Frati della Corda Dicembre 2013

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Frati della Corda Notiziario della Custodia di Terra Santa DICEMBRE | 2013

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PAGINA 13 Papa Francesco annuncia il pellegrinaggio in Terra Santa PAGINA 29 Messaggio di Natale del Custode PAGINA 48 La desolazione della Siria PAGINA 73 La preoccupazione per il Medio Oriente nel cuore di tutti PAGINA 77 Cinquant’anni fa: Paolo VI in Terra Santa


INDICE SANTA SEDE

A guardia bassa incontro a Gesù Papa: pace e libertà religiosa per i copti egiziani, la Terra Santa e tutto il Medio Oriente La fraternità fondamento e via per la pace contro egoismi, sfruttamento e sopraffazioni Conferenza islamica: dialogo interreligioso condizione per la pace nel mondo Messaggio Urbi et Orbi del Santo Padre Francesco natale 2013 Angelus - solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio XLVII giornata mondiale della pace Papa Francesco annuncia il pellegrinaggio in Terra Santa Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore

CURIA GENERALIZIA

Sollemnitas Nativitatis Domini Nostri Jesu Christi 2013

PATRIARCATO LATINO

Messaggio di Natale ai giornalisti Patriarchi e capi delle Chiese cristiane in Gerusalemme

CURIA CUSTODIALE

Sintesi del verbale del Discretorio del 7 Dicembre 2013 Il Custode in Italia Messaggio di Natale del Custode Campane a festa a Betlemme. Padre Pizzaballa: nuove speranze dal viaggio del Papa Comunicazioni Segreteria Nazareth Invito Ordinazione Episcopale P. Georges Abou Khazen Revisione Statuti Particolari e Speciali della CTS Battesimo di Gesù Agenda del Custode

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REGIONE SAN PAOLO

Ordinazione diaconale di Fra Tony Choucry Presentato a Beirut il primo studio teologico e storico-giuridico, scritto in lingua araba Lettera di Natale dal monastero siriano di Deir Mar Musa Freddo e neve in Terra Santa, nuovi disagi per i profughi siriani Ban Ki-moon chiede giustizia per la Siria Caritas Libano: Migliaia di profughi siriani rischiano di morire per il gelo e la neve Metà dei siriani alla fame Ancora violenze nel Libano orientale Mons. Jeanbart: sparano anche sulle scuole, così uccidono la Siria Suora comboniana: La speranza negli occhi dei profughi siriani La desolazione della Siria Ancora incertezza sui partecipanti alla conferenza a Ginevra Gregorio III: Cristiani del Medio Oriente, non emigrate! Arcivescovo di Aleppo: La Chiesa aiuta tutti senza distinzioni di fede o fazioni Nuovi raid su Aleppo, aumentano vittime civili

CRONACA DELLA CUSTODIA Cronaca dalle case di formazione

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Avvento: S. Francesco ci insegna a vivere l’attesa del Salvatore nell’umiltà Natale al Monte della Verna Uno sguardo sull’Avvento Aspettare il ritorno di Cristo

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Celebrazione di Nostra Signora di Guadalupe, tra fiocchi di neve e canti Gaudete in Domino semper, ordinazioni diaconali a Betlemme Appello del Custode per la Siria Illuminato l’albero di Natale di Beit Hanina Gerusalemme: il quartiere cristiano s’illumina con i colori di Natale

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A Gerico un sogno è diventato realtà The Magnificat Christmas Concert Cerimoniere, per garantire momenti d’intensa preghiera Ogni anno è Natale, ma non ci si stanca mai! Festa di Santo Stefano all’Infermeria custodiale e nel luogo del suo martirio La preoccupazione per il Medio Oriente nel cuore di tutti Santi Innocenti: non lasciamoci scandalizzare Una giornata all’insegna della famiglia Ora Santa al Getsemani Cinquant’anni fa: Paolo VI in Terra Santa Epifania a Betlemme

VARIE

L’Annunciazione della Porziuncola a San Salvatore Lettera di Natale dalle clarisse di Gerusalemme Campo di Hannuka 2013 per i bambini cattolici di lingua ebraica Firmato un accordo trilaterale per far risorgere il mar Morto Un anno di @Pontifex Referendum sulla Costituzione egiziana 14 e 15 gennaio È in uscita l’Eco di Terrasanta gennaio-febbraio 2014 Da Betlemme al cuore dell’uomo Egitto, attivisti laici condannati a tre anni di prigione e lavori forzati Scontri al Cairo, ondata di arresti per fratelli musulmani Peres a Ramleh per Natale Striscia di Gaza, un dicembre infame Israele libera altri 26 detenuti palestinesi, ma legalizza 20 insediamenti in Cisgiordania Papa Montini in Terra Santa, un evento anche filatelico Paolo VI e Atenagora, i frutti dell’ecumenismo in Terra Santa Kerry: il piano è equilibrato e onesto

FRATERNITAS

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Notiziario della Custodia di Terra Santa FRATI DELLA CORDA Notiziario della Custodia di Terra Santa Edizione n. 12 Dicembre 2013 CONTATTI Segreteria Custodia di Terra Santa St. Francis 1 Jerusalem - POBOX: 186 - Israel custodia@custodia.org STAMPA Franciscan Printing Press fpp@bezeqint.net

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Santa Sede A guardia bassa incontro a Gesù CITTÀ DEL VATICANO, MESSA A SANTA MARTA, 2 DICEMBRE 2013

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asciamoci incontrare da Gesù “con la guardia bassa, aperti”, affinché egli possa rinnovarci dal profondo della nostra anima. È questo l’invito di Papa Francesco all’inizio del tempo di Avvento. Il Pontefice lo ha rivolto ai fedeli durante la messa celebrata questa mattina, lunedì 2 dicembre, nella cappella di Santa Marta. Il cammino che cominciamo in questi giorni, ha esordito, è “un nuovo cammino di Chiesa, un cammino del popolo di Dio, verso il Natale. E camminiamo all’incontro del Signore”. Il Natale è infatti un incontro: non solo “una ricorrenza temporale oppure - ha specificato il Pontefice - un ricordo di qualcosa bella. Il Natale è di più. Noi andiamo per questa strada per incontrare il Signore”. Dunque nel periodo dell’Avvento “camminiamo per incontrarlo. Incontrarlo con il cuore, con la vita; incontrarlo vivente, come lui è; incontrarlo con fede”. In verità, non è “facile vivere con la fede”, ha notato il vescovo di Roma. E ha ricordato l’episodio del centurione che, secondo il racconto del vangelo di Matteo (8, 5-11), si prostra dinnanzi a Gesù per chiedergli di guarire il proprio servo. “Il Signore, nella parola che abbiamo ascoltato - ha spiegato il Papa - si meravigliò di questo centurione. Si meravigliò della fede che lui aveva. Aveva fatto un cammino per incontrare il Signore. Ma l’aveva fatto con fede. Per questo non solo lui ha incontrato il Signore, ma ha sentito la gioia di essere incontrato dal Signore. E questo è proprio l’incontro che noi vogliamo, l’incontro della fede. Incontrare il Signore, ma lasciarci incontrare da lui. È molto importante!”.

che non sempre è quello che voglio che lui mi dica!”. Non dimentichiamo allora che “lui è il Signore e lui mi dirà quello che ha per me”, per ciascuno di noi, perché “il Signore - ha precisato il Pontefice - non ci guarda tutti insieme, come una massa: no, no! Lui ci guarda uno a uno, in faccia, negli occhi, perchè l’amore non è un amore astratto ma è un amore concreto. Persona per persona. Il Signore, persona, guarda a me, persona”. Ecco perché lasciarci incontrare dal Signore significa in definitiva “lasciarci amare dal Signore”. “Nella preghiera all’inizio della messa - ha ricordato il Pontefice - abbiamo chiesto la grazia di fare questo cammino con alcuni atteggiamenti che ci aiutano. La perseveranza nella preghiera: pregare di più. La operosità nella carità fraterna: avvicinarci un po’ di più a quelli che hanno bisogno. E la gioia nella lode del Signore”. Dunque “cominciamo questo cammino con la preghiera, la carità e la lode, a cuore aperto, perchè il Signore ci incontri”. Ma, ha chiesto il Papa in conclusione, “per favore, che ci incontri con la guardia bassa, aperti!”. (©L’Osservatore Romano 2-3 dicembre 2013)

Quando ci limitiamo solo a incontrare il Signore, ha puntualizzato, “siamo noi - ma questo diciamolo tra virgolette - i “padroni” di questo incontro”. Quando invece “ci lasciamo incontrare da lui, è lui che entra dentro di noi” e ci rinnova completamente. “Questo - ha ribadito il Santo Padre - è quello che significa quando viene Cristo: rifare tutto di nuovo, rifare il cuore, l’anima, la vita, la speranza, il cammino”. In questo periodo dell’anno liturgico, dunque, siamo in cammino per incontrare il Signore, ma anche e soprattutto “per lasciarci incontrare da lui”. E dobbiamo farlo con cuore aperto, “perchè lui mi incontri, mi dica quello che vuole dirmi,

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Santa Sede Papa: pace e libertà religiosa per i copti egiziani, la Terra Santa e tutto il Medio Oriente CITTÀ DEL VATICANO, 9 DICEMBRE 2013

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rancesco ha concelebrato con il patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, Ibrahim Isaac Sidrak. Riconoscere “il diritto per i cristiani di vivere serenamente là dove sono nati, nella patria che amano come cittadini da duemila anni, per contribuire come sempre al bene di tutti”. Pace e libertà religiosa per i copti egiziani, la Terra Santa e tutto il Medio Oriente. “Si fermino, invece, per sempre l’inimicizia e le divisioni”. È l’appello lanciato stamattina da papa Francesco nel corso della messa concelebrata a Casa santa Marta con il patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, Ibrahim Isaac Sidrak, in occasione della manifestazione pubblica della “comunione ecclesiastica” con il Successore di Pietro. All’omelia il Papa per prima cosa ha rivolto il pensiero ai fedeli copti, riprendendo le parole del Profeta Isaia, nella Prima Lettura, che parlano di un risveglio dei cuori nell’attesa del Signore: “L’incoraggiamento ‘agli smarriti di cuore’ lo sentiamo rivolto a quanti nella vostra amata terra egiziana sperimentano insicurezza e violenza, talora a motivo della fede cristiana. ‘Coraggio: non temete!’: ecco le consolanti parole che trovano conferma nella fraterna solidarietà. Sono grato a Dio per questo incontro che mi dà modo di rafforzare la vostra e la nostra speranza, perché è la stessa”.

Il Vangelo, ha proseguito, presenta “Cristo che vince le paralisi dell’umanità”. E del resto “le paralisi delle coscienze sono contagiose”. “Con la complicità delle povertà della storia e del nostro peccato possono espandersi ed entrare nelle strutture sociali e nelle comunità fino a bloccare popoli interi”. Ma “il comando di Cristo può ribaltare la situazione: ‘Alzati, cammina!’”: “Preghiamo con fiducia perché in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente la pace possa sempre rialzarsi dalle soste troppo ricorrenti e talora drammatiche. Si fermino, invece, per sempre l’inimicizia e le divisioni. Riprendano speditamente le intese di pace spesso paralizzate da contrapposti e oscuri interessi. Siano date finalmente reali garanzie di libertà religiosa a tutti, insieme al diritto per i cristiani di vivere serenamente là dove sono nati, nella patria che amano come cittadini da duemila anni, per contribuire come sempre al bene di tutti”. Il Papa ha quindi rammentato che Gesù sperimentò con la Santa Famiglia la fuga e venne ospitato nella “terra generosa” d’Egitto. Ha così invocato il Signore affinché “vegli sugli egiziani che per le strade del mondo cercano dignità e sicurezza”: “E andiamo sempre avanti, cercando il Signore, cercando nuove strade, nuove vie per avvicinarci al Signore. E se fosse necessario aprire un buco sul tetto per avvicinarci tutti al Signore, che la nostra immaginazione creativa della carità ci porti a questo: a trovare e a fare strade di incontro, strade di fratellanza, strade di pace”. Dal canto suo, il Patriarca Sidrak ha espresso tutta la sua gioia per la possibilità di celebrare con il Papa ed ha sottolineato che la Chiesa in Egitto, in questo delicato momento storico, ha “bisogno del sostegno” paterno del Successore di Pietro. Ha quindi invocato il dono della pace: “Possa la luce del Santo Natale essere la stella che rivela la strada dell’amore, dell’unità, della riconciliazione e della pace, doni di cui la mia Terra ha così grande bisogno. Chiedendo la sua benedizione, Padre Santo, l’aspettiamo in Egitto”. www.asianews.it

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La fraternità fondamento e via per la pace contro egoismi, sfruttamento e sopraffazioni CITTÀ DEL VATICANO, 12 DICEMBRE 2013

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a fraternità tra tutti gli uomini - che ha il suo fondamento nell’unica paternità di Dio e in Gesù ha visto il superamento della separazione tra i popoli - è “fondamento e via per la pace”, in quanto consente di vincere la “globalizzazione dell’indifferenza”, che fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, e quindi non solo di porre fine ai conflitti e a modelli di sviluppo economico nel quale “le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare”, ma soprattutto di lavorare assieme per edificare l’avvenire comune di ogni persona e dell’umanità intera, riconoscendo e promuovendo i diritti e il benessere del “fratello”. È articolato su questo principio il messaggio di papa Francesco per la prossima Giornata mondiale della pace - che sarà celebrata il primo gennaio 2014 - intitolato “Fraternità, fondamento e via per la pace”, pubblicato oggi. Il Papa parte dalla considerazione che “la fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura”. Ma, se da un lato “il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra”, dall’altro il mondo si caratterizza anche con la “globalizzazione dell’indifferenza”. Perché, “come ha affermato Benedetto XVI, la globalizzazione, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”. “In tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione. Il tragico fenomeno del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli, ne rappresenta un inquietante esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono

in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese”. “Le nuove ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello “scarto”, che induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati ‘inutili’. Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista”. “In pari tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano incapaci di produrre vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere. Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una paternità trascendente. A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi ‘prossimo’ che si prende cura dell’altro”. E “la radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa”. “In particolare, la fraternità umana è rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione”. “Gesù riprende dal principio il progetto del Padre, riconoscendogli il primato su ogni cosa. Ma il Cristo, con il suo abbandono alla morte per amore del Padre, diventa principio nuovo e definitivo di tutti noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso Padre. Egli è l’Alleanza stessa, lo spazio personale della riconciliazione dell’uomo con Dio e dei fratelli tra loro. Nella morte in croce di Gesù c’è anche il superamento della separazione tra popoli, tra il popolo dell’Alleanza e il popolo dei Gentili, privo di speranza perché fino a quel momento rimasto estraneo ai patti della Promessa”.

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Santa Sede La fraternità, fondamento e via per la pace “Ciò premesso, è facile comprendere che la fraternità è fondamento e via per la pace. Le Encicliche sociali dei miei Predecessori offrono un valido aiuto in tal senso. Sarebbe sufficiente rifarsi alle definizioni di pace della Populorum progressio di Paolo VI o della Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Dalla prima ricaviamo che lo sviluppo integrale dei popoli è il nuovo nome della pace.3 Dalla seconda, che la pace è opus solidaritatis. Paolo VI afferma che non soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di fraternità. E spiega: «In questa comprensione e amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra noi dobbiamo [...] lavorare assieme per edificare l’avvenire comune dell’umanità». Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il dovere di solidarietà, che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno progredite; il dovere di giustizia sociale, che richiede il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri. Così, se si considera la pace come opus solidaritatis, allo stesso modo, non si può pensare che la fraternità non ne sia il fondamento precipuo. La pace, afferma Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno. Essa può essere realmente conquistata e fruita, come miglior qualità della vita e come sviluppo più umano e sostenibile, solo se si attiva, da parte di tutti, «una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune». Ciò implica di non farsi guidare dalla «brama del profitto» e dalla «sete del potere». Occorre avere la disponibilità a «“perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. [...] L’”altro” - persona, popolo o Nazione - [non va visto] come uno strumento qualsiasi, per sfruttare a basso costo la sua capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro “simile”, un “aiuto”». La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come «un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma [come] viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito Santo», come un altro fratello”. La fraternità, poi, è “premessa per sconfiggere la po-

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vertà”. La “profonda povertà relazionale” che esiste in molte società è dovuta “alla carenza di solide relazioni familiari e comunitarie. Assistiamo con preoccupazione alla crescita di diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica. Una simile povertà può essere superata solo attraverso la riscoperta e la valorizzazione di rapporti fraterni in seno alle famiglie e alle comunità, attraverso la condivisione delle gioie e dei dolori, delle difficoltà e dei successi che accompagnano la vita delle persone”. “Inoltre, se da un lato si riscontra una riduzione della povertà assoluta, dall’altro lato non possiamo non riconoscere una grave crescita della povertà relativa, cioè di diseguaglianze tra persone e gruppi che convivono in una determinata regione o in un determinato contesto storico-culturale. In tal senso, servono anche politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità, assicurando alle persone - eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali - di accedere ai ‘capitali’, ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche affinché ciascuno abbia l’opportunità di esprimere e di realizzare il suo progetto di vita, e possa svilupparsi in pienezza come persona”. “Le gravi crisi finanziarie ed economiche contemporanee - che trovano la loro origine nel progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni materiali, da un lato, e nel depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie dall’altro hanno spinto molti a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una sana economia”. “Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. La crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale. Soprattutto tali virtù sono necessarie per costruire e mantenere una società a misura della dignità umana”. La fraternità spegne la guerra “Nell’anno trascorso, molti nostri fratelli e sorelle hanno continuato a vivere l’esperienza dilaniante della guerra, che costituisce una grave e profonda ferita inferta


alla fraternità. Molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza generale. A tutti coloro che vivono in terre in cui le armi impongono terrore e distruzioni, assicuro la mia personale vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Quest’ultima ha per missione di portare la carità di Cristo anche alle vittime inermi delle guerre dimenticate, attraverso la preghiera per la pace, il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, agli sfollati e a quanti vivono nella paura. La Chiesa alza altresì la sua voce per far giungere ai responsabili il grido di dolore di quest’umanità sofferente e per far cessare, insieme alle ostilità, ogni sopruso e violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Per questo motivo desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!”. “Tuttavia, finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l’appello dei miei Predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo

nucleare e chimico”. “Non possiamo però non constatare che gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l’umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati. È necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire una vita in pienezza per tutti. È questo lo spirito che anima molte delle iniziative della società civile, incluse le organizzazioni religiose, in favore della pace. Mi auguro che l’impegno quotidiano di tutti continui a portare frutto e che si possa anche giungere all’effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti”. Il messaggio evidenzia poi come “la fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece, spesso, tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi

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Santa Sede di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto”. “Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che contrasta la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale, che, logorando in profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose”. Il Papa indica, in proposito il “dramma lacerante della droga”, la “devastazione delle risorse naturali”, la “tragedia dello sfruttamento del lavoro”, la “speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne”, la “prostituzione”, “l’abominio del traffico di esseri umani”, “i reati e gli abusi contro i minori, la schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del mondo, la tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità”. E “viene anche da pensare alle condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione di riscatto”. La fraternità, infine, “aiuta a custodire e a coltivare la natura”, dal momento che essa è “dono comune” del Creator, mentre “invece. siamo spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future”. “In particolare, il settore agricolo è il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l’umanità. A tale riguardo, la persistente vergogna della fame nel mondo mi incita a condividere con voi la domanda: in che modo usiamo le risorse della terra? Le società odierne devono riflettere sulla gerarchia delle priorità a cui si destina la produzione. Difatti, è un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame. Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all’aumento della produzione. È risaputo che quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo. È necessario allora trovare i modi

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affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano. In tal senso, vorrei richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto”. “La fraternità - conclude il Papa - ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. Ma è solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità. Il necessario realismo della politica e dell’economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di idealità, che ignora la dimensione trascendente dell’uomo. Quando manca questa apertura a Dio, ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare. Solo se accettano di muoversi nell’ampio spazio assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, la politica e l’economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo umano integrale e di pace. Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo, per l’utilità comune (cfr Ef 4,7.25; 1 Cor 12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). È questa la buona novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella”. (FP) http://www.asianews.it/


Conferenza islamica: dialogo interreligioso condizione per la pace nel mondo CITTÀ DEL VATICANO, 13 DICEMBRE 2013

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incontro tra papa Francesco e il segretario generale dell’OIC in un comunicato dell’ambasciata di Turchia presso la Santa Sede. La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi. Preoccupazione per la Siria. Una “riconciliazione storica” tra l’Islam e la Cristianità. La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi è stata al centro dell’udienza data da papa Francesco al segretario generale dell’Organizzazione della Conferenza islamica - che raggruppa 57 Paesi musulmani - Ekmeleddin Ihsanoğlu avvenuta il 13 dicembre. È quanto sostiene un comunicato diffuso oggi dall’ambasciata di Turchia presso la Santa Sede, nel quale, tra l’altro, si riferisce che Ihsanoğlu ha esposto al Papa anche la sua idea di una “riconciliazione storica” tra l’Islam e la Cristianità, “basata sulle comuni radici abramitiche e per dare sostegno al multiculturalismo e a società armoniose. Sua Santità ha lodato il proposito del Segretario generale e ha sottolineato la necessità di portarlo avanti”. “È stato sottolineato - si legge ancora nel documento - che il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo e che esso rappresenta un dovere per tutte le tradizioni religiose”. “Preoccupazioni sono state espresse a proposito della crescita di tensioni tra comunità cristiane e musulmane e sulla trasformazione di conf litti locali di alcune parti del mondo in conflitti provocati da cause religiose, anche quando le origine non sono di natura religiosa. Preoccupazioni sono state espresse anche sull’uso della religiose in situazioni di

conflitto come mezzo per motivare sostenitori”. Sottolineata anche la necessità di una via culturale per sostenere le iniziative di dialogo interreligioso. “C’è stato anche uno scambio di opinioni su vicende regionali e internazionali, specialmente sulla situazione della Palestina ed è stata espresso l’auspicio che la Città santa di Gerusalemme sia una città nella quale ebrei, cristiani e musulmani possano vivere e pregare in pace e armonia”. “Preoccupazione e costernazione sono state poi espresse sul proseguire della violenza in Siria, che richiede una soluzione basata sul dialogo e il negoziato”. “Durante l’incontro il Segretario generale ha espresso apprezzamento per l’attenzione del Papa a ridare slancio al dialogo tra cristiani e musulmani in un momento nel quale il dialogo sta assumendo una importanza crescente, mentre cresce la presenza di musulmani in Paesi storicamente cristiani e alcune nazioni dell’Organizzazione hanno comunità cristiane nazionali e testimoniano l’arrivo negli ultimi anni di lavoratori cristiani stranieri”. http://www.asianews.it/

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Santa Sede Messaggio Urbi et Orbi del Santo Padre Francesco Natale 2013 CITTÀ DEL VATICANO PIAZZA SAN PIETRO, 25 DICEMBRE 2013

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loria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buongiorno e buon Natale! Faccio mio il canto degli angeli, che apparvero ai pastori di Betlemme nella notte in cui nacque Gesù. Un canto che unisce cielo e terra, rivolgendo al cielo la lode e la gloria, e alla terra degli uomini l’augurio di pace. Invito tutti ad unirsi a questo canto: questo canto è per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere. Gloria a Dio! A questo prima di tutto ci chiama il Natale: a dare gloria a Dio, perché è buono, è fedele, è misericordioso. In questo giorno auguro a tutti di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo. E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli. Pace agli uomini. La vera pace – noi lo sappiamo – non è un equilibrio tra forze contrarie. Non è una bella “facciata”, dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni, ma, la pace è artigianale, che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo. Guardando il Bambino nel presepe, bambino di pace, pensiamo ai bambini che sono le vittime più fragili delle guerre, ma pensiamo anche agli anziani, alle donne maltrattate, ai malati… Le guerre spezzano e feriscono tante vite! Troppe ne ha spezzate negli ultimi tempi il conflitto in Siria, fomentando odio e vendetta. Continuiamo a pregare il Signore perché risparmi all’amato popolo siriano nuove sofferenze e le parti in conflitto mettano

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fine ad ogni violenza e garantiscano l’accesso agli aiuti umanitari. Abbiamo visto quanto è potente la preghiera! E sono contento che oggi si uniscano a questa nostra implorazione per la pace in Siria anche credenti di diverse confessioni religiose. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera! Il coraggio di dire: Signore, dona la tua pace alla Siria e al mondo intero. E invito anche i non credenti a desiderare la pace, con il loro desiderio, quel desiderio che allarga il cuore: tutti uniti, o con la preghiera o con il desiderio. Ma tutti, per la pace. Dona pace, bambino, alla Repubblica Centroafricana, spesso dimenticata dagli uomini. Ma tu, Signore, non dimentichi nessuno! E vuoi portare pace anche in quella terra, dilaniata da una spirale di violenza e di miseria, dove tante persone sono senza casa, acqua e cibo, senza il minimo per vivere. Favorisci la concordia nel SudSudan, dove le tensioni attuali hanno già provocato troppe vittime e minacciano la pacifica convivenza di quel giovane Stato. Tu, Principe della pace, converti ovunque il cuore dei violenti perché depongano le armi e si intraprenda la via del dialogo. Guarda alla Nigeria, lacerata da continui attacchi che non risparmiano gli innocenti e gli indifesi. Benedici la Terra che hai scelto per venire nel mondo e fa’ giungere a felice esito i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi. Sana le piaghe dell’amato Iraq, colpito ancora da frequenti attentati. Tu, Signore della vita, proteggi quanti sono perseguitati a causa del tuo nome. Dona speranza e conforto ai profughi e ai rifugiati, specialmente nel Corno d’Africa e nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Fa’ che i migranti in cerca di una vita dignitosa trovino accoglienza e aiuto. Tragedie come quelle a cui abbiamo assistito quest’anno, con i numerosi morti a Lampedusa, non accadano mai più! O Bambino di Betlemme, tocca il cuore di quanti sono coinvolti nella tratta di esseri umani, affinché si rendano conto della gravità di tale delitto contro l’umanità. Volgi


il tuo sguardo ai tanti bambini che vengono rapiti, feriti e uccisi nei conflitti armati, e a quanti vengono trasformati in soldati, derubati della loro infanzia. Signore del cielo e della terra, guarda a questo nostro pianeta, che spesso la cupidigia e l’avidità degli uomini sfrutta in modo indiscriminato. Assisti e proteggi quanti sono vittime di calamità naturali, soprattutto il caro popolo filippino, gravemente colpito dal recente tifone. Cari fratelli e sorelle, in questo mondo, in questa umanità oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell’amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città

e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio.

AUGURIO NATALIZIO DOPO IL MESSAGGIO URBI ET ORBI A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio: buon Natale! In questo giorno illuminato dalla speranza evangelica che proviene dall’umile grotta di Betlemme, invoco il dono natalizio della gioia e della pace per tutti: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie, per i poveri e gli emarginati. Gesù, nato per noi, conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi. Buon Natale a tutti! http://www.vatican.va

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Santa Sede Angelus - Solennità di Maria SS.ma Madre di Dio XLVII giornata mondiale della pace PIAZZA SAN PIETRO, 1 GENNAIO 2014 Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon anno! All’inizio del nuovo anno rivolgo a tutti voi gli auguri di pace e di ogni bene. Il mio augurio è quello della Chiesa, è quello cristiano! Non è legato al senso un po’ magico e un po’ fatalistico di un nuovo ciclo che inizia. Noi sappiamo che la storia ha un centro: Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto, che è vivo tra noi; ha un fine: il Regno di Dio, Regno di pace, di giustizia, di libertà nell’amore; e ha una forza che la muove verso quel fine: la forza è lo Spirito Santo. Tutti noi abbiamo lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo, e Lui ci spinge ad andare avanti nella strada della vita cristiana, nella strada della storia, verso il Regno di Dio. Questo Spirito è la potenza d’amore che ha fecondato il grembo della Vergine Maria; ed è lo stesso che anima i progetti e le opere di tutti i costruttori di pace. Dove è

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un uomo o una donna costruttore di pace, è proprio lo Spirito Santo che li aiuta, li spinge a fare la pace. Due strade si incrociano oggi: festa di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace. Otto giorni fa è risuonato l’annuncio angelico: “Gloria a Dio e pace agli uomini”; oggi lo accogliamo nuovamente dalla Madre di Gesù, che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), per farne il nostro impegno nel corso dell’anno che si apre. Il tema di questa Giornata Mondiale della Pace è «Fraternità, fondamento e via per la pace». Fraternità: sulla scia dei miei Predecessori, a partire da Paolo VI, ho sviluppato il tema in un Messaggio, già diffuso e che oggi idealmente consegno a tutti. Alla base c’è la convinzione che siamo tutti figli dell’unico Padre celeste, facciamo parte della stessa famiglia umana e condividiamo un comune destino. Da qui deriva per ciascuno


la responsabilità di operare affinché il mondo diventi una comunità di fratelli che si rispettano, si accettano nelle loro diversità e si prendono cura gli uni degli altri. Siamo anche chiamati a renderci conto delle violenze e delle ingiustizie presenti in tante parti del mondo e che non possono lasciarci indifferenti e immobili: c’è bisogno dell’impegno di tutti per costruire una società veramente più giusta e solidale. Ieri ho ricevuto una lettera di un signore, forse uno di voi, che mettendomi a conoscenza di una tragedia familiare, successivamente elencava tante tragedie e guerre oggi, nel mondo, e mi domandava: cosa succede nel cuore dell’uomo, che è portato a fare tutto questo? E diceva, alla fine: “È ora di fermarsi”. Anche io credo che ci farà bene fermarci in questa strada di violenza, e cercare la pace. Fratelli e sorelle, faccio mie le parole di quest’uomo: cosa succede nel cuore dell’uomo? Cosa succede nel cuore dell’umanità? È ora di fermarsi! Da ogni angolo della terra, oggi i credenti elevano la preghiera per chiedere al Signore il dono della pace e la capacità di portarla in ogni ambiente. In questo primo

giorno dell’anno, il Signore ci aiuti ad incamminarci tutti con più decisione sulle vie della giustizia e della pace. E incominciamo a casa! Giustizia e pace a casa, tra noi. Si incomincia a casa e poi si va avanti, a tutta l’umanità. Ma dobbiamo incominciare a casa. Lo Spirito Santo agisca nei cuori, sciolga le chiusure e le durezze e ci conceda di intenerirci davanti alla debolezza del Bambino Gesù. La pace, infatti, richiede la forza della mitezza, la forza nonviolenta della verità e dell’amore. Nelle mani di Maria, Madre del Redentore, poniamo con fiducia filiale le nostre speranze. A lei, che estende la sua maternità a tutti gli uomini, affidiamo il grido di pace delle popolazioni oppresse dalla guerra e dalla violenza, perché il coraggio del dialogo e della riconciliazione prevalga sulle tentazioni di vendetta, di prepotenza, di corruzione. A lei chiediamo che il Vangelo della fraternità, annunciato e testimoniato dalla Chiesa, possa parlare ad ogni coscienza e abbattere i muri che impediscono ai nemici di riconoscersi fratelli www.vatican.va

Papa Francesco annuncia il pellegrinaggio in Terra Santa PIAZZA SAN PIETRO, 5 GENNAIO 2014 Dopo l’Angelus Fratelli e sorelle, nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un pellegrinaggio in Terra Santa. Scopo principale è commemorare lo storico incontro tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora, che avvenne esattamente il 5 gennaio, come oggi, di 50 anni fa. Le tappe saranno tre: Amman, Betlemme e Gerusalemme. Tre giorni. Presso il Santo Sepolcro celebreremo un Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Fin da ora vi domando

di pregare per questo pellegrinaggio, che sarà un pellegrinaggio di preghiera. www.vatican.va

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Santa Sede Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore Omelia del Santo Padre Francesco BASILICA VATICANA, 6 GENNAIO 2014

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umen requirunt lumine». Questa suggestiva espressione di un inno liturgico dell’Epifania si riferisce all’esperienza dei Magi: seguendo una luce essi ricercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore. In questo percorso dei Magi d’Oriente è simboleggiato il destino di ogni uomo: la nostra vita è un camminare, illuminati dalle luci che rischiarano la strada, per trovare la pienezza della verità e dell’amore, che noi cristiani riconosciamo in Gesù, Luce del mondo. E ogni uomo, come i Magi, ha a disposizione due grandi “libri” da cui trarre i segni per orientarsi nel pellegrinaggio: il libro della creazione e il libro delle Sacre Scritture. L’importante è essere attenti, vigilare, ascoltare Dio che ci parla, sempre ci parla. Come dice il Salmo, riferendosi alla Legge del Signore: «Lampada per i miei passi la tua parola, / luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Specialmente ascoltare il Vangelo, leggerlo, meditarlo e farlo nostro nutrimento spirituale ci consente di incontrare Gesù vivo, di fare esperienza di Lui e del suo amore. La prima Lettura fa risuonare, per bocca del profeta Isaia, l’appello di Dio a Gerusalemme: «Alzati, rivestiti di luce!» (60,1). Gerusalemme è chiamata ad essere la città della luce, che riflette sul mondo la luce di Dio

e aiuta gli uomini a camminare nelle sue vie. Questa è la vocazione e la missione del Popolo di Dio nel mondo. Ma Gerusalemme può venire meno a questa chiamata del Signore. Ci dice il Vangelo che i Magi, quando giunsero a Gerusalemme, persero per un po’ la vista della stella. Non la vedevano più. In particolare, la sua luce è assente nel palazzo del re Erode: quella dimora è tenebrosa, vi regnano il buio, la diffidenza, la paura, l’invidia. Erode, infatti, si mostra sospettoso e preoccupato per la nascita di un fragile Bambino che egli sente come un rivale. In realtà Gesù non è venuto ad abbattere lui, misero fantoccio, ma il Principe di questo mondo! Tuttavia il re e i suoi consiglieri sentono scricchiolare le impalcature del loro potere, temono che vengano capovolte le regole del gioco, smascherate le apparenze. Tutto un mondo edificato sul dominio, sul successo sull’avere, sulla corruzione è messo in crisi da un Bambino! Ed Erode arriva fino a uccidere i bambini. «Tu uccidi i bambini nella carne perché la paura ti uccide nel cuore» - scrive san Quodvultdeus (Disc. 2 sul Simbolo: PL 40, 655). È così: aveva paura, e per questa paura è impazzito. I Magi seppero superare quel pericoloso momento di oscurità presso Erode, perché credettero alle Scritture, alla parola dei profeti che indicava in Betlemme il luogo della nascita del Messia. Così sfuggirono al torpore della notte del mondo, ripresero la strada verso Betlemme e là videro nuovamente la stella, e il Vangelo dice che

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provarono «una gioia grandissima» (Mt 2,10). Quella stella che non si vedeva nel buio della mondanità di quel palazzo. Un aspetto della luce che ci guida nel cammino della fede è anche la santa “furbizia”. È una anche virtù questa, la santa “furbizia”. Si tratta di quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli. I Magi seppero usare questa luce di “furbizia” quando, sulla via del ritorno, decisero di non passare dal palazzo tenebroso di Erode, ma di percorrere un’altra strada. Questi saggi venuti da Oriente ci insegnano come non cadere nelle insidie delle tenebre e come difenderci dall’oscurità che cerca di avvolgere la nostra vita. Loro, con questa santa “furbizia” hanno custodito la fede. E anche noi dobbiamo custodire la fede. Custodirla da quel buio. Ma, anche, tante volte, un buio travestito di luce! Perché il demonio, dice san Paolo, si veste da angelo di luce, alcune volte. E qui è necessaria la santa “furbizia”, per custodire la fede, custodirla dai canti delle Sirene, che ti dicono: “Guarda, oggi dobbiamo fare questo, quello...” Ma la fede è una grazia, è un dono. A noi tocca custodirla con questa santa “furbizia”, con la preghiera, con l’amore, con la carità. Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e, nello stesso tempo, coltivare quella furbizia

spirituale che sa coniugare semplicità ed astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: «Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16). Nella festa dell’Epifania, in cui ricordiamo la manifestazione di Gesù all’umanità nel volto di un Bambino, sentiamo accanto a noi i Magi, come saggi compagni di strada. Il loro esempio ci aiuta ad alzare lo sguardo verso la stella e a seguire i grandi desideri del nostro cuore. Ci insegnano a non accontentarci di una vita mediocre, del “piccolo cabotaggio”, ma a lasciarci sempre affascinare da ciò che è buono, vero, bello… da Dio, che tutto questo lo è in modo sempre più grande! E ci insegnano a non lasciarci ingannare dalle apparenze, da ciò che per il mondo è grande, sapiente, potente. Non bisogna fermarsi lì. È necessario custodire la fede. In questo tempo è tanto importante questo: custodire la fede. Bisogna andare oltre, oltre il buio, oltre il fascino delle Sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità che oggi ci sono, andare verso Betlemme, là dove, nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma e un papà pieni d’amore e di fede, risplende il Sole sorto dall’alto, il Re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci, cerchiamo la Luce e custodiamo la fede. Così sia! www.vatican.va

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Curia Custodiale Sollemnitas Nativitatis Domini Nostri Jesu Christi 2013 LITTERÆ MINISTRI GENERALIS ORDINIS FRATRUM MINORUM

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ome i primi frati, anche noi siamo invitati a discernere in che modo possiamo vivere fedelmente e gioiosamente il messaggio di comunione e amore nella nostra quotidianità personale, nelle nostre fraternità e nella missione evangelizzatrice che svolgiamo. Molti di voi, cari fratelli, sono impegnati a vivere in comunione con Dio e cercano di condividere l’esperienza e il messaggio del Suo amore infinito con tutte le persone, specialmente con i poveri e con tutti coloro che soffrono le conseguenze della violenza, della povertà e dello

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sfruttamento abusivo dell’ambiente naturale. In questo periodo di amore, luce, speranza e gioia vogliamo ricordare e rivolgerci ai nostri fratelli in Siria, che sono circondati dai conflitti e dalle violenze: la vostra cura per tutta la popolazione siriana in nome dell’amore e della riconciliazione infonde speranza e rivela Dio “che abita in mezzo a noi”. www.ofm.org


In principio era il Verbo… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,1.14) Francesco meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro. (1Cel, XXX).

