – fino ad arrivare a Enzo Micocci della IT. Mi sono sbattuto un po’, anche perché già lavoravo all’università e i colleghi non erano propriamente entusiasti della mia doppia vita.” Il risultato fu un 33 giri uscito nel 1978 col titolo di Amarsi, caratterizzato da un uso particolare della voce, realizzato sotto il nome de plume di Stani Labonia: “Labonia era il cognome di mia mamma. Lei

è la mia parte musicale, mio padre, militare, la parte conflittuale. Nel disco c’erano Enzo Avitabile, Gaio Chiocchio, Jenny Sorrenti, Peppe Vessicchio (coautore con Stani di un brano, n.d.r.), il percussionista Tony Cercola, persino Pino Daniele: è suo il riff del brano La prossima donna.” La promozione del disco fu però un po’ fiacca, la IT non s’impegnò molto e per giunta una prevista apparizione televisiva, a cui partecipava anche uno sconosciuto Vasco Rossi: la messa in onda fu però cancellata per l’eccessiva promiscuità dell’intervento di un’altra ospite, Ilona Staller. L’anno dopo Stani incise un singolo, sempre su etichetta IT, “6878/Paola”, firmò poi il brano “Magico Sabato”, per il gruppo Lolliman, sigla della trasmissione televisiva Apriti sabato, e nel 1981, il suo brano “Coccinelle”, fu registrato da Heater Parisi nell’album Cicale. “Ho avuto diciott’anni nel momento più intenso – conclude Stani facendo un bilancio –, il 1968, e dunque non posso lamentarmi. Del periodo discografico che dire… mi sono divertito ,ma il costo emotivo non è stato poco.”

Paolo Crazy Carnevale


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LA SCENA MUSICALE Paolo Crazy Carnevale musicofilo

“PESO DUNQUE SUONO”

Knurled Chicken Head chiudono in bellezza con un disco Il gruppo musicale bolzanino ha appena pubblicato un album che suggella un percorso durato ben quattro anni. Caratterizzatisi con i loro testi demenziali e musica frizzante, i Knurled Chicken Head hanno divertito il pubblico cibandosi soprattutto delle dimensione live. E tale approccio traspare anche nell’album che raccoglie il “meglio” della produzione del gruppo. Quasi quattro anni, trascorsi all’insegna di un rock demenziale garbato ma acuto e di esibizioni dal vivo che hanno fruttato loro un discreto seguito e meritati apprezzamenti: questo il bilancio positivo con cui i Knurled Chicken Head si congedano dal loro pubblico e dalla scena musicale bolzanina in contemporanea con l’uscita del loro primo ed ultimo disco, un CD (ma ne esistono anche tre copie in vinile) intitolato “Peso dunque suono”, secondo un’intuizione cartesiana del loro frontman Luca Nesler. “A dire il vero – ci racconta il chitarrista e factotum strumentaletecnico del gruppo Thomas Traversa – ci eravamo sempre concentrati sull’attività live. La sala prove era il luogo dove nascevano le canzoni, poi il lungo periodo di clausura imposto dal lockdown ci ha privati del piacere di suonare in pubblico e abbiamo finito col decidere di registrare le nostre canzoni per farne un disco, visto che non si potevano più fare concerti.” Rispetto alla formazione a quattro con cui il gruppo si è fatto conoscere e applaudire fin dagli esordi (quando tre di loro erano ancora teenager) e che era composta, oltre che da Nesler e Traversa, dalla bassista Maddy Ansaloni e dal batterista Stefano Costa, i Knurled Chicken Head presenti nel disco sono solo tre: “È la maledizione dei bassisti – scherza Nesler –, tipica della storia della musica… In realtà a un certo punto Maddy aveva altri progetti e altre idee su quello che voleva fare; così abbiamo cercato un altro bassista, ma entrare in un gruppo come il nostro non è automatico, non basta essere un bassista, bisogna entrare nello spirito della band, così alla fine abbiamo deciso di rimanere in tre, Stefano, Thomas e io. Anzi ad

un certo punto Thomas ha deciso che fosse meglio che io smettessi di suonare la chitarra e visto che si trattava di fare un disco, a parte la batteria, tutto il resto lo ha suonato lui e si è occupato anche di tutta la parte tecnica relativa alla produzione.” In realtà oltre a continuare a essere la voce principale del gruppo, Luca Nesler ne è sempre l’anima per quanto riguarda le idee di base e poi si è occupato anche della parte grafica, realizzando il disegno e il logo di copertina. Col risultato, che pur trattandosi di una produ-

zione indipendente (a loro piace definirsi indiemenziali), i Knurled Chicken Head hanno saputo realizzare un prodotto ruspante (come si addice ai polli, visto il loro nome), sincero, immediato, divertente, con dieci canzoni della durata media di quattro minuti, ma talvolta anche più lunghe che propongono un sound schietto, talvolta decisamente rock, talaltra vagamente latineggiante, in un caso persino blues, con testi che vanno da vicende romanticomiche (“Friendzone Blues”) a riflessioni sul cambiamento climatico (“Hot

