Sconfinare 47

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n° 47 - Autunno 2017 È il giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia. Direttore: Massimiliano Andreetta Ci trovate anche online, su www.sconfinare.net. Caporedattori: Beghelli Alessandro, Dissegna Timothy, Veglia Alessandra

L’editoriale di Massimiliano Andreetta

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vete presente quella sensazione di vergogna mista a imbarazzo che provi quando i tuoi amici vedono la tua foto sulla carta di identità? Ecco, quello è l’incontro tra l’identità e l’immagine dell’identità stessa. Che la compone ma non la esaurisce. Nel terzo millennio, l’identità è soggetta a un riesame ontologico perché la rivoluzione industriale e tecnologica hanno completamente cambiato la sua prospettiva. Mentre storicamente l’identità trovava le proprie manifestazioni nelle azioni collettive e sociali, per cui l’una si fondeva con l’altra, oggi si è formato un vero e proprio individualismo identitario. I social network, che hanno stravolto il linguaggio e i modi dei mezzi di comunicazione, sono l’esempio lampante in cui l’immagine dell’identità viene scambiata per l’identità stessa. Un nuovo luogo dove tutti hanno modo di fare pubblicità a se stessi e, spinti da quest’opportunità al sapore di esigenza, finiscono per proporre se stessi dipingendo l’immagine migiore che possono offrire. E quante identità si sono basate sull’identità percepita? Quella Sconfinare non identifica alcuna posizione politica, in quanto libera espressione dei singoli membri che ne costituiscono il Comitto di Redazione. Sconfinare è un periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio 2006, n° di registrazione 4/06. Editore e Propetario: Assid Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche.

propria, che si forma in contrapposizione all’immagine dell’identità altrui. Questo processo, all’apparenza complicato, determina la formazione della nostra personalità. Sia in sesso soggettivo, con l’incidenza che ha su ciascun individuo, sia in senso oggettivo, nella formazione della società composta dagli individui. Da questo ha origine ogni aspetto della nostra identità: politica, culturale, sociale e non solo. Il capitalismo, in un’analisi cinica, scevra da interpretazione politica, ha portato all’esaltazione del singolo, perché di ciascun singolo ha cambiato i bisogni. Ora la fonte media delle discussioni - nella società tecnologicamente avanzata - ruota attorno ai social network, che ospitano notizie, che hanno dei protagonisti, che hanno dei follower e dei like. In questo contesto si è creata una nuova identità, quella digitale, che si propone come specchio autentico dell’identità ma che, per sua natura, la deforma e la rimodella. In questo contesto è cambiata il senso di identità politica che ora è in fase di ridefinizione. Se il ‘900 è stato caratterizzato da degli stili di comunicazione molto impostati, infondendo fiducia e fermezza, oggi la comunicazione deve essere quasi confidenziale, come a illudere che una forma familiare sia di buon presagio per un’affidabile sostanza. Direttore: Massimiliano Andreetta. Capo Redattore: Beghelli Alessandro, Dissegna Timothy, Veglia Alessandra. Primo Lord del Tesoro: Alfredo Menghini Impaginazione e grafica: Matteo Da Frè.

Redazione: A. Agostinelli, M. Aristarco, A. Battistone, A. Beghelli, I. Bertacche, E. Boschini, S. Bozzalla Cassione, N. Brugnera, G. Calibeo, V. Capelli, G. Casanova, S. Catalano, E. Ceccotti, E. Contini, A. Cordenons, L. Costan-

L'università ci insegna a valutare questi elementi, non solo come strumenti politici ma con una forma mentis aperta ad ogni altro soggetto dibattimentale. Un luogo pregiato dove far crescere la nostra identità. Sconfinare è pronto a raccogliere questa sfida e a riproporsi sia in una forma cartacea completamente aderente alla tradizione ed alla passione per il profumo della carta, sia in un entusiasta allungo digitale per accompagnare continuativamente il lettore interessato alle notizie più stimolante, in un’insolita finestra sul mondo con un pizzico di pepe nero. L’attitudine è quella di proporre una tini, L. Crippa, T. Dissegna, R. D’Orsi, M. De Pau, F. Del Medico, I. Del Rizzo, A. Demin, D. Fabris, C. Fiorino, F. Fontana, D. Granato, F. Laureti, G. Marini, G. Marino, F. Lizzi, G. Matozza, L. Mazzocco, L. Mccourt, A. Menghini, N. Miotto, S. Mischis, V. Montesel, G. Moras, M. Motta, M. Mulè, F. Nestola, A. Onnis, V. Orgiano, A. Orlando, F. Paro, A. Pasotti, D. Patini, G. Pflanz, M. Proia, C. Rossi, G. Sanna, V. Sauchelli, F. Savalli, F. Sovran, K.Stafa, V.

