Solo un trucco - Le immagini del cinema di Paolo Sorrentino

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fig. 24 La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock, 1954

Sia il legame tra mondo reale e messa in scena che quello tra messa in scena ed immagine filmica è infatti segnato da una duplicazione imperfetta, una rappresentazione mediata: ci troviamo allora di fronte ad una riproduzione di una riproduzione, che davvero poco ha a che vedere con il mondo che chiamiamo reale. In altre parole, «l’immagine filmica è un simulacro, anzi è un simulacro alla potenza, in quanto è copia differenziale di una copia differenziale senza originale». (38) Simulacro in quanto «parvenza, immagine lontana dal vero» che fa del «fingere, far parere qualcosa che in realtà non c’è»(39) la propria natura. Questa intenzionale falsificazione ontologica, prima di tutte le altre, fa si che il cinema possa dunque essere definito «arte dell’apparenza. […] L’effetto di realtà non deriva dalla riproduzione pura e semplice del mondo esterno, ma da un modo di rappresentarlo che corrisponde il più possibile alle forme dominanti e abituali della visione. [Esso deriva] proprio dal fatto che la sua tecnica estremamente “mediata” e artificiale riproduce in apparenza la pura immediatezza della vita».(40) L’immagine cinematografica, infatti, presta fedeltà non tanto al fatto rappresentato, quanto al sentimento della circostanza. «I caratteri di un’immagine filmica non sono quindi legati alla realtà ed all’oggetto ripreso, ma agli standard diffusi di configurazione del visibile».(41) Ciò che finisce sullo schermo della sala non corrisponde alla vicenda come è accaduta o potrebbe accadere nella realtà, ma solamente al modo massimamente espressivo per raccontarla: è tutto costruito per la trasmissione di un significato, piegando i fenomeni alla loro ri-creazione invece che alla riproposizione. L’immagine filmica, tuttavia, è conscia della propria artificialità, anche se si impegna a nasconderla. «È un’immagine che maschera, si maschera e si smaschera innanzitutto». (42) Maschera poiché appunto occulta i propri caratteri di opera fittizia, si maschera poiché rende l’illusione di realtà e in ultimo si smaschera: dal momento che i suoi tratti di verosimiglianza sono in realtà prodotto di mediazioni tecnologiche costruite, si offre allo spettatore affinché appunto 34

ne colga l’essenza e ne sveli l’illusorietà. A questo proposito, più avanti entreremo nel dettaglio dei meccanismi che si instaurano tra la psiche del pubblico ed il film. L’auto-smascheramento dell’immagine filmica, tuttavia, rappresenta un aspetto chiave nella distinzione tra il cinema d’intrattenimento e quello d’autore: se infatti nel primo caso non è concesso, come ad esempio nel cinema hollywoodiano classico, nel secondo è appositamente enfatizzato per accendere nello spettatore determinati interrogativi.

Bertetto P., op. cit. AA. VV., Dizionario Treccani (40) Pezzella M., op. cit. (41) Bertetto P., op. cit. (42) Bertetto P., op. cit. (43) Elsaesser T., Hagener M., op. cit. (44) Metz C., op. cit. (38) (39)


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