Carissimi fratelli, la pienezza della pace, della speranza e della gioia di Dio sia con tutti voi in questo tempo di Natale!

I francescani e il messaggio natalizio Nella sua biografia Tommaso da Celano presenta san Francesco come un uomo totalmente centrato su Gesù Cristo, “la Parola fatta carne” che abita in mezzo a noi. La meditazione incessante ha permesso a Francesco di arrivare a conoscere Gesù intimamente e a essere conosciuto dal Signore della Vita. È stata questa relazione profonda con il Signore Gesù, coltivata attraverso l’incontro abituale nella preghiera, che ha consolidato il suo approccio al Vangelo vivente nella vita quotidiana. La consapevolezza di essere abbracciato da Dio e, di conseguenza, l’aver abbracciato il messaggio di Gesù ha trasformato ogni suo pensiero, emozione e azione ed è diventato fonte di ispirazione per altri. Il suo amore incandescente per Dio, un amore che si riversava in tutte le sue relazioni, era così profondo da permettere a Francesco di riconoscere chiaramente l’immagine di Dio presente in tutte le persone e in tutto il creato, senza eccezione alcuna. L’Incarnazione ha assunto un significato speciale per Francesco, i suoi fratelli e tutte le altre persone presenti a Greccio nel 1223, dove ha avuto luogo la rappresentazione scenica della nascita del Salvatore, attraverso la quale Francesco intendeva celebrare l’amore di Dio contagioso e illimitato. In

tal modo Francesco ha contribuito a risvegliare nei cuori di tutti presenti un bruciante desiderio di conoscere, amare e servire Cristo povero in santità e giustizia, mostrando una particolare cura per i poveri, gli emarginati e i migranti di tutto il mondo. Dopo la morte di Francesco, i frati si sono assunti il compito di comprendere, sistematizzare e divulgare la sua intuizione originaria. Riflettendo sugli atteggiamenti, i comportamenti, le preghiere e gli scritti di Francesco, sono giunti a riconoscere che la sua intuizione più importante è stata la scoperta e la celebrazione di un Dio che è relazionale, che crea tutto nell’amore e destina tutto all’amore. Dio è Uno ma è anche relazionale. Da questo, sono arrivati a comprendere che Dio è Trino, una comunione di Unità che cerca sempre di riversarsi al di fuori di sé nell’amore e nella bontà o, per citare un assioma medievale, “ bonum est diffusivum sui” (per sua natura il bene è auto-diffusivo). Il Padre è la prima Persona, produttiva e effusiva, e dalla primaria fecondità del Padre provengono il Figlio e lo Spirito1. Per il Beato Giovanni Duns Scoto il mistero dell’Incarnazione non è stata la risposta di Dio al peccato dell’uomo; piuttosto, l’Incarnazione della Parola divina era da sempre parte del piano di Dio, espressione del suo desiderio di portare a pienezza la comunione e l’amore che Egli nutre per tutto il frutto 1

Cfr. Kenan B. Osborne, La tradizione intellettuale francescana: origini ed elementi centrali. The Franciscan Institute, 2003, pp. 55-67.

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Curia Custodiale della sua opera creatrice, ossia per tutta l’umanità e per tutto il creato. La comunione e l’amore che fluiscono da Dio in Gesù devono caratterizzare anche la qualità delle relazioni reciproche che la gente vive. Come i primi frati, anche noi siamo invitati a discernere in che modo possiamo vivere fedelmente e gioiosamente il messaggio di comunione e amore nella nostra quotidianità personale, nelle nostre fraternità e nella missione evangelizzatrice che svolgiamo. Molti di voi, cari fratelli, sono impegnati a vivere in comunione con Dio e cercano di condividere l’esperienza e il messaggio del Suo amore infinito con tutte le persone, specialmente con i poveri e con tutti coloro che soffrono le conseguenze della violenza, della povertà e dello sfruttamento abusivo dell’ambiente naturale. In questo periodo di amore, luce, speranza e gioia vogliamo ricordare e rivolgerci ai nostri fratelli in Siria, che sono circondati dai conflitti e dalle violenze: la vostra cura per tutta la popolazione siriana in nome dell’amore e della riconciliazione infonde speranza e rivela Dio “che abita in mezzo a noi”. Ricordiamo anche i nostri fratelli che vivono nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e assistono alla disumanizzazione del popolo di Dio per mano delle fazioni belligeranti e degli avidi interessi sia all’interno che al di fuori del Paese: la promessa portata dall’Incarnazione, la promessa del dono della pace e della riconciliazione possa diventare presto realtà per tutti quei popoli della vostra regione. A tutti voi, nostri fratelli che in Europa, Africa, Messico, America Centrale e Latina, Stati Uniti, Australia, Libano e in tante altre parti del mondo vi dedicate con amore ad accogliere i migranti, i quali in numero sempre maggiore hanno lasciato le loro terre e i loro Paesi alla ricerca di sicurezza, pace, dignità e nuove opportunità, a tutti voi giunga il nostro ringraziamento, perché avete aperto la vostra vita e le vostre fraternità agli ultimi dell’umanità. Preghiamo anche per voi, fratelli, che vi premurate di servire coloro che patiscono le conseguenze devastanti del cambiamento climatico e delle disastrose catastrofi naturali, ad Haiti e, ultimamente, anche nelle Filippine, dove sostenete con amore e cura le vittime del tifone Haiyan, dimostrando la vicinanza di Dio, la cui volontà è sempre quella di portare vita e speranza al mondo.

Rispondere al dono di Gesù Cristo Una delle sfide che ci viene offerta nel dono

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dell’Incarnazione è quella di uscire da noi stessi per raggiungere tutta l’umanità, così come Dio raggiunge noi. “Evangelizzare presuppone nella Chiesa la ‘parresìa’ di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”: queste parole pronunciate dall’ancora Cardinale Jorge Mario Bergoglio nonché Arcivescovo di Buenos Aires riflettono una visione particolarmente “francescana” dell’Incarnazione e delle sue conseguenze per la Chiesa e per il mondo. Papa Francesco da sempre ha espresso e continua a manifestare le sue serie preoccupazioni riguardo al pericolo che la Chiesa diventi auto-referenziale e si chiuda su se stessa, vivendo una vita narcisistica. Un tale atteggiamento indebolirebbe notevolmente la capacità della Chiesa di svolgere la sua missione, che è quella di vivere e proclamare il Vangelo. Egli fa riferimento a un testo tratto dal Libro dell’Apocalisse, dove viene presentato Gesù che bussa alla porta (Ap 3,20); ma, mentre nel testo biblico viene presentato Gesù che bussa dall’esterno per entrare, il Santo Padre ci invita a riflettere sulle volte che Gesù bussa dall’interno per uscire. Una Chiesa auto-referenziale – un Ordine auto-referenziale – tiene sotto chiave Gesù, ben chiuso dentro e gli impedisce di uscire. Ancora, il Papa ci ricorda due immagini di Chiesa: una ascolta la Parola di Dio con riverenza e la proclama con fede; l’altra vive di se stessa, chiusa in se stessa e per se stessa. Stiamo assistendo all’insistenza con cui Papa Francesco propone


come prioritario l’andare verso le periferie del mondo, e come con il suo zelo apostolico e la sua semplice umanità stia coinvolgendo tutti, mentre cerca di capire i loro problemi e di trovare soluzioni insieme a tutte le persone di buona volontà. E la gente di tutto il mondo, cattolici e non, sta rispondendo con entusiasmo. E noi, uomini di Vangelo e membri dell’Ordine dei Frati Minori, come possiamo imitare nella nostra quotidianità l’abbraccio con cui Papa Francesco si rivolge a tutta l’umanità, il suo desiderio di amare, di mostrare misericordia e di aprire il cuore agli altri, così come Dio apre il suo cuore all’umanità?

Diventare messaggeri di pace e di gioia per il mondo Cari fratelli, dobbiamo chiederci come possiamo vivere e condividere il messaggio di comunione e di amore che noi stessi abbiamo ricevuto in dono da Dio in e attraverso il suo amatissimo Figlio. Come possiamo donare speranza, gioia e pace l’uno all’altro in fraternità e alla gente che ci circonda? Come possiamo “fare la differenza” in questo nostro mondo, incarnando una compassione particolare per gli oppressi e i deboli? L’Incarnazione, ossia l’amore e la comunione che Dio riversa in ciascuno di noi, nel mondo intero e in tutto il creato, quale differenza genera nella nostra vita di Frati Minori? Una risposta ci viene offerta dalla testimonianza di Papa Francesco, il quale ci sollecita continuamente ad andare nelle peri-

ferie esistenziali del mondo, incarnando una Chiesa e un Ordine aperti alle “gioie e alle speranze, ai dolori e alle angosce” della gente del nostro tempo. Anche san Francesco ci offre esplicite raccomandazioni pratiche e concrete su come possiamo manifestare l’amore e la comunione di Dio: così come egli ha testimoniato in tutte le sue relazioni, anche noi siamo chiamati ad avvicinarci alla gente con cortesia e rispetto, con gli orecchi e il cuore in grado di ascoltare il mormorio del loro cuore, accogliendo e facendo nostre le loro sofferenze e il loro desiderio di un mondo rinnovato. Come san Francesco, siamo invitati ad essere tenaci nei nostri impegni e nel nostro servizio, tenendo fisso lo sguardo sulla meta e restando fedeli alla nostra promessa di camminare con il popolo di Dio, specialmente con i poveri e gli oppressi, in umiltà e con il cuore rivolto al Signore. Anche noi, come san Francesco, dobbiamo compiere passi concreti – ricostruire una chiesa in rovina – per poter essere oggi la presenza riconciliante di Dio nel mondo, un mondo assetato di pace. Cari fratelli, la potenza dell’amore di Dio, un amore riversato in Cristo Gesù attraverso la Vergine Maria, vi doni sostegno e incoraggiamento. L’amore materno di Maria possa infiammare il vostro cuore. E possiamo tutti noi essere messaggeri della pace, della gioia e della speranza di Dio in un mondo che brama dissetarsi alle sorgenti della Buona Novella. Buon Natale!

Roma, 8 Dicembre 2013 Solennità della Immacolata Concezione B.V.M.

Vostro fratello in Cristo e Francesco,

Fr. Michael A. Perry, OFM Ministro Generale Prot. 104340

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Patriarcato Latino Messaggio di Natale ai giornalisti GERUSALEMME, 18 DICEMBRE 2013

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ari amici e fedeli della Terra Santa, la solennità del Natale conduce gli sguardi del mondo a dirigersi verso Betlemme. È proprio da qui, nel mezzo dei conflitti e della violenza che stanno lacerando il nostro Medio Oriente, che si diffonde la tenerezza del mistero del Natale. In questo momento il nostro cuore non può dimenticare gli abitanti della Siria e, tra di loro, i rifugiati nei paesi vicini; e non può dimenticare tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Penso in particolar modo ai migranti filippini che vivono nella nostra Diocesi, in Giordania e Israele e che sono stati colpiti dal terribile tifone che si è recentemente abbattuto sulle Filippine, causando molte vittime. Amici giornalisti, vi siamo riconoscenti e apprezziamo la vostra disponibilità a diffondere notizie che riguardano l’attualità della Terra Santa, in modo che non sia dimenticata. Nonostante l’attenzione mondiale non sia più focalizzata sulla situazione della Terra Santa, ma si sia spostata alla tragedia della Siria, si deve affermare che il conflitto israelopalestinese rimane decisivo nella regione, costituendo un grave ostacolo alla stabilità del Medio Oriente. In quest’ottica, vorrei fare un bilancio alla fine di quest’anno, ripercorrendo con voi alcuni eventi felici e altri difficili. Si tratta di un’occasione per prepararsi, su queste basi, ad affrontare il prossimo anno. 1. Santa Sede Presente alla Messa di inizio del ministero petrino di Papa Francesco, celebrata a Roma il 19 marzo, ho avuto modo quest’anno di incontrare diverse volte il Santo Padre. Egli ha a cuore la Terra Santa e il Medio Oriente. Le sue frequenti dichiarazioni ed appelli ci hanno dato prova che la Santa Sede continua a mantenere la stessa posizione riguardo alla nostra regione. Davanti a tutti i Patriarchi e Arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche riunitisi a Roma il 21 novembre scorso, Papa Francesco ha espresso la sua “grande apprensione e premura” per noi, invitandoci a “non rassegnarci ad un Oriente senza cristiani”. Per quanto riguarda l’accordo economico, che sta per essere concluso, tra Israele e Santa Sede, vorrei ricordare che sia l’Impero Ottomano, sia gli Inglesi, sia la Giordania - e lo stesso Israele per più di vent’anni - hanno

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rispettato lo status quo che prevedeva l’esenzione delle tasse per le Chiese. Ai nostri giorni, invece, Israele vuole introdurre dei cambiamenti ... L’importante è che non si tocchi Gerusalemme Est; la questione si trova ancora sul tavolo dei negoziati. Noi non vogliamo in alcun modo che questi accordi abbiano un’implicazione politica che cambi lo status di Gerusalemme Est, occupata nel 1967. 2. Vita della Chiesa Madre La nostra Diocesi ha concluso l’Anno della Fede il 17 novembre a Nazareth con una celebrazione che ha visto la presenza di circa 7.000 fedeli appartenenti alle diverse Chiese cattoliche di Terra Santa e alla Chiesa universale (c’erano pellegrini di altri paesi). Ringraziamo il Ministero del Turismo Israeliano che ha assicurato tutte le infrastrutture ed ha contribuito alla buona riuscita di questo evento. Durante l’estate siamo stati lieti di veder partire per la GMG di Rio de Janeiro ben 120 giovani di Terra Santa. 3. La situazione politica La situazione in Medio Oriente sta diventando sempre più complessa e drammatica. Gli scenari che si sono visti in Siria e in Iraq si possono ripetere altrove - come accaduto in Egitto e in Libia. L’instabilità colpisce tutti i fedeli, che sono tentati di emigrare. Nella Striscia di Gaza gli abitanti subiscono gli effetti dell’embargo israeliano e anche di quello egiziano. Per impedire che il conflitto si estenda a tutta la regione, si dovrebbe stabilire immediatamente in Siria un ‘cessate il fuoco’ duraturo, impedendo ogni ingresso di armi dall’esterno.


Patriarcato Latino Visto che il problema siriano non potrà essere risolto con la forza delle armi, invitiamo i leader politici della nostra regione e del mondo occidentale ad assumersi le proprie responsabilità per trovare una soluzione politica accettabile che metta fine all’assurda violenza e rispetti la dignità delle persone. Voi siete tutti testimoni diretti della sofferenza delle vittime e dei rifugiati siriani soprattutto durante la fredda stagione invernale. Il Patriarcato latino esprime la propria gratitudine alla Caritas di Giordania e a tutti gli organismi umanitari internazionali per il servizio di carità e di solidarietà che si impegnano ad offrire a questa povera gente. I colloqui israelo-palestinesi sono ripresi a fine luglio, dopo tre anni di interruzione. Ma gli sforzi sono ostacolati dalla colonizzazione israeliana. Fino a quando questo problema non sarà risolto, i popoli della nostra regione continueranno a soffrire. Il verdetto relativo al Processo Cremisan - che nel mese di aprile 2013 ha approvato la prosecuzione della costruzione del muro di separazione -, nonché la demolizione, qualche settimana fa, di una casa del Patriarcato Latino a Gerusalemme Est, sono segni di un aggravamento della situazione e non contribuiscono in alcun modo al processo di pace. Un fatto compiuto con la forza non può divenire fonte di un nuovo diritto. D’altro canto, il 16 dicembre i ministri degli esteri europei hanno promesso che l’Unione europea darà un sostegno politico, economico e di sicurezza “senza precedenti” a Israeliani e Palestinesi se le due parti riusciranno a concludere gli accordi di pace. È un buon motivo per sperare. 4. Ecumenismo e dialogo interreligioso I cattolici di Terra Santa hanno celebrato (tranne qualche eccezione) la Pasqua il 5 maggio insieme agli ortodossi. Unificare la data della Pasqua non è facile, ma è un primo passo verso l’unità completa e richiede sforzo da parte di ognuno. Il Summit internazionale “Le sfide degli arabi cristiani” tenutosi il 3 e 4 settembre ad Amman sotto gli auspici del re di Giordania e che ha visto riuniti più di 70 patriarchi e capi delle comunità cristiane della regione, ha discusso sulle conseguenze della Primavera araba anche sulle comunità cristiane e ha avuto il coraggio di parlare di una necessaria modifica della Costituzione nei paesi arabi, in modo che i cristiani possano sentirsi a casa come tutti gli altri cittadini, con tutti i diritti e i doveri inerenti, tra cui la libertà religiosa.

Condanniamo ogni forma di fondamentalismo religioso. Abbiamo constatato che quest’anno nella nostra Diocesi si è verificato un aumento degli atti di vandalismo che hanno interessato una ventina di luoghi santi o di luoghi di culto, presi di mira dagli estremisti. 5. Priorità e progetti del Patriarcato Per costruire la pace e far fronte alle correnti estremiste con spirito profetico, la Chiesa cattolica investe sull’educazione, gestendo 58 scuole in Palestina, 20 in Israele e 40 in Giordania, oltre che diverse università, tenute anche da alcune congregazioni religiose. Il 30 maggio ha avuto luogo la solenne inaugurazione dell’Università americana di Madaba, alla presenza del Re di Giordania, dei membri del Governo, di molti ambasciatori e del Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il Cardinal Sandri. Nei mesi di febbraio e di marzo, sono state consegnate ai rispettivi residenti le chiavi dei 72 appartamenti del nuovo complesso residenziale di Beit Safafa. Questo progetto abitativo mira ad assicurare un tetto a tante famiglie cristiane locali, onde evitare l’emigrazione. 6. Agenda 2014 Tra gli appuntamenti previsti per l’anno prossimo, ricordiamo: - La visita del Papa in Terra Santa, prevista nel prossimo mese di maggio, prima in Giordania e poi in Israele / Palestina; - La visita negli Stati Uniti ai nostri cristiani della diaspora, nel luglio 2014; - Il Sinodo straordinario sulla Famiglia che si terrà a Roma dal 5 al 19 ottobre 2014, avente come tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto della evangelizzazione”. 7. Conclusione In conclusione, insieme ai miei Vicari, ai sacerdoti e ai fedeli della Terra Santa, elevo la mia preghiera a Dio affinché i cristiani, gli ebrei e i musulmani trovino nella propria eredità spirituale degli spazi comuni nei quali poter lavorare insieme per porre fine all’ingiustizia, all’oppressione, all’ignoranza e a tutti gli atti malvagi che distruggono il dono di Dio a noi – la dignità umana. Che il Bambin Gesù in questa festa doni la pace a tutti i popoli della regione. Buon Natale. Grazie. + Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme http://it.lpj.org

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Patriarcato Latino Patriarchi e capi delle Chiese cristiane in Gerusalemme «IN LUI ERA LA VITA E LA VITA ERA LA LUCE DEGLI UOMINI E LA LUCE SPLENDE NELLE TENEBRE, MA LE TENEBRE NON L’HANNO ACCOLTA» (GV 1, 4-5).

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oi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, condividiamo con voi la gioia di questo tempo di Natale. La nostra vicinanza fisica alla città di Betlemme, dove l’Incarnazione ha avuto luogo, ci ricorda costantemente la sua magnifica realtà. Lodiamo Dio per il Verbo fatto carne nella persona di Gesù Cristo, formato nel sangue puro della Beata Vergine Maria, che ha fatto la volontà di Dio nel cooperare al suo piano divino. Noi lodiamo Dio per i pastori nei campi sotto Betlemme – la gente comune, senza stato o grado che è stata scelta per essere la prima ad udire la Buona Novella della nascita del nostro Salvatore. Lodiamo Dio per gli angeli con il loro messaggio di gloria a Dio e pace agli uomini e alle donne. Lodiamo Dio per i saggi, re d’Oriente, attraverso la cui intermediazione la Teofania di Dio è stata rivelata alle nazioni. A volte è facile dimenticare che il primo Natale ha avuto luogo in un contesto di forte instabilità politica. L’Impero romano, occupante, era una potente realtà, e qui nel paese di Dio c’erano molti gruppi con rivendicazioni concorrenti e diverse appartenenze. La storia di vendetta di Erode contro i bambini di Betlemme ci ricorda che la violenza era all’ordine del giorno. Il mondo in cui Gesù è venuto non era molto diverso dalla situazione attuale qui in Medio Oriente, dove viviamo oggi. La violenza è vista da alcuni come l’unico modo per imporre l’ordine e garantire la sicurezza; per altri, come l’unico modo per resistere all’oppressione e all’ingiustizia. Crediamo fermamente che la violenza non è la soluzione e che Gesù, il «Principe della Pace», è venuto a mostrarci non solo come riconciliarci con Dio, ma anche come riconciliarsi gli uni con l’altro. La pace deve cominciare nel cuore dell’uomo riconoscendo una comune umanità con ogni persona che è stata creata a immagine di Dio. Nei primi mesi della sua vita, il bambino Gesù ha dovuto essere portato da Maria e Giuseppe in Egitto come un rifugiato in cerca di un luogo sicuro. Questo porta alla mente le molte centinaia di migliaia di persone che in questa regione hanno dovuto fare dei viaggi simili a

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quelli dei rifugiati, lasciando le loro case e tutto ciò che è familiare, naturalmente in cerca di un futuro. Vi invitiamo questo Natale a pregare specificamente per loro, per tutte le organizzazioni di sostegno che li sostengono e per i leader del nostro mondo perché cerchino di creare una situazione in cui la ricerca di rifugio non sarà necessaria. In mezzo a queste realtà difficili, noi ci rallegriamo che la luce di Cristo brilla ancora – anche nei luoghi più bui. Come il Verbo divino si è fatto carne nel Bambino di Betlemme, preghiamo che il Verbo di amore, gioia e pace di Dio, continui a farsi carne oggi, nel momento in cui apriamo i nostri cuori e le nostre vite alla sua divina presenza in mezzo a noi. Nel cuore della fede cristiana, vi auguriamo un gioioso Natale nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen + Patriarca Teofilo III, Patriarcato greco-ortodosso + Patriarca Fouad Twal, Patriarca latino + Patriarca Norhan Manougian, Patriarca della Chiesa ortodossa armena apostolica + P. Pierbattista Pizzaballa, OFM, Custode di Terra Santa + Mons. Anba Abraham, Patriarcato copto-ortodosso, Gerusalemme + Arcivescovo Swerios Malki Mourad, Patriarcato siro-ortodosso + Mons. Daniel Aba, Patriarcato ortodosso etiope + Mons. Joseph-Jules Zerey, Patriarca melchita + Arcivescovo Mosa El-Hage, Esarcato maronita + Mons. Suheil Dawani, Chiesa episcopale di Gerusalemme e del Medio Oriente + Mons. Munib Younan, Chiesa evangelica luterana di Giordania e Terra Santa + Mons. Pierre Malki, Esarcato siro-cattolico + Mons. Joseph Antoine Kelekian, Esarcato armeno cattolico (Natale 2013) http://it.lpj.org


Curia Custodiale Sintesi del verbale del Discretorio 7 DICEMBRE 2013

Il

Discretorio si è riunito presso gli Uffici della Curia custodiale a San Salvatore. Nel corso dei lavori, tra gli altri, sono stati trattati i seguenti temi: 1. Il Custode ha informato il Discretorio sulla situazione dei frati ammalati, in particolare di p. Vianney Delalande e p. Virginio Ravanelli. 2. Il P. Custode ha esposto quanto trattato durante i lavori del CPO (Consiglio Plenario dell’Ordine), svoltosi in Polonia ed in cui, spesso, è stata evidenziata una positiva attenzione alla Provincia di Terra Santa. Tra le altre cose si è presentata al Capitolo l’eventualità di pensare ad una Conferenza di entità facenti parte del bacino del Mediterraneo. Il Ministro Generale ha nominato il Vicario generale, fra Julio César Bunader incaricato di curare le relazioni con la Custodia. Il Definitorio Generale ha creato la Commissione economica permanente di accompagnamento alla nostra amministrazione ed a breve verrà scelta ed assunta direttamente dall’Ordine la società per l’audit. La comunicazione ufficiale arriverà a breve.

3. In un incontro presso la Delegazione di Terra Santa a Roma, il padre Custode ha portato i saluti di tutta la Custodia al neo-eletto vescovo di Aleppo, Mons. George Abou-Khazen, con il quale inoltre si sono discusse alcune questioni riguardanti la situazione in Siria. 4. Santuari. È stata creata una commissione ad hoc, formata da tre Discreti, Fra Stéphane Milovitch, fra Sinisa Srebrenović e fra Marcelo Cichinelli, che accompagnati dal Guardiano del Santuario di turno interessato, esamineranno questioni di arredo liturgico, di restauro e di adattamento dei santuari alle varie necessità. È stato inoltre approvato il nuovo

programma generale del Santuario del Getsemani. 5. Tavole di Famiglia. Sono state prese in esame varie situazioni personali, le diverse richieste pervenute al Discretorio e si è analizzata la situazione in alcune regioni, specialmente Cipro e Siria. Il Discretorio ha preso atto della consultazione della comunità di Betlemme e ha nominato Discreti locali fra Nerwan Nasser, fra John Bomah e fra Carlo Cecchitelli. 6. Regione San Paolo. Poiché la situazione di guerra non consente di convocare il Capitolo Regionale al quale tutti possano partecipare, il Discretorio, su richiesta del Ministro Regionale, avvierà una consultazione con tutti i frati presenti nella Regione, al fine di eleggere i tre Consiglieri, come previsto dagli Statuti. 7. Questioni Economiche. Sono stati approvati: - alcuni lavori di ristrutturazione presso la Casa Nova di Tiberiade, a spese della Casa Nova stessa; - la costruzione di una piccola foresteria presso Gerico, a spese di alcuni benefattori; - alcuni lavori di restauro presso il convento di Larnaca; - migliorie presso la scuola di terra Santa a Giaffa, a spese della scuola stessa; - il budget ordinario della Biblioteca Custodiale; - un primo riordino del parco automobili a disposizione dei religiosi in Terra Santa, con particolare attenzione alle richieste pervenute dalla comunità di Betlemme; - il riordino dell’ufficio fotografico della Custodia.

Fra Sergio Galdi ofm Segretario di Terra Santa

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Curia Custodiale Synthesis of the minutes of the Discretorium 7 DECEMBER 2013

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he Discretorium met in the offices of the Custodial Curia in Saint Saviour. Among other items on the agenda, it discussed the following themes: 1. The Custos informed the Discretorium regarding the condition of the sick friars, particularly regarding Fr. Vianney Delalande and Fr. Virginio Ravanelli. 2. The Father Custos briefed the members of the Discretorium regarding the results of the work of the Plenary Council of the Order that was held in Poland, during which positive attention to the Holy Land Custody was often shown. Among other things the Chapter considered the eventuality of thinking about a Conference of entities that form part of the Mediterranean basin. The Minister General has entrusted the Vicar General, Fr. Julio César Bunader with the task of taking care of relations with the Custody. The General Definitorium has created a permanent Commission for economy to follow our administration. The Order will shortly entrust the audit of the Custody’s financies to a firm. The official communication will arrive shortly. 3. In a meeting held at the Delegation of the Holy Land in Rome, the Father Custos has conveyed the congratulations of the Custody to the newly-elect bishop of Aleppo, Monsignor George Abou-Khazen, with whom he also discussed some questions regarding the current situation in Syria. 4. Shrines. A new ad hoc commission, made up of three Discreets, namely Fr. Stéphane Milovitch, Fr. Siniša Srebrenović and Fr. Marcelo Cichinelli, who will be accompanied by a Guardian of a Shrine chosen by turn, in order to examine questions regarding liturgical decorations, restorations and the adaptation of the shrines to various necessities. A new general programme for the Shrine of Gethsemani has also been approved.

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5. Composition of fraternities. Various personal situations have been examined, as well as various requests presented to the Discretorium, and the situation in some regions, especially Cyprus and Syria, has been examined. The Discretorium has taken note of the consultation held in the community of Bethlehem, and has nominated as local Discreets, Fr. Nerwan Nasser, Fr. John Bomah and Fr. Carlo Cecchitelli. 6. Region of Saint Paul. Since the current situation of war does not permit the convocation of the Regional Chapter in which all would be able to participate, the Discretorium, upon the request of the Regional Minister, will start a consultation with all the friars present in the Region, in order to elect three Counsellors, as it is laid down in the Statutes. 7. Economical issues. The following have been approved: - some works of restructuring of the Casa Nova of Tiberias, to be paid by the same Casa Nova; - the construction of a small guest house in Jericho, to be paid by some benefactors; - some works of restoration in the friary of Larnaca; - refurbishing at the Terra Sancta school in Jaffa, to be paid by the school itself; - the ordinary budget of the Custodial Library; - a first reorganisation of the car park reserved for the friars of the Holy Land, with particular attention to the requests that have arrived from the commnity of Bethlehem; - the reorganisation of the photographic office of the Custody. Fr. Sergio Galdi ofm Secretary of the Holy Land


CRONACA INCONTRI DEL CUSTODE IN ITALIA Il Custode di Terra Santa: Guerre in Medio Oriente non accusate le religioni VERONA, 2 DICEMBRE 2013

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a presenza cristiana nei Luoghi Santi è un dovere. Padre Pierbattista Pizzaballa, francescano, Custode di Terra Santa, ha offerto panoramica sulla condizione reale dei cristiani che vivono tuttora nella terra di Gesù, invitato a Verona dal Centro di cultura europea sant’Adalberto e dalla Fondazione Giorgio Zanotto. Padre Pizzaballa, parlando alla Gran Guardia, ha sottolineato come quella dei cristiania Gerusalemme, tra maggioranza ebraica (500mila persone) e musulmani (250mila), sia la situazione di una minoranza. “I cristiani sono circa 10 mila, divisi in tante comunità e questa frammentazione rende sempre più difficile difendere il carattere cristiano della città. In Israele il cristiano ha seri problemi d’identità: cittadino israeliano ma non ebreo, arabo ma non musulmano. È quindi una minoranza dentro una minoranza. Non ci sono dal punto di vista della legge delle discriminazioni, ci sono però di fatto disuguaglianze di trattamento, in particolare per i cristiani. Non perché la legge lo preveda, ma perché di fatto nella vita sociale una minoranza non è visibile

e spesso non è presa in considerazione. Chi lavora nel territorio sa che si deve vivere insieme; non perdiamo la speranza nella preghiera comune, di trovare la forza per continuare, nonostante tutto, a stare insieme e a dare testimonianza di comune umanità. Di fronte ai conflitti che insanguinano l’intera area, quello che sentiamo è tanta paura, tanta desolazione da parte della gente, ma anche rabbia. Molto spesso, quando si parla di Medio Oriente, si usa la religione in maniera strumentale; in realtà, sono lotte di potere tra fazioni, tra Paesi stranieri che vogliono avere il controllo. Né l’islam né il cristianesimo stanno alimentando queste guerre”. Il Custode di Terra Santa crede fermamente al proseguimento della convivenza tra fedi e culture diverse. “Abbiamo visto chiese distrutte anche in Egitto, oltre che in Siria; problematiche e difficili ma non dobbiamo fermarci a questo. Sono molti dipiù gli esempi di collaborazione e di aiuto e di convivenza storica, tradizionale tra le due comunità, che deve continuare e deve prevalere. Infine, di fronte alla domanda sul significato dei pellegrinaggi in Terra Santa, Padre Pizzaballa ha affermato che: “abitare i Luoghi Santi è un dovere prima ancora che un diritto di ogni cristiano e ciascuno però con modalità diverse. La Chiesa universale deve abitare quei luoghi e sentirli con il pellegrinaggio venendo in Terra Santa; la comunità cristiana, vivendo in quei luoghi, facendo memoria dei luoghi dove Gesù è nato, morto e risorto. Ma alzando lo sguardo. Noi non vogliamo essere testimoni del sepolcro vuoto di Cristo, il messaggio cristiano è uno slancio di speranza perché Cristo è risorto e il nostro contributo deve essere questo. Non ci pieghiamo: guardiamo avanti”. (estratto da L’ARENA - 5 Dicembre 2013)

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Curia Custodiale MAGDALA Open: una firma che traccia la storia VICENZA, 3 DICEMBRE 2013

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n accordo storico, unico nel suo genere, quello firmato ieri martedì 3 dicembre dal Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa e il Vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol: il sito archeologico di Magdala, sul lago di Galilea, sarà presto sistemato per l’apertura al pubblico dove i volontari, coordinati dall’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, si alterneranno per prestarvi servizio. Ricchi di spunti e di curiosità storicoarcheologiche gli interventi introdotti da don Raimondo Sinibaldi, direttore dell’Ufficio Pellegrinaggi di Vicenza. La firma, infatti, è stata preceduta da un alternarsi di voci autorevoli: il Custode Pizzaballa, il Vescovo Pizziol, l’architetto Tortelli e il Mons. Marangoni. “Gesù è storia: non è teoria o un’invenzione degli Apostoli” e l’archeologia consente di conoscere meglio il Gesù che si è incarnato in un preciso luogo e in un determinato momento storico. Il Custode di Terra Santa ha ricordato ai presenti l’importanza che le scienze archeologiche segnano tutt’oggi negli studi sul Gesù storico. Magdala, da questo punto di vista, ha la caratteristica eccezionale di essere giunta a noi quasi completamente incontaminata perché completamente abbandonata dopo la sua distruzione. Questo permette la raccolta di una grande mole di informazioni che le diverse competenze specializzate (archeologi, numismatici, ceramologi, geologi, antropologi) sanno restituire e collegare tra loro e. siti archeologici come Cafarnao e la vicina Magdala, consentono di vivere una lettura incarnata dei brani evangelici. Il Vescovo Beniamino Pizziol ha posto l’accento sul servizio che la Diocesi di Vicenza si presta ad offrire al “lembo di terra ai confini del mondo” in cui il Signore si è incarnato. Ne dà testimonianza, tra le altre, anche

una lettera del 1862, ritrovata a Gerusalemme in questi ultimi giorni, in cui il Custode di allora, Bonaventura da Soliero, scriveva al vescovo vicentino Giovanni Antonio dei Farina per ringraziarlo del sostegno all’Ordine e ai Luoghi Santi cui ricambiava con la preghiera e con le “grazie spirituali” delle messe in suffragio. In occasione della firma dell’accordo l’architetto Giovanni Tortelli ha presentato in anteprima a Vicenza il progetto del Terra Sancta Museum 2015, che porterà all’apertura di due nuove sedi museali nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme: il rinnovato museo archeologico della Custodia presso il Convento della Flagellazione e il nuovo progetto per la realizzazione del Museo storico della Custodia che sarà allestito presso nel Convento di San Salvatore. A sottolineare ulteriormente il fitto legame che è sempre esistito tra Vicenza e la Terra Santa è stato invitato il direttore dell’archivio storico della Diocesi, Mons. Antonio Marangoni. Tre le figure presentate in questa occasione: una del medioevo, il Beato Bartolomeo di Breganze, una di epoca moderna, il laico Battista Graziano Garzadori, la terza, di età contemporanea, Mons. Sebastiano Rumor. Don Raimondo Sinibaldi ha concluso l’incontro sottolineando che attraverso la visita al sito archeologico s’intende accompagnare il pellegrino ad approfondire tre tematiche di carattere biblico, pastorale e spirituale in linea con lo stile della Nuova Evangelizzazione: Gesù e il Lago, la figura di Maria di Magdala, Gesù compagno di strada sulle vie della Galilea. Tratto dal testo di Emanuela Compri Ufficio Pellegrinaggi Diocesi di Vicenza

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A Brescia, fra Pizzaballa presenta Terra Sancta Museum 2015 e parla delle speranze per i cristiani del Medio Oriente BRESCIA, 4 DICEMBRE 2013

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ella sede dello Studio GTRF Tortelli Frassoni Architetti Associati, fra Pierbattista Pizzaballa, Giovanni Tortelli e Gabriele Allevi hanno presentato, la mattina di mercoledì 4 dicembre, Terra Sancta Museum 2015, il progetto che la Custodia di Terra Santa intende realizzare nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme. “Quando San Francesco incontrò il Sultano al-Malik, nel 1219, aprì la strada al dialogo tra cristianesimo occidentale e islam, superando il conflitto armato delle crociate. Oggi in Medio Oriente, terra in subbuglio e in cerca di un nuovo equilibrio, il dialogo può essere affidato alla cultura, superando i settarismi in cui anche la ricerca storica e archeologica rischiano di cadere. Non saranno solo ambienti di esposizione di reperti e manufatti pregiati - ha spiegato padre Pizzaballa - ma luoghi d’incontro, dibattito, studio, di ‘narrazione’ della storia cristiana in dialogo con le altre culture.

