Speechless Magazine N° 1

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Letteratura da Nina. Procedettero lentamente verso il gruppo di fronte, facendo attenzione a non versare lo champagne. Il gufo dava le spalle agli spettatori. “Non trovi che assomigli a Miranda?” osservò zio Lou. Il gufo ruotò la testa bruscamente disegnando uno sconcertante angolo di 260 gradi. Gli occhi gialli fissarono zio Lou, le pupille grandi come una moneta da una sterlina. Senza alcun preavviso aprì le ali agitandole con fare minaccioso e schiuse il becco per emettere uno stridio assordante. Nina rimase senza fiato, altri gridarono per poi scoppiare in una risata nervosa non appena l’addetto pose velocemente un cappuccio di tela sul volatile. “È irrequieto,” spiegò, sistemando il cappuccio. “Luna piena, vuole andare a caccia. E non è abituato a tanta gente.” “Mi sento anch’io così.” Zio Lou prese Nina per il gomito e la condusse verso l’uscita. “Andiamo fuori a fare due passi.” Si sbarazzarono dei bicchieri vuoti e si incamminarono nella notte. Sembrava che lo champagne avesse dato a zio Lou nuovo vigore: si voltò indietro, fissò la luna; rise e puntò verso un nero groviglio di alberi in lontananza. Disse “Qui.” Cominciò a correre così velocemente che Nina riusciva a malapena a stargli dietro. Quando lo raggiunse lui le prese la mano e rallentò. “Sei stata davvero una brava nipote.” Abbassò lo sguardo su di lei. Nina notò per la prima volta che aveva dimenticato di sbarbarsi, forse non lo faceva da giorni. Una barba grigia, corta e ispida gli ricopriva la mascella e il mento. “Mi chiedo come mio fratello e tua madre abbiano

potuto fare una figlia così meravigliosa, ma sono felice che ti abbiano fatta.” “Oh, zio Lou.” Gli occhi di Nina pieni di lacrime. “Anch’io.” “Lo so. Ecco”. Si fermò e con non poco sforzo si sfilò l’anellone d’argento. Afferrò il polso di Nina e glielo infilò all’indice della mano destra. “Voglio che lo abbia tu.” Lei lo guardò stupita. “Mi va! Mi è sempre sembrato così grande!” Un raggio di luna fece risplendere il ciuffo bianco di zio Lou; si portò l’anello alle labbra e le baciò le nocche, i capelli bianchi, soffici sul mento le sfiorarono la punta delle dita. “Ma certo che ti va. Abbiamo le stesse mani,” disse e lasciò la presa. “Andiamo.” Attraversarono con facilità habitat modificati. Si imbatterono in cartelli che – nascosti dietro fossati o recinzioni abilmente progettati per sembrare rampicanti, canne o alte graminacee – segnalavano la presenza in quei luoghi di antilopi e cammelli battriani. Sbucarono in una strada aperta al solo transito dei mezzi dello zoo alla quale si accedeva da un cancello che conduceva ad una savana artificiale dove cacciavano leoni e ghepardi. Nina non scorgeva la presenza di animali sebbene, ogni tanto, percepiva il puzzo di sterco o muschio, l’aspro odore di fango di uno stagno artificiale o di una palude. Grugniti e stridii si erano affievoliti in un buio sempre più fitto e le creature tutte si disponevano per la notte o, se predatori, diventavano silenziosi e guardinghi. Ma ecco che, dagli alberi, risuonò un grido incerto e solitario per poi dissolversi bruscamente così come era nato. Nina si sentì raggelare.

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