Marie-Christophe Ruata-Arn
Matilda un’ora indietro
Matilda Sanchez è la ragazza più giudiziosa della scuola: inflessibile caporedattrice del giornalino scolastico, diligente nello studio, senza grilli per la testa. I suoi insegnanti la adorano, i suoi compagni la temono. Ma quando Matilda si ritrova nella tasca del cappotto una preziosissima spilla a forma di cigno che è stata recentemente rubata, tutto cambia. Matilda, guardata con sospetto da tutti, si muove in un’indagine tra vecchie signore, un quadro inquietante e sentimenti inattesi.
€ 13
Marie-Christophe Ruata-Arn
Matilda un’ora indietro
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La traduzione di questo libro è stata supportata da Pro Helvetia – prohelvetia.ch
odiche o di uso diverso da quello editoriale, bisogna rispettare le minime richieste: ale altezza minima 12 mm altezza minima 17 mm Titolo originale: Matilda à l'heure d'étè Pubblicato nel 2012 da La Joie de lire S.A., 5 chemin Neuf, CH - 1207 Genève. © 2012 Editions La Joie de lire S.A.
uesto volume è stato stampato da Rubbettino print su carta ecologica certificata SC® che garantisce© la2021 produzione precisi criteri sociali di ecosostenibilità, Sinnos,secondo per l’edizione italiana el totale rispetto del patrimonio boschivo. FSC® (Forest Stewardship Council) cooperativa romuove e certificaSinnos i sistemisoc. di gestione forestali responsabili considerando deiedFoscari 18 – 00162 Roma i aspetti ecologici, via sociali economici tel. 06.44119098 – fax 06.62276832 libri@sinnos.org – www.sinnos.org ISBN 978-88-7609-455-2 Illustrazione di copertina di Giulia Vetri
uesto volume è stato stampato da Rubbettino print su carta ecologica certificata SC® che garantisce la produzione secondo precisi sociali di ecosostenibilità, Finito di stampare in Italia nelcriteri mese di aprile 2021 el totale rispetto del patrimonio boschivo. FSC® (Forest Stewardship Council) leggimi © Sinnos romuove e certificaFont i sistemi di gestione forestali responsabili considerando li aspetti ecologici, sociali ed economici
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ume è stato stampato da Rubbettino print su carta ecologica certificata FSC® e la produzione secondo precisi criteri sociali di ecosostenibilità, nel totale rispetto
1.
L’importanza di avere a casa un elefante o almeno una rana Dicono che certi animali sentano in anticipo l’arrivo delle catastrofi naturali. Alcuni cominciano a urlare fino allo sfinimento, altri si agitano. Si racconta di alcuni elefanti che hanno cominciato a disobbedire ai loro padroni solo qualche ora prima dello tsunami nell’Oceano Indiano. E ci sono mille e mille storie di terremoti in cui mammiferi o altre bestie sono riuscite a salvare la vita degli uomini con i loro comportamenti bizzarri. Nel nostro appartamento al centro di Meyrin, non abbiamo nemmeno un balcone. E di conseguenza non abbiamo nemmeno un animale a casa. E quindi io non ho nemmeno un elefante o una ranocchia che mi avrebbe potuto 3
allertare su tutto ciò che mi sarebbe successo, quel famoso martedì.