I cristiani in Terra Santa sono oggi minoranza che non riesce più a incidere sul territorio, ed è importante rievocare la storia di questa presenza e ricordare che l’identità di Gerusalemme è anche cristiana”. L’avvio del cantiere dei Musei «avverrà quanto prima» ha annunciato padre Pizzaballa, «entro il 2014 -ha precisato l’architetto Tortelli- per concludersi entro due o tre anni». Tutto dipenderà dai finanziamenti: dei 4 milioni e mezzo circa di euro necessari, poco più di un milione sono già stati messi a disposizione dalla Custodia, mentre si attendono «partecipanti» all’impresa. Donatori si sono già mossi dal Sudamerica, dal Canada, dallo stesso Medio Oriente (una facoltosa famiglia di cristiani maroniti), ma si attende che anche la città di Brescia si muova. «Anche per rilanciare un gemellaggio avviato da tempo - ha ricordato il vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune, Laura Castelletti -. La scelta di uno studio d’architettura bresciano e della nostra città per la presentazione del progetto ci deve rendere orgogliosi». A suggellare il ponte ideale con Brescia, l’opera «Sono in te le mie sorgenti» di don Renato Laffranchi che sarà collocata nella Biblioteca storica della Custodia.

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Curia Custodiale Dal mese di ottobre la Parrocchia Natività di Buffalora aspettava questo giorno

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lle ore 19,00, nella Chiesa da poco restaurata, il padre Custode ha presieduto la Santa Messa concelebrata da don Sandro Franzoni, don Adriano Santus e padre Pippo Ferrari. Nella breve omelia, ispirata alle letture del giorno (Profeta Isaia) fra Pierbattista ha posto l’accento sul monte, segno dell’incontro con Dio, in particolar modo il monte di Gerusalemme, dove sorgeva il tempio, luogo simbolo dell’incontro di Dio con il suo popolo. La messa, molto partecipata è stata animata dai brani scelti con cura e ben interpretati dai membri della corale. In attesa dell’incontro serale, alcuni volontari hanno servito una deliziosa cena allestita nei locali dell’oratorio. Alle ore 21, presso l’affollato Teatro di Buffalora, un breve filmato sulla presenza francescana in Terra Santa

ha introdotto il tema: “Quali speranze per i cristiani del Medio Oriente?”. Il Parroco, don Sandro Franzoni, regista dell’incontro, ha presentato al pubblico fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, Don Antonio Zani, docente alla Facoltà Teologica di Milano e Anna Della Moretta, giornalista. Alle domande serrate dei due interlocutori, fra Pierbattista ha risposto in maniera semplice e precisa. Approfondendo un argomento di grande attualità, il Custode ha dipinto la vita dei cristiani che vivono in Medio Oriente evidenziando il dolore degli indifesi, il silenzio delle vittime, ma, al tempo stesso, invitando a visitare la Terra Santa, senza timori o paure, create a volte da notizie allarmanti diffuse dai media. La palla è stata presa al balzo da don Sandro con la proposta di organizzare un pellegrinaggio parrocchiale in Terra Santa.

Siria, l’ultimo dramma dei cristiani, minoranza nella minoranza. Il futuro?

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a Siria è una polveriera. Un campo di battaglia sul quale si decide, combattendo, il nuovo assetto dell’intera area i cui equilibri sono profondamente cambiati dopo le “primavere arabe”. È nella Siria che si sta giocando il futuro. Ed è una lotta di potere, di assetti religiosi, di strategia politica» spiega fra Pierbattista Pizzaballa, francescano Custode di Terra Santa che più di vent’anni vive a Gerusalemme. «I vari fondamentalismi hanno gioco facile in questo quadro composito di contrapposizione tra regime e ribelli, molti dei quali di indefinite appartenenze. Una lotta di potere e non di democrazia » continua. Le vittime? La popolazione civile. Che muore, che soffre, che cerca di scappare. Ma anche i cristiani, deboli perché Minoranza in un Paese musulmano. Deboli, perché per molti “ismi” sono equiparati all’Occidente da combattere. Se anche si dovesse firmare un accordo di pace ai prossimi colloqui in programma a Ginevra, credo che non servirà a porre fine alle violenze inaudite subite dalla popolazione siriana. Serviranno anni, ed intere generazioni, per ritrovare un equilibrio. La convivenza in Medio Oriente non dipende dai mas-

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simi sistemi decisi altrove. Nella mente, l’immagine storica della stretta di mano tra Arafat e Perez dopo la firma dell’accordo di Oslo nell’estate del 1993. Sono trascorsi vent’anni dall’accordo sostanzialmente fallito perché deciso a tavolino. Non dico che la diplomazia non serva, o che i grandi organismi internazionali non debbano occuparsi dell’area. Ma ritengo che saremo in pace quando cambierà la cultura delle relazioni tra popoli e fedi. Bisogna trovare nuovi equilibri partendo dal basso, dalla quotidianità dei rapporti tra le persone che avvengono a scuola, negli ospedali, per strada. È compito della società civile lavorare in questo ambito, ed è quello che dobbiamo fare. Basti pensare ai bambini che crescono insieme: nessuno di loro parla di un amichetto definendolo ebreo o musulmano, ma lo fa chiamandolo per nome. Questo è il futuro. I cristiani in Medio Oriente, pur minoritari, non devono essere in cerca di tutele da parte di chi è al potere» conclude padre Pizzaballa, ieri sera intervenuto in un incontro pubblico a Buffalora che aveva proprio per tema le speranze dei cristiani del Medio Oriente. Tratto dal testo di Anna Della Moretta (Giornale di Brescia- 5 Dicembre 2013)


Gerusalemme, Santo Natale 2013

“Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7) Il lungo anno che sta per concludersi ha visto un crescendo di violenze. Abbiamo sofferto per il coinvolgimento di tanti innocenti: bambini, vecchi, donne, poveri di tanti Paesi; per tanti fratelli e sorelle cristiani, vittime di discriminazione, persecuzione e di martirio in Medio Oriente e in varie parti del mondo. Un lungo tempo in cui la nostra speranza è stata sostenuta dalla preghiera e dall’urgenza di prestare aiuto. Abbiamo sentito fortemente la necessità e il dovere di tenere alta la nostra speranza, di difenderla quasi, dall’assalto ripetuto di una violenza che sembra inarrestabile. E abbiamo toccato con mano l’eterna verità che il Natale racchiude e il Vangelo rivela. La via della vita non passa attraverso le strade del dominio e del potere, ma percorre i sentieri nascosti di un amore che si fa debole, che sceglie di non imporsi. Dio non ci salva con un gesto di forza, ma con l’umile segno di un’infinita disponibilità, che si offre a tutti. Avevamo bisogno che l’Onnipotenza si facesse Bambino. “Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto” (1Cor 1,27). Perché “ci basta la Sua grazia; e la forza si manifesta pienamente nella debolezza” (1Cor 12,9) Solo così ci ha salvati davvero, fin dentro le radici più profonde, nascoste, oscure del nostro cuore. Perché se a salvarci fosse stata solamente la Sua potenza, anche la potenza benefica di un miracolo, certo saremmo stati guariti dal male, ma non trasformati nel cuore. Avremmo avuto la conferma - ma questo lo sappiamo già, da sempre -, che il potere conosce questa ambiguità: cioè il potere di fare il male e il potere di fare il bene. Ma sempre con potenza. E il nostro cuore avrebbe continuato a confidare nella potenza, augurandosi che fosse una potenza benefica e non malefica. Dio, invece, ci ha salvati dal male non con la potenza, ma con la debolezza dell’amore. E allora siamo davvero guariti. Perché abbiamo fatto esperienza che l’amore, quando è autentico e radicale, ci salva. Ci salva perfino da noi stessi, dalla nostra brama di potere, dal nostro confidare nella forza, dall’illusione di possedere la vita attraverso la forza. E questa è la salvezza: fidarsi, infine, dell’amore. Fidarsi che nient’altro trasforma il cuore, nient’altro cambia il mondo. La violenza che ultimamente ci circonda e che sembra essere l’unico linguaggio in uso diventa dunque impotente di fronte all’amore che salva.

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Curia Custodiale

Avevamo bisogno che qualcuno, prima di noi e per noi (Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme, 1Pt 2, 21), percorresse questa strada, questi umili sentieri, per dirci che questa strada è vera, l’unica strada vera. E su questa strada camminasse fino alla fine, fino a quella croce dove l’amore - l’amore debole e sconfitto - dona tutto se stesso, per rinascere vivo per sempre. La forza e la violenza di cui facciamo esperienza in questo tempo, dunque, ci potranno togliere tutto, ma non la vita che nasce da quell’amore. Essa è donata per sempre. Questo è il Natale. Che questo Bambino ci prenda per mano e ci conduca su questa stessa strada, quella che Dio ha scelto; lì dove solo all’amore consegniamo il nostro cuore, lì dove siamo salvati davvero. Posiamo allora lo sguardo sulla grotta di Betlemme, per vedere che Dio ha scelto quanto c’è di più lontano dalla forza, di più diverso dalla potenza: Dio ha scelto la carne di un bambino. Buon Natale a tutti.

Fra Pierbattista Pizzaballa, OFM Custode di Terra Santa

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Jerusalem, Holy Christmas 2013 "Mary gave birth to her firstborn son, She wrapped him in swaddling clothes, and laid him in a manger " ( Luke 2:7) The long year which is now coming to an end, has experienced a crescendo of violence. We have suffered for the involvement of so many innocent children, the elderly, women, the poor in many countries, many Christian brothers and sisters, victims of discrimination, persecution and martyrdom in the Middle East and in various parts of the world. A long time in which our hope was sustained by prayer and by the urgent need to provide assistance. In the depths of our hearts we strongly felt the need and a duty to raise our hopes to heaven, for protection against the violent attacks which seemed unrelenting. With our very hand we touched the eternal truth of Christmas and the word revealed by the Gospel. Life’s paths do not go through the courts of government and power, but rather along the hidden paths of a modest and non-domineering love. God does not save us with a gesture of power, but rather with the humble sign of an infinite availability, which is offered to all. We needed the Almighty to appear in the form of a child “And the Lord hath chosen the weak things of the world” (1 Cor 1:27), because “My grace is sufficient for you, for my power is made perfect in weakness” (2 Cor 12:9) The Almighty truly only saved us in this way to the deepest roots, hidden in our deepest hearts since had his infinite power only been used to save us, and even only by virtue of a benevolent miracle, surely we would have been healed of evil - however, our hearts would not have been changed. Although we have always known this, we have proof and affirmation that authority and government recognize this veiled truth - that there is power to do evil and that there is power to do good. However, with power and our hearts we will always continue trusting his power, with the hope that it would always be benevolent and not evil . However, the Lord has saved us from evil, not by way of his infinite power, but rather by the weakness of love and thus we are truly healed. Because we have experienced this love and discovered that it is true and deeply rooted, it has the power to save us. This love can also possibly save us from ourselves and our lust for power and from the trust which we place in power and the illusion that life can be controlled through force. Because this is true salvation, one should be faithful ultimately to love itself, believing that nothing else changes the heart and nothing else changes the world. The violence which surrounds us and seems to be the only language used today, becomes helpless in the face of love that saves. We needed someone to stand before us and for us “because Christ also suffered for us, leaving us an example, that ye should follow his steps” (1 Peter 2:2). Walking these roads and these lowly paths in order to tell us that this road is the true road, the only true way. This road should be followed until the end, up to the cross where love – love, weak and defeated – gives itself entirely in order to be reborn and live forever.

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Therefore, the violence and force we experience during these times may deprive us of everything, but cannot take away the life that is born from that love. The love which was given to us for eternity. And this is the essence of Christmas - that this Child takes us by the hand and leads us down this path, chosen by the Lord, where only the love to which we dedicated our hearts exists, and through which we can truly find salvation . We therefore turn our eyes to that Grotto in Bethlehem, to see that the Lord chose it to elevate everything existing which is distant from force, different from power in order to show us that the Lord chose the frailty of a defenseless child. Merry Christmas to all.

Fra. Pierbatista Pizzabella, OFM Custos of the Holy Land

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Campane a festa a Betlemme. Padre Pizzaballa: nuove speranze dal viaggio del Papa BETLEMME, 5 GENNAIO 2014

È

dunque ufficiale: Papa Francesco si recherà in visita in Terra Santa, nel 50.mo anniversario dello storico viaggio di Paolo VI nei luoghi in cui è nato e vissuto Gesù. Per una prima testimonianza sulle speranze che accompagnano questo viaggio. Ai nostri microfoni il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa ci riferisce come sia stato accolto l’annuncio del Papa all’Angelus. R. - Naturalmente l’annuncio del Papa del prossimo pellegrinaggio in Terra Santa è stato accolto con grande entusiasmo. Tutti già sapevano che era in previsione, ma l’annuncio ufficiale, con le date e anche i luoghi, ha concretizzato questa gioia, che è un po’ in tutti. Già, immagino, cominceranno i preparativi, con tante discussioni sul protocollo, ma credo che la cosa importante sia che la gente, soprattutto la gente che il Papa ama tanto, è piena di gioia. Tutte le campane hanno cominciato a suonare a Betlemme e a Gerusalemme. D. - Quali sono le sue speranze per questo viaggio? R. - Le speranze sono che la comunità cristiana, che è molto piccola e fragile - qui in tutta la Terra Santa - e composta anche da tante Chiese diverse, si possa ritro-

vare unita nel cuore ed anche nell’azione, in occasione della visita del Papa. D. - Qual è il suo umore per quanto riguarda la missione del segretario di Stato Usa, Kerry, in Medio Oriente? R. - Il mio umore, riguardo alla visita del segretario di Stato americano Kerry, è quello di tutti qui: di un’attesa di un cambiamento, con molto realismo però e con poca fiducia, che questo possa accadere nel breve termine. http://it.radiovaticana.va Eugenio Bonanata.

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Curia Custodiale Agenda DEL CUSTODE GENNAIO 2014 01 Gerusalemme: Patriarcato latino Messa per la Pace in Terra Santa

15 Gerusalemme, Casa Sacri Cuori: Celebrazione con le Suore Dorotee figlie dei Sacri Cuori

02 Ramleh: Visita fraterna

16 Gerusalemme: Ricevimento dell’on. Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati d’Italia

05 Betlemme: Ingresso solenne e Primi Vespri dell’Epifania. 06 Betlemme: solennità dell’Epifania 09 Scambio di auguri con le comunità ortodosse

17 Giaffa: Visita alle fraternità 18 Ain Karem: Giornata con i formatori e gli studenti della Custodia

11 Beiruth (Libano): Consacrazione episcolale di Fra Georges Abu Khazen, ofm Vicario apostolico latino di Aleppo (Siria)

20 Gerusalemme: Scambio di auguri con il Patriarcato Armeno Ortodosso di Gerusalemme

12

31/1-2/2 Haifa: Tre giorni di aggiornamento con i superiori dei conventi di Terra Santa

Beiruth (libano): Visita al Patriarca Maronita

13 Giordania: Incontro con i frati residenti in Giordania

25 Cafarnao: Sessione del Discretorio di Terra Santa

Datebook OF THE CUSTODY JANUARY 2014 01 Jerusalem: Latin Patriarchate: Mass for Peace in the Holy Land 02 Ramleh: Fraternal visit

15 Jerusalem, Sacred Hearts House: Celebration with the Sisters of St. Dorothy, Daughters of the Sacred Hearts

05 Bethlehem: Solemn Entrance and First Vespers of Epiphany

16 Jerusalem: Reception of Mrs. Boldrini, president of the Chamber of Deputies of Italy

06 Bethlehem: Solemnity of the Epiphany

17 Jaffa: Visit to the fraternities

09 Exchange of greetings with the Orthodox communities

18 Ain Karem: Day with the Formators and the students of the Custody

11 Beiruth (Lebanon): Episcopal Consecration of Fr. Georges Abu Khazen, OFM, Latin Apostolic Vicar of Aleppo (Syria)

20 Jerusalem: Exchange of greetings with the Armenian Orthodox Patriarchate of Jerusalem

12 Beiruth (Lebanon): Visit to the Maronite Patriarch

31/1 2/2

13 Jordan: Meeting with the friars residing in Jordan

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25 Capernaum: Session Discretorium of the Holy Land Haifa: Three days of ongoing formation with the superiors of the convents of the Holy Land


Regione San Paolo Ordinazione diaconale di Fra Tony Choucry HARISSA, 7 DICEMBRE 2013

“A

bbiamo vissuto un momento importante per tutti noi, e abbiamo gioito del clina sereno e fraterno che ci sé stato donato”. Così si è espresso uno dei frati che ha partecipato all’ordinazione diaconale di fra Tony Choukhry. La liturgia, in rito maronita, è stata presieduta da mons. Boulos Sayah, vicario generale del Patriarcato maronita di Antiochia e di tutto l’Oriente. Oltre al parroco della parrocchia da cui dipende la chiesa francescana di Harissa (Beirut), abouna Hanna El Khoury, hanno concelebrato padre Simon Herro, Ministro della Regione San Paolo, padre Ibrahim Faltas, rappresentante del Padre Custode di Terra Santa e altri otto frati provenienti dal Libano, dalla Siria e dalla Giordania. Han-

no onorato della loro presenza il sindaco, sig. Antoine Scimali, il moukhtar, sig. Adel El Mir, di Harissa. Festa dunque di famiglia allargata, poiché oltre ai familiari di fra Tony, erano presenti il Consiglio nazionale dell’Ordine Francescano Secolare, alcune suore francescane, gli Scouts e tanti amici. Facciamo nostre le parole di augurio e di incoraggiamento pronunciate dal Vescovo nell’omelia: “Caro fra Tony, sei all’inizio di un nuovo cammino di servizio alla Chiesa. Nella fedeltà al dono ricevuto, non stancarti di accogliere e annunciare la bellezza dell’essere cristiani. In questo modo farai fruttificare i doni di grazia che il Signore ti ha concesso”. Fra Giorgio Vigna, ofm

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Regione San Paolo Presentato a Beirut il primo studio teologico e storico-giuridico, scritto in lingua araba BEIRUT, 9 DICEMBRE 2013

L

unedì 9 dicembre, padre Raimondo Girgis, ofm ha presentato all’Università “La Sagesse” di Beirut, il suo ultimo libro dal titolo“La Comunione Ecclesiale tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali antiche e la Comunità ecclesiali alla luce del Concilio Vaticano II”. La pubblicazione, di 470 pagine, è il primo studio teologico e storico–giuridico, scritto in lingua araba, che presenta i documenti del Magistero ecclesiastico della Chiesa Cattolica, in particolare del Concilio Vaticano II; evidenziando il grande amore e il rispetto dimostrati dalla Chiesa cattolica nei confronti di quelle non cattoliche. Tali documenti mostrano, inoltre, come la Chiesa cattolica ha sempre avuto l’attenzione e il desiderio di raggiungere la comunione ecclesiastica con le altre Chies, tramite il dialogo ecumenico e la testimonianza nella vita liturgica e sacramentale. Alla presentazione del libro erano presenti i Vescovi orientali cattolici e ortodossi: il Vescovo maronita

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Hanna Alwan, rappresentante del Patriarca Bishara Al Raai; il Vescovo maronita di Damasco Samir Nassar; il Vescovo Siro Cattolico di Beirut, Mons Jihad Battah; il Vescovo Siro Ortodosso di Zalhel, Paolo Saffar. Presenti anche il Ministro della Regione San Paolo, padre Simon Herro, ofm, alcuni frati di Damasco e Beirut, amici, professori e studenti dell’Università, oltre la famiglia dell’autore. Rg


Lettera di Natale dal monastero siriano di Deir Mar Musa SE È LA PREGHIERA A VINCERE LA PAURA DELLA GUERRA DAMASCO, 10 DICEMBRE 2013

“S

copriamo di nuovo in questi difficili tempi l’efficacia della preghiera come unica maniera per uscire dai nostri sentimenti negativi, dalla paura e dall’angoscia per quanto riguarda la nostra esistenza e il nostro futuro”. Scrive dalla Siria madre Houda Fadoul, che firma la consueta Lettera di Natale agli amici della comunità monastica di Deir Mar Musa, sita nei pressi della cittadina di al-Nabk, a circa ottanta chilometri a nord di Damasco. È la religiosa a guidare la comunità

dopo l’espulsione dalla Siria, nel giugno 2012, del fondatore, il gesuita Paolo Dall’Oglio, poi rapito nel nord del Paese alla fine dello scorso luglio. Dalla lettera, di cui ampi stralci sono pubblicati da “Popoli”, il mensile internazionale e missionario dei gesuiti italiani, emergono con straordinaria vivezza i sentimenti e il clima di drammatica quotidianità di un Paese in guerra. “Ogni volta che tento di scrivere queste righe a voi, cari nostri amici - sostiene la religiosa - mi trovo confusa, poiché le parole mi tradiscono e non mi aiutano a trasmettere l’amarezza che si trova nel mio cuore, la confusione che occupa la mia mente, a causa del dolore e la tristezza per quello che viviamo nel nostro caro Paese, la Siria. L’amore per la patria in me è grande ed è profondo, il che apre una ferita lancinante nel mio cuore e a questo non trovo altro rimedio che la preghiera, come fanno numerosi siriani in questi giorni”. (©L’Osservatore Romano 11 dicembre 2013)

Freddo e neve in Terra Santa, nuovi disagi per i profughi siriani GERUSALEMME, 12 DICEMBRE 2013

L

a neve sta cadendo copiosa da ieri su Israele, i Territori palestinesi, il Libano e parte della Siria. Mentre Giordania ed Egitto sono sferzate da violenti nubifragi. L’ondata di maltempo per i profughi siriani fuggiti dalle proprie abitazioni e alloggiati in tendopoli o ripari di fortuna, significa purtroppo un aumento delle sofferenze. Pochi, a dire il vero, si aspettavano tanto freddo e neve in Terra Santa. In Israele la straordinaria mancanza di pioggia (non ne cadeva così poca in periodo invernale da circa mezzo secolo) aveva fatto parlare di siccità e indotto i leader religiosi (rabbini capi ed ecclesiastici

cristiani) a promuovere preghiere pubbliche di intercessione. Ora l’acqua è arrivata. In Libano, in particolare, i rifugiati siriani stipati in campi profughi improvvisati, sono stati sorpresi da una gelida bufera invernale. Nella regione settentrionale di Arsal, proprio a ridosso del confine con la Siria, coltri di neve hanno sommerso le tende di decine di migliaia di profughi (in pochi mesi in quest’area ne sono giunti almeno 20 mila). In questi ripari manca il riscaldamento e il vento forte riesce a scoperchiarli, lasciando a cielo aperto chi vi abita. L’Alto commissariato delle Nazioni

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Regione San Paolo Unite per i rifugiati (Acnur) ha lavorato giorno e notte in collaborazione con l’esercito libanese per distribuire kit invernali contenenti coperte, fogli di plastica impermeabili e denaro necessario per l’acquisto di stufe da campo. Le necessità restano però ancora molte. Wael Abou Faour, ministro libanese degli affari sociali, ha manifestato la sua preoccupazione: «Non siamo in grado di aiutare tutti, perciò stiamo cercando di coinvolgere le associazioni umanitarie internazionali in modo da soccorre i profughi», ha dichiarato al quotidiano al-Akhbar. La sfida più ardua, con queste condizioni climatiche, è riuscire ad aiutare le migliaia di persone che vivono in

oltre 200 campi irregolari disseminati nel centro e nel nord del Libano, difficili da individuare e raggiungere. Ad Arsal le temperature sono piombate sotto lo zero e le previsioni annunciano fino a 13 centimetri di neve. Il guaio è che, nonostante le proibitive condizioni del tempo, continua anche in queste ore il flusso di profughi siriani ad Arsal. Fino ad oggi sono 835 mila i profughi siriani registrati in Libano, ma il numero totale di coloro che hanno trovato scampo nel Paese dei cedri sembra superare il milione. www.terrasanta.net

Ban Ki-moon chiede giustizia per la Siria NEW YORK, 14 DICEMBRE 2013

M

entre l’Alto commissariato per i Diritti umani denuncia l’aumento dei sequestri nel Paese Ban Ki-moon chiede giustizia per la Siria. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ieri presentato all’Assemblea generale il rapporto finale della missione delle Nazioni Unite incaricata di indagare sull’utilizzo delle armi chimiche in Siria. «Prendo atto con profonda preoccupazione che gli esperti dell’Onu hanno raccolto prove e informazioni che confermano l’uso delle armi chimiche in diverse occasioni e in più siti contro civili e contro obiettivi militari», ha spiegato il segretario generale. Ban Ki-moon ha deplorato nei termini più forti l’uso dei gas in Siria, che costituisce «un reato contro i valori universali dell’umanità», e ha lanciato un appello affinché i responsabili siano assicurati alla giustizia. «Qualsiasi utilizzo di tali dispositivi - ha infatti affermato - rappresenta una violazione delle norme di diritto internazionale e dobbiamo fare tutto il possibile per ottenere l’adesione universale alla Convenzione sulle armi chimiche. Esorto tutti gli Stati che non l’abbiano ancora fatto a firmare, ratificare e aderire al più presto a questo strumento fondamentale». Il segretario generale ha infine ribadito che, mentre si procede alla distruzione degli arsenali chimici in Siria, è necessario anche porre fine al più presto al conflitto. «Oltre centomila persone sono state uccise - ha ricordato - e la crisi ha un profondo impatto sulla stabilità e l’economia di tutto il Medio Oriente».

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Nel frattempo - mentre giungono notizie non confermate del ritrovamento di fosse comuni - l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Navanethem Pillay, ha espresso allarme per l’aumento dei sequestri in Siria. «Negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad un aumento significativo e profondamente preoccupante dei rapimenti di difensori dei diritti umani, attivisti, giornalisti, figure religiose e altri individui da parte di gruppi armati dell’opposizione, così come il perdurare della detenzione arbitraria e delle sparizioni forzate di individui da parte delle forze governative», si legge in un comunicato di Pillay diffuso ieri a Ginevra. Nella nota si ricordano, in particolare, il recente rapimento, il 9 dicembre a Douma, della nota attivista per i diritti umani Razan Zaitouneh, insieme al marito e due colleghi, e quello di decine di giornalisti. Proprio ieri, a questo aspetto il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dedicato una riunione aperta a rappresentanti dei mezzi d’informazione della società civile. Pillay ha anche espresso preoccupazione per il sequestro di dodici suore a Maalula e ne ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato. Al tempo stesso, risultano tuttora irreperibili moltissimi civili, tra cui donne e bambini, arbitrariamente detenuti fin dal 2011. Pillay ha fatto riferimento agli esiti della commissione d’inchiesta indipendente dell’Onu sulla Siria, che ha documentato «l’uso crescente della sparizione forzata come strategia». (©L’Osservatore Romano 15 dicembre 2013)


Caritas Libano: “Migliaia di profughi siriani rischiano di morire per il gelo e la neve” BEIRUT, 16 DICEMBRE 2013

P

er mons. Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano, la situazione dei rifugiati nella valle della Bekaa (est del Paese) è “terribile”. Al freddo e alla fame si aggiunge il rischio di incendi causate da stufe improvvisate per sopportare il gelo. Ieri un bambino di un anno è morto in un rogo in un campo profughi nel sud del Libano. L’appello di Caritas per ricordare nel periodo natalizio gli oltre 1,3 milioni di rifugiati in fuga dalla guerra in Siria. “La situazione nella valle della Bekaa è terribile. Molte persone stanno morendo a causa di questo clima eccezionalmente rigido. I profughi hanno solo tende e baracche per ripararsi dal gelo e dalla neve”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Simon Faddoul, presidente di Caritas Lebanon, che sottolinea la drammatica situazione degli oltre 800mila rifugiati siriani accampati nelle aree al confine con la Siria colpite dall’intensa tempesta di neve causata dal ciclone Alexa, che in questi giorni ha provocato alluvioni e tormente in tutto il Medio Oriente. “Insieme ad altre organizzazioni non governative e all’Onu - continua mons. Faddoul - la Caritas tenta di soccorrere i rifugiati. In queste settimane abbiamo distribuito migliaia di coperte, materassi, stufe a kerosene, vestiti invernali , teloni di plastica e buoni carburante, nella speranza di scongiurare il peggio, ma i nostri sforzi non sono sufficienti. L’esodo è quotidiano, il numero delle persone che varcano ogni giorni i confini è ormai incalcolabile”. Il sacerdote lancia un appello ai Paesi occidentali e a tutti i cristiani invitandoli ad inviare aiuti e denaro per la popolazione siriana.

