Don Cuba. Il prete volante ha vinto ancora

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Mario Bertini Riccardo Bigi

DON CUBA Il prete volante ha vinto ancora

SocietĂ

Editrice Fiorentina



Mario Bertini, Riccardo Bigi

Don Cuba Il prete volante ha vinto ancora

SocietĂ

Editrice Fiorentina


© 2016 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it blog www.seflog.net/blog facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-400-9 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte con i quali non sia stato possibile mettersi in contatto Si ringrazia la sig.ra Rosalba Milli per l’aiuto redazionale


Indice

7 Prologo 11 1. Il ricordo della città 11 Gli ultimi giorni di don Cuba. Ha cessato di battere il cuore di San Frediano 13 L’omaggio di Firenze 13 La condivisione di Roberto Benigni 16 Nel Salone dei Cinquecento 20 La Madonnina del Grappa 23 2. Il prete volante 23 Una corsa da prima pagina 29 Confessioni di un ragazzo inquieto 41 3. Un “battitore libero” nella squadra dei preti fiorentini 42 Don Cuba e Fioretta Mazzei 43 Giovanna Carocci 46 La morte di Fioretta 53 Giovanni Pallanti, ex vicesindaco di Firenze, giornalista, scrittore 57 4. Hanno detto di lui 57 Don Renzo Rossi, compagno di seminario 60 Don Averardo Dini, sacerdote e scrittore 60 Don Leonardo Bassilissi, cappellano del carcere di Prato 61 Gino Bartali, indimenticabile campione di ciclismo e grande amico di don Cuba


64 Rolando Ugolini, storico rivenditore di libri usati di via Sant’Agostino e amico di don Cuba 71 Graziella Martinelli, che fu una ragazza di San Frediano 77 5. Due interviste e una storia 77 Dieci anni dopo il pensiero di Ghita Vogel. «Quello che mi resta? Piuttosto quello che mi manca!» 83 “Steve” (Stefano Ugolini) compagno di viaggio in Africa 92 Il racconto di quando da seminarista salvò sei bambini ebrei 97 6. Don Cuba e il cinema per evangelizzare i giovani, i poveri e i carcerati 97 Il ricordo di Lorenzo Bojola, fotografo 102 Il cinema fiorentino e l’amicizia con la famiglia Germani 107 7. Dalla Madonnina del Grappa e dal carcere di Sollicciano 107 Dieci anni dopo ti scrivo una lettera


Prologo

Nel dicembre del 2006, subito dopo la morte di don Cuba – all’anagrafe Danilo Cubattoli, sacerdote fiorentino –, avendolo seguito durante i lunghi mesi della sua agonia, e dopo aver curato alcuni ricordi di lui sul settimanale «Toscana Oggi», l’amica Ghita Vogel ci aveva chiesto se potevamo dedicargli un piccolo volume di questa collana della Società Editrice Fiorentina, perlopiù dedicata a preti fiorentini. E, a dire il vero, qualcosa avevamo già incominciato a scrivere, subito dopo la sua scomparsa, incoraggiati dalla Ghita Vogel – in tutta la città conosciuta come la Ghita –, che però ci aveva anche detto che altri stavano già scrivendo di lui, tra cui l’accreditato giornalista Maurizio Naldini. E il libro di Naldini, puntualmente, uscì nel maggio 2010, sotto forma di un corposo volume. Successivamente, a supporto di una bella mostra fotografica itinerante, che fu allestita prima a San Donato e successivamente a Firenze nei locali della Provincia in via Cavour, magnificamente curato da Lorenzo Bojola, uscì un altro originalissimo volume, questa volta nell’inconsueta veste bifronte e cioè in due parti rovesciate: una biografica e l’altra, quale diario dello straordinario viaggio di don Cuba in Africa, per andare a dir messa sul Kilimangiaro. 7


Inoltre avvertimmo la certezza che il miglior libro su don Cuba era già stato scritto nella mente e nel cuore della gente da lui conosciuta: la sua sorella e i nipoti innanzitutto, poi la stessa Ghita, i sacerdoti ancora vivi, suoi compagni di seminario e d’ordinazione – il cardinale Silvano Piovanelli su tutti –; e poi la gente di San Frediano, con molti superstiti e rivali delle memorabili sfide in bicicletta; e ancora poveri, ex carcerati e anche alcuni nobili della città, quest’ultimi legati da profonda amicizia e spesso da lui sposati; i suoi ragazzi e le ragazze del carcere di Sollicciano, l’universo del cinema a partire da Franco Zeffirelli e Roberto Benigni, oltre tutti i suoi colleghi o allievi dei Cineforum, senza scordare tanti vescovi, molti sacerdoti, suore, politici, scrittori, giornalisti, oltre i preti dell’Opera Madonnina del Grappa, a lui legati da profonda amicizia; per finire col mitico Steve, che con don Cuba aveva condiviso gran parte della sua vita fino alla comune esperienza, in moto, del safari africano. Il primo decennale della sua scomparsa è sembrata quindi l’occasione opportuna, per non dire doverosa, per rinnovarne la memoria. Anche perché a rileggere la vita di don Cuba, risalta in maniera impressionante la sua rispondenza alle indicazioni che papa Francesco oggi dà ai suoi preti. Parlando all’assemblea della Cei, nel maggio 2016, il papa tracciava così l’identikit del prete: «Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato. Dell’altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È 8