*** Il martedì è l’unico giorno della settimana in cui noi, a casa, abbiamo tutti lo stesso identico orario. Sveglia alla stessa ora, in bagno tutti insieme e colazione tutti insieme. È vero, siamo solo mio padre, mia madre e io, ma la nostra casa, ogni martedì, diventa sempre troppo piccola. Ci spingiamo a vicenda oppure ci pestiamo i piedi. C'è mia madre che vuole sempre controllare tutto e sta lì a farmi le sue solite prediche su come mi pettino e mio padre che non riesce proprio a bere il suo caffè senza fare quel risucchio davvero esasperante. E tuttavia, anche se preferirei farmi tagliare in mille pezzettini piuttosto che confessarlo ai miei genitori, non mancherei mai per nulla al mondo a queste colazioni del martedì. Sia chiaro: rimanere da sola in casa presenta senz’altro i suoi vantaggi, come poter mettere tutto lo zucchero che voglio nei miei cereali, oppure poter leggere mentre mangio senza che nessuno mi ripeta mille volte che sto facendo briciole dappertutto. A tredici anni suonati avrò raggiunto l’età giusta per farlo, no? 4
Ogni martedì mattina, quello sbirro di mio padre viene a fare colazione portandosi dietro il suo computer portatile, così da poter fare, prima di uscire di casa, il punto su tutti i casi che sta seguendo. Le mie colazioni del martedì mattina sono piene di fatti diversi e di storie strane, che io in genere ripropongo senza colpo ferire al giornale della scuola. Anzi, è proprio grazie a queste notizie del martedì che io sono stata nominata “responsabile di redazione”, visto che sono di sicuro la persona più informata di tutta la scuola su quello che succede in città. In più, mio padre accetta di buon grado di rispondere ogni volta a tutte le mie domande. E dopo, in genere, porto avanti le mie piccole inchieste tutte da sola. A meno che mio padre non me lo vieti espressamente. Per esempio, non ho avuto il permesso di intervistare quel tipo che si faceva chiamare “Il giustiziere della città” e che collezionava asce e ragni velenosi vari. Che gran peccato! Ho dovuto anche rinunciare a incontrare quel fisico che aveva progettato diversi tipi di esplosivo con il fine – almeno secondo quello che aveva dichiarato ai poliziotti andati ad arrestarlo – di “liberare la galassia dalla presenza fastidiosa del nostro pianeta”. Che grandissimo peccato! 5
Viceversa, mio padre non mi ha mai formalmente vietato di parlare della serie di furti messi a segno ai quattro angoli della città in queste ultime settimane. Papà si fida di me. Ed è una cosa normale, perché tutti mi considerano la ragazza più giudiziosa e assennata della scuola, se non dell’intera città. La ragazza che non si nasconde dietro alle colonne del Forum, al centro commerciale. La ragazza che non va mai nemmeno all’altro centro commerciale, quello dove tutte le ragazze della mia età vanno al cinema e dove passano non solo i pomeriggi ma anche tutti i loro fine settimana. E in effetti io sono una così brava ragazza che i miei genitori non si preoccupano praticamente mai, per me. E forse non avrei dovuto dirgli che preferisco la compagnia dei cani che porto a passeggiare per fare qualche soldo a quella di certi ragazzi che frequentano la mia scuola. Ma questa cosa dei cani e dei ragazzi l'ho detta solo perché mia madre ha provato a organizzare un appuntamento tra me e il mio compagno di classe Jérôme, con il pretesto che è il figlio di una sua collega di ufficio molto simpatica. Adesso capite cosa intendevo, quando dicevo che mia madre vuole controllare tutto?
