Documenti e studi 13

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l’interrogativo, ne propongono a volte l’anticipazione indolore. La “cultura del benessere” che domina oggi nei paesi industrializzati e del primo mondo è sovente accompagnata dall’incapacità di cogliere il senso della vita nelle situazioni di sofferenza e di limitazione che segnano l’avvicinamento dell’uomo alla morte. «Una simile incapacità — precisa il Papa — risulta acuita quando si manifesta all’interno di un umanesimo chiuso al trascendente, e si traduce non di rado in perdita della fiducia per il valore dell’uomo e della vita»32. Una seconda dimensione è quella filosofica e ideologica, in base alla quale si fa appello all’autonomia assoluta dell’uomo ritenuto quasi l’autore stesso della propria vita e del proprio destino. Si fa leva perciò sul principio dell’autodeterminazione, ritenuto assolutamente intangibile tanto da giungere ad esaltare il suicidio e l’eutanasia perché paradossalmente giudicati come forme di affermazione e insieme di distruzione del proprio io. C’è inoltre un’altra dimensione, meno teoretica e più attenta alla prassi. È quella medica e assistenziale, che rivela sempre più la tendenza a limitare la cura dei malati gravi, spesso inviati in strutture sanitarie non sempre capaci di fornire un’assistenza sensibile ai bisogni profondi della persona e autenticamente umana. Una delle dirette conseguenze di questo stato di cose è che la persona ospedalizzata si trova non di rado fuori del contatto con la famiglia ed esposta ad una sorta di invadenza tecnologica che ne umilia la dignità. Il tutto è aggravato dal forte senso di solitudine e abbandono che accompagna chi si trova letteralmente precipitato in un ambiente estraneo e sovente “sterilizzato” anche dal punto di vista affettivo e relazionale. A tutto questo, come se non bastasse, c’è da aggiungere la spinta occulta di quella che può essere definita una “etica utilitaristica”, che detta le regole di molte società avanzate e che si fonda sui criteri della produttività e dell’efficienza. In questa ottica il malato grave e il morente bisognoso di cure prolungate e selezionate, vengono sentiti, alla luce del rapporto costi-benefici, come un peso e una passività inaccettabile e ingiustificata. Questa mentalità, tra l’altro strettamente vincolata alla prima dimensione e in relazione con tutte le altre, spinge ad un diminuito sostegno alla fase declinante della vita33.

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L. c. Cfr l. c.

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