Il Serrano n.128

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vita del serra Conseguenza della confessione e dell’assoluzione del peccatore è la remissione della colpa e della pena eterna. Pur nella riconciliazione con Dio restano, tuttavia, gli effetti derivanti dalla natura stessa del peccato che necessitano di una successiva purificazione, la cosiddetta pena temporale. Per superare ed eliminare il debito della pena temporale, la Chiesa ha fatto ricorso alle indulgenze. Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’indulgenza “la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autorativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi”. La storia delle indulgenze inizia con l’età apostolica, che si identifica con l’epoca dei dodici Apostoli. Nell’arco di tempo dall’età apostolica fino all’VIII secolo, il cammino della penitenza era pubblico e comportava severe mortificazioni; in tale contesto le indulgenze avevano lo scopo di ottenere una riduzione o la remissione della pena canonica (privazione di un bene spirituale o temporale)

attraverso le implorazioni ai martiri. Con il loro sacrificio, i martiri, in punto di morte, trasmettevano al Vescovo una supplica, detta “supplices belli martyrum”, con la quale si invocava l’applicazione dell’indulgenza a favore del penitente che ne avrebbe fatto richiesta. In un secondo periodo, che si estende dall’VIII al XIV secolo, si pervenne a una attenuazione della severità della penitenza, che da pubblica divenne privata, consentendo la concessione dell’indulgenza a quanti acquisivano meriti per la loro partecipazione a opere di misericordia, alle crociate e ai pellegrinaggi. Significativo di questo periodo è l’indulgenza concessa da Papa Bonifacio VIII in occasione del primo Giubileo nel 1300, applicata ai pellegrini che si fossero recati a Roma in visita alle Basiliche. Il terzo periodo, che va dal XIV al XVI secolo, vide l’allargamento della pratica dell’indulgenza, che divenne un vero e proprio abuso quando fu introdotta l’usanza di poterla ottenere con offerte di denaro a favore di opere di apostolato, le cosiddette “oblationes”. L’errata convinzione che con le offerte di denaro era possibile liberarsi non soltanto dalla pena temporale ma anche dalla colpa, sminuiva fortemente il concetto della Confessione e del Perdono e diede luogo a una dura reazione da parte di alcuni teologi, tra i quali San Tommaso d’Aquiino, e allo scisma protestante di Martin Lutero. Il “mercato delle indulgenze”, che tanti danni procurò alla Chiesa, ebbe fine con il Concilio di Trento (1545-1563), che mise ordine agli abusi con l’abolizione della raccolta di denaro e con la riaffermazione delle dottrine della Chiesa. Nel quarto periodo, che parte dal XVI secolo fino ai nostri giorni, la concessione delle indulgenze è stata regolamentata dai Pontefici che si sono succeduti sempre nel segno della continuità del significato originario. L’ultima riforma in materia è stata quella di Papa Paolo VI che, con la Costituzione apostolica “Indulgentiarum doctrina et usus” del 1967, pone i fondamentali dottrinali delle indulgenze e contiene norme che ne regolano l’uso e la concessione. Nel redigere le nuove norme, si è cercato, in particolar modo, di stabilire una nuova misura con l’indulgenza parziale, di apportare una congrua riduzione al numero delle indulgenze plenarie e di dare alle indulgenze cosiddette reali e locali una forma più semplice e dignitosa. L’indulgenza è plenaria o parziale a seconda che liberi in tutto o in parte dalla pena temporale dovuta per i peccati. Cosimo Lasorsa

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