N Tempi solcati
Il peso del comando Due anni alla guida della SSI
S
ono passati ormai due anni da quando, raccogliendo la sfida, mi sono candidato alla presidenza della nostra società e sono stato eletto. Due anni nei quali ho avuto modo di capire, a mie spese, che non solo non tutto è rosa, ma che anzi le difficoltà superano di gran lunga le soddisfazioni. Vi chiederete dove vuole parare questo intervento. Che cos’è, il testamento del Marchesi? No, non lo è; però è un tentativo di tracciare un consuntivo, non tanto di quello che ho fatto e di quello che in realtà avrei potuto fare, quanto di come l’ho fatto e di come in realtà avrei potuto farlo. Questo per cercare magari di capire se è il caso di continuare oppure se è meglio fermarsi, passando la mano. Ma andiamo con ordine.
La partenza non è stata assolutamente facile. Qualcuno ha sostenuto, e sostiene, che sono un “non speleologo” e che oltretutto non faccio nemmeno parte del mondo accademico; passi, ma la cosa che mi ha dato più fastidio - e che mi è stato rinfacciato proprio apertamente - è che sono troppo “democratico”! Non avrei “le palle”, non sarei un duro e, guarda caso, non sarei abbastanza “stronzo”. Ecco perché avrei dovuto lasciar perdere.
E in effetti da parte mia ho cercato il dialogo, ho mantenuto un basso profilo, ho cercato di smorzare le polemiche, ho dato spazio ai
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miei consiglieri; non ho neanche approfittato dei possibili editoriali da pubblicare su Speleologia per lanciare proclami a sostegno delle mie posizioni. Ho ricevuto mail tantissime persone; a molti ho risposto con lo stesso metodo, con molti altri ho preferito il contatto telefonico diretto oppure l’incontro de visu. Non ho il collegamento con skipe a casa e non amo tenere videoconferenze, privilegiando i rapporti umani diretti; per questo, ad esempio, non ho dialoghi frequenti con persone come Badino che invece prediligono questi mezzi tecnologici. Ho sempre cercato, e ci sono riuscito, di essere presente a tutte le riunioni del Consiglio, spostandomi su e giù per l’Italia. Così facendo, ho cercato di portare verso la base quelli che in genere vengono considerati i vertici, anche se personalmente non mi sono mai considerato parte di un vertice; anzi, ho sempre pensato che senza l’aiuto di tutti gli speleologi è difficile portare avanti qualcosa di positivo.
Una serie di “sfighe” colossali mi ha però poi costretto a lavorare a ritmi ridotti, obbligandomi ad inseguire continuamente gli eventi invece di guidarli. Ho perso un consigliere per strada e altri per problemi contingenti hanno dovuto limitare la propria attività. Quasi tutte le persone che sono nel Consiglio Direttivo rivestono quantomeno un doppio incarico in SSI, e sopportano un carico di lavoro che ucciderebbe un dopato… figurarsi le persone normali, quali
essi sono, e che avrebbero diritto anche ad una vita privata.
Ma parliamo anche dei soldi. La situazione finanziaria è sempre sotto controllo, nel senso che cerchiamo di non contrarre debiti. Ma senza entrate straordinarie, limitandoci a gestire quanto ci viene dalle quote sociali e dall’attuale contributo ministeriale, abbastanza modesto, si riesce a far funzionare solo lo stretto necessario. Quindi niente rimborsi a nessuno, neanche per le spese viaggio, niente soldi per le commissioni e, soprattutto, niente soldi per progetti. Qualcuno sostiene che non è una questione di soldi, ma nella realtà come faccio a finanziare le idee, che pur ci sono, se a malapena riesco a non far indebitare la Società?
Qualcuno vola alto e vorrebbe trasformare la SSI dall’attuale società di servizi per i soci in un ente preposto a guidare la speleologia nazionale. Bella frase, e infatti mi sono reso conto che è molto semplice limitarsi a trovare le parole giuste e gli slogan per buttarsi a capofitto in iniziative oniriche: la difficoltà sta poi nel concretizzare tali iniziative. Altri vorrebbero una organizzazione nazionale speleo-scientifica forte, che possa radunare e incentivare gli speleologi più motivati e capaci. In quest’ottica, criticano il nostro essere che a loro modo di vedere corrisponde ad un’ottusa confraternita che ha tarpato e continua a tarpare le ali ai migliori e che,