Nella sola valle della Bekaa vi sono circa 430 insediamenti improvvisati. Le famiglie più “attrezzate” hanno costruito i loro ripari con tavole di legno, sacchi di iuta e lamiere, divenuti ormai un bene di lusso. Gli ultimi arrivati tentano di trovare rifugio nei ripari di altri gruppi familiari, ma le baracche sono piccole e le famiglie numerose. Per molte persone l’unica alternativa è dormire in tende realizzate con teloni di plastica e costruite alla meno peggio con cartone, copertoni e altri rifiuti. Per mons. Faddoul l’inverno di quest’anno ha trasformato la già grave situazione umanitaria dei rifugiati in una catastrofe: “Molte madri tentano di scaldare i propri figli accendendo dei falò all’interno delle baracche, con un alto rischio di incendi. L’ultimo è avvenuto proprio questa notte in un campo situato nel sud del Libano. Il rogo causato da un piccolo falò si è propagato per tutto l’insediamento uccidendo un bambino di un anno e facendo diversi di feriti. Tali incidenti possono accadere ogni giorno”. Il sacerdote sottolinea che a una “emergenza del genere si può rispondere solo con la carità, donando aiuti e ricordando, soprattutto nel periodo natalizio, il destino di centinaia di migliaia di persone che in questi tre anni hanno perso i loro familiari, la loro casa e ora rischiano di morire per il freddo e la fame”. Nonostante la grave situazione molte famiglie di profughi, cristiani e musulmani, preparano al Natale. Nei prossimi giorni la Caritas organizzerà alcune iniziative per i bambini residenti nei campi profughi. “Stiamo preparando con i nostri volontari - spiega mons. Faddoul - dei giochi e canti natalizi per portare un po’ di speranza e gioia, almeno fra i più piccoli”. www.asianews.it

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Regione San Paolo Metà dei siriani alla fame DAMASCO 17 DICEMBRE 2013

S

econdo gli ultimi rapporti dell’Onu, riferiti ieri dal Programma alimentare mondiale (Pam), metà della popolazione siriana è a rischio di insufficienza alimentare. Se il conflitto non verrà fermato immediatamente - dicono le agenzie Onu - nel 2014 gli sfollati saranno oltre quattro milioni e i rifugiati all’estero circa tre milioni, cifre raddoppiate rispetto a quelle registrate finora. Il Pam afferma, inoltre, che attualmente più di sei milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari immediati per non morire di fame. «Questa è la peggiore crisi umanitaria che abbiamo visto negli ultimi decenni, e ogni giorno un numero crescente di siriani soffre la fame», ha deplorato Muhannad Hadi, il coordinatore degli interventi del Pam per l’emergenza in Siria. Più in generale, le agenzie delle Nazioni Unite prevedono di assistere nel 2014 oltre sedici milioni di uomini, donne e bambini siriani, tra quelli in patria e quelli nei Paesi limitrofi. In linea con queste tragiche prospettive sono anche le dichiarazioni di ieri sera del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, secondo il quale nell’ultimo anno si è registrato un peggioramento «oltre ogni immaginazione» del conflitto siriano. Poco prima, il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva espresso condanna per l’uso di armi chimiche nel Paese, chiedendo che se ne assicurino

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i colpevoli alla giustizia internazionale, ma senza muovere accuse precise, dato che i rapporti internazionali non hanno potuto accertare le responsabilità nei cinque casi documentati. In merito, l’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churckin, ha definito non convincenti le affermazioni che da più parti accusano il Governo di Damasco di aver fatto uso di armi chimiche. Nel frattempo, il conflitto continua a inasprirsi e si susseguono le accuse vicendevoli di stragi tra il Governo e gli insorti. Secondo questi ultimi, almeno tredici civili, compresi cinque bambini, sono stati uccisi ieri in bombardamenti aerei delle forze governative su Aleppo, nel quartiere orientale di Shaar, occupato dai rivoltosi. Da parte sua, il ministero degli Esteri siriano ha denunciato all’Onu un massacro, la scorsa settimana, attribuito a formazioni armate di matrice fondamentalista. Secondo Damasco, più di cento civili sarebbero stati trucidati ad Adra, a nord della capitale, in un’incursione di miliziani di gruppi islamisti sunniti. Nei giorni scorsi, anche l’osservatorio siriano per i diritti umani e fonti di opposizione avevano affermato che ad Adra erano stati uccisi 32 cittadini drusi e alauiti, la confessione islamica alla quale appartiene il presidente Bashar al Assad. www.news.va


Ancora violenze nel Libano orientale BEIRUT, 17 DICEMBRE 2013

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n attentatore suicida ha fatto esplodere questa notte un’autobomba a due chilometri da una postazione del movimento sciita Hezbollah nel villaggio di Sbouba, presso Baalbek, nella valle della Bekaa, nel Libano orientale. Fonti della sicurezza libanese citate dal quotidiano «The Daily Star» riferiscono che ci sono state vittime, senza peraltro indicarne il numero. Numerose ambulanze sono giunte sul luogo dell’esplosione, che è stato isolato dagli uomini del movimento sciita e dalle forze di sicurezza. L’emittente televisiva Al Manar, controllata da Hezbollah, ha confermato l’attentato, ma ha negato che abbia causato vittime. «Un’autobomba è

esplosa in una strada sterrata alla periferia di Sbouba, a ovest di Baalbek, senza causare vittime» si legge sul sito dell’emittente. L’agenzia di stampa Nna, da parte sua, specifica che i miliziani di Hezbollah impegnati in un posto di blocco hanno risposto sparando verso l’auto. Negli ultimi mesi il movimento sciita è stato più volte preso di mira con attacchi dinamitardi, con ogni probabilità a causa del suo coinvolgimento diretto nel conflitto in Siria al fianco delle forze del Governo del presidente Bashar Al Assad. www.vatican.va

Mons. Jeanbart: sparano anche sulle scuole, così uccidono la Siria ALEPPO, 18 DICEMBRE 2013

A

leppo sotto le bombe. Sono ripresi questa mattina, per il quarto giorno consecutivo, i raid aerei del regime siriano contro quartieri residenziali di Aleppo, nel nord del Paese. Lo riferiscono testimoni sul posto. Non si hanno ancora notizie di vittime. Sono almeno 100 le persone rimaste uccise negli attacchi dei giorni scorsi. Almeno una trentina sarebbero bambini. Salvatore Sabatino ha intervistato mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo melchita di Aleppo: R. - Proiettili e bombe cadono da ogni parte. Ci sono tantissimi morti, ma anche tanta distruzione. Questa guerra adesso si svolge in una città piena di gente: a un certo punto non si distingue più da dove vengono i proiettili, da dove cadono. Ci sono bombardamenti aerei, bombardamenti da cannoni, bombardamenti da carri armati, ma anche colpi di mortaio… D. - Non vengono risparmiate nemmeno le scuole? R. - Nemmeno le scuole. In genere, vengono colpite e

distrutte anche dai bombardamenti dell’opposizione. Poi, molti dei ribelli si mischiano tra la gente e provano, per quanto possibile, a nascondersi tra gli abitanti e questo provoca stragi, la morte di tanti innocenti: bambini, uomini, donne oltre ai combattenti. D - A questo si va a sommare anche la difficoltà che ha la comunità cristiana: abbiamo visto numerosi villaggi occupati dagli islamisti che cercano di imporre le leggi

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Regione San Paolo coraniche… R. - Ieri un sacerdote, in un villaggio cristiano, ci ha comunicato che gli hanno impedito di mettere le croci e di mostrare qualsiasi segno cristiano. Le donne devono uscire obbligatoriamente con il velo, non si possono suonare le campane delle chiese… D. - Tra l’altro, si sta avvicinando il Natale, e questo è un Natale… R. - …insanguinato, triste… Ma speriamo, guardiamo con speranza a questo Natale, che ci porti una certa ragionevolezza da parte di tutti e che tutti vadano con buone intenzioni all’incontro di “Ginevra 2”. Speriamo che questo incontro ci possa dare un inizio di pacificazione, di intesa tra tutti. Il problema, però, è che non

sono solo gli opponenti che sono in causa, ma anche i fondamentalisti salafiti che sono entrati nel Paese da ogni parte: sono decine di migliaia. D. - Infatti, questa è una guerra che si sta complicando sempre più… R. - Sempre di più e ormai sentiamo che tanti si rendono conto che la guerra è per distruggere la Siria, non per migliorare, o riformare, o creare un Paese dove si possa vivere in pace e in calma. Non si sa più… è come la Torre di Babele, come le invasioni barbariche del Medio Evo, anche di più: non credo che avessero fatto tanto danno e tanta distruzione… http://it.radiovaticana.va

Suora comboniana: La speranza negli occhi dei profughi siriani KARAK, 20 DICEMBRE 2013

S

uor Adele Brambilla, religiosa comboniana dell’ospedale italiano di Karak (Sud della Giordania) descrive la vita quotidiana dei rifugiati siriani. Migliaia di famiglie vivono accampate senza nulla per scaldarsi in questo rigido inverno. Malattie e freddo uccidono i bambini. Nella tragedia il sorriso di una giovane madre con il suo piccolo fra le braccia testimonia la bellezza del Natale. Il sorriso di una madre con nelle braccia il suo piccolo appena nato è la migliore risposta al significato del Natale nella tragedia della guerra. Malgrado tutto, la speranza non è morta, vive ancora. Sono i profughi a comunicarcelo”. È quanto racconta ad AsiaNews suor Adele Brambilla religiosa comboniana e operatrice dell’Ospedale italiano di Karak, nel sud della Giordania. Nell’area risiedono oltre 30mila rifugiati. “La speranza - continua la religiosa - la tengono alta anche coloro che sono stati chiamati a collaborare insieme, senza distinzioni di razza, religioni e credo, affinché la solidarietà umana trovi ancora un volto”. Lo scorso 11 dicembre, in cui ha avuto inizio la grande

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tormenta di neve che ha messo in crisi tutto il Medio Oriente, ben 700 persone hanno attraversato il confine. Nel Paese i profughi sono oltre 1,3 milioni. Chi non vive nelle aree gestite dall’Onu e dalle agenzie internazionali vaga per il deserto in cerca di un riparo e la maggior parte chiede aiuto all’ospedale di Karak, l’unico in grado di offrire, oltre alle cure, anche un minimo di ospitalità. La religiosa descrive la drammatica vita quotidiana dei profughi siriani che hanno varcato il confine per sfuggire alla guerra: “Safaa e la sua famiglia, con diversi figli, è fuggita da Homs a Damasco, ma un bombardamento nei pressi del loro quartiere ha distrutto ogni speranza di rimanere e si è diretta verso la Giordania. La donna mi raccontava che era immobilizzata dalla paura, soprattutto pensando ai suoi figli. Safaa aveva il terrore di tutto: di camminare per le strade, attraversare un quartiere, andare a fare la spesa. Il timore di morire sotto imprevedibili bombardamenti”. La donna è ora nella zona di Karak insieme ai figli. Un’altra storia è quella di Marwa. “Quando è fuggita dalla Siria - spiega suor Adele - la ragazza era alla sua prima gestazione e


si è presentata nel nostro ospedale quando il parto era imminente. Ci disse che era arrivata da pochi giorni, dopo aver trascorso un certo tempo al campo di Zaatari. Le chiedemmo perché aveva affrontato un viaggio e un disagio in simili condizioni. Voleva assicurare al bambino un parto sicuro senza che la sua vita fosse minacciata. Per le religiose e tutti i volontari dell’ospedale il sorriso di questa donna con il suo piccolo appena nato è il segno più concreto che la speranza non è morta”. “Il nostro Ospedale - racconta suor Adele - è testimone di questa immane tragedia che vediamo ogni giorno negli occhi di chi viene da noi per un aiuto medico. In queste settimane vediamo quanto il freddo e la mancanza di riparo adeguato incidano sui bambini affetti da malattie, febbri, infezioni”. “Il provvedere ad un minimo riscaldamento sta diventando un problema - aggiunge la religiosa - la maggior parte delle famiglie non può comprare una bombola a gas”. Le bombole presentano anche dei rischi. Ieri nel campo di Zaartari una bombola di butano è esplosa in una tenda uccidendo un padre e i suoi due figli. Tuttavia, secondo suor Adele disperazione, odio e volenza non hanno mai il sopravvento. In occasione di un incontro organizzato lo scorso 18 dicembre ad Amman

per coinvolgere tutte le organizzazioni caritative e assistenziali, nella campagna di prevenzione della poliomielite è emerso il senso profondo di collaborazione e solidarietà fra persone di fedi differenti. All’incontro è stata presentata l’iniziativa di Ader, piccola parrocchia del sud che attraverso la Caritas assiste i rifugiati nella zona, quasi tutti musulmani. “Un altro esempio - racconta la religiosa - è il nostro ospedale che dà accoglienza e assistenza a tutti coloro che ne fanno richiesta, rendendo partecipe di questo approccio caritatevole anche il personale laico musulmano che lavora con noi. I segni di aperture e speranza sono molti, il più recente riguarda un ‘muktar’ [musulmano autorità responsabile di una determinate zona-ndr.] della periferia di Karak. Sapendo la nostra condizione e l’utilità del nostro lavoro, l’uomo si è offerto di accompagnarci a visitare alcune famiglie siriane molto disagiate e con casi di malattia”. “Tali segni - conclude suor Adele - sono la nostra speranza per il Natale. Un Dio che dialoga con la vita e che ci invita al dialogo chiamandoci tutti insieme ad aprire le nostre porte perché il Signore che viene ad abitare fra noi trovi ancora una dimora”. (S.C.) www.asianews.it

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Regione San Paolo La desolazione della Siria DAMASCO 17 DICEMBRE 2013

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sercito siriano libero è allo sbando e non riesce a difendersi dagli attacchi del regime e degli estremisti islamici. La rivoluzione sta finendo nelle mani dei signori della guerra. Ho conosciuto Abdelaziz nell’aprile del 2011. Aveva viaggiato da Homs a Wadi Khaled, nel nord del Libano, per portare il suo messaggio al resto del mondo. All’epoca le rivolte in Siria erano cominciate da appena due mesi e i villaggi al confine con il Libano erano l’unico posto in cui i siriani potevano incontrare i giornalisti. I primi ad arrivare erano stati i profughi, soprattutto donne e bambini provenienti da Tall Kalakh. Avevano attraversato il fiume Nahr al Kabir a piedi, di notte, in pigiama e pantofole. Gli uomini erano rimasti a casa per manifestare contro il regime. All’epoca i siriani dell’opposizione non avevano ancora preso le armi, ma il governo di Damasco li chiamava lo stesso “terroristi”. Chiedevano riforme, perché volevano sbarazzarsi dello stato di polizia. Ma dopo che le forze di sicurezza hanno cominciato a massacrare e torturare i manifestanti pacifici il popolo ha cominciato a gridare: “Abbasso Bashar al Assad!”. È stato in quel periodo che ho incontrato Abdelaziz. Non somigliava agli altri profughi di Wadi Khaled. Invece dei pantaloni da tuta e delle scarpe da ginnastica, indossava un vestito e delle scarpe eleganti. Era venuto in Libano per diffondere il messaggio della rivoluzione

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di Homs. Voleva una Siria libera, simile alla Turchia: uno stato laico di musulmani sunniti, dove la maggioranza governasse sulle minoranze. Il suo messaggio era chiaro: quella in Siria era una rivoluzione laica. Di recente a Bucarest ho incontrato dei siriani che da due anni e mezzo mandano aiuti ai profughi in Turchia e a chi è rimasto in Siria. Pagano un prezzo alto per questo: l’ambasciata siriana non gli rinnova più il passaporto e subiscono altre forme di pressione. Sono comunque riusciti a corrompere un funzionario in Siria per ottenere dei nuovi documenti di viaggio. Uno di loro era stato a Raqqa. “Avevo paura dei combattenti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. I siriani ormai li temono quanto temono Assad”, mi ha detto. I siriani non vogliono essere governati dagli estremisti islamici. Tuttavia l’opposizione liberale che ha alimentato la rivolta contro Assad non aveva un progetto per governare né un leader riconosciuto. “Raqqa era stata liberata ma nessuno la amministrava. La popolazione era disorganizzata, non riceveva indicazioni di nessun tipo. I jihadisti non hanno incontrato resistenze”. Sconfitti dall’interno Combattere tra le ile dei ribelli siriani è diventata una questione di disponibilità economiche. I soldi vanno agli estremisti islamici e alle fazioni jihadiste. Tutti i combattenti, perciò, si uniscono a loro. I jihadisti sono


diventati troppo forti per i gruppi armati dell’opposizione liberale e non ci pensano due volte prima di eliminare un nemico. L’Esercito siriano libero, formato da quei disertori che per primi hanno avuto il coraggio di combattere una guerra quasi impossibile, è allo sbando e subisce gli attacchi dei fondamentalisti. I siriani non hanno voce in capitolo. Questa non è più la loro rivoluzione. Sono gli uomini con i fucili a dettar legge. Se dicono che la sharia è la legge, i civili – prosciugati di tutte le loro risorse e affamati – possono solo ubbidire. Dopo due anni e mezzo di guerra, la Siria sta assistendo all’ascesa dei signori della guerra. Chi aveva cominciato a combattere per la libertà si è trasformato in un opportunista, ben consapevole del fatto che l’unico modo per sopravvivere è combattere per chi paga di più. Le ideologie sono diventate irrilevanti. La libertà ha perso importanza. La sopravvivenza è l’unica opzione possibile. La disperazione è la norma. La rivoluzione in Siria

è stata sconfitta dall’interno. DA SAPERE L’inverno dei profughi Il 15 dicembre un raid dell’aviazione siriana su Aleppo ha causato 76 morti, tra cui 28 bambini. Gli attacchi sono continuati nei giorni seguenti, facendo un centinaio di vittime. Secondo Medici senza frontiere, gli ospedali della città non riescono ad accogliere tutti i feriti. Il bilancio di 33 mesi di guerra è di 126mila morti e di 2,4 milioni di profughi. Le Nazioni Unite avvertono che, in mancanza un accordo di pace, nel 2014 i profughi potrebbero diventare di 4,1 milioni. L’ONU ha inoltre lanciato un appello a raccogliere 6,5 miliardi di dollari per i siriani, la cui vita nei campi è resa ancora più dura dal freddo e dalla neve. (Internazionale 1031 | 20 dicembre 2013)

Ancora incertezza sui partecipanti alla conferenza a Ginevra DAMASCO, 27 DICEMBRE 2013

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atale di guerra in Siria. I giorni del periodo natalizio sono segnati in Siria da un’intensificazione del conflitto, mentre il confronto diplomatico in vista della conferenza internazionale di pace conosciuta come Ginevra 2 e fissata per il 22 gennaio prossimo non sblocca ancora contrasti e incertezze. Secondo organizzazioni non governative considerate vicine all’opposizione al presidente Assad, i bombardamenti governativi su Aleppo hanno provocato in dieci giorni, tra il 15 e il 24 dicembre incluso, oltre quattrocento morti, compresi 117 bambini e 34 donne. Si esaspera anche la componente pseudoreligiosa del conflitto, con le popolazioni cristiane sempre più vessate dalle formazioni armate di matrice fondamentalista islamica. A questo tipo di violenze ha fatto riferimento anche il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, in un messaggio alla vigilia di Natale nel quale ha rinnovato, tra l’altro, l’appello per la liberazione delle suore sequestrate il 2 dicembre nel villaggio di Maalula e dei due vescovi di Aleppo, il greco ortodosso Boulos Yazigi e

il siro- ortodosso Youhanna Ibrahim, rapiti nei pressi di Kafr Dael, nel nord della Siria, lo scorso 22 aprile. Sulla questione della conferenza Ginevra 2 resta aperto il dissenso, in sede di Consiglio di sicurezza dell’Onu, sulla partecipazione dell’Iran, principale alleato mediorientale di Damasco. Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, l’Iran dovrebbe essere invitato alla conferenza, perché «può giocare un ruolo molto importante». Ricordando che alcuni membri permanenti del Consiglio restano contrari alla presenza di Teheran, il segretario generale ha sollecitato ad affrontare tempestivamente la questione. Nel frattempo, il Governo di Damasco ha raggiunto mercoledì un accordo con quello di Mosca per concedere a una società russa l’esclusiva per 25 anni dello sfruttamento del primo giacimento in mare di gas e petrolio siriani. L’accordo è stato contestato dalla coalizione nazionale siriana, che riunisce diversi gruppi di opposizione. (©L’Osservatore Romano 27-28 dicembre 2013)

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Regione San Paolo Gregorio III: Cristiani del Medio Oriente, non emigrate! DAMASCO, 27 DICEMBRE 2013

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ella Lettera natalizia del patriarca greco-cattolico di Antiochia e di tutto l’Oriente, un appello ai cristiani a vivere la missione nel mondo arabo nella carità e nell’impegno sociale, senza abbandonare la regione. Personalità musulmane apprezzano il contributo cristiano alla cultura araba. Musulmani e cristiani devono lavorare per un pieno riconoscimento dei diritti dei fedeli cristiani alla pari con gli altri e fermare il fondamentalismo. La grande sfida del conflitto israelo-palestinese. La solidarietà di papa Francesco “Restate qui! Non emigrate!”; malgrado tutte le difficoltà, le chiese distrutte, le parrocchie abbandonate, le emarginazioni, i cristiani del Medio Oriente devono “rimanere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o quartiere”: è l’appello acuto e commosso che Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico d’Antiochia e di tutto il Medio Oriente, rivolge ai cristiani della regione, nella lettera che egli indirizza loro per la solennità di Natale e Capodanno. La lettera, dal titolo “Rallegrati Maria, perché hai mostrato il Cristo Signore, amante degli uomini”, spiega i motivi per cui i cristiani sono necessari al Medio Oriente, anche se devono spesso soffrire di emarginazioni e violenze da parte del mondo islamico fondamentalista, proprio mentre la loro presenza è sempre più apprezzata proprio da rappresentanti musulmani. Allo stesso tempo, il lungo messaggio (17 pagine nella traduzione inglese e altrettante in quella francese), invita i musulmani a lavorare perché sia garantita ai cristiani una piena cittadinanza e uguaglianza nei diritti e nei doveri in Siria, Egitto, Iraq, Palestina e Libano. Nelle prime pagine di sapore teologico e spirituale, il patriarca mostra il mistero della Chiesa adombrato in Maria, che offre al mondo il Cristo uomo-Dio, che testimonia la sua fede “attraverso l’amore, le opere di misericordia e i progetti di beneficenza... Così è apparsa la Chiesa nel nostro mondo arabo: essa è apparsa attraverso il suo amore, il suo servizio, le sue istituzioni e i suoi progetti”. “Questo mondo arabo e musulmano - afferma poi Gregorio - ha bisogno di noi” e addirittura “senza di noi, non vi è arabità”. Egli cita un “grande uomo d’affari musulmano [il quale] ha affermato in una conferenza pubblica che il mondo arabo musulmano ha bisogno

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della presenza cristiana per essere arabo e musulmano, perché si realizzi la convivialità, la democrazia, la giustizia sociale, l’apertura”. Ancora oltre cita lo scrittore egiziano Mohammed Hassanein Heikal, che in una conferenza del 2002, parlava a proposito dei cristiani d’Oriente: “Si nota il fenomeno dell’emigrazione dei cristiani. Non si può togliere l’attenzione a questo fenomeno, né dimenticare o ignorare le sue ragioni o cause, anche se queste ragioni sono psicologiche, in relazione al clima predominante, più che a delle realtà veritiere. Sento che l’intero panorama arabo sarà differente dal punto di vista umano, dal punto di vista della civiltà. Esso sarà senz’altro più povero, meno ricco, se questa emigrazione dei cristiani è ignorata, negletta e diviene oggetto di timori, anche ingiustificati. Quale perdita se i cristiani d’Oriente sentono, a ragione o no, che non vi è avvenire per loro e i loro figli in questo Oriente ! Allora l’Islam resterà solo, solitario in questo oriente dove nulla potrà mitigare la sua solitudine, se non la presenza ebraica, sionista e più precisamente Israele”. Il patriarca elenca poi una lunga lista di “sfide” che i cristiani della regione devono affrontare, alcune comuni a tutti gli arabi, altre specifiche per i cristiani. Fra le prime vi sono il desiderio di sicurezza ; le fatiche per la divisione del mondo arabo ; la rinascita del mondo arabo e la collaborazione con i musulmani. Fra le seconde vi sono il desiderio di non essere considerati cittadini di seconda classe; di poter diffondere il messaggio cristiano in libertà ; di garantire ai propri figli studio, lavoro, impiego senza emarginazioni; di separare religione e politica; di fermare la crescita di movimenti islamisti fondamentalisti che eliminano lo spazio per l’altro. Per Gregorio III queste sfide vanno affrontate insieme, da cristiani e musulmani. Soprattutto “la lotta contro l’estremismo il fondamentalismo e il Takfir [la condanna a morte per apostasia-ndr]” è anche nell’interesse del mondo musulmano. Per il patriarca, tutti questi sommovimenti del mondo arabo, che portano l’islam all’estremismo, sono causati da un’altra grande sfida che va affrontata: il conflitto israelo-palestinese, “grande causa dell’emigrazione dei cristiani, ma anche dei musulmani” e “radice della


serie di crisi che continuano a diffondersi sugli arabi, musulmani e cristiani, in Palestina e altrove, dal 1948”. Con toni molto espliciti, Gregorio afferma che questo conflitto non è risolto anche a causa delle divisioni del mondo arabo e dei suoi governanti, che danno la priorità “agli interessi propri di ogni Paese, di ogni partito”. Il mondo arabo ha bisogno dei cristiani che contribuiscano alla sua evoluzione nella giustizia, manifestando “i valori del Vangelo”, rendendo presente il Cristo “nella loro vita, condotta, presenza, testimonianza, impegno... con la loro azione politica, il servizio nei differenti settori della vita sociale”. “Per questo - si dice nell’appello a restare - noi esortiamo i nostri fedeli e li chiamiamo alla pazienza nelle tribolazioni, soprattutto in questo tsunami di crisi soffocanti, distruttrici, sanguinose e tragiche del nostro mondo arabo, soprattutto in Siria, come pure in Egitto, in Iraq, in Palestina e in Libano, in gradi differenti. Noi li esortiamo a non emigrare, a essere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o nel loro quartiere, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo. Noi preghiamo per le numerose vittime, il cui numero cresce di giorno in giorno. Noi siamo colpiti dal dolore e dalle sofferenze dei feriti nei nostri ospedali e con coloro che portano degli handicap. Facciamo tutti gli sforzi possibili per alleviare questa pena acuta di milioni di nostri concittadini, sfollati e destabilizzati all’interno o all’esterno della Siria, e per ottenere la liberazione di coloro che sono stati rapiti, come i due Metropoliti di Aleppo, e

altri sacerdoti e fedeli nostri concittadini. Sì, noi vogliamo ad ogni costo preservare questa presenza cristiana forte, credente, convinta, resistente, profonda, aperta, interattiva, dialogante, attiva, influente, calma, capace di portare la testimonianza e il vessillo dei valori cristiani, della vera visione cristiana, nel nostro mondo a maggioranza musulmana, perché vi si manifesti il Cristo Gesù, Dio amico degli uomini”. Il patriarca greco-cattolico ricorda poi alcune delle violenze accadute a Tripoli, Saida e Beirut in Libano; a Baghdad, a Maaloula e in altre parti della Siria e in Egitto, e avvicina la situazione dei cristiani a quella delle madri dei santi Innocenti e di “Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più” (Geremia 31,15; Matteo 2,18). Ma nonostante ciò, egli ribadisce la sua contrarietà all’emigrazione dei cristiani. Nel fare gli auguri per Natale e il nuovo anno, egli fa notare come nella comunità internazionale vi è più attenzione verso la situazione siriana, soprattutto grazie all’interesse e alla preghiera di papa Francesco, ed esprime una discreta speranza nella futura conferenza di pace (Ginevra II). “Come papa Francesco è stato vicino a noi per portare la croce della Siria - conclude - così io chiedo a tutti di portare con noi questa croce, aiutandoci a giungere all’alba della resurrezione”. www.asianews.it

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Regione San Paolo Arcivescovo di Aleppo: La Chiesa aiuta tutti senza distinzioni di fede o fazioni ALEPPO, 30 DICEMBRE 2013

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n due settimane i bombardamenti di regime e ribelli hanno ucciso quasi 500 persone. A Natale 12 bombe sono cadute sui quartieri cristiani della città. Mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo: “La popolazione è stremata da guerra, freddo e fame. La solidarietà fra musulmani e cristiani segno di speranza per il futuro”. “La Chiesa di Aleppo è presente nonostante le bombe, la fame e il freddo di queste settimane. Desideriamo vivere e avere fede, mostrando la nostra solidarietà verso tutti senza distinzioni di religioni o fazioni. Questa è la nostra missione, il nostro compito”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, che descrive la vita della popolazione in questi giorni di Natale caratterizzati da una “pioggia di bombe” e oltre 500 morti, ma anche da storie di solidarietà e condivisione fra cristiani e musulmani. Per il vescovo i continui appelli del papa alla pace hanno permesso a sacerdoti, prelati e laici di non perdere la speranza e di avere fede in Dio. “Il 25 dicembre - racconta mons. Audo - sono cadute almeno 12 bombe in vari quartieri, molti dei quali cristiani, facendo molte vittime”. Il vescovo sottolinea che la situazione è migliorata negli ultimi giorni, ma nella città i poveri sono tantissimi. I bombardamenti di regime e ribelli, il freddo e i prezzi dei viveri alle stelle hanno

ridotto la popolazione alla fame. Anche la classe media si è impoverita. “Purtroppo non vediamo la fine di queste violenze - spiega nessuno sa quando finirà questa guerra. Tutto si può accettare, ma non questa confusione che non lascia intravedere spiragli di cambiamento”. Tale situazione non impedisce ai cristiani e alla Chiesa di continuare la sua opera di carità e di preghiera per la pace in Siria. Nonostante le esplosioni e il rischio di morire, centinaia di persone hanno partecipato alle due messe celebrate nella cattedrale caldea il 24 dicembre alle 17,00 e la mattina di Natale. Gli odii e le divisioni che stanno distruggendo la società siriana non hanno fermato il sostegno ai poveri e alle famiglie di sfollati. “In questi mesi - continua mons. Audo - migliaia di famiglie dei quartieri e dei villaggi della periferia di Aleppo si sono rifugiate nel centro della città, in particolare nei quartieri cristiani. La Chiesa accoglie tutti, senza differenze, anche se a volte alcuni cristiani non comprendono questa apertura che non fa distinzioni fra religioni e fazioni politiche”. Ogni giorno nei locali della Chiesa caldea la Caritas organizza un pranzo e una distribuzione di viveri per i poveri e gli sfollati della zona, soprattutto musulmani. “Alcuni giorni fa - racconta il prelato - un anziano musulmano mi ha rincorso e ad alta voce ha espresso la sua gratitudine per il nostro lavoro, affermando che ‘l’oro vero si vede quando ci sono difficoltà. Per i musulmani quest’oro è la carità dei cristiani”.

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Nuovi raid su Aleppo, aumentano vittime civili ALEPPO, 31 DICEMBRE 2013

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n colpo di obice caduto su un autobus ha ucciso almeno una decina di civili oggi ad Aleppo, nel 17° giorno di un’offensiva dei governativi contro i quartieri occupati dai ribelli nella città popolosa della Siria, con quasi due milioni di abitanti. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), secondo cui il mezzo colpito transitava per il quartiere ribelle di Tariq al-Bab e fra le vittime si contano anche donne e bambini; un secondo colpo si è abbattuto sulla stessa zona mentre gli abitanti accorrevano per soccorrere le vittime del primo. Secondo l’Osdh, organizzazione basata a Londra ma con una fitta rete di contatti sul territorio, dal 15 dicembre i raid aerei governativi su Aleppo e la sua provincia hanno provocato finora oltre 500 morti, fra cui 150 bambini. Diversi paesi hanno condannato i raid mirati a respingere i ribelli che controllano prevalentemente il settore orientale di Aleppo, divisa in due dall’estate 2012. Sul fronte umanitario, “la situazione è disastrosa” hanno riferito fonti dell’organizzazione Médecins du Monde, parlando di massicci afflussi di feriti negli ospedali, due terzi dei quali donne e bambini, spesso vittime di

mutilazioni. Secondo Mdm, i nosocomi sono allo stremo per numero di pazienti e penuria di materiale sanitario; le ambulanze sono distrutte o danneggiate e non hanno più carburante. Altra situazione critica è quella di Adra, città assediata a nord-est di Damasco, dove il Comitato internazionale della Croce Rossa è riuscito a distribuire i primi aiuti a circa 5000 civili autorizzati dall’esercito a lasciare l’abitato nelle ultime 48 ore, ma ci si interroga ora sulla sorte di quelli rimasti in città. “Malgrado gli sviluppi positivi, restiamo preoccupati per i civili ancora presenti ad Adra, dove i combattimenti proseguono, così come in altre aree della Siria, fra cui Douma e la regione di Damasco” ha fatto sapere l’organizzazione. “Tutti i belligeranti dovrebbero assicurarsi che la popolazione, ad Adra e in altre città, sia risparmiata dalle ostilità, che i malati e i feriti ricevano un trattamento medico adeguato e che coloro che vogliono spostarsi possano farlo in sicurezza” ha detto Robert Zimmerman, vice responsabile della delegazione della Cicr in Siria. www.misna.org

Siria: è emergenza umanitaria. Cosa puoi fare tu. “S

ono rimasti in pochi nel villaggio di Homs, ogni volta che passo davanti alla scuola mi sembra un miracolo che ci siano ancora dei bambini sui banchi e prego che anche oggi possano tornare a casa vivi. In Siria si esce di casa e si corre il rischio di non tornarci. Ma non posso fermarmi, tanti dei nostri assistiti sono già in fila per comprare qualcosa, fare la spesa è diventato un lavoro, devo andare da loro, sicuramente non avranno abbastanza soldi e mi aspettano. Staremo in fila per ore sperando di non dover scappare da qualche bombardamento.. e domani sarà la stessa cosa. Questa è la nostra quotidianità in Siria”. Fra Halim, ofm. http://www.proterrasancta.org

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Cronaca della Custodiale Custodia

CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE

Avvento: S. Francesco ci insegna a vivere l’attesa del Salvatore nell’umiltà MONTEFALCO, DICEMBRE 2013

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Tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. Il padre san Francesco nella sua attesa del Salvatore aveva colto una verità profondissima: Dio è Umiltà, perché è Amore. Francesco ha sottolineato il nesso tra l’umiltà di Dio e l’Incarnazione: l’umiltà non consiste principalmente nell’essere ‘piccoli’, perché si può essere piccoli senza essere umili, ma nel farsi ‘piccoli’; e questo non per qualche necessità, ma per amore, per innalzare gli altri. Così ha fatto Gesù, che si è fatto umile, come si è fatto carne. Nelle giornate tra il 29 Novembre e il 2 Dicembre, noi postulanti con Fra Antonino, Fra Simone, Fra Alessandro e i postulanti della Provincia Romana abbiamo partecipato ad un tempo di ritiro presso il convento di Poggio Bustone (Rieti). In quel luogo san Francesco ricevette dal Signore l’assicurazione del perdono dei peccati giovanili e la conferma della sua missione. La tematica verteva sull’ “attesa” in questo Tempo forte di Avvento. In modo particolare ci siamo soffermati su “La vita consacrata come profezia e attesa del Regno”. Significativa è stata la visita al Santuario-Eremo di Greccio, che è uno dei quattro santuari eretti su luoghi legati alla vita di San Francesco (insieme al Santuario di

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Fonte Colombo, al Santuario della Foresta, e al convento di Poggio Bustone). Le ipotesi su come San Francesco abbia scelto questo luogo angusto sono molteplici, ma la più suggestiva è sicuramente quella che fa riferimento a un bambino, a cui il poverello di Assisi fece lanciare un tizzone: questo, volando come una saetta, terminò la sua corsa sulla parete rocciosa di un monticello di proprietà di un feudatario di Greccio, il Velita. Lì venne costruito uno dei monumenti più importanti della storia del francescanesimo: il Santuario del Presepe, sul luogo nel quale, nella notte del Natale del 1223, il santo di Assisi rappresentò con personaggi viventi la natività. Si tratta di un complesso di costruzioni il cui nucleo primitivo risale agli anni in cui vi dimorò il Poverello. Dopo aver percorso una lunga scalinata si arriva alla chiesina di San Luca, cuore e centro del luogo santo. Nella grotta in cui fu realizzato l’evento, infatti, fu costruita una cappella e sul masso che servì da mangiatoia, un piccolo altare. Il legame profondo che unisce questo luogo santo con il Presepe originale, quello di Betlemme, è sottolineato dalla presenza di un affresco del 1400 di scuola giottesca, che rappresenta, a destra, la Natività di Betlemme e, a sinistra, il Presepe di Greccio. Percorrendo poi uno stretto corridoio, si arriva ai luoghi abitati dal Santo e dai primi frati: il Refettorio innanzitutto, dove si vedono ancora un piccolo lavatoio, una parte del primitivo pavimento e un caminetto restaurato. Attraverso il lungo corridoio dove si affacciano


CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE le cellette in cui dormivano i frati, si arriva in quella dove, sulla nuda roccia, dormiva il Santo. Tutto ci parla della semplicità e della povertà in cui i frati vivevano e della loro radicale fedeltà al carisma del Fondatore. Diverse sono state le domande che ci hanno interpellato durante il ritiro: “…Dov’ è il mio Tesoro? …Come posso essere luogo e spazio del Vangelo? …Ho un cuore libero? O a cosa è ancora legato?”. Ci siamo resi conto che non possiamo fare a meno dell’Amore di quel Bambino tra le braccia della Vergine Maria, che vuole abitare in mezzo a noi! Solo illuminati e riscaldati dal fuoco di Cristo possiamo avere chiare e precise le risposte che ci permettono di andare avanti e crescere nella sapienza di Dio. Solo un cuore aperto all’ascolto nella carità fraterna e uno sguardo attento alle povertà del nostro prossimo possono farci prendere coscienza delle nostre miserie. Siamo scesi con il desiderio di imparare da San Francesco quell’umiltà che ci permette, alla luce di Cristo, di entrare nelle nostre stanze ancora buie e piene di egoismo. Avvertiamo il bisogno di metterci in gioco, di offrire tutto a Dio, sentiamo il bisogno di essere testimoni credibili del Regno che è già in mezzo a noi. Successivamente al nostro ritorno in convento sono iniziati i preparativi per il Santo Natale con l’allestimento di diversi presepi e alberi arricchiti da luci e festoni; in particolare grande interesse ha destato la caratteristica rappresentazione della Natività realizzata dal nostro vice-maestro Padre Antonino per la chiesa del convento. Nella nostra vita fraterna un posto di rilievo è stato

occupato dalla stesura del progetto culturale “Le mie radici”, che consiste in una presentazione creativa del paese, della cultura e della famiglia di ciascuno di noi, e sarà condiviso con la fraternità per gustare insieme la bellezza dei nostri diversi Paesi di origine, in una serata dopo le celebrazioni natalizie. Ognuno di noi è radicato in una storia, e senza conoscere questo sfondo di ogni persona è difficile conoscere il fratello ed amarlo per ciò che egli è. In una fraternità internazionale è fondamentale questo atteggiamento di apertura e di rispetto, in modo che la ricchezza di ognuno diventi la ricchezza di tutti. Nei giorni compresi tra il 16 e il 24 tutta la liturgia era ormai tesa verso la celebrazione della nascita del Figlio di Dio. La novena di Natale, che si è svolta presso il Convento delle Sorelle Clarisse di Montefalco, pur non essendo “preghiera ufficiale” della Chiesa, è stato un momento molto significativo nella vita delle nostre fraternità; abbiamo inserito i Vespri in un momento di adorazione eucaristica. Tutto questo ci ha fatto prendere coscienza che eravamo radunati per preparare il nostro cuore a vivere degnamente la celebrazione del Natale, consapevoli che solo con l’umiltà di Cristo si placano le ostilità, si smontano i pregiudizi e si apre la via all’accoglienza del Vangelo. Nella lode a Gesù Bambino, auguriamo un sereno Natale e un Buon Anno 2014 di Pace e Bene! I postulanti.