materia approfittando per svilupparne un approfondimento. L’Associazione degli Studenti di Scienze ed Internazionali e Diplomatiche è orgogliosa di proporvi una spremuta tutto “cuore e cervello” frutto della passione per il racconto, per la discussione pubblica ed il confronto delle idee, con l’auspicio che il lettore si senta un interlocutore intellettualmente spericolato da volerlo seguire nel suo percorso e decidere, al punto finale, se condividere o ribattere. Un viaggio nell’analisi del tempo e dello spazio in cui l’uomo si manifesta e si forma la sua identità. ◊ Stefanello, F. Tognolli, R. Valle, G. Varaschin, A. Veglia, V. Vidotto. Immagine in copertina: Chiara Fiorino

Stampato da: Tipografia Budin, via Gregorcic 23, Gorizia (GO)


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Sconfinare - Identità

Numero 47

USA

Identità, Memoria, Cultura e Stato: la crisi americana

L'identità degli Stati Uniti è sempre più oggetto di dibattito, soprattutto nel ricordo della Guerra Civile. Un passato che una ricercatrice ha tentato di paragonare al fascismo per gli italiani. di Francesco Savalli

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el settembre-ottobre 2017 gli Stati Uniti d’America (USA) sono stati attraversati da dibattuti e discussi atti di vandalismo nei confronti di monumenti rappresentanti i generali sudisti della guerra civile del 1861-1865. Sono state annullate, inoltre, alcune celebrazioni, in primis il Columbus Day, la tradizionale festa per Cristoforo Colombo e la “scoperta dell’America”. Questi episodi sono stati analizzati congiuntamente e descritti come sintomi di una crisi d’identità che sta attraversando Foto sopra. Statua di Cristoforo Colombo a Columbus, Ohio; Fonte: Flikr gli USA – e non solo, perché si sono riscontrate situazioni tà deriva dal greco, dall’unione ricordare la storia dell’italiano simili in altri paesi – e che sta di “entità” - nel senso di “qual- comune negli ultimi due secoli preoccupando non poco l’e- cosa che è” - e dal prefisso id-, è cambiato dal Romanticismo stablishment: questa ostilità la parte più interessante di que- al Risorgimento, dal fascismo verso una tradizione di pensiero sta analisi. Quest’ultimo è, in alla repubblica, dal pluralismo comune sta causando profonde effetti, una delle tante radici interno pre-1861 al nazionalidivisioni all’interno della so- del verbo orao e indica l’“aver smo fino all’internazionalismo. cietà statunitenvisto” qualcosa, Gli USA come potevano ricose, soprattutto nel senso di “sa- noscere il pluralismo nel loro sui valori di cui “ Gli statunitensi pere” qualcosa. isolazionismo perenne e nella una nazione si fa Identità, quindi, loro volontà di mantenerlo tale odiano essere portatrice. è affermare che – si pensi alla Dottrina Monroe, identificati Alcuni studiosi io vedo qualcosa “l’America agli americani”? con i generali sono andati olin me e che altri Questa comparazione sottolitre: una professudisti, perché vedono qualcosa nea come l’equazione cultura = soressa di storia me. stato