Speechless Magazine N° 0

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fantasy di Tolkien e di Poe) rendono Tanit una vera delizia per gli amanti del genere. Da Amleto a Stephen King, il lettore viene trasportato in un universo che poco ha a che fare con la produzione letteraria fantastica che, per adesso, affolla gli scaffali delle librerie. È un romanzo per un pubblico adulto: non per scene di sesso e di violenza, quanto per la ricchezza e la profondità dei contenuti, poco frequenti negli urban fantasy cui il pubblico giovane e non si è assuefatto. L’autrice si è concentrata sulla resa psicologica dei personaggi, mettendo da parte i facili sensazionalismi legati a una protagonista adolescente per creare, invece, il ritratto di una ragazza tormentata da quello che per lei è un dono e una maledizione, che le ha regalato un amore che non è di questo mondo.

è pronta a tutto pur di proteggere se stessa e il suo mondo, persino a devastare la vita di una donna che ha subito il dolore più atroce, ossia la perdita della figlia. Ivy tenta di ritrovare un equilibrio psicologico che pare lontanissimo. E accanto a lei, fanno la loro comparsa Brizio e Nadia: figure ambigue, che avranno un ruolo fondamentale nel futuro della ragazza. Dal Giappone all’Italia, da Venezia a Roma, l’ambientazione è realistica, dotata di un fascino sottile. Il volume è intriso di cultura fantastica che pesca sia nei classici del genere che nella televisione, ossia in quell’immaginario collettivo che è parte della cultura occidentale. Tanit è un libro complesso, ricco di riferimenti letterari, musicali, artistici. Non si tratta di una mera dimostrazione di bravura o di cultura fine a se stessa. Non vi è autocompiacimento quanto, piuttosto, la ricerca che è insieme un omaggio alla grande narrativa di genere. È un tessuto narrativo curato nei minimi dettagli. I particolari ricercati, l’inserimento di elementi legati alla grande tradizione del romanzo horror e fantastico (come nel caso

Ma Tanit è anche – e soprattutto – un libro sulla genitorialità. In questo romanzo doloroso e dalle tinte livide si parla di madri che perdono i propri figli e di madri che li rifiutano, di una ricerca di amore che è insita negli esseri umani. In una certa misura, quest’affetto totalmente gratuito può esser dato solo a se stessi: cosa ancor più forte e vera nel caso della donna e della maternità. Il figlio è qualcosa che una donna nutre e porta dentro, un riflesso della propria persona e, per questo motivo, il momento del parto viene vissuto come una separazione. Un lutto. La paternità, invece, è vissuta come trasmissione dei valori e degli affetti. Di quel patrimonio di conoscenza che rende un essere (umano e non) cosciente del proprio background. La sabbia dei demoni morti che avvolge il mondo è il retaggio di qualcosa che non è più ma che, nello stesso tempo, rappresenta la coscienza, il coraggio, la dignità. Tanit è anche un romanzo sulla rinuncia e sulla speranza. I protagonisti avvertono in maniera forte il bisogno di sacrificare qualcosa di sé, comprendendo che solo mettendosi in gioco in maniera piena possono raggiungere il proprio obiettivo, qualunque esso sia. I sacrifici rappresentano il dazio

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