Uniti nella diversità

Page 45

Il piano degli etnofederalisti è il più classico dei divide et impera: L’idea è quella di contrapporre allo stato nazionale gli stati regionali, con l’obbiettivo di far nascere non l’Unione europea degli stati nazionali, ma una federazione europea di stati regionali. Il criterio di aggregazione dell’Europa delle regioni diventa l’omogeneità etnica, che serve a ridisegnare i confini politici dell’Europa valorizzando l’identità locale. Si comincia a parlare di etnopluralismo invece che di società multiculturale. È questa la prima grande frattura rispetto all’idea originaria dell’Europa delle regioni. L’etnopluralismo si basa sull’idea che occorre valorizzare le singole identità, in contrapposizione al processo di integrazione europea, e che, per conservare la purezza di ogni popolo, è fondamentale che ogni popolo sia omogeneo al suo interno. Solo il dialogo e il confronto fra popoli omogenei di Stati regionali può salvare l’identità e impedire quello che la nuova destra chiama etnocidio. Questa è la differenza fondamentale: nell’idea della nuova destra, l’Europa delle regioni tende a escludere, a dividere, mentre l’idea originale tendeva a far vivere e convivere una molteplicità di culture e di identità (Bruno Luverà, “Il nuovo nazionalismo”, Una Città, ottobre 1996). Proverò a riassumere ciò che penso delle peregrine e strumentali persuasioni di Intereg. Non sono gli stati ad essere responsabili delle pulizie etniche e dei genocidi, ma le nazioni, specialmente quelle declinate etnicamente e razzialmente. Lo stato è uno strumento neutro. Il coltello lo si può usare per liberare qualcuno e cucinare o lo si può usare per ferire qualcuno o suicidarsi. Così è lo stato. Lo stato democratico costituzionale è stato l’unico, vero baluardo contro le atrocità, perché ha proibito per legge la tirannia delle maggioranze. La persecuzione nazista degli ebrei, in Germania, richiese molti anni proprio perché Hitler, pur potendo esercitare un potere senza paragoni, dovette prima smantellare lo stato di diritto tedesco e rendere impotenti i magistrati, che erano tenuti a difendere i cittadini tedeschi, di qualunque fede o etnia fossero. Gli stati sono garanti delle autonomie dei popoli nel mondo globalizzato e un autonomista anti-statalista cadrebbe in una palese contraddizione, anche per le ragioni esposte dall’analista di relazioni internazionali Paolo Quercia (Limes, aprile 2010): “Certo, nel corso della storia gli Stati si sono rivelati essere anche feroci strumenti di oppressione della libertà e degli individui e le nazioni hanno originato il drammatico fenomeno dei nazionalismi e dei genocidi. Ma la storia dell’umanità ci mostra che totalitarismi e guerre non sono affatto il prodotto esclusivo del potere statale e del concetto nazionale, ma spesso una drammatica conseguenza della lotta per il potere in quanto tale o la conseguenza di ideologie ispirate all’odio che si impossessano della scatola Stato e del vestito della nazione. Società premoderne e prestatali sono spesso tormentate da guerre e massacri in misura molto maggiore di quello che accade all’interno degli Stati e la violazione dei diritti umani può avvenire all’interno di nuclei sociali molto più piccoli come le famiglie o delle tribù. Se pensiamo alla drammatica fine della Jugoslavia, ci accorgiamo che è stata proprio la dissoluzione di uno Stato e la fine del nazionalismo jugoslavo a generare la peggiore guerra civile avvenuta sul suolo europeo dalla fine della seconda guerra mondiale…E nella strage di Srebrenica, qualche colpa l’avranno forse anche le


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.