sia fantasia in Italia, quanli considerano inQuesto e studi italiani duali- to realtà per gli USA. Tuttavia degli schiavisti e smo di prospet- queste “insurrezioni” di oggi alla New York University, Ruth hanno paura di tive comporta potrebbero mostrare che anche Ben-Ghiat, ha pochi pro- lì qualcosa stia cambiando. Si essere ritenuti non dedicato ai soldati sudisti scritto un artiblemi a livello pensi anche agli scandali spor- Monumento all’Arlington National Cemtery ad tali; gli italiani interpretativo, tivi: il quarterback Colin Kaecolo sul quotiArlington, Virginia; Fonte: Flikr diano The New concettuale e, pernick si inginocchia all’inno non temono Yorker in cui si un’identificazione di conseguenza, nazionale e alcuni gridano allo poraneo, ma attraversa periodi chiedeva perché storico, concre- scandalo, ma molti sostengono culture nettamente differenti con il fascismo to: gli statuni- il giocatore afroamericano per- ee offre i monumenti fauna varietà di situazioni scisti in Italia perché sanno che tensi odiano es- ché nella loro memoria hanno e contesti certamente superiore non avessero c’è stato un prima sere identificati già ereditato questo tipo di con- a quella statunitense. subito un trattacon i generali testazione della tradizione: era- Dunque è giusto cancellare mento simile ai e un dopo ad esso” sudisti, perché no gli anni ’60 dei movimenti una celebrazione o devastare corrispondenti li considerano di Malcolm X e Martin Luther un monumento in nome della presenti nel suo degli schiavisti King e allora nessun bianco pluralità di memorie storiche? paese. Fortemente criticata dal- e hanno paura di essere ritenu- condivideva davvero quei valo- Ai posteri l’ardua sentenza, la stampa italiana, la docente ti tali; gli italiani non temono ri perché non li aveva nel pro- diceva qualcuno. Tuttavia, proha ribadito quanto il problema un’identificazione con il fasci- prio DNA, ma oggi sì. prio in nome della pluralità di fosse la “natura storica, non smo perché sanno che c’è stato La memoria è davvero impor- pensiero ereditata, gli italiani estetica, della memoria del fa- un prima e un dopo ad esso. tante: si pensi a ciò che diceva hanno forse più esperienza in scismo”. La differenza tra queste due Jorge Luis Borges dell’epos materia degli statunitensi e forQuesta dichiarazione eviden- prospettive è in parte determi- statunitense, ovvero che trat- se, come il sottoscritto, potrebzia il parallelo che gli statuni- nata dalla durata della storia ta necessariamente di eventi e bero consigliare un cambio di tensi cercano tra la propria sto- dei due paesi, ma soprattutto fatti recenti, se non contempo- domanda: è utile cancellare la ria e quella italiana, tuttavia è dalla presenza o meno della ranei. L’epica italiana, invece, memoria in nome della pluralinecessaria una considerazione pluralità di memorie storiche ha una tradizione millenaria e tà di memoria? Al ricordo cosa chiarificatrice: la parola identi- nello stesso stato: il modo di giunge fino al mondo contem- serve cercare l’oblio? ◊