Granita”) al puro divertissement (“La storia di Hoolo”). “La nostra regola – ci spiega Nesler – è che quando pensiamo a un brano, per prima cosa deve divertire noi, in sala prove ci facciamo delle pazze risate mettendo giù le canzoni. E sarebbe una pretesa esagerata voler divertire gli altri se non fossimo noi i primi a divertirci. Io mi occupo quasi totalmente dei testi, Thomas delle musiche, Stefano sta un po’ nel mezzo perché comunque il metodo che seguiamo è lasciare che ciascuno possa intervenire nel lavoro dell’altro. In due casi, i testi non sono miei: in ‘Solanum Lycopersicum’ ci siamo divertiti a musicare il testo di una definizione di Wikipedia, nella fattispecie quella relativa al pomodoro; in ‘35 nuovi membri’ invece, che è già apparsa nella compilation di Musica Blu Music Journal lo scorso anno, abbiamo preso pari pari e musicato il testo dello spot televisivo per le elezioni provinciali. Ci è stato detto che musicalmente è il pezzo migliore del disco ma che il testo è il peggiore… per forza, non l’ho scritto io!” Purtroppo, come si diceva in apertura, il disco è anche il capolinea della giovane formazione: “La vita ci ha portato a intraprendere strade diverse – conclude Traversa –, Stefano ce lo aveva sempre detto che sarebbe andato a studiare via da Bolzano, fin che eravamo tutti studenti delle superiori ed eravamo qui, tenere su il gruppo era fattibile. Ma aveva messo le mani avanti dicendo che con l’inizio dell’università avrebbe lasciato il gruppo e così è stato, ha già smontato la batteria e l’ha portata via dalla sala prove… Sala di cui c’è da pagare un affitto e noi siamo rimasti in due… Vorremmo però riuscire a organizzare un concerto finale, per salutare il nostro pubblico. E diciamo pure che comunque si tratta di uno scioglimento ufficioso: se ci fossero le giuste premesse non esiteremmo a tornare!”


CULTURA E SPETTACOLO

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IL PODCAST

Velocity Radio: le interviste in tandem Velocity Radio è una video-radio a pedali: è un progetto di produzione di podcast in cui alcuni giovani tra i 16 e i 35 anni intervistano persone interessanti della città di Bolzano con una bici cargo, in cui l’intervistatore conduce e l’ospite siede davanti. Verranno pubblicate due puntate a settimana, a partire dall’inizio dell’autunno fino alla fine dell’anno. Il progetto prende ispirazione da RadioBici, rubrica di Radio 105. Le interviste complete verranno pubblicate in formato audio e una versione ridotta sarà disponibile in video. La prima puntata è stata pubblicata giovedì 22 ottobre sul sito web www.cooltourbz.wixsite.com/cooltour. Per non perdersi la pubblicazione delle puntate, si consiglia di seguire i canali social delle associazioni coinvolte. Il progetto è promosso dall’Associazione La strada/ Der Weg (con il centro giovani Villa delle Rose e la redazione

di COOLtour) in collaborazione con il centro giovanile Bluspace dell’Associazione Musica Blu. Il progetto è sostenuto dall’ANG, l’Agenzia nazionale per i giovani e dall’Ufficio Politiche giovanili

TEATRO foto: Luca Guadagnini/ Lineematiche

TEATRO

della Provincia autonoma di Bolzano ed è supportato dal Comune di Bolzano. Al progetto partecipano anche alcuni volontari del Corpo europeo di solidarietà, una nuova iniziativa

dell’Unione Europea che offre ai giovani delle opportunità di lavoro e di volontariato (nel proprio paese o all’estero) per prendere parte a dei progetti dedicati all’aiuto delle comunità europee. Il progetto aiuta a far conoscere meglio la città di Bolzano ai volontari che l’hanno scelta come destinazione per fare le loro esperienze e per partecipare in modo attivo con gli altri giovani al progetto Velocity. I giovani coinvolti affronteranno e si faranno promotori dei valori fondativi della società e della civiltà europee: libertà, parità, senso critico e inclusione. L’obiettivo di Velocity è quello di mappare la città, conoscere e far conoscere i nuovi cittadini, operatori del terzo settore, promotori dell’ecosostenibilità, imprenditori e altri cittadini che possono contribuire con la loro memoria storica della città al racconto delle storie di Bolzano, che Velocity racconterà.

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PEACHUM - Un’opera da tre soldi

C’è un grande libro al centro del palco e al suo interno troviamo 250 lemmi incolonnati. È un libro pieno di parole in cerca di definizione. E, a seconda del termine casualmente trovato, Balasso improvviserà monologhi. Dizionario Balasso è uno spettacolo basato sulla nostra compren-

Rocco Papaleo interpreta il nuovo spettacolo scritto e diretto da Fausto Paravidino, dedicato all’antieroe Peachum, il re dei mendicanti dell’Opera da Tre Soldi di Bertolt Brecht. In questa nuova Opera da Tre Soldi ambientata nei “bassifondi” spiccano le figure protagoniste di Peachum, sgradevolissimo malfattore che ge-

NOVEMBRE

> BOLZANO | Ore 20 | Teatro Cristallo

sione del mondo e ciò che lo governa è di fatto la frenesia di una “definizione”. Ma questa parola sarà disinnescata perché la definizione è ciò che ci fa vedere il mondo in maniera distorta, ci fa credere la Verità unidimensionale come una sentenza “definitiva”.

Biglietti: intero 15 euro, ridotto 10. Under 26: 6 euro.

NOVEMBRE

> BOLZANO | Ore 20 (dom. ore 16) | Teatro Comunale

stisce il traffico dei mendicanti, e di Mackie Messer, criminale di indiscussa fama. A interpretare il re dei mendicanti sarà Papaleo, alla sua prima collaborazione con lo Stabile di Bolzano, mentre Micky/ Mackie Messer avrà il volto di Fausto Paravidino in un incontro-scontro tra due anime teatrali.

Info: 0471 301566 ∙ Biglietti: 0471 053800, www.teatro-bolzano.it


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