Printlovers, n. 87, 2021

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Dillo con un piatto —

La Bitossi Home

di C A T E R I N A

P U C C I

Anni di repliche di “Cortesie per gli ospiti” ce lo hanno insegnato: la mise en place o, per dirlo in italiano, l’arte di apparecchiare la tavola, racconta moltissimo di noi. Le stoviglie che scegliamo per accompagnare i nostri pasti, che siano da soli o in compagnia, appartengono a quell’elenco mai troppo lungo di cose di cui ci piace circondarci e che spesso ci descrivono meglio di una fototessera.

decorazione delle ceramiche da tavola risale a oltre 10.000 anni fa. Il termine stesso deriva dal greco kéramos che significa, letteralmente, “argilla per stoviglie”. La sua composizione – una terra a base di silicato di alluminio – la rende facile da plasmare e in grado di assorbire efficacemente l’acqua, e dunque indicata alla conservazione di cibi e bevande. Nei secoli, l’Italia ha sviluppato una solida tradizione artigianale in questo settore; con l’avvento della rivoluzione industriale, l’intera penisola si è popolata di distretti di produzione di fama mondiale. Oggi questa tradizione artigianale si contamina con linguaggi contemporanei, per incontrare i gusti di una nuova generazione di acquirenti, alla ricerca di pezzi unici, di qualità, a prezzi contenuti. Ne parliamo con Mariangela Negroni che nel 2015, insieme a sua sorella Titti, ha dato vita a Funky Table, un concept store con sede a Milano nel cuore delle Cinque Vie. Il brand propone accessori per la tavola che spaziano dal vintage alle piccole produzioni in serie. «Volevamo rivoluzionare l’idea di tavola mescolando tradizioni, colori e ispirazioni provenienti da più parti del mondo: Giappone, Grecia, Sud Italia, Nord Africa», racconta Negroni. «La nostra proposta è in aperto contrasto con il minimalismo che ha dominato gli anni Novanta, promuovendo l’idea di servizi da tavola coordinati, dai colori possibilmente neutri». La cifra stilistica di Funky Table è, invece, l’iperdecorativismo spinto, che immagina una tavola composta da piatti coloratissimi, diversi l’uno dall’altro. «Se apriamo la credenza, ci troveremo piatti che abbiamo ereditato, altri ancora che ci hanno regalato o abbiamo acquistato alla fine di un viaggio» prosegue Negroni. «Abbiamo cominciato a indagare il concetto di piatti singoli che diventano parte di un’unica storia collettiva, che racconta le

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