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Cronaca della Custodiale Custodia

CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE

Natale al Monte della Verna DICEMBRE 2013 Buone Feste a tutti! Vi salutiamo nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Nei giorni di questo Avvento, iniziato al primo dicembre, noi cristiani, con gioia, ci siamo preparati per il Natale, che è uno dei giorni più gioiosi dell’anno. Il Natale ci richiama alla mente il presepe, uno dei principali elementi natalizi delle case cristiane, che è stato originariamente introdotto da San Francesco per meditare la nascita di nostro Signore Gesù Cristo. Avete mai pensato alla storia di quella tradizione? Il termine deriva dal latino “praesaepe”, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi pecore e capre. La parola è composta da “prae” = innanzi e “saepes” = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Anche noi, i novizi del Santuario del Monte della Verna, luogo dove il nostro Serafico Padre San Francesco ha ricevuto le stigmate, come vuole ogni anno la tradizione, abbiamo preparato il presepe. In una piccola stanza, che si apre solo per questo periodo, ci sono alcune preziose statue antiche, che valgono, non tanto per la loro bellezza, ma per ciò che rappresentano: sono le figure del presepe. Quest’anno il 28 novembre, con l’inizio della novena per l’Immacolata Concezione, abbiamo incominciato a tirare fuori le statue e gli altri materiali per allestire il presepe. Dopo giorni d’intensi sforzi e di lavoro fraterno, noi dieci novizi, abbiamo finito di costruire il presepe e, come progettato fin dall’inizio, abbiamo cercato di rappresentare la natività di Gesù in semplicità

e povertà. Come ogni anno, i pellegrini che vedono il presepe, possono donare un po’ di gioia ai nostri fratelli e sorelle che si trovano nel bisogno, lasciando un’offerta. Questo anno i soldi raccolti andranno al Progetto “Emergenza Siria” dell’Associazione Pro Terra Sancta*. Per l’occasione abbiamo messo un panello con informazioni e fotografie del progetto e una casetta per raccogliere le offerte. Per noi, novizi, la costruzione del presepe non è stata l’unica attività in preparazione al Natale. Ognuno di noi ha vissuto durante l’Avvento anche un “giorno di “deserto”, un giorno di ritiro in cui, da soli, uno alla volta, nella preghiera e nel raccoglimento, abbiamo potuto riflettere sull’anno trascorso. Anche il luogo, “La casa dell’Ortolano”, ci ha aiutato al raccoglimento: è una casa isolata, non distante dal Convento, in cui abbiamo, a turno, trascorso una giornata di ritiro; che iniziava la mattina presto, con l’accensione della stufa, per difenderci tutto il giorno dal freddo. Sempre in questo periodo è nevicato e non poco! Alcuni di noi era la prima volta che assistevano ad un simile spettacolo. Tutti, però, siamo andati a giocare nella neve e abbiamo fatto un bel pupazzo, con tanto di sciarpa! Rinnovando a tutti gli auguri di un Santo Natale e Sereno Anno Nuovo, vi salutiamo: Pace e Bene! I Novizi (di Terra Santa e non) della Verna

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Uno sguardo sull’Avvento AIN KAREM, 13 DICEMBRE 2013

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ade intensamente la neve mentre, al lume di una soffusa candela, guardo fuori dalla finestra della stanza. Sono ormai due giorni che i gelidi fiocchi candidi scendono danzando dal cielo; nei rari momenti in cui il sole splende, il soffice mantello bianco che ha interamente coperto Ain Karem rifulge di arcobaleno. La città ha assunto un nuovo volto, una sembianza che poche persone sono solite contemplare. Guardo fuori dalla finestra mentre, con la mente persa tra tante diverse emozioni, medito sul Santo Natale. Quest’anno, la comunità dei Frati Minori del Convento di San Giovanni in Montana, in Ain Karem, si appresta a vivere questo tempo forte con uno spirito nuovo o, per lo meno, carico di curiosità. La piccola fraternità di 5-6 religiosi che, fino ad ora, ha sempre abitato in questo convento, si è infatti ampliata con l’arrivo di tutti i giovani professi semplici che, attualmente, studiano Filosofia allo Studium Theologicum Hierosolymitanum di San Salvatore, in Gerusalemme, e che, da ora in poi, passeranno qui il primo biennio della loro formazione religiosa. Ciò che prima veniva svolto da poche persone, verrà ora realizzato da oltre 15 diversi frati, che si ritrovano a collaborare tra loro per cercare di migliorare e rendere sempre più gioioso un convento che, ancora, necessita di tutto. Guardo fuori dalla finestra mentre i miei pensieri turbinano assieme alla neve, mentre rifletto su come siamo chiamati a vivere un tempo tanto intenso. Sicuramente esiste una modalità più “tradizionale” di prepararsi al Natale, che consiste nel decorare il convento con addobbi, alberi, presepi o con tutto ciò che abbiamo a disposizione nel cercare di realizzare un clima di gioia ed attesa per uno di quei momenti che, fin da quando ero bambino, veniva definito “magico” ma che, per quanto realmente magico non sia, resta comunque avvolto di un’aura di mistero e sacralità che gli conferiscono quel tocco di indescrivibile soprannaturalità. Studenti e professi solenni si sono prodigati dal primo all’ultimo nel tentativo di realizzare un clima che rendesse giustizia al grande avvenimento che, tra pochi giorni, si celebrerà in una delle notti più solenni e sentite di tutto l’anno liturgico. Il convento pullula di begli ad-

dobbi natalizi, di una semplice ma significativa corona di Avvento che scandisce i giorni che ci separano dalla natività di Gesù e di un bel presepe collocato a destra dell’altare della chiesa conventuale. Esiste, tuttavia, anche una seconda modalità con cui sia possibile fare spazio al Signore nei nostri cuori. Oltre al tempo personale, in cui ciascuno di noi si prepara a ricevere Gesù nel proprio intimo, il Seminario intero si è raccolto attorno a due iniziative che ci avrebbero aiutato a vivere tale Solennità in modo collettivo, una collettività che integrasse il cooperare nella realizzazione di una decorazione o di un presepe. Una prima idea prevedeva un intero pomeriggio in cui il Seminario di Filosofia si sarebbe radunato a Betlemme, davanti alla Grotta della Natività, per vivere un momento di raccoglimento e silenzio in cui nulla, se non la preghiera stessa, avrebbe riempito la mente di tutti noi. L’iniziativa è stata accolta con molto entusiasmo. Da quando infatti la Filosofia si è trasferita ad Ain Karem, le attività da svolgere nel quotidiano sono aumentate in maniera esponenziale e momenti come questi si sono fatti molto più rari e più preziosi. La seconda iniziativa prevedeva invece l’arrivo del Seminario di Teologia qui, ad Ain Karem, per trascorrere un’intera giornata di comunione e comunità con il Custode di Terra Santa e con tutti noi del Seminario Filosofico. Per quanto oggi formalmente divise, le due entità seminariali sono infatti chiamate a vivere e mantenere lo stesso spirito di unità e fraternità.

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Cronaca della Custodiale Custodia Guardo fuori dalla finestra mentre le mie labbra si distendono in un sorriso carico di ironia. La seconda iniziativa è infatti sfumata. La neve è caduta abbondante per più giorni, ha bloccato ogni possibile via di comunicazione tra qui e Gerusalemme ed ha impedito formalmente l’unità dei due Seminari. Il problema si è poi esteso all’interno del convento stesso. Le nostre cisterne state spesso sul punto di traboccare ed allagare tutto, le infiltrazioni del tetto ci hanno obbligato a svuotare i contenitori dell’acqua ogni ora, le grondaie di ferro sono rovinosamente cadute sotto il peso del ghiaccio (rendendo pericoloso l’accesso al giardino), i rami degli alberi sono stati spezzati dal vento e si sono riversati nel piazzale del Benedictus, la luce è venuta a mancare, assieme ad acqua calda e riscaldamento, per più di 24 ore. Eppure, in quel lasso di tempo, è avvenuto qualcosa di inaspettato. L’intero convento si è rimboccato le maniche, nessuno è rimasto a guardare, e tutti quanti, nei limiti delle capacità di ciascuno, si sono prodigati per cercare di risolvere la situazione come meglio potevano. Alle 16, era già buio e la comunità si è ritrovata a lume di candela per un breve momento conviviale fatto di té e biscotti, di qualunque cosa potesse scaldarci dal freddo lavoro all’esterno del convento. La cena si è svolta alla fioca luce delle candele, così come la breve ricreazione alla quale tutti quanti hanno partecipato. Qualcuno ha af-

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CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE fermato, in quelle ore di disagio, “era necessario che venisse a mancarci tutto per fare sì che ci ritrovassimo uniti nell’essenziale, nello stare assieme”. Ed era vero. Nella difficoltà di affrontare quel momento, non si è riscontrato un solo volto triste, non una faccia che esprimesse rabbia o delusione per essersi vista privata di ciò che quotidianamente monopolizzava il proprio tempo. Ciò che è accaduto straordinariamente, sarebbe bello che si verificasse anche ordinariamente...e senza bisogno che ogni volta venga a mancare la corrente elettrica. Anche la Santa Messa del mattino si è svolta allo stesso modo: nel buio, alla luce di pochissime candele. Eppure, in quell’oscurità, si è respirata un’atmosfera che non si era mai provata prima. L’aria era carica di attesa, gli occhi di tutti noi rivolti all’unico volto illuminato che spuntava dalle tenebre: il volto del sacerdote che, nella celebrazione, pareva davvero invocare l’unica luce in grado di squarciare il buio, che pareva davvero dire “vieni, Signore Gesù”. Guardo la neve che danza fuori della finestra e rido di tutte le cose che ho scritto. Nonostante i miei sforzi, ritengo sia impossibile incasellare il Santo Natale in una o più di tutte le iniziative e vicende che ci sono capitate in questi giorni. Per quanto lo celebriamo da quasi due millenni, esso rimane uno dei più profondi misteri dell’intera umanità, qualcosa che possiamo certamen-


CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE te contemplare e venerare, ma che non potremo mai esaurire nel suo significato più intimo e profondo. Dietro quel bambino tanto piccolo si nasconde infatti uno degli avvenimenti più grandi dell’universo. Guardo fuori dalla finestra mentre soffio sul lume della candela che mi ha tenuto compagnia in queste ore prive di elettricità e riscaldamento. Il mio pensiero si posa un’ultima volta sulle belle esperienze di solidarietà ed unità che abbiamo intessuto durante il buio che ha avvolto l’intera Ain Karem. La comunità francescana di San Giovanni in Montana si è infatti raccolta nella difficoltà e si è fatta lieta nella fatica...al pari di quella giovane di coppia di sposi che, nella necessità, si è stretta in una mangiatoia buia e fredda, dove ha visto la propria famiglia crescere e dove, con immensa gioia, ha fatto quel che poteva per dare al bambino tutto ciò di cui aveva bisogno. L’unità è forse uno dei volti più belli del Santo Natale, un’unità che può verificarsi sempre e comunque. Del resto qui, in Terra Santa, ogni giorno è Natale; nella vita di un cristiano che cerchi di vivere autenticamente la propria adesione a Cristo, ogni giorno può essere Natale, dovunque e comunque.

E come san Francesco, durante la prima realizzazione del presepe a Greccio, prese il bambino in braccio e lo ridestò nel cuore di tutti coloro che l’avevano dimenticato, così possa quello stesso infante rinascere in tutti noi mentre, con il cuore trepidante d’attesa e gli occhi rivolti al cielo innevato, ci ritroviamo a pregare “vieni, Signore Gesù”. Fra’ Marco Maria, OFM

Aspettare il ritorno di Cristo GERUSALEMME, DICEMBRE 2013

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a Chiesa, nei giorni di Avvento, si rende conto del “già” della salvezza, ma attende il “non ancora” che deve venire. Cristo è giunto, ma la Chiesa pellegrinante nel tempo attende il ritorno del Signore. Aspettare il ritorno di Cristo come i servi che attendono il ritorno del padrone, vegliare per aprirgli appena sarà venuto e avrà bussato, andargli incontro con le lampade accese, attendere non passivamente, ma in modo operoso: ecco l’atteggiamento dell’Avvento. È proprio con questa condotta di fondo che nel Seminario Francescano Internazionale di Gerusalemme viviamo questo tempo di grazia per prepararci a celebrare con vera fede il grande mistero dell’Incarnazione. Per questo motivo durante l’Avvento, e ancor prima di esso, abbiamo organizzato diverse attività che in certo qual modo ci aiutano a stare desti per andare incontro al Signore che viene.

Infatti, sabato 16 novembre, abbiamo fatto il nostro ritiro mensile “In cammino nel deserto”, e abbiamo percorso a piedi qualche kilometro da Wadi Kelt fino

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Cronaca della Custodiale Custodia a Gerico. Lungo il cammino, a volte faticoso, abbiamo fatto esperienza di silenzio, di povertà, di essenzialità, di percezione sensitiva della propria piccolezza e della assoluta dipendenza di Dio, guidati certamente dalla Sacra Scrittura presentata dal predicatore P. Matteo Munari OFM. Infine, abbiamo concluso la giornata con un momento di preghiera con l’intenzione particolare di chiedere al Signore di far fiorire nuove speranze in coloro che stanno affrontando “il deserto” nella loro vita. Il 30 novembre e il 1 dicembre sono stati giorni di grazia, in quanto abbiamo iniziato l’avvento a Betlemme insieme alla comunità locale, alla parrocchia e ai pellegrini recatisi per l’occasione. Durante i primi vespri, il padre Custode ha acceso la prima candela della corona di Avvento con del fuoco portato dalla lampada della mangiatoia. Molti dei frati studenti hanno partecipato in modo attivo nelle celebrazioni sostenendo il canto o accolitando. In seminario siamo soliti anche pregare con la Parola di Dio, ma certamente una Lectio Divina in questo tempo di Avvento è anche un modo per prepararci ad accogliere il Logos fatto carne per noi. La Parola di Dio, quindi, ci ha interpellato a preparare il nostro cuore in modo operoso per celebrare la solennità del Natale. Col trascorrere dei giorni, la preparazione è divenuta ancora più intensa con la novena di Natale che abbiamo celebrato insieme alla nostra comunità di San Salvatore, giorni intensi e di fervida preghiera, nei quali la Chiesa con testi biblici, la parola dei predicatori, preghiere ed inni, ci fa volgere lo sguardo al mistero di Betlemme, all’Amore che ci viene dimostrato nel Dio incarnato. Durante questa novena abbiamo rivolto anche un pensiero e una preghiera speciale per la pace in Siria e per

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CRONACA DALLE CASE DI FORMAZIONE i cristiani, che soffrono la persecuzione, perché continuino a confidare nel Signore e avanzare senza timore. Il 18 dicembre, a distanza di pochi giorni dal santo Natale, siamo andati in pellegrinaggio a Betlemme per trascorrere un tempo di preghiera silenziosa nella grotta della Natività. In questo modo l’esperienza del silenzio iniziata nel deserto e che ha accompagnato il nostro cammino di preparazione durante l’avvento si è conclusa nel silenzio della grotta che, appunto, ha visto nascere il salvatore del mondo. Il silenzio, infatti, è il luogo in cui possiamo ascoltare la tenerezza di Dio che si fa bambino; poiché il Signore si avvicina, con quella sonorità del silenzio propria dell’amore, senza dare spettacolo. “Questa è la musica del linguaggio del Signore, diceva Papa Francesco, e noi nella preparazione al Natale dobbiamo sentirla: ci farà bene sentirla, ci farà tanto bene. Normalmente, il Natale sembra una festa di molto rumore: ci farà bene - ha esortato - fare un po’ di silenzio e sentire queste parole di amore, queste parole di tanta vicinanza, queste parole di tenerezza… Fare silenzio, in questo tempo in cui, come dice il prefazio, noi siamo vigilanti in attesa». Nel luogo santo che ha visto nascere il Signore, il silenzio orante è diventato intercessione per i cristiani della Siria e di tutto il Medio Oriente. È in questo modo in cui come fraternità ci siamo preparati durante l’Avvento 2013 per andare incontro il Signore, celebrando poi il suo Natale in loco, cioè a Betlemme. Fra Ulise Zarza, OFM 3° di Teologia


Celebrazione di Nostra Signora di Guadalupe, tra fiocchi di neve e canti GERUSALEMME, 12 DICEMBRE 2013

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iovedì 12 dicembre, la Terra Santa si è svegliata, sotto il manto bianco di neve e quello, tutto colorato, di Nostra Signora di Guadalupe, la figura più importante del cattolicesimo sud-americano. Organizzata dai seminaristi della Custodia, questa celebrazione è iniziata con la Messa, in lingua spagnola, presieduta dal Custode Fra Pierbattista Pizzaballa, nella chiesa di San Salvatore. Una cinquantina, tra frati e seminaristi, originari dell’America Latina, ha animato gioiosamente la celebrazione con canti tradizionali messicani. L’assemblea, meno numerosa degli anni precedenti, ha accolto le persone delle comunità latinoamericane e locali che hanno sfidato freddo e neve. Fra Israël, seminarista messicano intervistato durante i preparativi, ha spiegato: «questa festa è molto popolare in America Latina e noi vogliamo condividerla con il

maggior numero di persone. Abbiamo mandato inviti a tutte le comunità vicine alla Custodia e stiamo cucinando da ieri sera!». Patrona delle Americhe, la Madonna di Guadalupe accoglie ogni anno più di 14 milioni di pellegrini nell’unico Santuario mariano del Messico; riunendo le popolazioni del continente americano, nonostante le differenze linguistiche, etniche e sociali. La Vírgen de Guadalupe è venerata non solo per la sua apparizione a un giovane indiano messicano convertito al cattolicesimo – Juan Diego Cuauhtlatoatzin – nel 1531, ma anche per i numerosi miracoli. Nata più di cinque anni fa, da un’iniziativa comune dei frati e dei pellegrini messicani, la celebrazione della Madonna di Guadalupe è stata istituita, dalla Custodia,

per la gioia di tutti; non solo a Gerusalemme, ma anche a Giaffa, Betlemme e in altre province francescane. Poiché la processione con l’icona della Vergine di Guadalupe non ha potuto aver luogo, a causa della neve, i frati, dopo la celebrazione, hanno invitato i presenti a recarsi direttamente nel grande salone della Custodia. Bandiere sud-americane e ghirlande sventolavano sopra un buffet colorato e molto appetitoso! Benedetto, seminarista del patriarcato latino, ha potuto condividere la gioia dei suoi fratelli. Allegria e sorrisi che si potevano leggere sui volti di tutti, quando Fra Artémio ha intonato al microfono vari canti in spagnolo. La Madonna di Guadalupe, inconsueta rappresentazione della Vergine Maria, incinta, vuole ricordare che, nel freddo invernale di dicembre, ci sarà presto donato un Salvatore. Dal Messico a Betlemme, sia Beata la Vergine Maria! www.custodia.org

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Cronaca della Custodiale Custodia Gaudete in Domino semper, ordinazioni diaconali a Betlemme BETLEMME, 15 DICEMBRE 2013

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ra Luaï e Fra Benjamin, sono stati ordinati diaconi a Betlemme, in questa terza domenica d’Avvento. Grande gioia per la Custodia di Terra Santa! Nella terza domenica d’Avvento, chiamata Gaudete per l’antifona latina della messa del giorno: « Gaudete in Domino semper » - « Siate sempre lieti nel Signore »; la Custodia di Terra Santa ha celebrato l’ordinazione diaconale dei suoi confratelli fra Luaï Bsharat (Giordania) e fra Benjamin Matipanha (Mozambico). La giornata era iniziata con il timore che i frati della Custodia e lo stesso Patriarca non riuscissero a raggiungere la Chiesa di Santa Caterina a Betlemme. Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto immaginare che una tale tempesta di neve si sarebbe abbattuta sulla Città tre volte santa, coprendo con 35 cm di neve le strade di Gerusalemme. Domenica mattina il ghiaccio ha causato un incidente al primo autobus dei frati, mentre il secondo rimaneva bloccato al Monte degli Olivi… L’impazienza si leggeva su tutti i volti, perché nessuno voleva mancare alla festa! Se i frati di Galilea e di Aïn Karem hanno avuto il coraggio di mettersi in viaggio, la Comunità del Convento di San Salvatore ha dovuto trovare una soluzione. I frati hanno fermato alcuni taxi: per prima cosa bisognava far partire i musicisti, i coristi e i frati che assicuravano il servizio durante la cerimonia!

I minibus del Convento, liberati con fatica dalla neve, si sono diretti velocemente sul posto. Altri frati e amici dei due ordinandi sono riusciti a salire sugli autobus pubblici, in servizio da Gerusalemme a Betlemme. Il check point era chiuso al traffico: il lungo corteo di frati e laici, a piedi nella neve, ha attraversato il muro di separazione. Nei Salmi si legge: «Il Signore non abbandona i suoi », lo prova il fatto che la celebrazione è iniziata con una certa puntualità. Alla cerimonia ha partecipato anche la Comunità locale di Betlemme. I canti gioiosi e ritmati della corale parrocchiale, sono riusciti a far dimenticare il freddo. La celebrazione si è svolta in arabo, latino, italiano, inglese e anche in portoghese (lingua ufficiale del Mozambico, Paese da cui proviene Fra Benjamin), ricordando l’incredibile ricchezza umana della Custodia di Terra Santa e la disinvoltura con cui si celebra nelle diverse lingue. I passi liturgici invitavano i due ordinandi alla pazienza (Gc 5,7-10), guardando alla figura di Giovanni Battista (Mt 11, 2-11). Rivolgendosi ai futuri diaconi, il Patriarca Fouad Twal ha ricordato: «Siete solo all’inizio della vostra missione. Gesù vi chiama, come Giovanni Battista, a essere perseveranti nella fede, ad accettare il suo stile di vita, a lasciare il vostro modo di pensare, per considerare in

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modo nuovo il mondo che vi circonda. Questa missione sarà faticosa, ma voi non siete i primi. Avrete dei dubbi, ma in quei momenti sarete circondati da una famiglia: i frati francescani e tutte le persone che pregano per voi». Parole forti e incoraggianti per Fra Luaï e Fra Benjamin, che si preparano a scoprire una nuova realtà. A faccia in giù, i due frati erano distesi sul pavimento, al centro della navata trasversale (detta transetto). Dopo la recita della litania dei Santi, per intercedere per le loro vocazioni, i due ordinandi hanno ricevuto, dalle mani dei loro confratelli, la stola e la dalmatica color porpora, gli abiti liturgici dei diaconi. La stola indica l’autorità dell’incarico, mentre la dalmatica ricorda che la carità deve rivestire colui al quale Dio accorda i Suoi doni per essere Suo servitore. Intensa emozione per l’intera comunità francescana che, alternandosi in fraterni abbracci, ha fatto gli auguri ai due nuovi diaconi. Fra Luaï e Fra Benjamin, ritornati all’altare maggiore, hanno accompagnato Sua Beatitudine nella preparazione dell’Eucaristia. I loro sorrisi esprimevano la gioia per questa tappa raggiunta. Il giorno dopo l’ordinazione, Fra Benjamin Matipanha ha ricordato: « Sono entrato al seminario minore dei francescani nel 2001, nel mio Paese natale del Mozambico. Non avrei mai immaginato di essere ordinato in Terra Santa. Non avevo nessuna idea della Terra Santa ». Rievoca poi il suo percorso con la scoperta della spiritualità francescana, attraverso un amico francescano. Spiega la difficoltà di accettare, da parte della Chiesa locale, l’idea che una persona del posto

s’impegnasse in un ordine religioso straniero. Rilegge poi questi ultimi dieci anni: dal Mozambico alla Terra Santa, passando dallo Zambia: la frequenza dei corsi di filosofia e teologia. Quanta apertura e quanti incontri vissuti grazie ai francescani. Oggi l’Africa gli manca, forse ancora di più per il freddo invernale di questi ultimi giorni! Ma fra Benjamin non pensava più né all’inverno, né al freddo, quando domenica all’uscita della celebrazione, Fra Feras e Fra Badie lo hanno trascinato, insieme ai fedeli, a ballare una dabké, danza tradizionale orientale, in onore dei due nuovi diaconi! I fedeli della parrocchia e i francescani, mano nella mano in questo bel giorno, hanno impresso una speciale immagine al periodo d’Avvento! www.custodia.org

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Cronaca della Custodiale Custodia Appello del Custode per la Siria GERUSALEMME, 16 DICEMBRE 2013

Il Custode lancia l’appello per la Siria, invitando a pregare durante la novena di Natale

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Custode di Terra Santa, tiene regolarmente informati i confratelli della Custodia, inoltrando loro le notizie che gli arrivano dalla Siria, ma il messaggio che Fra Pierbattista Pizzaballa ha indirizzato questo fine settimana ai frati è di un tono speciale. Il Custode, infatti, ha lanciato un appello vibrante alle Comunità francescane sotto la sua giurisdizione; esortando a ricordare in modo particolare la Siria durante la Novena di Natale iniziata il 16 dicembre. Com’è noto la situazione in Siria, dal punto di vista politico, sta peggiorando di giorno in giorno. I cristiani sono divenuti, sempre più, bersaglio di alcuni gruppi estremisti. L’appello del Custode è rivolto a tutta la Siria e i suoi abitanti. Un messaggio che vuole arrivare prima delle festività di Natale, particolarmente alle comunità cristiane locali, soprattutto quelle situate nelle zone dominate

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da gruppi che mirano a instaurare uno stato islamico dei più radicali. Ai 14 frati della Custodia che, pur in situazioni precarie, si prendono cura di questo piccolo gregge, il Custode di Terra Santa augura insieme ai loro fedeli che: “continuino a confidare nel Signore e avanzare senza timore”. ATS Pro Terra Sancta, ONG della Custodia, continua la raccolta di fondi per sostenere concretamente i frati della Siria e tutte le persone, di qualsiasi confessione o fede, che chiedono il loro aiuto; trovando così rifugio, conforto e sostentamento. Presto sarà Natale: non dimentichiamo i nostri fratelli della Siria, sia nelle nostre preghiere, sia nelle nostre azioni. Per l’emergenza Siria: http://tinyurl.com/emgsyria


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Illuminato l’albero di Natale di Beit Hanina GERUSALEMME, 16 DICEMBRE 2013

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a sera del 16 dicembre, il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, ha inaugurato l’albero di Natale nella parrocchia di Beit Hanina. Accompagnato da alcuni frati, il Custode è arrivato in questa fredda serata di dicembre, per testimoniare il suo attaccamento alla comunità cristiana di Beit Hanina. Accolto con gioia da Fra Haitham Yalda, Vicario della parrocchia e dai vari gruppi di giovani di Bait Hanina, il Custode ha ricordato il senso di questa tradizione dell’illuminazione; quale riflesso della luce di Dio nelle nostre vite.

Musica, canti e parata degli scout; l’assemblea ha ritrovato la meraviglia infantile che solo Natale sa donare. Questo momento di festa si è concluso con la benedizio-

ne dell’albero e l’arrivo di Babbo Natale che ha offerto dolciumi, fermandosi poi accanto ai frati. Su circa 14.000 cristiani della Città Santa, quasi 3.000 risiedono in questo quartiere di periferia, situato a otto chilometri al Nord di Gerusalemme, sulla strada verso Ramallah. Qui, negli anni 50, i Francescani avevano costruito un teatro, divenuto poi succursale della parrocchia principale di Gerusalemme. Alla fine degli anni 70, iniziarono i lavori per un complesso residenziale di una cinquantina di appartamenti per rimediare al delicato problema degli alloggi dei cristiani. Da allora, la Custodia supporta la comunità locale offrendo, non solo l’accompagnamento spirituale, ma anche spazi di vita e d’incontro. All’inizio del mese di dicembre, a coronamento dei numerosi lavori realizzati nel centro parrocchiale durante gli ultimi cinque anni, è stato inaugurato il centro sportivo della Parrocchia, uno spazio che consente alla comunità locale di partecipare a numerose attività. Continua così il ruolo della Custodia al servizio delle “pietre vive” del paese. Per vedere il video realizzato dal Franciscan Media Center: http://tinyurl.com/beit2013 www.custodia.org

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Cronaca della Custodiale Custodia Gerusalemme: il quartiere cristiano s’illumina con i colori di Natale GERUSALEMME, 19 DICEMBRE 2013

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iovedì 19 dicembre, all’imbrunire, è stato acceso l’albero di Natale collocato a Porta Nuova, nella città vecchia di Gerusalemme. L’iniziativa, organizzata dalle Associazioni del quartiere cristiano in collaborazione con la società Biblica palestinese, avrebbe dovuto inaugurare il 13 dicembre, giusto quando le nevicate avevano paralizzato la città vecchia. Gli organizzatori della serata desideravano vivere un momento di festa aperto a tutti per simboleggiare l’unità nello spirito del Natale. Una scommessa riuscita e dimostrata da centinaia di persone radunate attorno al grande albero per assistere ai fuochi d’artificio inaugurali. Gli spettatori, alcuni dei quali con costumi, cappelli e maschere natalizie, hanno assistito alla parata degli scout terminata all’auditorium di Notre-Dame, appena

fuori dalle mura della città vecchia, dove l’ Hope musical group ha interpretato canti natalizi tradizionali in lingua araba. Dopo il concerto, gli organizzatori hanno ringraziato i partecipanti, porgendo a tutti gli auguri per le feste di Natale e per l’anno nuovo. Erano presenti anche i responsabili religiosi che hanno seguito il corteo da Porta Nuova fino al Centro NotreDame. Tra loro il Patriarca Greco ortodosso di Gerusalemme Theophilos III, il Vescovo emerito Kamal Hannah Bathish, il Vescovo anglicano Suhail Duwani, il Vescovo Siro ortodosso Murad Sewerios e l’Arivescovo Muneeb Younan. La loro presenza a significare la solida unità delle parrocchie cristiane di Terra Santa in questo periodo di Natale. www.custodia.org

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A Gerico un sogno è diventato realtà GERICO, 19 DICEMBRE 2013

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iovedì 19 dicembre 2013, più di quattrocento persone hanno risposto all’invito di fra Mario Hadchity, Parroco di Gerico. Autorità municipali e statali, rappresentanti religiosi delle diverse confessioni, corpo docente, associazioni e altri dignitari; nessuno avrebbe voluto mancare a questo momento di festa, non solo per la comunità cristiana, ma per tutta la popolazione di questa città palestinese di 30.000 abitanti. Alla fine di agosto, dopo oltre quattro anni di lavoro, la Terra Santa School di Gerico aveva aperto le porte per accogliere circa 500 allievi (ragazzi e ragazze), di cui solo 36 sono cristiani. Dopo il successo riscontrato a Betlemme, i francescani hanno deciso di investire ulteriormente in questa città biblica millenaria, attraverso un vasto progetto educativo. Fra Feras, Parroco di Gerusalemme, ha ricordato: «questa scuola rappresenta la presenza reale dei cristiani ed è segno della loro volontà di permanere a Gerico ». La comunità cristiana è rappresentata da un piccolo nucleo di famiglie (500 persone circa) e fra Mario non nasconde: «Prima di arrivare qui ero un po’ inquieto. Gerico è isolata nel deserto e non esagero dicendo che la comunità cristiana era quasi abbandonata. Mi sono chiesto cosa avrei potuto fare. ». Il convento, la chiesa e la scuola, vuota da tre anni e senza un sistema di depurazione….c’era tanto da fare. Così, fra Mario si è messo al lavoro, ha iniziato a pulire e mettere in ordine: «L’ordine, la disciplina e l’accoglienza fan parte dello spirito di san Francesco. Ciò che mi ha aiutato nel quo-

tidiano è stata la fiducia della Custodia e, in particolare, quella del mio fratello Custode, che ha creduto in me e nelle mie capacità. Ho scoperto così di avere delle competenze! Ho chiesto sostegno e l’ho ricevuto.». Infatti, grazie alla sua personalità socievole e dinamica, fra Mario dal suo arrivo, in maggio 2012, si è velocemente integrato nella comunità cittadina: «I cristiani avevano bisogno di sentirsi rappresentati» ha spiegato. Certo, il suo desiderio è che il numero dei fedeli cresca, ma fra Mario pensa che la sua missione sia pienamente realizzata in una città a maggioranza musulmana. E confida sorridendo: «Sono stato subito accolto e da tutti. Tanto per dire, mi sono sentito chiamare Sheikh Mario (Sheikh è un titolo onorifico nella cultura orientale riservato ai capi delle moschee).». Ciò potrebbe far sorridere, ma il significato è quello di un forte segno di rispetto e di dialogo interreligioso. A Gerico, l’inaugurazione ha rappresentato l’avvenimento più importante del giorno e anche del mese! Fra Mario, da buon ospite e con una grande attenzione, ha accolto e accompagnato gli invitati durante tutta la serata. Concerto, parate, fuochi d’artificio, ghirlande con i colori della Palestina e della Chiesa cattolica, abiti tradizionali: niente è mancato alla festa, nemmeno le telecamere della televisione palestinese! I discorsi si sono succeduti e i ringraziamenti sono stati generosi verso tutti i protagonisti di questa bella iniziativa. Il Custode di Terra Santa, fra Pizzaballa, ha concluso la gioiosa e ricca cerimonia, affermando con estrema

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Cronaca della Custodiale Custodia sintesi: «questa scuola è un sogno divenuto realtà, non solo per i francescani, ma anche per tutta la popolazione di Gerico». Roni, cristiano di Betlemme è venuto per incoraggiare la comunità di Gerico e ringraziare: «I francescani hanno fatto un lavoro straordinario, le loro scuole sono per noi l’esempio che la nostra confessione è importante. Siamo fieri di avere delle belle scuole, che offrono prestazioni di alto livello in Palestina». Non è stato l’unico a venire da fuori. Infatti, alla cerimonia hanno partecipato i frati di Acri, Betlemme, Nazareth e

Gerusalemme; venuti per condividere la gioia «inesprimibile» di fra Mario. Restano molte sfide da affrontare alla Terra Santa School di Gerico ma, mentre i canti di Natale risuonano ancora nella notte scura e fredda, i giovani sognano un brillante avvenire. Riguardo ai pellegrini, secondo il parere di tutti, sono i benvenuti: il giardino della Custodia è un’oasi in mezzo al deserto! A buon intenditore, poche parole! www.custodia.org

Sunday, December 22 at 6pm LATIN PATRIARCHATE OF JERUSALEM

The Magnificat Institute Jerusalem presents:

The Magnificat Christmas Concert featuring The Magnificat Choirs

FREE ENTRY www.magnificat.custodia.org magnificat@custodia.org

Cerimoniere, per garantire momenti d’intensa preghiera GERUSALEMME, 23 DICEMBRE 2013 ltre un migliaio di fedeli si accalcherà davanti alle porte della chiesa di Santa Caterina a Betlemme per la Messa di mezzanotte. Nell’ombra, tre francescani si occuperanno del suo svolgimento. I maestri della liturgia hanno un solo obiettivo: rendere questa celebrazione momento d’intensa preghiera per tutti.