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Autunno 2017

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Musulmani in Europa: dimmi quanti anni hai e ti dirò come la vivi È stereotipo diffuso quello per cui un paese a maggioranza musulmana sia immune da “crisi identitarie”

di Ilenia Bertacche

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l rapporto con la propria identità è complicato per i musulmani che hanno invece deciso di vivere, ad esempio, in Europa, continente che si mostra oggi ostile tra rinascita dei nazionalismi e il radicarsi di tendenze xenofobe. Il cittadino europeo medio, alla luce dei recenti attentati di matrice islamica, è spinto in una direzione contraria a quella dell’integrazione; teme che la propria cultura venga snaturata da un condizionamento, come se il rapporto tra occidente e oriente si sia fermato alle guerre tra i difensori del cristianesimo e i Mori al tempo di Carlo Foto. Titolo: Can we talk?, Loris Rizzi; Fonte: Flikr Magno. Come se Vienna fosse ancora minacciata da una con- processo di integrazione. Tra in Italia non è “meno musulquista ottomana. È condizio- questi, vi sono alcuni che an- mano” di un ragazzo che vive nato dalla paura. Ma la paura cora oggi sono fortemente le- in Arabia Saudita. nasce dall’ignoranza, dal non gati al paese di provenienza, La religione va così oltre i conoscere qualcosa. e percepiscono questo legame confini, si carica di aspetti L’Islam si è definitivamente come elemento fondamentale transnazionali: una donna che trasferito a ovest e non persesu cui basare la indossa il velo, che sia francegue alcuno scopropria iden- se, indiana, egiziana o marocpo politico. Non “ la religione non tità culturale. china non importa: è musulne ha motivo: si Sono legati a mana. Si tratta di una religione è qualcosa da è trasferito a ocpunto di che non è più fatta di vincoli, cui doversi far tal cidente perché non riuscire a territoriali o linguistici, ma cain esso ha visto schiacciare, ma un comprendere ratterizzata da marcatori reliun’opportunità. E tutto e per giosi che accomunano i fedeli, valore aggiunto in anche volendolo tutto la cultu- come ad esempio il velo per le da cui trarre perseguire, quera e valori del donne e la barba per gli uomisto scopo di con- benefici, che si sia paese ospitan- ni. È attraverso questi elementi quista, sarebbe te: parliamo di che acquistano consapevolezdifficile metterlo praticanti o meno” persone che in za della propria identità. Se in atto durante questi luoghi prima il fattore linguistico era l’era della globalizzazione: le hanno trovato un lavoro, vi si fondamentale, i musulmani di società si sono aperte al co- sono insediate, ma non si sono seconda e terza generazione smopolitismo. Come influisce integrate nel contesto. Quasi manco lo parlano bene l’araquesta tendenza cosmopolita una scelta volontaria, per non bo: non è la loro lingua madre, di oggi sull’ambito religioso? tradire la patria e non tradire sé anzi, gli viene loro insegnata Si può essere “cittadini del stessi. ex novo nelle moschee, con mondo” pur riconoscendosi in Diverso è il rapporto che han- appositi corsi o durante alcuni una religione che sembra es- no con l’Islam i Musulmani di incontri di catechismo. Alcuni sersi cristallizzata in precetti seconda e terza generazione: addirittura affermano di troche sono quelli di secoli fa e cioè ragazzi e ragazze nati nei varsi meglio nel leggere il Coche il mondo odierno non rico- paesi occidentali, il cui proces- rano nella lingua del loro paese nosce? L’identità del musul- so di integrazione nella società ospitante. mano, fuori dai suoi tradizio- è passato necessariamente at- Loro la vedono così: la relinali confini, è complicata da traverso la formazione scola- gione non è qualcosa da cui delineare perché muta il modo stica. Ius sanguinis, ius soli o doversi far schiacciare, ma un in cui egli si percepisce in base ius culturae non fa differenza: valore aggiunto da cui trarre alla propria generazione. sono cittadini di quegli stati, benefici, che si sia praticanti I musulmani della prima ge- ma la loro identità -parole di o meno. Cercano di coniugare nerazione, quelli che, partiti molti- è musulmana. Una delle l’esigenza di trascorrere una dal proprio paese di origine, dirette conseguenze della glo- vita il più “occidentale” posgiunsero in Europa tra i primi balizzazione, la “deterritoria- sibile, pur mantenendo fede ai anni ‘90 e gli anni 2000, tro- lizzazione”, tra cui quella della principi dell’Islam. Nessuno varono grosse difficoltà nel religione. Così, uno che vive ha detto che sia semplice qua-

Sopra. Popolazione musulmana in Europa; Fonte: PEW Research Centre

lora li si osservi ferreamente: dal divieto di consumare bevande alcoliche, al nubilato femminile, al Ramadan. Questo sentire lo spiega bene la quarta stagione della serie tv svedese “Skam”, la cui protagonista è una ragazza musulmana che cerca di integrarsi nel tessuto sociale, superando gli stereotipi che riguardano la sua fede. E nonostante sia un modus vivendi antitetico a quello cui noi siamo abituati, anche loro vogliono laurearsi, hanno gli stessi sogni di giovani della loro generazione. Sono musulmani però, e questo non deve essere un fattore di esclusione. Convertire gli infedeli non è il loro principale obiettivo, tanto meno perseguire gli obiettivi di una guerra santa. Lo dice anche il trapper Ghali, tunisino ma nato e cresciuto nella periferia milanese di Baggio, nella sua “Wily Wily”, Continua a pagina 5 >


