Il Serrano n.125

Page 12

le interviste

Buoni cattolici buoni cittadini Intervista al Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi di Mimmo Muolo

Ministro Riccardi, gli italiani sono preoccupati per la cattiva congiuntura economica. Ma al di là del tunnel di questa crisi, si può intravedere già uno spiraglio di luce? È proprio sulla preoccupazione degli italiani che bisogna lavorare: accogliendola e comprendendola, ma anche circostanziandola. Perché la paura è nemica del nuovo mentre è di qualcosa di nuovo che c’è un gran bisogno. In qualità di ministro per la Cooperazione e l’Integrazione ho l’incarico di occuparmi anche della Famiglia, della Gioventù, così come di questioni come la droga, che costituiscono un nervo scoperto del nostro vivere comune. Nell’avvicinare questioni ed esigenze così diverse, mi accorgo di come l’incertezza sia divenuta il rumore di fondo della società italiana contemporanea. Se da un lato le conoscenze offerte dalla globalizzazione fanno apparire tutto a portata di mano, libertà ormai consolidate sembrano suggerire che tutto è possibile. Ma è proprio in questa assenza di limiti che si annida il panico di chi non sa bene cosa vuole, e la frustrazione di chi si vede calpestare i diritti più elementari, come quello a una vita dignitosa. Obiettivamente, la crisi economica che sta attraversando il nostro come molti altri Paesi, oltre a colpire i più deboli, ha toccato fasce sociali che si credevano immuni, destando sconcerto. A questo legittimo senso di insicurezza si aggiunge poi una notevole dose di insicurezza percepita, che ha purtroppo a che fare anche con politiche sociali poco inclusive. Il nostro governo, oltre a cercare di tirar fuori l’Italia dalla crisi economica, intende operare per una ripresa della società italiana nel suo insieme, assecondando un rinnovamento culturale peraltro già in corso. È qui, nella cultura, che vedo sicuramente uno spiraglio di luce. Spesso si guarda solo all’Italia dei problemi e ai cattivi comportamenti di taluni cittadini. Dove sono finiti i valori che hanno fatto grande questo Paese? Globalizzazione è comunanza di prodotti e tecniche, molto meno di idee e valori. Ma è anche nascita di muri. È troppo freddo il vento della globalizzazione e sconfinato il suo ambiente per stare nudi: tutte le identità - etniche, nazionali, religiose - si sono rivestite di panni nuovi, conflittuali e protettivi. Lo abbiamo visto nei Balcani. La nostra identità italiana è rimasta invece un cantiere aperto, come la politica. Senza tetto. Ripensarla non è semplice, tanto è complessa. Un grande contributo è stato quello del Presidente Napolitano durante le celebrazioni dell’Unità. È una sensibilità da cui partire quando dobbiamo dire ai più giovani chi siamo, trasmettere, educare. Abbiamo l’incertezza del cantiere in corso nella lunga transizione che vive il nostro Paese. Ma abbiamo qualche punto fermo da cui ripartire. C’è il fatto di essere cristiani, ad esempio. In un mondo spaesato, la presenza dei cristiani è una risorsa. Non sopravvivenza, non corazza di fronte al nuovo. Ma risorsa. L’essere cristiani è parte preziosa di un tesoro di motivazioni e di vissuto. Il vissuto religioso di tanti di noi, la Chiesa e il cattolicesimo italiano, sono la testimonianza di una tradizione. È una tradizione che porta convinzioni, certezze, modelli, levigati dalla storia. E poi c’è la nostra storia, appunto. L’Italia, proprio in questo anno del Centocinquantesimo dell’Unità, ha ripercorso, con uno sforzo corale che ha coinvolto le giovani generazioni, le radici storiche del nostro essere insieme italiani.Per il peso della nostra storia recente, per l’ubriacatura del nazionalismo bellicista e per l’esperienza amara della guerra mondiale, abbiamo avuto a lungo pudore o timore di dirci con troppo patriottismo italiani. Oggi, di fronte alla globalizzazione che impone di ridefinire la nostra identità, di fronte al contatto con gli immigrati, abbiamo ritrovato l’orgoglio civile di ridire la nostra identità nazionale. È una consapevolezza importante anche di fronte alle sfide dell’integrazione. Se dovesse indicare tre virtù civiche per uscire dalla crisi, quale sarebbe la sua raccomandazione ai cittadini? Quando penso alle risorse del nostro Paese, mi tornano in mente le parole che scriveva Aldo Moro guardando alla società italiana: “Al di là della politica c’è un residuo immenso che rischiamo ancora di sprecare”. Il nuovo non comincia oggi. Ma occorre farsi carico di una sintesi per ritrovare il senso del bene comune. Io, lo dico francamente, sono un uomo di quel residuo immenso di società. Su questo terreno mi radico e da esso traggo nutrimento quotidiano. Avverto però la necessità di una politica nuova, capace di far sintesi e di decidere. Mi sembra che il grande com-

12

il serrano n. 125


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.