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vilegi delle diverse comunità cristiane di Terra Santa. Fra Marcelo Cichinelli, maestro di cerimonia, ricopre questa responsabilità dal 2010, ma lavora e studia nell’ambito liturgico da più di quindici anni. Infatti, il compito di un cerimoniere non si limita solo al tempo della celebrazione; quella non è che «la punta dell’iceberg, che i fedeli possono intravedere », sottolinea.

Non cercate il loro sorriso durante le celebrazioni, la loro concentrazione è al massimo. I frati Marcelo, Ulise e Bernardo sono i cerimonieri della Custodia.

Vi sono giornate intere di preparazione, nell’ombra, per evitare che una gaffe o una dimenticanza non si trasformi in incidente diplomatico tra due comunità o autorità.

Su di loro si posa il rispetto delle complicate tradizioni, regole sottili e codici protocollari – stabiliti dallo Status Quo nel 1853 – che regolano, ancora oggi, diritti e pri-

I cerimonieri operano durante tutto l’anno, per seguire i tempi liturgici, conoscendo le particolarità delle Chiese Orientali, con le quali bisogna condividere l’esiguità di

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certi spazi e, ancora, per coordinare il ruolo dei molteplici attori. Nel 2013, fra Marcelo ha curato più di cinquanta cerimonie ufficiali, svolte in una ventina di luoghi diversi e in altrettante lingue! Appassionato della sua missione, trascorre ore negli archivi della Custodia leggendo cronache e testimonianze lasciate dai suoi predecessori. Fra Marcelo spiega: «Alla Custodia, abbiamo tesori come questo libro delle cerimonie dell’anno 1752! Facciamo dialogare il passato con il presente; la posta in gioco è la conservazione del culto cristiano vivo nella terra di Gesù. La Chiesa cambia e si modernizza, ma non deve far scomparire secoli di devozione». Per questo, un cerimoniere resta tale per gran parte della sua vita. Aiutato dai frati dottori in liturgia, fra Marcelo realizza per ogni cerimonia e nel rispetto delle tradizioni, il libretto della Messa. Nel supporto del lavoro quotidiano, fra Marcelo conta sull’aiuto di fra Ulise Ramon Zarza e fra Bernardo Moya Montero, entrambi seminaristi. «Non è facile trovare qualcuno che voglia dedicare tante ore di lavoro e possa restare per un periodo lungo» confessa Fra Marcelo. Accettando questo servizio, i nostri due seminaristi erano consapevoli d’impegnarsi per una «formazione lunga e impegnativa, in cui tutti i giorni c’è da imparare» come afferma Fra Ulise, senza nascondere che, a volte, la missione è pesante: «Anche se la nostra agenda è molto precisa, viviamo un po’ in parallelo rispetto alla comunità. A volte mangiamo da soli e finiamo le celebrazioni dopo gli altri». I cerimonieri trascorreranno, nella chiesa di Santa Caterina, l’intera giornata del 24 dicembre fino al mattino del 25. Controlleranno tutto: dall’audio dei microfoni alle luci, dagli abiti sacerdotali ai messali….perché niente manchi. Infatti «a cerimonia iniziata, il mondo avrà gli occhi puntati su di voi e non si potrà tornare indietro» chiarisce fra Marcelo. Forse, questo spiega la sensazione di fermezza e inflessibilità riflesse dalla sua persona, a danno dei fotografi che spesso sperimentano un rifiuto. L’interessato lo riconosce «se sembriamo duri

e passiamo il nostro tempo a dire di no, lo facciamo per un solo motivo: evitare la perdita di controllo. Le persone non capiscono che tutto è cronometrato e ordinato, preparato per settimane da un comitato». E aggiunge: «La grande differenza tra un direttore d’orchestra e un maestro di cerimonia è che si parla della Fede, di ciò che è più prezioso per un credente. Le persone vengono dal mondo intero per vivere questa Messa di mezzanotte e noi dobbiamo offrire loro un momento di preghiera intensa e armoniosa; questo spiega la nostra vigilanza in ogni momento». E conclude, con sguardo benevolo, verso fra Ulise: «Questo servizio crea una grande solidarietà tra noi e ringrazio spesso la mia squadra, poiché sento tutto lo spirito di San Francesco nel nostro lavoro quotidiano». Non c’è dubbio che il rapporto umano sia intenso, aggiunge fra Ulise: «Ci conosciamo così bene, che non abbiamo bisogno di parole durante le celebrazioni, basta uno sguardo ». I tre frati si considerano onorati di condividere questa responsabilità. La Messa di mezzanotte non sarà che l’inizio; ricominceranno il giorno dopo, tra Betlemme, Gerusalemme e Nazareth, per non parlare del primo gennaio. Un grazie a questi frati che ci ricordano il mandato conferito, a suo tempo, dalla Sede Apostolica (bolla di Papa Clemente VI nel 1324) ai francescani: «Celebrare solennemente le Messe cantate e gli Uffici divini nei luoghi santi del cristianesimo ». www.custodia.org

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Cronaca della Custodiale Custodia Ogni anno è Natale, ma non ci si stanca mai! BETLEMME, 24-25 DICEMBRE 2013

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on mi stanco mai del Natale», così si esprime Mary una cittadina di Betlemme che percorre la piazza della Natività cercando a tutti i costi di infilarsi lungo le barriere per veder passare il patriarca. «Vengo ogni anno e ogni anno il miracolo della festa avviene. Quello che più mi piace? È la città in festa che un giorno l’anno, con questa folla venuta dal mondo intero, ci fa dimenticare le nostre preoccupazioni quotidiane». Per Michelle e Alexis, venuti a piedi dalla Francia con la speranza di giungere in tempo, l’emozione è grande al punto che diventa difficile trattenere le lacrime. «Passiamo da un’emozione all’altra. Dopo lo choc della barriera di separazione, a Betlemme troviamo questa grande gioia; scopriamo persone che escono per strada ad accogliere la gioia del Natale, uno spettacolo che da noi non si vede». Per Alexis, «Musulmani e cristiani sono riuniti qui per festeggiare insieme la nascita di un profeta, è un’immagine molto forte ».

È il 24 dicembre e, come vuole la tradizione, il Patriarca latino di Gerusalemme fa il suo ingresso solenne nella città di Davide. In attesa del corteo che lo accompagna da Gerusalemme, nella città la festa raggiunge il culmine con la sfilata degli scout. Per fra Jason, che ha trascorso nove mesi al servizio della Custodia, è una grande gioia essere qui. Sabato, infatti, ritornerà nel suo Paese, Singapore: «Il mio Provinciale voleva che rientrassi prima di Natale, ma ho chiesto di rimanere perché desideravo veramente vivere quest’ultima grazia della Terra Santa».

Con ritardo dovuto alla folla, quest’anno particolarmente numerosa, arriva il corteo del Patriarca Fouad Twal. Durante il suo passaggio alcune automobili hanno dovuto fermarsi per permettere al Patriarca di stringere qualcuna delle tante mani tese verso di lui. Sulla Piazza della Mangiatoia c’è molta calca. L’accoglienza del Patriarca, da parte di fra Ricardo Bustos (Guardiano della fraternità francescana di Betlemme), riporta un po’ di ordine e di calma. Inizia la preghiera. Entrata nella chiesa di Santa Caterina, al canto del Te Deum, l’assemblea si prepara al mistero che la attende. La preghiera si prolunga nel canto dei vespri presieduti dal Patriarca. Dopo i vespri, francescani e seminaristi del Patriarcato latino si riuniscono per la processione solenne, condotta da Fra Ricardo, nella Grotta. La gioia, è un continuo crescendo che si fa sempre più intima nel luogo della nascita di Gesù. Mancano solo poche ore alla celebrazione della notte e i frati, terminata la processione, devono darsi da fare nella Chiesa per accogliere circa 1600 persone. Nelle prime file, davanti ai pellegrini venuti dal mondo intero, prendono posto il Presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas e il suo seguito. Alla cerimonia partecipano anche Catherine Ashton, alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Eu-

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ropea, in visita privata, i Consoli generali di Spagna, Francia, Belgio e Italia, Paesi protettori delle Comunità cristiane di Terra Santa.

Nerwan, irakeno – ed eccomi Parroco di Betlemme, con il privilegio di presiedere la Prima Messa nella grotta. È un’emozione indescrivibile».

Nel frattempo, nell’ombra, un buon numero di francescani è al lavoro: chi per servire le messe che si succederanno per tutta la notte, chi per aiutare nel rivestire camici e casule, un centinaio di sacerdoti e vescovi che concelebrano la Messa di mezzanotte. Al Campo dei Pastori, a Beit Sahour, durante la notte sono previste nientemeno che 70 messe in tutte le lingue.

All’inizio della celebrazione, nella grotta ricolma di parrocchiani, fra Nerwan chiede all’assemblea di raccogliersi nel silenzio, prendendo coscienza della grazia di poter vivere un momento così speciale nel luogo della nascita di Gesù.

Nei seminterrati della Basilica della Natività, il Franciscan Media Center, al lavoro per inviare le immagini di Betlemme a numerose televisioni, consentendo di trasmettere la Messa, vive un momento di panico quando la rete internet va in black out; panico alleviato dalla visita a sorpresa del Patriarca per incoraggiare l’equipe. Sono le 23,00. Inizia la celebrazione della Vigilia di Natale cui seguirà la Messa di mezzanotte. Alla stessa ora, fra Nerwan e fra Badie, assistiti da alcuni frati, si preparano a vivere un momento privilegiato. Celebreranno, infatti, due messe nella grotta, all’altare del Presepe. «Non avrei mai pensato, nemmeno in sogno, di venire in Terra Santa – afferma Fra

Verso l’una e venti del mattino, risalito dalla grotta, il Parroco di Betlemme, si prepara a pronunciare la benedizione finale prima di partire in processione con tutti i concelebranti per la grotta, dove verrà deposto il Bambino appena nato, prima sulla stella della Natività, poi nel presepe. Nella chiesa, dopo lo scambio di auguri per un felice Natale, fatto di abbracci e prime impressioni, la folla inizia a disperdersi. Mancano le parole, l’emozione è troppo forte, si fatica a capire che il sogno di festeggiare il Natale a Betlemme è diventato realtà! www.custodia.org

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Cronaca della Custodiale Custodia Festa di Santo Stefano all’Infermeria custodiale e nel luogo del suo martirio GERUSALEMME, 26 DICEMBRE 2013

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l canto dell’Adeste fideles, sono accorsi, gioiosi e trionfanti….chi sulla sedia a rotelle, chi aiutandosi con un deambulatore, chi autonomo. Come ogni mattina il Signore ha riunito per la messa i frati dell’Infermeria custodiale, ma il giorno di Santo Stefano, numerosi frati di San Salvatore li hanno raggiunti per festeggiare insieme il primo martire cristiano e il Santo Natale. Fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa ha presieduto la celebrazione. «Santo Stefano ha detto: “Ricevi il mio spirito”, che significa: “ricevi la mia vita”. Oggi siamo qui riuniti, giovani e anziani. Qualcuno all’inizio del percorso della sua vita religiosa, altri che s’incamminano verso l’Incontro, ma tutti abbiamo consegnato la vita al Signore. Tutti siamo chiamati a consegnare continuamente, quotidianamente, a Lui la propria vita, nelle sue diverse fasi e nei tempi che Egli stabilisce. I giovani, entusiasti del loro inizio, devono saper affidare il loro entusiasmo nelle mani di Dio. Gli anziani, con l’esperienza di chi ha vissuto più a lungo e ha già donato tanto al Signore, oggi sono chiamati a ridonare, ancora e nuovamente, la loro volontà e il vigore del loro corpo, che man mano li abbandona, per potersi rifugiare nella preghiera. Il mondo giudica gli uomini per quello che fanno o che sono in grado di produrre, realizzare, costruire, creare; ma, parafrasando un passo degli scritti di San Francesco (Ammonizione XIX, FF. 169), i frati anziani ci insegnano che valiamo per quanto siamo

siamo di fronte al Signore, nella verità delle nostre vite, totalmente donati nelle mani di un Altro, e non per quello che produciamo. Spesso il mondo giudica gli anziani inutili o costosi. Noi, al contrario, dovremmo guardare a questa tappa della vita come a un momento prezioso, quando si è purificati, liberati da tutto ciò che è superfluo. Quando siamo giovani, infatti, cerchiamo spesso inconsapevolmente il successo delle nostre imprese, abbiamo bisogno di gratificazioni, correndo il rischio di trattenere per noi stessi ciò che invece appartiene a Lui. I nostri fratelli anziani, che hanno già lasciato tutto - attività, iniziative, e anche il loro vigore fisico sono ora nella verità della loro relazione con il Signore. Non hanno più nulla da trattenere per sé, hanno già consegnato tutto e si preparano all’incontro definitivo. Il Natale c’invita a festeggiare una nascita, a festeggiare il dono della vita, siamo tutti invitati a riporre le nostre vite terrene dentro una vita più grande. Preghiamo per i nostri fratelli che, in questa fase importante della loro vita, siano con tutto il cuore consacrati alla preghiera. Ciò che conta infatti non è produrre o fare qualcosa per il mondo o per la Chiesa, ma essere e vivere nel cuore di Dio che è la gioia della nostra vita». Dopo la celebrazione, i frati hanno consumato uno spuntino, momento di gioia e condivisione fraterna. Attualmente, nell’Infermeria custodiale del Convento di San Salvatore, vivono otto frati. A vegliare su di loro ci sono fra Jad Sara (dal 2006) e Suor Fedelina

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Galea, francescana del Sacro Cuore, che ricopre questo incarico da 32 anni. Sono affiancati da un’equipe di sei infermiere che si turnano giorno e notte, da un medico, da quattro operai che aiutano in cucina, puliscono i locali e, a volte, prestano anche cure infermieristiche. Nel pomeriggio, la festa di Santo Stefano è proseguita sul luogo del suo martirio, nella valle del Cedron. La liturgia del tradizionale pellegrinaggio è stata celebrata nella grotta vicina al Convento greco ortodosso di Mar

Stephanos, situato sotto la Porta dei Leoni (chiamata anche Porta di Santo Stefano). Dopo la lettura del martirio del santo, tratta dagli Atti degli Apostoli, Padre Eugenio Alliata dello Studium Biblicum ha spiegato la tradizione delle reliquie del protomartire. Al termine l’assemblea si è recata al Convento del Getsemani per gustare una bevanda calda. www.custodia.org

La preoccupazione per il Medio Oriente nel cuore di tutti GERUSALEMME, 27 DICEMBRE 2013

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enerdì 27 dicembre, la giornata dei frati della Custodia che vivono nel Convento di San Salvatore, è stata cadenzata dalle visite delle varie Chiese di Gerusalemme.

con le speranze riposte nell’evento, non impedisce di ascoltare il grido di chi soffre. Tutte le Chiese possono evocare con tristezza cristia-

Al mattino, i greco-ortodossi e gli armeni apostolici, al pomeriggio i copti e i siriaci. Così le Chiese orientali si sono succedute nel salone dei frati per presentare ai loro fratelli latini gli auguri, in occasione delle feste di Natale. Agli auguri spirituali, che celebrano l’umiltà del Verbo (Logos) incarnato, con la luce e la speranza che Egli porta, si sono coniugate le preoccupazioni, condivise da tutti, sulle sorti dei cristiani della Regione, soprattutto in Siria ed Egitto. Il richiamo al Principe della Pace nato a Betlemme,

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Cronaca della Custodia Nella visita tradizionale all’Esarca patriarcale greco cattolico, Mons. Jules Joseph Zerey, cui erano presenti dieci sacerdoti della sua diocesi di Gerusalemme e, più tardi, durante quella che il Patriarca latino S.B. Fouad Twal ha fatto ai frati, gli argomenti non hanno cambiato tono. Se Mons. Zerey ha voluto tracciare brevemente la storia della sua Chiesa, raccomandando caldamente ai frati di dire «Ti amo, Santo Spirito »; il Patriarca ha invece riservato del tempo, come ogni anno, per visitare anche i frati dell’Infermeria. ni rapiti, spogliati, attaccati, uccisi, o che vivono nel terrore, come in alcuni villaggi della Siria, dove si sono stabiliti fondamentalisti che vietano ogni segno religioso, come le croci alle porte dei conventi o sui campanili, anch’essi condannati al silenzio poiché i cristiani non hanno più il diritto di suonare, chiamando alla preghiera. Tutti i religiosi erano d’accordo che, anche nei Paesi che al momento non sono sotto i riflettori dei media, conviene essere vigili e continuare a operare per mantenere una presenza cristiana. Israele e Palestina compresi dove, la La visita del Nunzio e Delegato apostolico, Mons. Lazzarotto, è stata il punto culminante di queste cerimonie. Speriamo che i buoni auguri scambiati possano realizzarsi! Mons. Lazzarotto ha condiviso la richiesta con cui Papa Francesco termina tutte le sue lettere: «Per favore, pregate per me»; così anche noi chiediamo ai nostri lettori: «Per favore, pregate per i Cristiani del Medio Oriente ». www.custodia.org custodia dei Luoghi Santi, l’accoglienza ai pellegrini del mondo intero, la testimonianza espressa dalle popolazioni locali nella loro molteplice varietà, non potranno realizzarsi senza la dovuta attenzione all’antichissima comunità cristiana. Come Gesù, vero Dio e vero uomo, si è presentato inerme, così i cristiani del Medio Oriente si presentano, apparentemente, senza forza, ma ciò che hanno -afferma Fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di terra Santa- nessuno potrà mai toglierglielo: l’amore di Cristo.

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Santi Innocenti: non lasciamoci scandalizzare BETLEMME, 28 DICEMBRE 2013

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a comunità di Betlemme si è ritrovata nella grotta di San Giuseppe per celebrare la festa dei Santi Innocenti. Come tradizione, spetta al Vicario custodiale, fra Dobromir Jasztal, presiedere questa Messa; concelebrata da fra Ricardo Bustos, Guardiano della Natività e da altri sacerdoti e frati venuti da Nazareth e Aïn Karem. Nell’omelia fra Dobromir fa notare che, mentre ancora si respira il clima di Natale nella gioia per la nascita di Gesù, la liturgia commemora dopo il martirio di Santo Stefano quello dei Santi Innocenti. “Perché Dio ha salvato soltanto Gesù e non tutti i bambini di Betlemme? Perché solo Giuseppe è stato avvisato di mettere in salvo Gesù? È mai possibile che Dio sia ingiusto?

Secondo la nostra logica, Dio avrebbe potuto eliminare Erode, ma la logica umana, la nostra, non è quella di Dio. Con la nascita di Gesù si rivela la logica divina. Gesù, sapendo quanto sia difficile comprendere tale logica, poco prima della sua passione, dirà ai suoi discepoli: «Beati coloro che non si scandalizzeranno a causa mia». Il fatto che la morte di Gesù sulla croce, assuma il suo pieno significato nella Resurrezione, ci rende disponibili a credere che il sangue di questi piccoli, il sangue degli innocenti, sia prezioso e abbia valore agli occhi di Dio? Siamo capaci di credere in questa logica e soprattutto di accoglierla nelle nostre vite? Erode era crudele, ma voleva uccidere Gesù, perché aveva capito che la sua esistenza avrebbe potuto rovi-

nare i suoi piani. A volte non vorremmo forse, anche noi, sbarazzarci di chi ci ostacola? Per l’intercessione dei Santi Innocenti preghiamo, invece, di saper accettare ciò che ci osteggia. Preghiamo di non voler giudicare il comportamento di Dio, cercando piuttosto di vedere come la sofferenza, nelle sue mani, produce frutti e genera vita in abbondanza, come ha promesso Gesù”. Al termine della messa, i frati hanno partecipato alla processione quotidiana alla grotta. Invitati da fra Ricardo, i presenti hanno condiviso un pranzo fraterno, per poi riunirsi nuovamente nella cripta di San Giuseppe per cantare i vespri e incensare l’altare degli Innocenti. Possa il sangue degli innocenti, versato ai giorni nostri, essere accolto dal Signore e trasformato in vita nuova e sorgente di pace per il mondo. www.custodia.org

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Cronaca della Custodia Una giornata all’insegna della famiglia NAZARETH, 29 DICEMBRE 2013

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omenica 29 dicembre, festa della Sacra Famiglia, si è svolta a Nazareth, nella Basilica dell’Annunciazione, una solenne celebrazione, presieduta dal Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Lorenzo Baldisseri. Nel luogo che più di 2000 anni fa ha visto formarsi la famiglia per eccellenza - quella di Maria, Giuseppe e Gesù - la comunità cristiana di Terra Santa ha assistito alla celebrazione con grande raccoglimento e gioia. La presenza del delegato del Santo Padre è stata di grande incoraggiamento per tutti i fedeli che hanno preso parte alla celebrazione, soprattutto per quelle famiglie di parrocchiani che hanno festeggiato il 50° e il 25° anniversario di matrimonio. In una terra in cui i cristiani rappresentano meno del 2% della popolazione, la giornata di domenica ha rappresentato un momento di grande speranza e gioia.

S.E. Mons. Lorenzo Baldisseri, Segretario generale Sinodo dei Vescovi: “Nazareth è la casa di Maria. La casa di Nazareth è la casa della famiglia. Lei, con Gesù e Giuseppe, sono il punto di riferimento, l’icona a cui i cristiani - ma anche l’umanità intera - possono guardare per riflettere su quale sia il vero modello della famiglia. Per questo il Santo Padre mi ha inviato come delegato, perché tutto il mondo veda che il Papa ha a cuore e vuole dare un sigillo importante al prossimo Sinodo che riguarderà proprio la famiglia. La riflessione deve cominciare da qui, dalla famiglia di Nazareth. “ Un Sinodo annunciato il 5 novembre scorso e che tratterà, appunto, delle sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. “In un epoca in cui la famiglia è bersagliata da più parti e a vari livelli e con le sfide particolari vissute anche dalle famiglie in Terra Santa, risuonano con forza le parole del Santo Padre, secondo cui la famiglia è sorgente di ogni fraternità e perciò anche fondamento e via primaria della pace.” Secondo le parole di Mons. Baldisseri, il documento più recente sulla famiglia risale a 32 anni fa... apa Francesco ha ritenuto quindi importante tornare a parlare di questo tema. Una sfida, ma anche un rilancio dei valori della

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famiglia. E il desiderio che tanto sta a cuore al Papa è stato reso ancora più evidente dal collegamento che proprio con Piazza San Pietro, a Roma, è stato fatto, al termine della celebrazione e che ha visto coinvolte anche altre parrocchie in giro per il mondo: Barcellona, Madrid, Loreto. Collegamento durante il quale Papa Francesco - dopo la recita dell’Angelus - ha ribadito la necessità di guardare alla famiglia di Nazareth e ha recitato una preghiera da lui composta, accompagnato da tutti i fedeli… e in modo particolare da quelli di Nazareth, che dalla vicina Chiesa di San Giuseppe, hanno potuto assistere anche al saluto che il Santo Padre ha rivolto loro. Nel luogo in cui si ricorda la famiglia di Nazareth, un coro di voci si è levato nella recita della preghiera alla Santa Famiglia, con la speranza che per tutto il mondo si diffonda lo “stile” di Nazareth. Quello di Maria, Giuseppe e Gesù. Mons. Baldisseri conclude esortando i presenti: “La famiglia di Nazareth dovrebbe essere il nostro esempio di come vivere la famiglia. Dovremmo appoggiarci a loro, a Maria, Gesù e Giuseppe, per vivere a Nazareth e in questa società, che è molto difficile. Che tutti i cristiani facciano il possibile per accompagnare il lavoro del Sinodo, per comprendere ancora di più il significato della famiglia. La famiglia che è la base, che è Chiesa domestica, perché i suoi valori siano messi prima di qualsiasi cosa.” Per seguire il video: http://tinyurl.com/mxh6ylh


RICORDO DEL MISTERO DEL GETSEMANI

“Vegliate e pregate!” 2 Gennaio, giovedì, 20:30: Ora santa, seguita da Fiaccolata intorno al Giardino Sacro. MEMORY OF GETHSEMANE’S MYSTERY “Watch and pray!” January the 2th, Thursday, 8:30 p.m.: Holy Hour and Light Procession around the sacred Garden.

RECUERDO DEL MISTERIO DEL GETSEMANÍ “Velad y orad!” 2 Enero, jueves, 20:30: Hora santa y Procesión de antorchas alrededor del Jardín sagrado. MEMÓRIA DO MISTÉRIO DE GETSÊMANI “Vigiai e orai!” 02 de Janeiro, quinta-feira, às 20h30min, Hora Santa; em seguida, Procissão luminosa ao redor do Jardim sagrado. MÉMOIRE DU MYSTÈRE DE GETHSÉMANI “Veillez et piez!” Jeudi 2 Janvier, 20h30: Heure sainte et Procession aux flambeaux autour du Jardin sacré. GEDÄCHTNIS DES GEHEIMNISSES VOM GARTEN GETHSEMANI “Wacht und betet!” Am 2. Januar, Donnerstag, um 20:30: Andacht und Lichterprozession um den verehrten Garten. PAMIETAJ O TAJEMNICY W GETSEMANI “Czuwajcie i módlcie się!” 2 Styczmia, Czwartek 20:30 Godzina Święta, po niej Procesja wokół Świętego Ogrodu.

‫ذكرى سر اجلسمانية‬ ‫اسهروا وصلوا‬ ‫ الساعة الثامنة والنصف مسا ًء‬،‫ كانون الثاني‬2 ‫اخلميس‬ ‫ املشاركة في الز ّياح حول البستان املقدس‬،‫الساعة املقدسة‬

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Cronaca della Custodiale Custodia Cinquant’anni fa: Paolo VI in Terra Santa GERUSALEMME, 3 GENNAIO 2013

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redici anni dopo il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, quattro dopo quello di Benedetto XVI, dietro le quinte, sono iniziati i preparativi per accogliere Papa Francesco a Gerusalemme. La scelta del papa di venire nel 2014 non è certo un caso. Infatti, cinquant’anni fa, il 4 gennaio iniziava in Giordania lo storico pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Terra Santa.

Anche se spesso i giornalisti usano a sproposito il termine “storico”, per descrivere il pellegrinaggio di Paolo VI è invece la parola esatta. La facilità con cui oggi viaggiano i pontefici, non deve far dimenticare che il viaggio di Paolo VI era senza precedenti. Mai prima di lui, un Papa aveva lasciato spontaneamente l’Italia e, dall’epoca di San Pietro, mai nessun Papa era mai venuto in Terra Santa. L’annuncio del viaggio di Giovanni Battista Montini, Papa dal 21 giugno 2013, rimbalzò il 4 dicembre dello stesso anno, durante il discorso finale fatto dal pontefice nella seconda sessione del Concilio Vaticano II. “Siamo così convinti che per ottenere un buon esito del Concilio

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si devono elevare pie suppliche, moltiplicare le opere e, dopo matura riflessione e molte preghiere rivolte a Dio, abbiamo deliberato di recarCi come pellegrino in quella terra, patria del Signore Nostro Gesù Cristo. (...) Vedremo quella terra veneranda, di dove San Pietro è partito e nella quale nessun suo Successore è mai tornato. Ma Noi umilissimamente e per brevissimo tempo vi ritorneremo in spirito di devota preghiera, di rinnovamento spirituale, per offrire a Cristo la sua Chiesa; per richiamare ad essa, una e santa, i Fratelli separati; per implorare la divina misericordia in favore della pace, che in questi giorni sembra ancora vacillante e trepidante; per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità.” Un mese dopo, il Papa atterrava in Giordania per tre giorni intensi di pellegrinaggio che lo portarono dal sito del Battesimo di Cristo, a Betania, ai Luoghi della Passione di Cristo (Via dolorosa, San Sepolcro, Getsemani), in Galilea (con soste a Nazareth, Cana, Tabgha, Cafarnao, Monte delle Beatitudini e Tabor), il ritorno a Gerusalemme con la visita al Cenacolo e, per ultimo, a Betlemme.


L’incontro con Atenagora, Patriarca di Costantinopoli, fu uno dei momenti particolarmente forti del viaggio ed ebbe luogo per iniziativa del Patriarca che, all’annuncio del pellegrinaggio, lo propose al Pontefice. Gli incontri furono due, il primo la sera del 5 gennaio, presso la Delegazione apostolica sul Monte degli Olivi, con una piccola rappresentanza di prelati; il secondo il 6 gennaio presso la residenza del Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, sul Monte degli Olivi. Fu questo secondo incontro ad avere un’incredibile diffusione mediatica. Vedere un Papa salire su un aereo per recarsi in Terra Santa fu una rivoluzione. Vederlo attorniato da una folla in ogni suo spostamento, fu uno choc. Irene, volontaria della Custodia, ricorda che le immagini televisive suscitarono in lei timore per la vita del Papa. Padre Lugans, l’allora direttore della rivista Terra Santa, scrisse a tale proposito: “Si è parlato di calca, di ressa, di disordine inimmaginabile, di presa d’assalto, di folla agitata … Io preferisco parlare d’ingresso trionfale, di gioia popolare, di delirio entusiasta e inarrestabile.” Un Papa che domanda di vedere il «suo popolo», mantenuto a distanza a Nazareth per “motivi di sicurezza”,

che visita un malato a casa sua, che lascia il Custode per andare a benedire un bambino paralizzato, che abbandona i Cardinali del suo seguito a colazione per riprendere, il più velocemente possibile, il cammino verso Cafarnao... Vedendo come Paolo VI ha disarmato il suo seguito per la sua audacia, non si vede l’ora che arrivi Papa Francesco! Per rivivere la visita di Paolo VI in Terra Santa, le riviste Terra Santa della Custodia hanno dedicato un dossier all’evento. La rivista italiana (it) nel suo numero di novembre-dicembre 2013, le riviste spagnola (es) e francese (fr) in quello di gennaio-febbraio 2014. Queste tre riviste, già all’epoca e ciascuna secondo il proprio stile, avevano pubblicato dei numeri speciali. Inoltre, per celebrare i 50 anni di questo pellegrinaggio, il Christian Information Center, allestirà un’esposizione commemorativa presso la sua sede a Porta di Giaffa. Il sito della Custodia non mancherà di tenervi informati. www.custodia.org

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Cronaca Custodiale Curia Custodiale della Custodia Epifania a Betlemme BETLEMME, 5-6 GENNAIO 2014

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a solennità dell’Epifania a Betlemme è occasione per riflettere sull’unità dei cristiani e sul senso della manifestazione di Gesu’ a tutte le genti. In contemporanea, si celebra il Natale degli ortodossi, tra cerimonie solenni e fede popolare. Il Bambino di Betlemme si manifesta al mondo per portare a tutti il suo regno di amore, di giustizia e di pace: così prega la Chiesa il 6 gennaio. E’ proprio questo il senso dell’Epifania, festa della manifestazione di Gesù a tutte le genti. E Betlemme è il microcosmo in cui questa festa si celebra. Tutto comincia con l’ingresso solenne del Custode di Terra Santa, la mattitre a Santa Caterina si celebra la messa, fuori, nella piazza della Mangiatoia e nelle vie di Betlemme, non solo i cattolici festeggiano. La notte tra il 6 e il 7 gennaio, infatti, cade anche il Natale degli ortodossi. Segno che quella pace che Gesù porta al mondo è oggi soprattutto un impegno ecumenico fra le Chiese.

na del 5 gennaio. Le luci del Natale non sono ancora spente, che la piazza della basilica della Natività torna a riempirsi di nuovo, di gente e di gioia. Accolto dai frati e dalle autorità palestinesi, il Custode fa il suo ingresso nella chiesa di Santa Caterina dove, insieme alla comunità recita i vespri solenni. P. PIERBATTISTA PIZZABALLA, ofm Custode di Terra Santa: “I Magi hanno visto le stelle, hanno sentito le voci qui a Gerusalemme e poi a Betlmme e dopo hanno incontrato Gesù. Noi, come I Magi dobbiamo guardare i segni e saper riconoscere Gesu’ nel mondo, nella vita presente. Perchè allora come oggi Gesù è presente.” La festa prosegue il lunedì mattina, 6 gennaio, con la solenne celebrazione, presieduta dal Custode. E, men-

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Commento di alcune persone presente: “Figli e fratelli di un unico Dio, nel senso che eravamo con tutti gli altri cristiani qui insieme a pregare. Ci ha unito questo e la gioia loro che si è manifestata nel canto e nella preghiera sia veramente la gioia di portare, di annunciare, di vivere il Vangelo nella quotidianità. Qui Gesù si è incarnato ed è questo che ci portiamo a casa.”


“Pensando ai Magi che vengono dall’Oriente e a noi che siamo venuto da lontano e adesso torniamo anche con questa nuova esperienza. È un’esperienza forte. Sono pietre vive quelle che abbiamo visto.” Per gli ortodossi l’inizio del Natale è il 6 gennaio, con l’ingresso solenne dei rappresentanti delle varie confessioni: siriani, copti, etiopi, greci ortodossi. YOUSEF HODALY Patriarcato greco-ortodosso, Beit Jala: “Oggi Gesù bambino nascerà in una mangiatoia. Il messaggio che ci da è che se non torneremo come bambini non entreremo nel Regno dei cieli. L’obiettivo di questa festa è essere come i bambini nel perdono e nell’amore.” Una signora del luogo: “Io sono di Betlemme e mi sento entusiasta. Provo sentimenti meravigliosi.” Tutti uniti nell’omaggio comune a quel Gesù bambino che è venuto al mondo e che, al termine di ogni celebrazione, viene portato in processione in modo solenne. E’ segno del Salvatore del mondo, che si manifesta oggi così come, 2000 anni fa, si era manifestato ai

magi. Quest’anno lo spirito ecumenico del 6 gennaio è ancora più forte per l’attesa dell’arrivo di Papa Francesco in Terra Santa. Il suo viaggio, dal 24 al 26 maggio prossimi, avrà come obiettivo principale proprio l’unione tra chiese e tra religioni. P. GEORGE SAHWAN Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme: “Noi chiediamo a Dio che papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e tutti gli altri patriarchi si impegnino per l’ecumenismo e per vivere tutti insieme come cristiani, per fare una sola Chiesa e vivere come cristiani in tutto il mondo”. P. PIERBATTISTA PIZZABALLA: “La visita del Papa è sempre un momento importante di incontro in la comunità cristiana, con tutte le realtà della Terra Santa. È importante che Gerusalemme e Roma siano unite. Pietro è partito da Gerusalemme ed è anche importante tornare a Gerusalemme per prendere quello spirito di unità che nasce dal Cenacolo.” Testo www.fmc-terrasanta.org per guardare il video: Foto: www.custodia .org

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Varie L’Annunciazione della Porziuncola a San Salvatore GERUSALEMME, 21 NOVEMBRE 2013

C

hi attraversa i chiostri del nostro convento di San Salvatore non può non notare che negli ultimi mesi essi sono stati felicemente ripuliti e qua e là anche restaurati, grazie all’Economato e a cura Ufficio Tecnico della Custodia di Terra Santa diretto dall’ing. Ettore Soranzo. Recentemente poi è stata fatta una bella pavimentazione in pietra nella parte est del cortile più grande antistante l’ingresso all’Auditorium dell’Immacolata.