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Numero 47

GRECIA di Sofia Papadopoulos

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al 2012 a questa parte, l’opinione pubblica internazionale è rimasta sbalordita nello scenario politico greco dal preoccupante avanzamento del partito di estrema destra Alba Dorata, etichettato addirittura come neo-nazista ed antisistema da numerosi quotidiani nazionali e stranieri. Come è possibile che un paese uscito dalla dittatura militare solo negli anni ‘70 sia già ricaduto in questo genere di esasperato conservatorismo? Qual è l’origine di tutto ciò? Finita l’esperienza della giunta dei colonnelli, non mancavano certo i nostalgici del totalitarismo nazionalista, ferocemente animati da un caotico miscuglio di orgoglio patriottico e disprezzo per il modello di democrazia pluralista occidentale; si trattava però di gruppi disorganizzati, dai programmi politici mal definiti. Nel giro di un decennio si coordinarono intorno a Nikòlaos Michaloliàkos, ambiguo personaggio dal passato controverso: inizialmente matematico presso l’esercito, successivamente allontanato dalle forze armate e bollato come “deviato” a causa di molteplici arresti per violenza e possedimento di materiale esplosivo illegale. Saranno proprio i numerosi soggiorni in carcere a illuminare politicamente Michaloliàkos; entrerà infatti in contatto con l’ambiente dell’estrema destra greca, in primis con lo stesso leader dei colonnelli, Giorgos Papadopoulos. Nel ‘93 egli fonderà la Lega Popolare – Alba Dorata, partito con chiari riferimenti all’ideologia fascista e nostalgico del modello dittatoriale militarista. Per più di un decennio, si candiderà alle elezioni con scarsissimi risultati, non riuscendo mai a superare la soglia di sbarramento e rimanendo relegato alle baruffe con anarchici e comunisti nelle periferie ateniesi. La grande svolta si avrà con l’avvento della crisi economica, che porterà Alba Dorata ad un successo clamoroso: nelle elezioni del 2012 registra una crescita vertiginosa, tanto da conquistare ben 21 seggi su 300 al parlamento ellenico, collezionando il 7% dei voti totali. Oltre al successo elettorale, Alba Dorata ha fatto molto parlare di sé a causa di una serie di pesanti controversie: nel 2013 alcuni membri si sono macchia-

Grecia: quale identità? Nella culla d’Europa, il successo dei partiti ultra-nazionalisti si scontra con i valori fondanti dell’UE.

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Foto 1. Manifestante greco sventola una bandiera con la scritta:“Pane, educazione e partecipazione alla vita politica con tutti i sacrifici necessari”. Foto di E.Vernier, Flickr Foto 2. Bandiera del partito Alba Dorata. Fonte: Wikimedia Commons

ti di omicidio, uccidendo a pu- battaglia contro il liberismo eugnalate il rapper ateniese Pavlos ropeo ed il modello economico Fyssas, apertamente anti-fa- globalizzato odierno, colpevoscista. Ciò ha portato a varie lizzando fortemente l’operato indagini da parte della polizia, dei precedenti governi, rei di causando nello stesso anno l’ar- aver mutilato la sovranità elleresto dello stesso Michaloliàkos nica, asservendo totalmente il e di un’altra cinquantina di per- paese alla “dittatura capitalista sone, con accusa occidentale”. di far parte di Nella disperazio“Cavalcando un’organizzane generale Alba zione criminal’onda della più Dorata si è posta le colpevole di come sostenitriomicidio, estor- becera xenofobia, ce e unica palaAlba Dorata ha dina dell’identità sione e violenza di matrice razziportato avanti ellenica: un posta ed omofoba. dal passato una campagna polo Nonostante ciò, glorioso, discennelle ultime ele- di aiuti materiali dente da valorosi zioni politiche guerrieri e astuti nelle zone del 2015 Alba ora tomaggiormente strateghi, Dorata ha contalmente piegato fermato il pro- colpite dall’ondata e asservito alla prio successo, “plutocrazia delmigratoria, collocandosi al banche e alla fornendo viveri lefinanza terzo posto fra i internae supporto ai partiti greci. zionale”. La precarietà A ciò si è ag“purosangue economica derigiunta l’ondata greci” vante dalla crisi migratoria che ha finanziaria unita visto centinaia di alle politiche di austerità della sbarchi sulle isole e coste egee, cosiddetta Troika hanno visto cogliendo totalmente impreparauna drammatica crescita della ta l’amministrazione greca, e che povertà, tagli disastrosi alla spe- ha permesso un’ulteriore crescisa pubblica e dilaniante disoc- ta di popolarità al partito. Cavalcupazione. Alba Dorata ha così cando perfettamente l’onda della ripreso ferocemente la propria paura del diverso e della più be-