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Mio padre digita il codice per entrare nella rete Intranet della polizia. Non vuole che io guardi quando fa questa operazione, così mi fermo a fissare il soffitto. Ed è inutile rivelargli che il lampadario di alluminio della nostra cucina riflette la tastiera del suo portatile bene quasi quanto uno specchio. Papà è già abbastanza impegnato a rispondere a mia madre, la quale, da parte sua, gli ripete ogni santo martedì di fare attenzione a non versare il caffè sul computer. Del resto, anche papà ha superato da un bel pezzo l’età del controllo, o no? «E allora!», esclama mio padre e una grossa goccia di caffè cade sulla tastiera. Connettendosi all’area riservata del sito della polizia, papà ha appena scoperto che i responsabili dei furti in città sono ancora a piede libero e rimangono sconosciuti, ma ha anche saputo che il bottino, invece, è stato ritrovato. O meglio, è stato ritrovato quasi tutto il bottino. Da oggi, gli oggetti rubati potranno essere restituiti ai loro legittimi proprietari, sulla base delle denunce fatte e delle foto che sono state consegnate alla polizia. «Chi ha ritrovato la refurtiva? E dove?», domando. Mio padre mi fa segno di fare silenzio, poi mi spiega comunque che è stato il custode del palazzo del comune: mentre andava a svuotare un secchio nel cassonetto dietro il Municipio, ha notato 7
un sacco dove erano infilati alla bell’e meglio gli oggetti rubati e altra roba ancora. Papà continua a bere il suo caffè a piccoli sorsi, con il suo solito risucchio snervante, e intanto fa scorrere sullo schermo le foto degli oggetti rubati: un anello con diamante, shlurp shlurp, bracciali d’oro, orologi di pregio da uomo e da donna, shlurp shlurp. Nella mia lista mentale – se prendessi davvero degli appunti davanti a mio padre, si arrabbierebbe e cercate di capire il motivo – ci sono anche: una scatola d’argento, al cui interno ci sono le ciocche di capelli di tutti i componenti, passati e presenti, di una famiglia, dal prozio rimasto al paese, fino alla nipotina nata quest’inverno nell’ospedale della città; un sacchetto di tessuto ricamato pieno di denti d’oro purissimo; un camaleonte impagliato, con un piccolo sombrero messicano sulla testa. In tutto questo pasticcio di cose strane e preziose, ancora manca all’appello un gioiello, una spilla dorata a forma di cigno, il cui collo circonda una specie di pietra blu. Mi avvicino allo schermo per guardare meglio. Di sicuro, tra tutti gli oggetti rubati, questa spilla non è il gioiello più bello, e nemmeno il più costoso. E perché manca proprio questa spilla? 8
Sarà stata perduta per strada? E perché i ladri hanno abbandonato tutte le altre cose? Vorrei fare tutte queste domande a mio padre, ma mamma indica l’orologio appeso al muro della cucina. «È tardi!». Con mia madre, l’ora e il tempo non si discutono. Papà spegne il computer e finisce il suo caffè con un ultimo insopportabile risucchio. Tanto peggio. Vorrà dire che andrò al commissariato subito dopo la scuola, per cercare di avere altre informazioni. Ho giusto il tempo di mettere la tazza nel lavandino e di prendere lo zaino nel corridoio. «Ciao!». «A dopo, tesoro mio!». Prendo il cappotto di corsa, me lo infilo, esco. Ma appena sono sul pianerottolo mi assale un dubbio. Ho preso le chiavi di casa? Infilo subito le mani nelle tasche del cappotto, proprio mentre le porte dell’ascensore si aprono sulla faccia truccatissima di Madame Trissot, l’inquilina dell’appartamento 9A, accompagnata dal suo minuscolo cane maltese, imballato di biscotti come al solito. Il cagnaccio ringhia non appena mi vede. «Ciao Bibì!», gli dico io per tutta risposta, mentre continuo a cercare queste dannate chiavi, che si devono essere infilate in qualche anfratto nella grande tasca del cappotto. 9
Rimesto, cercando bene fino in fondo e… Ahi! Bibì fa un piccolo salto, si muove come quel cagnolino a batteria che ho regalato al figlio del portiere lo scorso Natale. Ahia! E ancora ahia! Qualcosa mi ha punto il dito e anche forte. Sembrerebbe un ago o qualcosa con una punta sottile. Tiro fuori dalla tasca la mano dolorante, insieme all’oggetto che mi ha punto. È una spilla. Una spilla? «Allora, ti decidi?», abbaiano all’unisono Bibì e la sua padrona, vedendomi lì ferma come un cactus nel suo vaso. Mi giro. «Scusatemi!». Le proteste borbottate di Madame Trissot mi seguono mentre apro la porta che dà sulle scale di emergenza. Lì, in questa sorta di rifugio in cui si sentono solo rumori di cucina e di stoviglie, tiro di nuovo fuori dalla tasca l’oggetto. È proprio una spilla, con una pietra blu incastonata in quello che sembra un cigno di metallo dorato. È esattamente il gioiello che ho appena visto sullo schermo del computer di mio padre. È l’unico, tra i gioielli rubati in città, a non essere stato ancora ritrovato. E allora cosa ci fa nella tasca del mio cappotto? 10