Il 21 Novembre scorso, per disposizione del Custode P. Pierbattista Pizzaballa e in felice coincidenza con la memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria, una splendida maiolica è stata fissata sulla parete est dell’arco che unisce i chiostri di S. Elena e quello di S. Francesco. La terracotta smaltata è racchiusa entro una massiccia cornice di legno, riproduce a firma di James Altani l’Annunciazione della grande icone dipinta nel 1393 da Prete Ilario di Viterbo e posta sopra l’altare della Porziuncola a Santa Maria degli Angeli. Sulla maiolica, dono della Provincia Serafica, si legge la scritta «dalla Porziuncola – Assisi»; fino a tre anni fa essa si trovava nell’Aula Magna dello Studium Biblicum

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Franciscanum alla Flagellazione dove era stata posta dall’architetto P. Alberto Prodomo nel 1985. L’inclusione dell’Aula Magna nella Biblioteca rinnovata e ampliata ha reso necessario lo spostamento della maiolica. Capita spesso di vedere i cristiani locali che, attraversando il passaggio che conduce dalla portineria centrale al chiostro di S. Elena, si fanno il segno della croce dinanzi al mosaico raffigurante la Madonna accanto al Sepolcro di Gesù e inserito sulla parete orientale. La scena dell’Annunciazione, che degnamente decora un arco secolare del complesso di S. Salvatore, spontaneamente evocherà nei frati il ricordo di Nazaret e della Porziuncola e forse a molti richiamerà l’invito al saluto mariano che spesso si legge sotto le immagini della Madonna nel distico: «Hac ne vade via / nisi dixeris Ave Maria» (Abbazia di Paisley, Scozia) oppure «Virginis intacte cum veneris ante figuram / pretereundo cave ne sileatur ave» (Chiesa di S. Ambrogio a Cademario, Lugano – Svizzera). P. G. Claudio Bottini Studium Biblicum Franciscanum


Monastère Ste Claire Gerusalemme, Avvento – Natale 2013

“Sentinella, quanto manca della notte ?” ...sorgerà da Oriente la Stella...

Carissimi fratelli e sorelle, ai Primi Vespri della Prima domenica di Avvento, camminando da Betlemme ormai al buio della notte, alcuni giovani frati sono venuti a portarci la Luce di Betlemme, accesa qualche ora prima dal Custode nella basilica della Natività nel corso della liturgia. La Luce di Betlemme, quella sera, si è moltiplicata e la sua fiamma sta raggiungendo molti punti della terra; abbiamo atteso anche noi quella Luce, caparra e anticipo della vera Luce che, certo, verrà e non tarderà. E mentre scorrono i giorni di questo Avvento, risuona ancora questa Parola: “Sentinella, quanto manca della notte ?” . Non possiamo infatti tacere, fratelli e sorelle, questo grido che soprattutto dalla vicina Siria ci raggiunge. Le notizie che arrivano attraverso la Custodia sulla situazione dei frati e delle comunità cristiane che là vivono, sono sempre più drammatiche, sono un appello forte che ci tengono ‘sveglie’ e non ci fanno stancare di chiedere e attendere che sorga il giorno sospirato della pace. Da Gerusalemme vi giunga innanzitutto questa preghiera, questa speranza, questa attesa. Insieme a questa vita che ci attornia, consegnamo nelle mani del Signore anche il cammino della nostra comunità, con cuore profondamente grato per la sapienza, pazienza e misericordia con cui sta guidando i nostri passi. Con la celebrazione del Capitolo elettivo di febbraio, abbiamo iniziato un nuovo triennio, con un passo più semplice, sereno, sostenute dalla comunione e concretezza della Federazione anche attraverso gli aiuti di sorelle che ogni tre mesi si stanno avvicendando: sr Maria Maddalena e sr Chiara Costanza da Borgo Valsugana, poi sr Alba Chiara e sr Chiara Damiana (appena arrivata!) dal monastero Buon Gesù di Orvieto. Momento forte di comunione e concretezza di aiuto federale sono stati anche i giorni della visita annuale, ad ottobre, della madre presidente Angela Emmanuela, accompagnata dalla consigliera madre Chiara Amata: tempo e luogo prezioso di condivisione, verifica e consiglio. Il volto della comunità sta prendendo forma lentamente; come un dono del Signore - e della comunità di Musambira in Rwanda! - abbiamo accolto a maggio sr Mariya Assumpta (ancora un grande grazie alla comunità di Gubbio per l’accoglienza riservatale) e da due mesi è con noi anche sr Giorgia Maria del monastero di Sarzana (e anche alle sue sorelle un grazie per il consenso accordatole!). Nella preghiera stiamo accompagnando il discernimento federale che proprio in questi giorni si è riaperto, per eventuali nuove disponibilità e risuonano ancora forte per noi le parole di mons. Michel Sabbah: “Vivere in Terra Santa è allo stesso tempo una grazia e una vocazione particolare…”. A questa grazia affidiamo il cammino dei nostri monasteri.

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Varie Un momento forte che abbiamo vissuto recentemente è stata la morte della nostra cara sr Miryam, lo scorso 4 novembre: vero originalissimo dono del Signore, il suo ricordo ci riempie di pace e letizia nel cuore. Le altre due sorelle anziane – sr Marie Gabriel (quasi 92 anni) e sr Maria Pia (quasi 81) – stanno bene anche quando devono andare all’ospedale (!) e sono una presenza vivace e attiva, vere colonne della comunità! Il nostro piccolo noviziato pure cammina e ci stiamo preparando ad accogliere la nostra novizia sr Maria Amata che termina l’anno canonico ad Orvieto a fine gennaio. Per Martine, invece, insieme abbiamo maturato la decisione di interrompere il postulato ed è rientrata in Francia, custodendo la grazia di questi anni trascorsi in Terra Santa e il desiderio di consacrazione. Continuiamo ad accompagnarla nella preghiera. Non sono mancate diverse visite preziose per farci respirare a pieni polmoni con la Chiesa locale: il Patriarca mons. Fouad Twal innanzitutto, che per la preparazione al Capitolo ci ha regalato due giorni spezzandoci l’Eucaristia e due meditazioni sul senso del nostro vivere qui; il suo Vescovo ausiliare, mons. William Shomali è venuto un pomeriggio per condividere la ricca esperienza fatta a Rio de Janeiro con i giovani del Paese in occasione della GMG di luglio. Infine, ancora un vescovo, ora emerito, ci ha visitate pochi giorni fa: mons. Selim Sayeg. Originario della Giordania, da quasi 40 anni conosce la nostra sr Marie de la Trinitè e ha appena terminato e dato alle stampe un corposo (400 pagine!) libro su di lei e il Voto di vittima. “Il più grande amore” è la traduzione del titolo originale arabo! Mons. Salem ha condiviso con noi il suo lavoro - con la vivacità e la passione che lo caratterizzano - e il desiderio di tradurlo nelle lingue europee. Sollecitudine paterna e fraterna abbiamo poi sempre dai nostri frati della Custodia, dal Custode p.Pierbattista, da p.Stéphane che ci accompagna più da vicino come delegato per il Patriarca (e anche per la formazione sulla liturgia della Custodia), e i giovani chierici. Per ben due volte abbiamo anche avuto la gioia di accogliere il nuovo Ministro generale fr Michel Perry in occasione delle sue visite alla Custodia. Recentemente ci ha visitate anche p. Fernando Mendoza Laguna delegato dell’Ufficio Pro Monialibus della Curia generale, contento di conoscere la nostra comunità e noi di conoscere lui e il suo nuovo servizio all’Ordine. La sua presenza in Terra santa è stata motivata per accompagnare i primi passi del progetto di rifondazione che stanno attivando le nostre sorelle di Nazareth. Come è stato per il monastero di Gerusalemme, infatti, ora anche loro hanno chiesto aiuto e attraverso p.Fernando hanno trovato la disponibilità di una comunità di clarisse messicane; nei prossimi mesi verranno le prime sorelle per un primo incontro. Affidiamo alla vostra preghiera il cammino di queste sorelle, affinchè, anche nella città della Vergine Maria possa continuare la presenza clariana. In queste ultime settimane, più volte e per diversi motivi, abbiamo avuto la gioia di accogliere tra noi per qualche giorno, l’abbadessa di Nazareth mère Françoise, sr Marie Epiphanie, sr Sabine-Emmanuel e sr Pascal-François, oltre che due altre sorelle loro ospiti: mère Jeanne-Françoise abbadessa di Abijan (Costa d’Avorio) e sr Marie-Cecile del monastero francese di Cormontreuil. Occasione sempre preziosa per allargare gli orizzonti clariani e accompagnare nella preghiera e nella vicinanza le sorelle di Nazareth. Cari fratelli e sorelle, nel Te Deum di fine anno portiamo la gratitudine per ciascuno di voi, per la comunione, per i tanti volontari che anche quest’anno si sono rimboccati le maniche per restaurare questo ‘San Damano’ gerosolimitano. I lavori quest’anno sono stati decisamente e volontariamente ridotti, abbiamo fatto una sistemazione provvisoria del presbiterio e del Coro e con gioia, finalmente, è stata montata la grata del nuovo parlatorio, non del tutto terminata, ma che ha già la sua forma. In obbedienza al Patriarca poi (invito fatto durante la visita in occasione del Capitolo!), abbiamo anche cambiato le finestre delle celle del dormitorio, guadagnando sul caldo (che ora rimane dentro!) e sul silenzio (il muezzin delle 4 di mattina e gli ‘spari’ per i festeggiamenti mediorientali sono più dolci!).

“Sentinella, quanto manca della notte ?” Con gratitudine vi auguriamo di cuore un Santo Natale, con la preghiera che in questa Notte santa possiate scorgere la Stella del mattino, Cristo Signore, nostra Pace, Colui che è già venuto e che viene! madre Chiara Cristiana e sorelle

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Campo di Hannuka 2013 per i bambini cattolici di lingua ebraica DEIR RAFAT, 2-4 DICEMBRE 2013

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uest’anno dal 2 al 4 dicembre, a Deir Rafat nei pressi di Bet Shemesh ,per la prima volta è stato organizzato un campo per i bambini delle comunità cattoliche di lingua ebraica in Israele, durante le vacanze scolastiche di Hannuka. Il campo ha riunito quaranta membri delle comunità: bambini (il più giovane di 5 anni), giovani e adulti, per prepararsi insieme al Natale. Ogni giorno c’è stata una lezione sul Natale tenuta da padre Rafic. Anche le altre attività erano incentrate sul Natale. Quelle sull’arte, sotto la supervisione di Sinead, Claudia e con l’aiuto di fra Alberto, quelle sulla musica, con padre Rafic. C’era anche un tempo di divertimento che comprendeva sport, con Habib, danza, con Claudia e giochi con Daniele. Una parte del tempo è stata dedicata alla preparazione dello spettacolo presentato l’ultimo giorno. Ogni giorno c’è stata anche la preparazione alla Messa quotidiana incentrata sull’Avvento e il tempo di Natale. Verso sera, dopo le docce, i gruppi si sono riuniti per valutare il giorno –cosa è stato buono e cosa meno durante il giorno? Quali aspettative per l’indomani? Dopo cena c’era tempo per parlare con i genitori e per rilassarsi con un film.

L’ultimo giorno padre David ha celebrato la Messa per ringraziare il Signore delle grazie ricevute. Diversi genitori si sono uniti nella celebrazione. Dopo Messa i bambini hanno presentato un bello spettacolo, scritto da Kirill, con le scene preparate da fra Alberto, i costumi preparati da Kirill e sua madre e le musiche animate da padre Rafic. Una storia di Natale, che ha portato in vita la Sacra Famiglia con gli animali nella grotta, i pastori e i magi. Un gruppo di ballerini ha aumentato la gioia! Ancora una volta il ruolo dei giovani consiglieri del gruppo Fiore del Deserto è stato essenziale. Grazie a Kiril, Salma, Habib, Yuli, Hong Hui, Daniele, Yelena e Miguel. Grazie a coloro che hanno organizzato il campo: Claudia e padre Apolinary; ai responsabili: padre Rafic e padre Roman, suor Marianna e Sinead. Ancora grazie a Te, Signore, che ci hai donato questa opportunità benedetta di prepararci al Natale. www.catholic.co.il

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Varie Firmato un accordo trilaterale per far risorgere il mar Morto WASHINGTON, 9 DICEMBRE 2013

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opo lunghi negoziati, Israele, Giordania e Autorità Palestinese hanno firmato lunedì 9 dicembre presso la sede della Banca Mondiale a Washington un’importante intesa sull’acqua. In base all’accordo ad Aqaba, in Giordania, verrà costruito un moderno impianto di desalinizzazione che pescherà acqua salata dal mar Rosso per trasformarla in potabile. A pieno regime l’impianto potrebbe trattare fino a 100 milioni di metri cubi di acqua all’anno. È previsto che una parte dell’acqua potabile prodotta (circa 30 milioni di metri cubi all’anno) resti in Giordania, nella regione di Aqaba, per soddisfare la richiesta del territorio risolvendo, secondo le previsioni, il problema idrico locale almeno fino al 2040. Un’altra parte consistente della produzione di acqua potabile (50 milioni di metri cubi all’anno) sarà venduta a Israele, consentendo di rispondere alla fabbisogno della regione circostante la città balneare di Eliat, sul mar Rosso. In cambio Israele si impegna a vendere alla Giordania l’identica quantità di acqua potabile (50 milioni di metri cubi all’anno) prelevandola, molto più a nord, dal Lago di Tiberiade. Acqua che andrà a soddisfare le esigenze della popolazione giordana che vive nel Nord del Paese.

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Anche l’Autorità palestinese porta a casa un vantaggio da questo accordo, ottenendo la vendita, da parte di Israele, di altri 20-30 milioni di metri cubi d’acqua potabile all’anno, che vanno a sommarsi agli attuali 52 milioni di metri cubi, non più sufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione. In un periodo segnato tristemente dallo stallo dei negoziati di pace israelo-palestinesi, tutti i politici coinvolti hanno voluto sottolineare l’importanza di questo

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accordo sull’acqua: «È un barlume di speranza e indica che potremo superare anche altri ostacoli in futuro», ha dichiarato Silvan Shalom, il ministro israeliano dell’Energia e delle Risorse idriche. «Abbiamo dimostrato che possiamo lavorare insieme nonostante i problemi politici», ha dichiarato il ministro palestinese dell’acqua Shaddad Attili. «Abbiamo lavorato gli ultimi sei mesi per raggiungere questo accordo che si può definire storico – ha sostenuto Hazim el-Naser, ministro dell’acqua giordano – un accordo che consentirà alla Giordania di avere l’acqua potabile necessaria a costi contenuti». Oltre alla soluzione del problema della «sete», l’accordo firmato lunedì ha l’ambizione di risolvere un altro problema: il mar Morto, paradiso naturale della regione, rischia di scomparire. Il livello delle sue acque diminuisce infatti al ritmo di un metro all’anno, a causa del progressivo prosciugamento dell’immissario fiume Giordano, le cui acque sono utilizzate oltre misura per l’irrigazione. Per contrastare questo fenomeno, il progetto si propone di verificare la possibilità di versare le acque salmastre, trattate nell’impianto di Aqaba, nel mar Morto. Soluzione i cui effetti sono tutti da verificare e che fa storcere il naso a molti gruppi ambientalisti. L’associazione internazionale Amici della Terra ha invocato uno studio ambientale che indichi chiaramente come dovrebbe essere trattata l’acqua salmastra proveniente dall’impianto giordano, prima di essere immessa nel Mar Morto.

La Banca Mondiale, dal canto suo ha ricordato che la parte di accordo che riguarda l’immissione delle acque salmastre nel mar Morto prevede una fase sperimentale in cui venga fatta una attenta valutazione delle conseguenze. Gidon Bromberg, direttore della sezione israeliana di Amici della Terra, ha voluto sottolineare che già in base agli studi preliminari della Banca Mondiale portare l’acqua salmastra del mar Rosso nel mar Morto potrebbe avere «impatti nocivi» per il fragile ecosistema locale. «Inoltre ha la conseguenza negativa di aumentare del 30 per cento i costi dell’operazione – ha spiegato Bromberg - e di mantenere viva la protesta delle associazioni ambientali». Il progetto, la cui realizzazione dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2014, costerebbe dai 180 ai 290 milioni di euro e prevede, oltre all’impianto di desalinizzazione, la costruzione degli acquedotti necessari a collegare il mar Morto al mar Rosso, infrastrutture che attraverseranno tutte il solo territorio giordano. Lo studio di fattibilità per il progetto al centro dell’accordo tra Israele, Giordania e Autorità Palestinese è stato curato dalla Banca Mondiale e finanziato per 12 milioni di euro da una cordata di otto Paesi: Corea del Sud, Francia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Svezia. www.terrasanta.net

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Varie Un anno di @Pontifex CITTÀ DEL VATICANO, 12 DICEMBRE 2013

Il

12 dicembre di un anno fa, Benedetto XVI apriva il suo account Twitter @Pontifex. Un evento di portata mondiale, che sottolineò - al massimo livello - l’impegno della Chiesa nell’annuncio del Vangelo nei social network. Dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro, il testimone è stato raccolto da Papa Francesco con successo, visto che oggi @Pontifex - declinato in 9 lingue - si avvicina agli 11 milioni di follower in tutto il mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero per le Comunicazioni Sociali, di tracciare un bilancio di questo primo anno del Papa su Twitter: R. - Quando Papa Benedetto XVI lanciò il primo tweet, era pienamente consapevole dell’importanza di quel momento. Posso confidare che quel giorno gli dissi proprio: “Padre Santo, mentre lei lanciava il primo tweet, io pensavo a ciò che fece il suo predecessore Pio XI, quando per la prima volta alla Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio”. E il Papa mi guardò sorridendo e mi disse: “Sa che ci ho pensato anch’io?” Il che vuol dire che Papa Benedetto era pienamente consapevole dell’importanza di questa sua presenza in uno dei linguaggi, come quello di Twitter, più utilizzati, specialmente in campo giovanile. E oggi, con Papa Francesco, tutti siamo consapevoli che quella decisione, presa un anno fa, fu lungimirante, positiva. Oggi, abbiamo ormai 11 milioni di follower, ma quello che a noi più interessa è che almeno 60 milioni di persone, attraverso il “retwittaggio” ricevono una parola del Papa, questo

breve messaggio, in una situazione di desertificazione spirituale, come diceva Papa Benedetto. Anche una goccia di acqua fresca, dunque, qual è un tweet - 140 caratteri - ha una sua valenza, una sua importanza. D. - Qual è, secondo lei, il contributo specifico che “Pontifex” sta dando allo sforzo di evangelizzazione del cosiddetto “continente digitale”? R. - Anche in questo continente deve risuonare la parola di Gesù. Anche perché molti dei suoi abitanti, se non trovano la Parola di Gesù in questo contesto, non la troveranno da altre parti. E credo che questa sia la sfida per tutti noi. Qui direi che dobbiamo riscoprire come ognuno di noi sia presente in questo contesto ambientale, dobbiamo assumere una dimensione missionaria che non è proselitismo. Nel contesto del “continente digitale”, dobbiamo far sì che questa parola risuoni. Faccio mio un pensiero di Benedetto XVI, quando parlava delle “Reti sociali”. Il Papa diceva che il problema non è di fare citazioni formali del Vangelo, ma nella Rete, in questo ambiente, devono essere presenti valutazioni e testimonianze personali. Direi quasi che i discepoli del Signore dovrebbero far presente in questa contestualità quella che è la sintesi tra la loro fede e la loro vita. D. - Nella Evangelii gaudium, Papa Francesco esorta a essere audaci e creativi nel linguaggio. I social network possono aiutare in questo impegno, secondo lei? R. - Credo che la grande sfida per noi, oggi, sia quella di annunciare il Vangelo con un linguaggio che gli uomini e le donne di oggi possano comprendere. Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica, dedica molte pagine e riflessioni al tema del linguaggio, perché il grande rischio è che addirittura il messaggio stesso possa essere travisato. Il Papa dice che potremmo annunciare un “Dio falso”, con tutte le buone intenzioni che possiamo avere in cuore. Alle volte, il rischio è proprio che il linguaggio cambi il messaggio. Allora ecco qui il bisogno di poter utilizzare invece un linguaggio che gli uomini di oggi riescano a capire. D. - Proprio, nei giorni scorsi, parlando alla Plenaria dei laici, Papa Francesco ha detto che la presenza della Chiesa in Internet è indispensabile, perché la tecnologia

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non basta... R. - Io penso che il Papa abbia ricordato a tutti noi che oggi comunicazione non è solamente sforzo tecnologico. Credo che dobbiamo riscoprire che alla base della nostra comunicazione c’è una visione di Chiesa e Papa Francesco sta invitando tutti noi a una conversione pastorale, nel senso che siamo chiamati a dare un volto a questa Chiesa, un volto più attento, più vicino all’uomo e alla donna di oggi, che camminano per le strade difficili di questo mondo. Papa Francesco invita a dare vita a una cultura dell’incontro. Anzi, proprio il tema da lui scelto per la prossima Giornata mondiale della comunicazione è “Una comunicazione per una cultura dell’incontro”. È una Chiesa che va incontro all’uomo, che mostra la sua simpatia per l’uomo, che è accanto all’uomo: che non impone, ma propone, che sa dialogare rispettosamente

con tutti. La sottolineatura è qui: una comunicazione che si fa incontro con l’uomo di oggi. http://it.radiovaticana.va

Referendum sulla Costituzione egiziana 14 e 15 gennaio IL CAIRO, 14 DICEMBRE 2013

Il

referendum sulla nuova Costituzione egiziana si terrà il 14 e 15 gennaio. Lo ha annunciato oggi il presidente ad interim, Adly Mansour in una conferenza stampa. La bozza è stata approvata il primo dicembre dalla cosiddetta Commissione dei cinquanta e sostituisce quella approvata quando era al potere il presidente Mursi. Il referendum è il primo passo della Road Map che prevede anche nuove elezioni parlamentari e presidenziali. Intanto, non sono bastati il gelo eccezionale e le nevicate che sono tornate a imbiancare il Cairo dopo molti anni, e nemmeno i fitti lanci di gas lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza, a scoraggiare i sostenitori di Mursi, che come ogni venerdì sono tornati a manifestare contro le nuove autorità nella capitale e in molte altre città dell’Egitto. Almeno due persone sono rimaste uccise nei disordini. A Suez ha perso la vita un giovane di 23 anni, e tre agenti sono rimasti feriti. Una vittima anche a Fayyoum, 130 chilometri a sud del Cairo: si tratta di un ragazzo di 19 anni. Stando a fonti del ministero dell’Interno, nel complesso almeno 54 persone sono state arrestate durante i disordini nella capitale - dove le forze di sicurezza hanno fatto ampiamente ricorso ai gas lacri-

mogeni - e in altre città quali Alessandria, Mahalla, nel Delta del Nilo, e Qena, nell’Alto Egitto. Resta dunque alta la tensione nel Paese dove giovedì scorso almeno 35 agenti di polizia sono rimasti feriti dall’esplosione di un’autobomba vicino a un commissariato di Ismailia sul Canale di Suez. Dal 3 luglio scorso quando venne deposto Mursi, circa duecento membri delle forze di sicurezza egiziane sono stati uccisi. (©L’Osservatore Romano 15 dicembre 2013)

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Varie È in uscita l’Eco di Terrasanta gennaio-febbraio 2014 MILANO, 14 DICEMBRE 2013 BUONA LETTURA www.terrasanta.net

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arà presto nelle case degli abbonati il numero di gennaio-febbraio 2014 di Eco di Terrasanta, il nostro periodico di 16 pagine in formato tabloid. Anche stavolta ai naviganti su Terrasanta.net offriamo una selezione in formato elettronico degli articoli pubblicati nella versione cartacea. Per leggere vai al seguente indirizzo: http://tinyurl.com/ecoterra2014

Da Betlemme al cuore dell’uomo LECTIO DIVINA IN TERRA SANTA DI CARLO MARIA MARTINI

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n questo volume vengono presentate per la prima volta alcune meditazioni tenute da Martini nel 2003, a Betlemme, di fronte ai sacerdoti del Patriarcato latino di Gerusalemme. Instancabile nel descrivere e raccomandare l’esercizio della lectio divina, Martini torna in queste pagine sulla necessità della lettura pregata della Scrittura e suggerisce atteggiamenti del cuore, del corpo e della mente, di grande semplicità e concretezza. Seguono pagine intense di lectio divina che, partendo da Betlemme e passando per Cafarnao, aiutano il lettore a contemplare il volto di Dio. Edizioni Terra Santa, Milano 2013, pp. 80 - 9,90 euro

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Egitto, attivisti laici condannati a tre anni di prigione e lavori forzati IL CAIRO, 23 DICEMBRE 2013

A

hmed Maher (fondatore del Movimento 6 aprile), Mohamed Adel e Ahmed Douma sono stati condannati per aver organizzato “manifestazioni illegali”. Critiche delle organizzazioni per i diritti umani e dei parenti degli imputati: “Il governo si sta comportando come i precedenti regimi”. Giro di vite delle autorità egiziane contro gli esponenti di spicco della Primavera Araba del 2011. Ieri sera un tribunale del Cairo ha condannato a tre anni di reclusione Ahmed Maher, fondatore del Movimento 6 aprile, Mohamed Adel, anch’egli membro del gruppo, e Ahmed Douma, attivista di spicco fra i protagonisti delle rivolte contro Mubarak e il governo del Fratelli Musulmani. Arrestati in novembre, i tre sono colpevoli di aver organizzato una manifestazione davanti alla sede della Corte suprema del Cairo senza permessi, come richiesto dalla nuova legge sulle proteste. Maher, Adel e Douma sconteranno parte della condanna ai lavori forzati e dovranno pagare una multa di 5mila euro, ma possono ancora ricorrere in appello. La condanna dei tre attivisti ha scatenato molte critiche nel Paese. Oggi la Arab Organization for Human Rights ha sottolineato che quanto sta accadendo è in netta contraddizione con lo spirito delle due rivoluzioni del 25 gennaio e del 30 giugno. Il gruppo si è offerto di aiutare i tre imputati al processo di appello e ha invitato il procuratore generale a rilasciarli su cauzione. Mostafa Maher, fratello di Ahmed e anch’egli del Movimento 6 aprile, sottolinea che il nuovo governo sta seguendo lo stesso percorso dei precedenti regimi “fabbricando accuse e mettendo in prigione attivisti e oppositori”. “Presto - aggiunge potrebbero affrontare anche loro un destino simile a quello di Mubarak e Morsi”. Fra gli attivisti sotto processo vi è Alaa Abdul Fattah, leader di spicco della rivolte contro Mubarak e delle manifestazioni contro gli islamisti del 30 giugno, arrestato insieme a Maher, Adel e Douma, e anch’egli accusato

di aver violato la famigerata legge sulle manifestazioni. Firmato lo scorso 25 novembre dal presidente Adly Mansour, il provvedimento impone agli organizzatori di avvisare le autorità tre giorni prima dell’evento, invece di sette come previsto dai precedenti regolamenti, ma dà alla polizia il potere di disperdere sul nascere le manifestazioni ritenute violente utilizzando idranti, gas lacrimogeni e pallini di piombo. La legge prevede per i manifestanti trovati in possesso di armi illegali pene detentive fino a sette anni di carcere e multe di oltre 30mila euro. Il governo sanziona anche gli organizzatori di manifestazioni illegali con multe dai 1000 fino a 3mila euro. Ieri il presidente ad interim ha ha annunciato la formazione di un comitato d’inchiesta per indagare sui fatti di violenza avvenuti in seguito alle manifestazioni del 30 giugno che hanno portato alla caduta del presidente islamista Mohamed Morsi e il 14 agosto culminate con lo sgombero dei sit-in dei Fratelli Musulmani al Cairo, costati centinaia di morti, e gli attacchi a chiese e proprietà cristiane in tutto il Paese. La decisione di Mansour giunge dopo un incontro di dialogo con le varie fazioni politiche egiziane riunitesi per discutere la road-map di transizione del Paese. www.asianews.it

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Varie Scontri al Cairo, ondata di arresti per fratelli musulmani IL CAIRO, 27 DICEMBRE 2013

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lmeno 150 sostenitori del presidente deposto Mohamed Morsi sono stati arrestati solo oggi in diverse località dell’Egitto, due giorni dopo che le autorità hanno dichiarato ufficialmente i Fratelli Musulmani un gruppo terrorista. Al Cairo, la polizia ha usato gas lacrimogeni contro manifestanti che dall’interno dell’Università Al Azhar lanciavano pietre all’indirizzo degli agenti; in precedenza, in scontri tra studenti e dimostranti anti-islamisti avvenuti la notte scorsa, secondo una nota del ministero

dell’Interno era rimasta uccisa almeno una persona. La decisione di dichiarare terroristi i Fratelli Musulmani è stata presa dopo l’attentato di martedì che a Mansura, un centinaio di km a nord del Cairo, ha provocato 15 morti fra cui 14 poliziotti. Ieri nella capitale l’esplosione di un ordigno artigianale piazzato a bordo su un autobus a Nasr City ha invece causato cinque feriti ed è stata seguita da altre decine di arresti, in diverse province, per “incitamento alla violenza contro l’esercito e la polizia”. Ai proclami dei Fratelli Musulmani, che si sono detti pronti a tornare in piazza, il portavoce del ministero dell’Interno Hany Abdel Latif ha replicato, parlando alla tv pubblica, che chiunque parteciperà a una manifestazione convocata dalla Confraternita sarà arrestato e rischierà una lunga pena detentiva. “Coloro che dirigono questa organizzazione - ha aggiunto il portavoce - potrebbero essere condannati a morte”. www.misna.org

Peres a Ramleh per Natale GERUSALEMME, NOVEMBRE 2013

lI

presidente israeliano Peres ha fatto visita alla parrocchia latina di Ramleh per Natale. Nei suoi auguri ai cristiani, un messaggio di unità nella differenza delle anime di Israele e un ricordo speciale di papa Francesco. Shimon Peres - Presidente dello Stato d’Israele: “Una festa per una religione è una festa per tutto il Paese. Possano Dio e le persone incontrarsi insieme nel nobile spirito della speranza, della pace, dell’amicizia”. È un invito all›unità nella diversità̀ quello che Shimon Peres ha rivolto ai cristiani di Ramleh per Natale. Il Presidente dello Stato di Israele, il più anziano Capo di Stato al mondo, ha visitato la parrocchia latina dell’an-

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tica Arimatea, per fare simbolicamente gli auguri di Natale a tutti i cristiani di Israele. Ramleh, 65.000 abitanti, dista 20 chilometri da Tel Aviv. L’80% della popolazione è di religione ebraica, il 15% è musulmano e soltanto il 5% è cristiano, diviso in varie confessioni. All’incontro con Peres, iniziato con la visita ai bambini della parrocchia, erano rappresentati, oltre ai latini, i greci ortodossi, gli armeni e gli anglicani. L’incontro ufficiale - svolto in un clima molto familiare - è proseguito con le autorità civili e religiose di Ramleh. “Una Chiesa piccola ma antica”, ha ricordato Peres.


Shimon Peres: “Ramleh è un simbolo di pace. Non solo un simbolo, ma una comunità di pace. Siamo ebrei, arabi, greci e di altre nazionalità; religioni diverse che vivono insieme. Lasciatemi dire che essere diversi non è un peccato. Essere stranieri è un errore. Essere nemici è un crimine. Dunque noi possiamo essere diversi, ma siamo la stessa famiglia, preghiamo lo stesso Dio, chiediamo le stesse cose al Dio del cielo per aiutarci tutti, per donarci pace piena e permanente tra tutti noi”. P. Abdel-Masih Fahim, ofm Parroco chiesa latina di Ramleh: “Noi siamo conosciuti anche se siamo la minoranza in questa città. Però non è il numero, ma i fatti che noi presentiamo, portiamo avanti, specialmente durante il Natale: questi sono importanti. Questo dà in modo particolare importanza a ciò che facciamo per la città, con ebrei e musulmani”. Nel suo discorso, Peres ha voluto citare un suo recente viaggio in Italia, la città di Assisi in particolare, dove - ha detto - sacerdoti e laici salvarono gli ebrei durante l’Olocausto. Poi, si è soffermato su papa Francesco: una figura che l’ha colpito molto nell’incontro avuto con lui poco dopo la sua elezione.