cera xenofobia, Alba Dorata ha portato avanti una campagna di aiuti materiali nelle zone maggiormente colpite dal fenomeno, fornendo viveri e generale supporto ai “purosangue greci”, degni difensori della cultura ellenica minacciata dalla comparsa dello straniero. Così facendo è riuscito a racimolare consenso soprattutto nelle periferie delle grandi città e nelle zone portuali, più colpite dalla miseria e dagli arrivi dei migranti. Risulterebbe banale e riduttivo classificare il fenomeno greco come mero caso di euroscetticismo e populismo di destra, oggigiorno tanto popolare nel vecchio continente quanto oltreoceano: l’unicità di Alba Dorata risiede nel suo totale disprezzo per l’ordine costituito, nel dichiarato desiderio di ritorno alla forma di governo autoritaria e alla manifesta noncuranza verso i più basilari diritti umani. Il successo del partito ultra-nazionalista greco consiste in un’incredibile sconfitta per l’identità europea, nata dalle ceneri del secondo conflitto mondiale da ideali antifascisti e pacifisti, nella tutela della democrazia rappresentativa, nel rispetto delle minoranze e delle costituzioni repubblicane, Continua a pagina seguente >


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IDENTITÀ REGIONALE < Continua da pagina 3

dove canta in italiano, francese e arabo. La musica come trait d’union tra tre mondi diversi: “sisi, credo in Dio/ tu pensi che l’Islam sia l’ISIS”, “Salam alykom salam alykom/ son venuto in pace/ questa guerra, questa merda/ giuro, Wallah, fra non mi piace. Smettiamola di “fare di tutta l’erba un fascio” e ritenere che l’identità del musulmano oggi sia inscindibilmente collegata a quella dei terroristi di Bruxelles o di Parigi. Il 7 ottobre, ad esempio, migliaia di fedeli hanno manifestato a Londra contro l’ISIS. Sugli striscioni era scritto “ISIS = enemies of Allah and humanity”, circa uno stato islamico che è contrario alle regole del suo proprio credo e contro il suo stesso Dio. Putin ha detto, all’inaugurazione -nella capitale russa- della più grande moschea d’Europa: “L’ IS è una perversione dell’Islam”. Interessante osservazione per un leader di un paese che, nel 2050, dovrebbe vedere la percentuale di cittadini musulmani arrivare al 16,8% (http:// www.globalreligiousfutures. org). ◊ < Continua da pagina precedente

nonché della cooperazione internazionale. Non si tratta dunque di semplice e deciso conservatorismo, ma di una retrograda e allarmante spinta verso ideali da primo dopoguerra. Ciò che risulta realmente paradossale è che tali ideali attecchiscano proprio nel luogo che ha visto la nascita del concetto di democrazia occidentale, culla della civiltà e sensibilità che tutti noi oggi definiremmo come tipicamente europee. In molti ipotizzano (e sperano) che la ripresa economica greca coincida anche con il definitivo affossamento di Alba Dorata. Il caso ellenico rappresenta un campanello d’allarme, una palese manifestazione della necessità di un maggior coinvolgimento da parte delle istituzioni comunitarie nelle tematiche dei diritti sociali, attraverso mirate politiche d’integrazione verso quello strato di popolazione più vulnerabile e più colpito dalla crisi. Sembra questa l’ unica strada oggi da percorrere per evitare che le derive ultranazionaliste distruggano il progetto di un’identità collettiva europea.◊

Uno Stato, venti (e più) identità regionali L’eccessiva regionalizzazione è spesso vista come un carattere negativo; è così anche in Italia? 1