un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi». Il prete, dice ancora il papa, «con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza». Non c’è dubbio che molte di queste caratteristiche appartengano a don Cuba, che oggi si rivela quindi per quello che è: non un prete eccentrico o stravagante ma un precursore dei tempi della Chiesa. Potremmo dire che, come nella corsa in bicicletta che lo rese famoso, don Cuba è arrivato primo, e stavolta con almeno un decennio d’anticipo. Insomma, il prete volante ha vinto ancora! Rinnovarne la memoria, abbiamo scritto, e allora cercheremo di farlo, oltre che con il nostro contributo personale, andando a spulciare alcuni suoi remotissimi scritti – con alcuni diari da seminarista e dal carcere, veramente preziosi – e a chiedere, a molti testimoni che gli furono amici, il loro ricordo. Come ultima nota di presentazione è doveroso precisare che, prima di metterci a scrivere queste pagine, abbiamo avvertito il dovere di chiedere a Ghita Vogel, preziosa custode delle memorie di don Cuba, se in qualche modo avesse potuto darci l’autorizzazione. «Non solo vi autorizzo – ci ha risposto, con molto entusiasmo –, ma vi do anche la mia benedizione…». Per questo, soprattutto, è nata la stesura di questo breve volume. Mario Bertini e Riccardo Bigi Firenze, dicembre 2016, dieci anni dopo

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Don Cuba, in piazza San Pietro, salutato da papa Benedetto XVI


1. Il ricordo della città

gli ultimi giorni di don cuba. ha cessato di battere il cuore di san frediano* Nel santino della sua ordinazione sacerdotale che risale al luglio del 1948, c’è una frase, scritta da lui e alla quale è rimasto fedele per quasi sessant’anni come a un programma di vita: «Concedimi, o Padre, d’essere come l’Ostia che Ti offro, docile all’azione del Tuo Spirito…». Quasi un voto di fedeltà per un’esistenza quotidianamente offerta, e consumata, accanto alle povertà più estreme da lui abbracciate nel doppio ruolo di sacerdote di Cristo e di maestro di elevata cultura, che seppe diffondere anche attraverso il cinema, facendo della sua vita un mirabile esempio di evangelizzazione e di promozione umana. Dalla primavera scorsa, quando fu aggredito da una malattia irreversibile, ha saputo offrire se stesso per fare, dei suoi ultimi mesi di vita, olocausto di accettazione con docile sottomissione alla volontà di Dio. «Dio mi ama e tutto quello che mi capita, è il meglio per me». Fu un’altra sua frase, che amava pronunciare e che, specialmente negli ultimissimi mesi, non si stancava di *  Articolo pubblicato su «Toscana Oggi» nel dicembre 2006.

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ripetere a sacerdoti e amici che si accostavano al suo capezzale. Lunghissimi mesi segnati da giornate interminabili, senza mai lasciarsi andare a un lamento o a un segno di disperazione. «Come stai, Cuba?» «Bene, anzi benissimo!!!». Erano le risposte alle premurose preoccupazioni di chi gli stava accanto. «Ti piace, Cuba, questa minestrina?» «Buona, anzi buonissima!!!». Con esclamazioni esaltate dai segni delle mani e dal sorriso dei suoi occhi. Accettazione e docilità senza alcun lamento, nemmeno nei durissimi momenti della sofferenza. E se aveva una preoccupazione, da consegnare agli amici quasi come volontà testamentaria, era quella di dire a tutti: «Ditegli di andare d’accordo… Cercate di farli mettere d’accordo…». «Ma chi? Cuba, a chi lo dobbiamo dire?». E lui, con la sua innata, fiorentissima ironia che non lo ha mai abbandonato: «A tutti quelli che non vanno d’accordo!». Nell’ultimo mese, l’abbraccio silenzioso alla medesima sofferenza di Cristo: ferite nella membra, piaghe un po’ dappertutto e perfino nella testa – dove albergava il suo male –, forse le trafitte della corona di spine. In questa sua ascesa al Calvario non fu mai solo, né notte né giorno, seguito invece, con la sacralità dell’amore familiare, da un piccolo manipolo di parenti e amici e soprattutto da alcune fedelissime donne, a incominciare da colei che da anni l’ospitava a casa sua che, senza far nome, ci piace accostare alle evangeliche figure femminili del Golgota. 12