Shimon Peres: “Ha davvero portato un nuovo vento a tutta l’umanità, secondo me. Lui ci ha ricordato che la religione è prima di tutto uno spirito, non una organizzazione, non un establishment. Uno spirito che è basato sui valori più profondi dell’essere umano per prenderci cura dei deboli. Quando vedi lui, tu vedi la grandezza della modestia, la purezza della fede, la speranza che tutti noi siamo esseri umani uguali e che dobbiamo vivere insieme”. www.fmc-terrasanta.org/it/ Segui il video: http://tinyurl.com/k3rjocb

Striscia di Gaza, un dicembre infame GAZA, 31 DICEMBRE 2013

A

lluvioni, tagli all’energia elettrica, mancanza di carburante. Nel quinto anniversario dell’inizio dell’operazione militare israeliana Piombo Fuso, la Striscia di Gaza vive una delle sue peggiori crisi umanitarie. Difficile chiamare emergenza una situazione ormai strutturale, ma i livelli raggiunti sono inimmaginabili. La vigilia di Natale a Gaza è tornato il buio: Israele ha chiuso il valico di Kerem Shalom, in risposta all’uccisione di un operaio che stava effettuando delle riparazioni al muro di separazione, danneggiato dalle intense piogge della prima decade di dicembre. E dopo aver bombardato con jet F16 Khan Younis, a Sud della Striscia, uccidendo un uomo e una bimba di 4 anni, le autorità israeliane hanno chiuso il valico da cui passano beni di prima necessità. Tra questi il carburante, senza il quale

l’unica centrale elettrica di Gaza non può funzionare. Così, il milione e 700 mila residenti palestinesi da settimane devono fare i conti con il razionamento dell’elettricità: ogni quartiere usufruisce di 4 o 5 ore di energia al giorno. Si fa a turno, organizzando le normali attività quotidiane in base al funzionamento o meno di un interruttore di corrente. La carenza di energia elettrica ha reso la Striscia più invivibile: gli ospedali lavorano a stento, le sale operatorie possono essere utilizzate solo a determinati orari e i reparti di terapia intensiva sono quasi del tutto bloccati. Colpito anche il sistema di raccolta delle acque: le pompe elettriche non riescono ad assorbire l’acqua che ha invaso le strade dopo la tempesta che ha vessato la Striscia questo mese. Quattro giorni di piogge intense

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Varie

hanno lasciato dietro di sé 10mila sfollati: in alcuni punti l’acqua ha raggiunto i due metri d’altezza, costringendo intere famiglie a cercare rifugio nelle scuole dell’Unrwa - l’agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi - e nelle stazioni di polizia. La carenza di carburante per alimentare la centrale elettrica e i generatori privati è ormai cronica: ad impedire i regolari approvvigionamenti sono sia le autorità israeliane che quelle egiziane. Dal 3 luglio scorso, giorno del colpo di Stato che ha deposto il presidente islamista Mohamed Morsi, Il Cairo è impegnato in una dura campagna punitiva contro Hamas, governo de facto della Striscia, accusato dall’Egitto di aver sostenuto militarmente e politicamente il regime dei Fratelli Musulmani. Oltre mille gallerie scavate sotto la linea di confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto sono state distrutte impedendo così l’ingresso clandestino di beni di prima necessità, carburante incluso. Ebaa Rezeq, giovane attivista gazawi di Gaza Youth Breaks Out, ci racconta gli effetti che il blocco della Striscia - ormai cinta d’assedio dal 2007, quando gli uomini di Hamas assunsero, armi in pugno, il controllo del territorio, mettendo fuori gioco i dirigenti di Fatah - sta provocando sulla popolazione palestinese. Alle restrizioni quotidiane segue un trauma psicologico che azzera speranze e creatività. «Non riesco a ricordare quando è stata l’ultima volta che non mi sono preoccupata dell’elettricità - ci spiega

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Ebaa -. A dicembre abbiamo avuto a disposizione solo 4 o 5 ore di corrente al giorno. Non che cambi molto: sono anni che dobbiamo fare i conti con tagli e black out, otto ore di elettricità e otto senza. Continuamente. Devi pianificare la tua vita quotidiana e il tuo lavoro in base alla corrente elettrica. Fare una doccia, scrivere al computer, organizzare un incontro di lavoro. Tutto va avanti così da anni ormai». «La conseguenza è chiara: a livello psicologico la popolazione ha perso la creatività, la voglia di attivarsi, di manifestare la propria opinione. Siamo troppo presi, ogni giorno, a pensare a come risolvere i problemi basilari, a cercare di soddisfare bisogni fondamentali che nel 2013 in gran parte del mondo sono dati per scontato. Quando incontro i miei amici, passiamo metà del tempo a parlare di elettricità e carburante, o a chiedere se il confine è aperto o chiuso, se oggi avremo o no acqua calda. Energie e tempo necessari ad una lotta di base finiscono così assorbiti da altri pensieri, i più immediati». Se non godi di diritti fondamentali e la tua principale occupazione è garantire alla tua famiglia beni di prima necessità, difficilmente avrai ancora tempo e forza per lottare, per esprimerti: «Ci hanno reso schiavi - continua Ebaa -. Non riusciamo più a pensare fuori dalla scatola, a organizzare una strategia politica popolare, a combattere contro l’occupazione militare e contro il nostro stesso governo, Hamas, che pare quasi crogiolarsi in una tale


situazione. Emergenza costante a Gaza significa finanziamenti dall’esterno, soprattutto da Paesi arabi come Turchia e Qatar, e quindi “stabilità”: Hamas è in grado di mantenere la propria autorità e proteggere i propri interessi, senza far nulla per la popolazione gazawi». Fuori, per le strade e i villaggi di Gaza, la tempesta dicembrina ha lasciato dietro di sé sfollati, morti e feriti, case distrutte, campi allagati e impraticabili, infrastrutture al collasso. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento nelle questioni umanitarie (Ocha), il 10 per cento delle serre e degli appezzamenti agricoli è rimasto seriamente danneggiato. Gli esperti dell’Onu vedono nero e dicono che nel 2020 Gaza non sarà più un luogo abitabile, soprattutto a causa della mancanza di acqua potabile e non inquinata. Oggi il 95 per cento della falda acquifera lungo la costa è contaminata: non

può essere bevuta né utilizzata per l’agricoltura. Gli impianti di depurazione sono quasi del tutto inefficaci, vecchi e privati di una manutenzione regolare a causa dell’impossibilità di far entrare nella Striscia materiali da costruzione. Dopo l’operazione Piombo Fuso - cominciata il 27 dicembre 2008 e terminata il 10 gennaio 2009 - durante la quale morirono 1.400 civili palestinesi, si calcola che ogni giorno finiscano in mare 60-90 milioni di litri di acque reflue non trattate. «Capite? Ci stanno togliendo tutto, lentamente, direttamente e indirettamente», conclude Ebaa. «Anche i libri, ormai, sono quasi introvabili, qui a Gaza. Stiamo lentamente dimenticando cosa significhi sperare e sognare». www.terrasanta.net

Israele libera altri 26 detenuti palestinesi, ma legalizza 20 insediamenti in Cisgiordania GERUSALEMME, 31 DICEMBRE 2013

Il

rilascio dei prigionieri è avvenuto questa notte. Poco prima della liberazione, Israele ha approvato una legge per legalizzare 20 insediamenti nella valle del Giordano dove vivono circa 15 mila coloni. Il governo israeliano libera altri 26 detenuti palestinesi in accordo con i negoziati di pace guidati dal Segretario di Stato statunitense John Kerry, che ritornerà questa settimana nella regione per rilanciare i dialoghi fra Israele e Palestina. Il rilascio è avvenuto questa notte, dopo che un tribunale israeliano ha respinto all’ultimo minuto un appello delle famiglie delle vittime. I 26 palestinesi sono la terza parte di un gruppo di 104 detenuti condannati dai 20 ai 30 anni per atti di violenza compiuti prima del riconoscimento dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) nel 1993. Accogliendo gli ex detenuti a Ramallah, Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese, ha annunciato che non vi sarà alcun accordo con Israele finché tutti i prigionieri non saranno liberati. Come già avvenuto per la prima e la seconda fase di liberazione il rilascio è stato accompagnato da nuovi

provvedimenti per legalizzare gli insediamenti di coloni in Cisgiordania. Ieri una commissione ministeriale israeliana ha approvato in via preliminare una bozza di legge che prevede l’estensione della legge israeliana a una ventina di villaggi agricoli sul Giordano, dove risiedono circa 15mila coloni. www.asianews.it

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Varie Papa Montini in Terra Santa, un evento anche filatelico MILANO, 2 GENNAIO 2014

P

ure i francobolli, cinquant’anni fa, assicurarono una «copertura» impeccabile al pellegrinaggio che, dal 4 al 6 gennaio 1964, portò Paolo VI in Terra Santa. Confermando così, oltre la naturale funzione di affrancatura, anche il loro ruolo di testimoni della cronaca nel momento stesso in cui si fa storia. Viste con gli occhi di oggi, quelle produzioni dentellate hanno dell’incredibile, essenzialmente per i tempi strettissimi. L’annuncio del pellegrinaggio, si sa, fu dato da Paolo VI il 4 dicembre 1963, durante la conclusione della seconda sessione del concilio Vaticano II. «Piace adesso aggiungere qualcosa per comunicarvi - disse papa Montini in latino, cogliendo tutti di sorpresa - un proposito che già da tempo abbiamo in animo... abbiamo deliberato di recarci come pellegrino in quella terra, patria del Signore nostro Gesù Cristo...». «Il Papa annuncia che nel prossimo gennaio compirà devoto pellegrinaggio in Terra Santa» titolava, nel sommario, L’Osservatore Romano del 5 dicembre 1963. Per i responsabili dei servizi filatelici dei Paesi coinvolti nello storico pellegrinaggio, ossia Vaticano, Giordania e Israele - scattò immediatamente una lotta contro il contro il tempo. Mezzo secolo fa stampare richiedeva procedimenti assai più complicati che oggi. Ciò nonostante L’Osservatore Romano del 30-31 dicembre 1963 era in grado di mostrare le immagini dei quattro francobolli e al tempo stesso di ufficializzare le caratteristiche tecniche. Ma non il quantitativo stampato, intorno al quale si sviluppò una ridda di

supposizioni. Con una forbice iniziale di 1,8 milioni di esemplari, che col passare dei giorni si ampliò fino a toccare quota 3 milioni. L’importante è che il quantitativo disponibile bastò a soddisfare le numerose richieste - ci furono anzi delle rimanenze -, generate dall’enorme interesse suscitato dall’evento che non aveva precedenti, ma anche dalla crescente popolarità delle carte valori postali e dalla non secondaria richiesta speculativa dell’epoca. Allora la filatela era in pieno boom. Messi in vendita alle ore 9 del 4 gennaio 1964, pochi minuti dopo il passaggio del corteo papale diretto all’aeroporto di Fiumicino dove il pontefice era atteso dal DC-8 dell’Alitalia diretto ad Amman, i dentelli vaticani presentano le seguenti immagini fotografiche: ritratto di Paolo VI (lire 15), basilica della Natività a Betlemme (lire 25), basilica dello Santo Sepolcro, a Gerusalemme, (lire 70) e Fontana della beta Vergine Maria a Nazaret (lire 160). «Si temeva - si legge in una cronaca dell’epoca, a firma di Enzo Diena - che, essendosi l’emissione verificata di sabato, con la prospettiva immediata di due interi giorni di chiusura degli uffici (domenica 5 gennaio e lunedì 6 gennaio, Epifania), l’affollamento avrebbe assunto gli aspetti poco dignitosi che si ebbero» con qualche altra emissione. «Fortunatamente, la migliore organizzazione del servizio di distribuzione e la certezza che la tiratura sarebbe bastata per soddisfare ogni richiesta, hanno consentito di evitare spettacoli indecorosi». Code ragionevoli, quindi per i francobolli, e molto affanno da parte di quanti furono impegnati nella

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predisposizione delle buste da consegnare alle Poste vaticane per il loro inoltro per via aerea in Terra Santa. Ogni collezionista poteva prenotare, entro le ore 18 di quello stesso gennaio, fino a cinque pezzi, cinquanta i commercianti. Qualcuno alla fine rinunciò. Anche così gli addetti alla bollatura furono costretti a fermare l’orologio e lavorare tutta la notte per apporre sulle buste l’annullo speciale predisposto per la circostanza in modo da essere pronte, l’indomani, per essere inoltrate ad Amman, in Giordania, con normali aerei di linea. L’allora giovane re Hussein di Giordania volle che anche le sue Poste sottolineassero con particolare evidenza il pellegrinaggio papale. Di qui quattro francobolli con Papa Montini col triregno e Hussein in uniforme di maresciallo e, al centro, a seconda dei vari tagli la moschea di Al Aqsa, la Cupola della Roccia, la basilica del Santo Sepolcro e quella della Natività. La serie giordana venne proposta anche in forma di piccolo foglio dalla tiratura contingentata e, di conseguenza, fonte di una momentanea speculazione che finì col guastare in un certo qual modo la festa postale. Molti collezionisti non furono in grado di procurarsi il piccolo foglio: per il quantitativo volutamente ridotto e per il prezzo - 12 mila lire dell’epoca, contro le circa mille lire della serie - al quale veniva offerto sul mercato italiano. Sull’eccezionale pellegrinaggio di Montini in Terra Santa, le Poste di Amman tornarono in altre due occasioni. A settembre di quello stesso 1964 ricordando l’abbraccio del Papa con il patriarca Atenagora. Cinque in quel caso i francobolli, con corredo di un piccolo foglio con l’intera serie ad unica immagine: i ritratti di Paolo VI (con una tiara diversa da quella usata per

l’incoronazione, e in seguito venduta a scopi benefici), re Hussein e il patriarca Atenagora collocati sullo sfondo di Gerusalemme con la dorata Cupola della Roccia e la basilica del Santo Sepolcro. Nel 1965 arrivarono quattro nuovi dentelli chiamati a far memoria del pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa. Decisamente contenuto, una sobrietà che non deve tuttavia trarre in inganno, l’omaggio postale di Israele, affidato a due semplici annulli usati per bollare la corrispondenza in partenza rispettivamente da Gerusalemme e da Nazaret sui quali - per la prima volta - appariva il nome di un Papa. Al di là della forma dimessa di un annullo il tributo fu di grande rilevanza. Vale la pena infatti di ricordare che solamente quattro anni prima le stesse poste israeliane avevano bloccato l’uscita di un francobollo raffigurante un panorama di Nazaret in quanto «colpevole», suo malgrado, di mostrare un campanile sormontato da una croce. www.terrasanta.net

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Varie Paolo VI e Atenagora, i frutti dell’ecumenismo in Terra Santa MILANO, 4 GENNAIO 2014

Il

numero di gennaio-febbraio 2014 del bimestrale Terrasanta ospita nella sua rubrica In dialogo un testo di padre Frans Bouwen, direttore della rivista Proche-Orient Chrétien. Di origini belghe, il religioso appartiene alla Società dei missionari d’Africa (noti anche come «padri bianchi», per il colore del loro abito religioso). Bouwen risiede dal 1969 nella città vecchia di Gerusalemme, presso la chiesa di Sant’Anna ed è tra le personalità più attente ai temi dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Nel testo che qui anticipiamo si sofferma sull’importante evento storico risalente giusto a mezzo secolo fa. Il 5 gennaio ricorre il cinquantesimo anniversario dello storico incontro tra papa Paolo VI e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora, avvenuto nel 1964 a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi. L’immagine dell’abbraccio tra queste due guide della Chiesa è diventata quasi un’icona dei successivi sviluppi nelle

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relazioni ecumeniche tra cattolici e ortodossi. «Icona» nel senso vero e proprio che la tradizione orientale assegna al termine: non una semplice immagine, ma un segno quasi «sacro» che ha già misteriosamente in sé la realtà che rappresenta. Consapevole della portata storica di quell’incontro, il patriarca Bartolomeo I, successore di Atenagora, ha proposto a Papa Francesco, in occasione dell’inaugurazione del suo ministero come vescovo di Roma, d’incontrarsi a Gerusalemme per commemorare l’anniversario, rendere grazie al Signore e ravvivare lo spirito di dialogo (il viaggio si dovrebbe svolgere alla fine del maggio prossimo e la conferma ufficiale da parte della Santa Sede è attesa prestissimo - ndr). Se ci chiedessimo quali sono stati i frutti di quei giorni per quanto riguarda le relazioni tra le Chiese nella stessa Gerusalemme, bisogna riconoscere che le visite di Paolo VI al patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Benedictos rivestirono un’importanza ancora più immediata. Ancora prima di incontrare Atenagora il 5 gennaio, infatti, il Papa il giorno prima incontrò due volte Benedictos. Questi vide dunque riconosciuto il proprio ruolo di «capo» delle Chiese di Gerusalemme, accogliendo Paolo VI e Atenagora proprio in quanto tale. Tale riconoscimento fu all’origine di uno spirito nuovo nelle relazioni ecumeniche locali. Da allora, queste relazioni si sono pian piano evolute. Un’altra tappa significativa, nel 1965, fu il rientro delle reliquie di san Saba da Venezia al monastero tra Gerusalemme e Betlemme che ne porta il nome. Ogni anno, il patriarcato ortodosso celebra questo ritorno come una grande festa liturgica; i frutti, per i cattolici, sono invece rimasti un po’ deludenti, dato che i monaci non permettono loro di pregare nei pressi delle reliquie quando visitano il monastero. Una ventina d’anni più tardi, dal dicembre del 1987, gli episodi dolorosi e violenti legati alla prima intifada (1987-1993) hanno ravvivato e rafforzato i rapporti tra i patriarchi e i vescovi di Gerusalemme. Chiamati in causa dalle sofferenze e dalle ingiustizie, hanno preso la decisione di consultarsi e di parlare a una sola voce. Pian piano i loro incontri si sono fatti più frequenti e


oggi avvengono all’incirca ogni due mesi. Hanno anche pubblicato due memorandum, nel 1994 e nel 2006, sul significato di Gerusalemme per i cristiani e sui diritti che ne derivano per le loro comunità. Ogni anno, poi, presentano un messaggio congiunto in occasione della Pasqua e del Natale. Certo, ci si potrebbe augurare che queste occasioni di ritrovo sfocino in una più fattiva collaborazione pastorale; una certa consuetudine ha comunque potuto instaurarsi. Dobbiamo già essere contenti che queste occasioni ci siano e offrano una possibilità concreta per ulteriori iniziative comuni. Un incontro a Gerusalemme tra Francesco e il patriarca Bartolomeo, accolti insieme dall’attuale patriarca grecoortodosso della città, Teofilo III, potrebbe dare nuovo slancio alle relazioni ecumeniche in loco e costituire una nuova promessa per i rapporti tra la Chiesa cattolica e

la Chiesa ortodossa in tutto il mondo. Frans Bouwen (traduzione dal francese a cura di Roberto Orlandi) http://www.terrasanta.net

Kerry: il piano è equilibrato e onesto GERUSALEMME, 5 GENNAIO 2014

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rosegue la missione diplomatica in Medio Oriente del segretario di Stato americano Kerry.

Oggi tappa in Arabia Saudita e Giordania, dopo il rigetto di Israele delle proposte statunitensi relative alla sicurezza nella contesa valle del Giordano. La mediazione statunitense continua, nonostante la bocciatura di Israele. Come ha ripetuto lo stesso primo ministro Netanyahu, lo Stato ebraico vuole mantenere il controllo diretto della sicurezza nella valle del Giordano senza permettere il dispiegamento di forze internazionali o di mezzi tecnologici per il monitoraggio dell’area. Il ministro degli Esteri israeliano, Lieberman, ha ammesso che la strada per un accordo è lunga e difficile ma ha proposto uno scambio di “terreni e di popolazione” chiamando in causa le colonie in Cisgiordania e alcune zone israeliane abitate da arabi. Il segretario di Stato Kerry ha ribadito che la proposta statunitense - di cui non si conoscono i dettagli - è “equilibrata e onesta” precisando che punta ad accrescere la sicurezza nella regione. Al termine della girandola di incontri con i leader israeliani e palestinesi, Kerry ha detto che “si sono registrati alcuni progressi” ma ha anche riconosciuto che adesso si stanno “cominciando ad affrontare

gli ostacoli più difficili da superare”. E saranno probabilmente questi i temi al centro dei colloqui odierni con i vertici di Arabia Saudita e Giordania. L’obiettivo del capo della diplomazia statunitense è di incassare il sostegno dei due Paesi nel percorso di mediazione tra le parti. Il ritorno forse già in serata per una nuova spola negoziale tra Gerusalemme e Ramallah, nel tentativo di segnare passi in avanti verso l’accordo. http://it.radiovaticana.va

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Fraternitas

Fraternitas

VOLUME XLVII • EDIZIONE 207

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Notiziario Internazionale OFM

Il Definitore Generale Fr. Paskalis Bruno Syukur è il nuovo Vescovo di Bogor

Ha svolto poi i seguenti incarichi: 1991-1993: Ministero nella par-

W W W . O F M . O R G

Il Rev.do P. Paskalis Bruno Syukur, O.F.M., è nato il 17 maggio 1962

Ha emesso la professione solenne con i Francescani Minori il 22 gennaio 1989. È stato ordinato sacerdote il 2 febbraio 1991.

rocchia di Moanemani, diocesi di Jayapura (Papua Occidentale); 1993-1996: Studi per la Licenza in Spiritualità presso l’Antonianum, a Roma; 1996-2001: Maestro dei Novizi a Depok; 1998-2001: Guardiano della Comunità O.F.M. a Depok e Membro del Consiglio Provinciale; 2001-2009: Ministro Provinciale in Indonesia; dal 2009: Definitore Generale O.F.M. per l’Asia e l’Oceania a Roma.

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Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Bogor (Indonesia) il Fr. Paskalis Bruno Syukur, O.F.M., Definitore Generale OFM per la regione Asia / Oceania. Fr. Paskalis è della Provincia di S. Michaëlis Archangeli in Indonesia.

a Ranggu, nella diocesi di Ruteng, nell’Isola di Flores (Indonesia). Dopo la scuola primaria, ha frequentato il Seminario minore Pius X di Kisol. Ha compiuto gli studi filosofici preso la facoltà di Filosofia Driyakara di Jakarta, quindi ha proseguito gli studi teologici alla facoltà di Teologia di Yogyakarta.

F R A T E R N I T A S

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l Santo Padre Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bogor (Indonesia), presentata da S.E. Mons. Cosmas Michael Angkur, O.F.M., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Fr. Paskalis Bruno Syukur, O.F.M. will be a Bishop for the Diocese of Bogor which was erected since January 3th, 1961. The first bishop was Mgr. Nicolaus Johanes C. Geise, OFM (1961-1975). Then he was replaced by Mgr. Ignatius Harsono, Pr (1975-1993). He was retired in 1993, so the Administrator was on the hand of Arch Bishop of Jakarta, Mgr. Leo Soekoto, SJ until Mgr. Mikael Angkur, OFM was nominated by the Pope in 1994. The inhabitant in this region is 16.283.000 an the catholics are only 83.406 which they live spreadly in 18 parishes. The majority of the people here are muslim. The diocese of Bogor has various pastoral work. There are parishes, schools, minor seminary, orphanage. The day of consecration will be on 22nd, 2014 in Bogor Indonesia. The motto of this new bishop is “ Maginificat anima mea Dominum” (Luk 1:46). 1

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ALTRE NOTIZIE

F R A T E R N I T A S

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Bartolo da Sassoferrato

Organizzato dal “Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo e dall’Accademia Tubertina di Todi”, si è tenuto un Convegno dal 13 al 16 ottobre 2013, a Todi e a Perugia, su «Bartolo da Sassoferrato nel VII centenario della nascita: Diritto, Politica, Società». Treia, Italia – Convegno su una tela del Bonisoli In occasione della collocazione nella Pinacoteca comunale della tela di Agostino Bonisoli (1963), recentemente restaurata e raffigurante il processo e il martirio di cinque francescani avvenuto in Marocco nel 1220, si è tenuto il 16 novembre 2013, nella Sala Consiliare del Comune di Treia, un Convegno in cui un team di studiosi hanno esposto i risultati delle loro ricerche. Infatti, dopo il saluto delle Autorità e la presentazione del Convegno, sono intervenuti, tra gli altri, Fr. Pietro Messa, ofm, della PUA, il quale ha descritto il «Contesto del martirio dei primi frati Minori uccisi in Marocco», mentre il Dott. Giuseppe Cassio ha parlato del «Dipinto dei Protomartiri francescani a Treia. Analisi iconografica e ipotesi interpretative». Roma, Italia – VIII stage d’archivistica Promosso dalla Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della PUA, il 21 novembre si è concluso l’VIII stage d’archivistica per operatori negli Archivi delle Famiglie Francescane. Eccetto l’introduzione, 19 pomeriggio, il resto si è svolto nell’Archivio del convento di Sant’Isidoro in Roma dove è conservato molto materiale, a cominciare dal Duecento, con bolle di papa Gregorio IX.

Macerata/Sarnano, Italia – L’Osservanza francescana L’Università di Macerata, Dipartimento di Studi umanistici, ha promosso un Seminario di Studi su «Osservanza francescana e cultura tra ‘400 e primo ‘500: Italia e Ungheria a confronto». Il Seminario si è svolto nei giorni 6 dicembre presso l’Università di Macerata, Palazzo Ugolini, e il 7 dicembre nella Sala dei Congressi del Comune di Sarnano. Durante le mattinate e i pomeriggi si sono alternati validi Relatori sia italiani che ungheresi. Il Seminario si è concluso con la consegna del premio san Giacomo della Marca. Budapest, Ungheria – San Giovanni da Capestrano e la costruzione dell’Europa

Il 23 novembre a Budapest si è svolto un importante incontro inerente a L’Osservanza francescana e la costruzione dell’Europa. In quella circostanza un’attenzione particolare è stata riservata all’opera e agli scritti di Giovanni da Capestrano, soprattutto attraverso l’analisi, condotta dalla prof.sa Letizia Pellegrini e dal dott. Filippo Sedda, del ricco epistolario del suddetto predicatore francescano, composto da circa 700 lettere, da loro rintracciate in vari manoscritti, schedate e descritte. Dall’incontro è emerso il desiderio di editare le lettere del Capestranense, anche come contributo per comprendere meglio come si è venuta a formare l’Europa stessa. Assisi, Domus Pacis, Italia – Convegno ed VIII Conferenza Nazionale dei Musei ecclesiastici Dal 20 al 22 novembre si è tnuto ad Assisi, presso il Centro Congressi della Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, due importanti appuntamen-

Nuovi Ministri Provinciali FR. INÁCIO DELLAZARI Prov. San Francisco -Brasile FR. CARLOS GUILLERMO PAZ Prov. San Francisco Solano Argentina FR. PAUL MIKI MURAKAMI Prov. Santi martiri del Giappone Giappone

ti per i musei italiani: Il Convegno Nazionale dei Musei Ecclesiastici e l’VIII Conferenza Nazionale delle Associazioni Museali. Il IX Convegno aveva per tema “La rete dei musei ecclesiastici: da strumento economico a laboratorio interpretativo”. Invece, l’VIII Conferenza Nazionale delle Associazioni avrà come tema centrale la legge n. 4 del 14 gennaio 2013: “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”. Il convergere delle due iniziative ha contribuito a rafforzare sempre più l’impegno nei confronti dei beni culturali del Paese e della cultura in generale. Dalla Lettera per il terzo centenario dalla nascita del B. Junipero Serra Lo stile di vita francescano misto a un forte sentimento di entusiasmo e di passione missionaria ispirò nell’animo del beato Junipero un infaticabile impegno ad andare tra i popoli indigeni della California a predicare il Vangelo e a convertire i non cristia-

Agenda del

Ministro generale Gennaio: 1-10 11:

U.S.A. Roma: Incontro dei MG della Fam. Francescana 13-31: Roma: Tempo Forte 16: PUA – Festa del Gran Cancelliere 20-30: Incontro nuovi Ministri e Custodi

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Fraternitas SEGNALIBRO FRANCESCANO Libri Francescani CLARISSES DE NANTES, Claire et François d’Assise de A à Z, Éditions Franciscaines, Paris 2013, pp. 211. Questo piccolo volume vuol essere una guida per scoprire Francesco e Chiara attraverso la lettura dei loro scritti. Una lettura che permette anche di utilizzare tali testi in varie circostanze: nei diversi stati d’animo, per nutrire la preghiera, nella liturgia o semplicemente per la gioia di conoscere meglio questi due “pazzi” di Dio. I B S l

Ianco da Iena

MEDIOEVO

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ilvia Serventi è dottore di ricerca in Italianistica. Si è occupata della letteratura religiosa dal Tre al Cinquecento ed in particolare della predicazione medievale. Ha curato il volume delle Laudi, trattati e lettere di Caterina Vigri (Firenze 2000), le Epistole di Girolamo da Siena (Venezia 2004) e l’Avventuale fiorentino 1304 di Giordano da Pisa (Bologna 2006). Sul Bianco da Siena ha già fornito diversi saggi, tra i quali Il Bianco da Siena e le clarisse dell’Osservanza («Franciscana» 11, 2009) e L’innologia nel laudario del Bianco da Siena («Paideia» 66, 2011).

Il BIanco da SIena

LAUDI

Il Bianco da Siena, Laudi, Edizione critica a cura di Silvia Serventi (Medioevo, 23), Antonianum, Roma 2013, pp. 1352. Tra le letture dell’Osservanza un posto di rilievo figurano le Laudi del Bianco da Siena. È stata attribuita ad esempio la laude Anima benedetta dall’alto Creatore, l’unica lauda che santa Camilla Battista da Varano cita nella sua autobiografia.

Edizione critica a cura di Silvia Serventi

ISBN 978-88-7257-090-6

Roma 2013 AntoniAnum

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9 788872 570906

Dalla Lettera di Natale

Come i primi frati, anche noi siamo invitati a discernere in che modo possiamo vivere fedelmente e gioiosamente il messaggio di comunione e amore nella nostra quotidianità personale, nelle nostre fraternità e nella missione evangelizzatrice che svolgiamo. Molti di voi, cari fratelli, sono impegnati a vivere in comunione con Dio e cercano di condividere l’esperienza e il messaggio del Suo amore infinito con tutte le persone, specialmente con i poveri e con tutti coloro che soffrono le conseguenze della violenza, della povertà e dello sfruttamento abusivo dell’ambiente naturale. In questo periodo di amore, luce, speranza e gioia vogliamo ricordare e rivolgerci ai nostri fra-

telli in Siria, che sono circondati dai conflitti e dalle violenze: la vostra cura per tutta la popolazione siriana in nome dell’amore e della riconciliazione infonde speranza e rivela Dio “che abita in mezzo a noi”.

W W W . O F M . O R G

scana di San Diego da parte di membri della popolazione locale indiana, il beato Junipero chiese che i colpevoli non fossero puniti.

ni alla fede cattolica. È noto per aver percorso migliaia di chilometri a piedi. I suoi metodi di predicazione miravano a dimostrare la potenza e la forza del Vangelo. Per tutta la sua vita, il suo motto fu “Siempre Adelante!”, ossia “Avanti, sempre!”. Il beato Junipero fu anche un uomo del suo tempo ed è ritenuto uno dei pochi che hanno cercato in ogni occasione di proteggere la popolazione indigena da gravi abusi perpetrai dalle forze di occupazione civili e militari. Il beato Junipero è anche stato capace di dimostrare grande indulgenza e misericordia. A seguito dell’incendio della missione france-

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COMMISSIONE SCOTISTICÆ CURA ET STUDIO, B. Ioannis Duns Scoti Ordinatio. Liber quartus. A distinctione quadragesima tertia ad quadragesimam nonam, Tipys Vaticanis, Civitas Vaticana MMXXIII, pp. 450. Con questo volume, la Commissione Scotista termina la pubblicazione dell’Ordinatio di Giovanni Duns Scoto, iniziata nell’ormai lontano 1950. Comprende le ultime distinctiones a commento del quarto libro delle Sentenze, dalla numero 43 alla numero 49, nelle quali vengono trattate le questioni inerenti l’escatologia, in particolare la risurrezione dei corpi, la condanna dei reprobi, le caratteristiche dell’anima separata dal corpo prima del giudizio finale, la giustizia e la misericordia di Dio, il giudizio finale e la condizione dei beati.

F R A T E R N I T A S

LAUDI

Dalla Curia generale

Fr. Aguilar P. Juan Pablo, della Provincia S. Filippo di Gesù, Messico, dal 15 Settembre fa parte della fraternità della Curia come autista.

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uesta edizione offre per la prima volta in modo unitario il corpus del più fecondo tra gli autori di laudi. Il Bianco da Siena, vissuto nella seconda metà del Trecento, è il principale laudografo della «brigata» dei seguaci del mercante senese Giovanni Colombini, poi detti Gesuati poiché andavano spesso ripetendo il nome di Gesù. Alcuni tratti della loro spiritualità, soprattutto il rifiuto degli ordini sacri, la scelta di vita estremamente povera e umile, la mistica letizia che si esprime in canti avvicinano i seguaci del Colombini a Francesco d’Assisi; occorre peraltro ricordare che l’ambiente senese del secondo Trecento era ricco di significative e svariate esperienze religiose, dalla terziaria domenicana Caterina Benincasa, agli agostiniani dell’eremo del Lecceto, dal certosino Pietro Petroni, fino ai disciplinati dell’ospedale di Santa Maria della Scala. Questo straordinario milieu spiega in buona parte la ricchezza di temi presenti nell’ampio laudario del Bianco. Le centoquarantotto laudi qui presentate sono edite partendo da una revisione dell’edizione ottocentesca curata da Telesforo Bini, con l’aggiunta dei testi pubblicati separatamente da Franca Ageno e delle laudi presenti in due testimoni manoscritti conservati rispettivamente a Parma e a Toledo. La varietà tematica impone di tenere conto di numerose fonti, dalle Sacre Scritture ai Padri della Chiesa, da Ugo di Balma a scrittori in volgare quali il Colombini e Iacopone, dal quale il Bianco riprende temi, ma soprattutto la volontà di comporre un laudario «personale». Il testo è preceduto dalla descrizione, caratterizzazione e classificazione dei numerosi testimoni manoscritti e a stampa e le laudi sono corredate da brevi introduzioni, dal glossario e dagli indici, che rendono almeno in parte l’idea della ricchezza linguistica, stilistica, storica e teologica di questa raccolta poetica.

In copertina: Parma, Biblioteca Palatina, Palatino 205, c. 1r © 2013 Biblioteca Palatina di Parma (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali, ogni diritto riservato).


PICCOLE NOTIZIE

F R A T E R N I T A S

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S. Maria degli Angeli, Italia – Incontri di riflessione sui temi di giustizia, pace e integrità del creato La Commissione GPIC della Famiglia Francescana umbra (OFM, OFS e GiFra) ha programmato una serie di incontri formativi, che vanno da novembre 2013 a maggio 2014, allo scopo di comprendere sempre meglio ciò che sta accadendo. Molte sono le sfide, infatti, che la realtà ci pone e spesso l’approccio è deresponsabilizzante: demandiamo ad altri la soluzione dei problemi. Ma è proprio vero che noi non c’entriamo niente con quello che sta accadendo alla nostra Terra, alla nostra politica, alla nostra economia? Per maggiori informazioni: gpicfrancescaniumbria@gmail.com S. Maria degli Angeli, Italia – Mostra Internazionale dei Presepi e “Cartulae Nataliciae” Dal 7 dicembre 2013 al 12 gennaio 2014 si terrà la tradizionale mostra internazionale di presepi, come sempre distribuiti lungo l’itinerario delle

La fraternità della Curia Generale saluta Mons. Paskalis

memorie di San Francesco, all’interno del Santuario, e nel grande Chiostro del Protoconvento della Porziuncola. Presso il Museo della Porziuncola invece si terrà un’esposizione collettiva di stampe e disegni – intitolata “Cartulae Nataliciae” – dedicati al Natale del Signore, e ispirata alla cartula inviata da San Francesco a Frate Leone nel 1224. Per ulteriori informazioni vedere: www.assisiofm.it o www.porziuncola. org

Donazione di libri Il Collegio “Holy Trinity College” in Zimbabwe chiede in dono libri usati di Teologia. Chi avesse la possibilità di farlo, spedire a: Nazareth House, 149 Enterprise Road, Highlands, Harare, Zimbabwe.

A tutti gli amici di Fraternitas, i migliori

Con queste parole della Vergine Maria fr. Paskalis B. Syucur, Vescovo eletto di Bogor in Indonesia, ha concluso l’omelia della Celebrazione Eucaristica con la quale la Fraternità della Casa Generalizia ha salutato il neo presule prima della partenza per la sua terra di origine dove è stato chiamato dal Santo Padre a svolgere il suo ministero episcopale, che avrà inizio con l’ordinazione prevista per il prossimo 22 febbraio. La liturgia si è aperta con un breve saluto del Ministro generale, che ha ringraziato fr. Syucur per il servizio reso all’Ordine, in questi anni, in qualità di Definitore generale. Al termine della celebrazione, il Guardiano ha offerto una icona della Madonna. In fine, richiamando le parole di Mons. Bello, ha donato anche una stola e un grembiule ricordando il suo essere a servizio di ogni uomo e specialmente degli ultimi.

Fraternitas notiziario internazionale OFM editore: Fr. Joseph Magro OFM

Auguri di un Buon Anno Nuovo

eMail: comgen@ofm.org tel: +39 0668491 339 http://www.ofm.org/fraternitas www.fb.com/ofm.org www.twitter.com/ofmdotorg

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