Poche ore prima del suo strappo terreno, l’ultimo sacerdote che lo vide in vita accostò la sofferenza di don Cuba a quella di Giobbe, ma chi scrive queste note, sempre riferendosi alle Scritture, vorrebbe sigillare gli ultimi giorni di questo prete fiorentino con la seguente, preziosa testimonianza. Per dar sollievo, attraverso sublimi abluzioni e continui cambi di posizione, a un corpo arrivato agli estremi – una delle ultime medicazioni di don Cuba ebbe la durata di oltre due ore –, come non ripetere la devota premura di queste fedelissime custodi, accostandola a quella delle pie donne della Deposizione dopo la morte di Cristo? Con la differenza che, per il corpo di don Cuba, le mani di quelle donne più che offrirgli una deposizione dalla Croce lo stavano devotamente componendo per poterlo consegnare all’abbraccio della morte attraverso la medesima, salvifica Croce di Cristo. l’omaggio di firenze Il mese successivo, la città di Firenze volle ricordarlo, attraverso una pubblica manifestazione alla presenza di una folla strabocchevole. La condivisione di Roberto Benigni Qualche giorno prima della manifestazione fiorentina, gli addetti di Palazzo Vecchio pregarono chi scrive queste note di invitare, a nome degli amici di don Cuba, anche il suo grande amico Roberto Benigni. 13


A Benigni fu inviata questa lettera: Carissimo Benigni, la recente scomparsa del Suo amico don Cuba, ci costringe a raggiungerLa a causa di alcune motivazioni che spero facciano piacere a Lei e alla memoria del fiorentinissimo prete. Per la sua lunga esperienza, di prete di frontiera – povertà estreme e cappellano delle carceri – e di esperto di cinema – maestro di cineforum, che ha una collezione di oltre 1000 film in pellicola originale –, don Cuba verrà ricordato venerdì, 19 gennaio 2007, alle ore 17.00, a Firenze, nel Salone dei Cinquecento, di Palazzo Vecchio. La vita di questo straordinario sacerdote verrà ricordata, per settori, da persone che lo hanno avuto accanto: il cardinale Piovanelli, il giornalista e scrittore Pier Francesco Listri, il direttore delle carceri fiorentine di Sollicciano e un altro esperto di cinema. E questa scaletta potrebbe essere arricchita, per dar lustro a tutta la manifestazione, da una Sua possibile presenza alla cerimonia di Palazzo Vecchio. Sapendo dei Suoi personali impegni, non sappiamo se Le sarà possibile intervenire, ma siamo qui a formularLe questo invito che ufficialmente Le facciamo giungere su mandato della Segreteria del Sindaco del Comune di Firenze, promotore della manifestazione. Qualora non Le fosse possibile partecipare, sarebbe ugualmente gradito un suo messaggio scritto o anche video, che potremmo venire a registrare dove Le resta più comodo. La cerimonia di Palazzo Vecchio è incentrata sulla proiezione di una video-intervista a don Cuba e la potremmo integrare dalla eventuale lettura o proiezione di un suo breve messaggio di partecipazione. Approfittando di questa lettera vorremmo aggiungere anche un ultimo desiderio che don Cuba ci espresse pochi giorni prima della sua morte. Ci disse che aveva già formulato a Lei la proposta di una lettura, insieme a Sua moglie Nicoletta, del 14


Cantico dei Cantici. Lo riteniamo il nobile desiderio di un prete che sapeva sognare. Sperando di poterLa avere presente all’importante appuntamento, restiamo in attesa di un suo cenno di risposta che trasmetteremo alla Segreteria del sindaco. La salutiamo cordialmente. Alcuni amici di don Cuba Firenze, 5 gennaio 2007

Dopo la spedizione della lettera, Roberto Benigni telefonò personalmente a chi gliela aveva inviata, pregando di comunicare al sindaco Leonardo Domenici e a tutta la città di Firenze il suo dispiacere per non poter essere presente alla cerimonia programmata in memoria del suo amico don Cuba avendo, in quel giorno, un appuntamento all’estero. Fu un messaggio, ricco di condivisione, che confermò – sono parole sue – «la sua grande amiciza e l’ammirazione per un prete di grande spessore umano e religioso… Mi raccomando, faccia leggere dal sindaco – aggiunse per telefono – il senso della mia partecipazione alla celebrazione in suo ricordo, assicurando che per la lettura del Cantico dei Cantici, da lui consigliata e che dovrei leggere insieme a mia moglie Nicoletta, la prenderò in considerazione e chissà che un giorno non la si possa realizzare». Naturalmente la condivisione di Benigni, anche se comunicata a voce al pubblico presente nel Salone dei Cinquecento, fu accolta da un grande applauso, e fu un valore aggiunto alla serata fiorentina, promossa per ricordare il fiorentinissimo don Cuba.

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