di Timothy Dissegna

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n celebre motto popolare recita “Italia, Paese dei mille campanili” e non è difficile capirne il motivo: non esiste borgo, infatti, che non possegga almeno una propria torre campanaria, con chiesetta annessa, anche se si trova nel luogo più sperduto che si possa immaginare. C’è però un ulteriore significato in quella frase, che guarda più a fondo nelle identità popolare che compongono la nostra Penisola: ogni borgo ha il proprio campanile che sarà sicuramente più bello e più alto di quello del paese accanto, almeno secondo i suoi abitanti. Attorno a queste costruzioni si sono formati i villaggi e poi le città dal Medioevo fino al secolo scorso, dando il via a ciò che oggi chiamiamo “campanilismo”. Le mille identità italiane sono nate così, per poi allargarsi a territori più ampi, che fossero signorie, ducati, marche o piccoli regni. Al loro interno, però, rimanevano comunque delle differenze tra le singole comunità: microscopiche agli occhi di governava dall’alto o arrivava da fuori per invadere, gigantesche per chi invece viveva lì e si sentiva profondamente diverso da chi fosse nato ad appena pochi chilometri di distanza. Nemmeno la “piemontesizzazione”, come fu chiamato il processo di unificazione nazionale dal 1861 in poi da chi subì letteralmente l’annessione al regno sabaudo, riuscì a sradicare questa moltitudine di concezione delle diverse comunità locali, anzi: fino alla Grande Guerra, infatti, era perfino difficile dire che da Milano a Palermo si parlasse un’unica lingua. Poi arrivò il regime fascista, che accentuò ulteriormente l’accentramento di ogni potere verso lo Stato, lasciando alle diverse province dei compiti meramente burocratici. Così, quando la fine della guerra segnò la definitiva caduta di Mussolini e l’eterogenea Assemblea Costituente si ritrovò il compito di rivedere la forma statuale, decise di redistribuire i poteri dal

Foto 1. Manifestazione di indipendentisti veneti, marzo 2017. Pagina facebook: “Liberi: dalla parte dei popoli”. // Foto 2 (pag. seguente). Le bandiere delle 20 regioni italiane.

“Il sentimento regionale è ancora ben radicato in moltissimi italiani, come ha dimostrato il recente referendum per l’Autonomia di Veneto e Lombardia” centro alla periferia, seguendo altre esperienze storiche precedenti; in particolare quella della Spagna pre-guerra civile, da cui si ispirò per la divisione in regioni. Che criteri bisognava però seguire? La discussione fu accesa tra gli statisti impegnati nella stesura della Costituzione, soprattutto tra chi pensava alla creazione di semplici soggetti giuridici e tra chi, invece, voleva includervi nei confini delle regioni le diversità identità culturali presenti. “La scelta regionalista dell’Assemblea costituente - si legge nel lungo saggio “L’UNESCO, l’Europa e la definizione delle identità regionali” (2015) di Melania Nucifora - non fu solo reazione al centralismo fascista. Vi incisero le rivendicazioni delle regioni ‘speciali’, ma essa discese anche dall’articolazione territoriale che i partiti e il Comitato di liberazione nazionale (CLN) avevano avuto nei giorni della Liberazione”. Le divisioni erano poi dettate anche dal co-

lore politico, tant’è che “furono i comunisti - continua Nucifora - a contestare la regionalizzazione con l’argomento della coesione nazionale e della solidarietà Nord-Sud, ma dopo le elezioni del 1948, in un clima di escalation della guerra fredda, fu il presidente Alcide De Gasperi (1881-1954) ad adottare una strategia di gradualità”. Passò comunque diverso tempo prima che queste nuove istituzioni prendessero veramente vita, nonostante persistesse la contrarietà di Confindustria e la perplessità di una parte della Democrazia Cristiana. Non c’è bisogno di dire che i confini politici tracciati non corrisposero sempre quelli culturali, anzi ci furono casi di regioni “inventate”: una fu la stessa Friuli Venezia Giulia, dove il Friuli storico - legato ai fasti del Patriarcato di Aquileia - fu unito alla Venezia Giulia, ossia ciò che rimaneva al nostro Paese dei territori annessi dopo la Prima Guerra Mondiale, dopo la firma del Trattato di Osimo (1975) che consegnava definitivamente Istria e Dalmazia all’allora Jugoslavia e Trieste all’Italia. In quella nuova cartina del Belpaese scompariva così la Lucania, divisa tra Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, mentre nemmeno la Ciociaria trovava una propria definizione, spartita tra Lazio e Campania. Sono solo alcuni esempi di una frammentazione che persiste ancora oggi, sotto quel sentimento identitario già citato del regionalismo che Continua a pagina seguente >


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< Continua da pagina precedente

sembrava assopito fino a qualche anno fa. In realtà si tratta di una lettura poco attenta, che non tiene conto del movimento popolare attorno a quelle leghe diffusesi nel Nord-est tra gli anni ‘80 e ‘90, incanalate poi nella Lega Nord che fu l’emblema delle rivendicazioni locali, soprattutto con il suo leader Umberto Bossi. Ma ancora prima erano nati i movimenti indipendentisti siciliani e sardi, che attirarono l’attenzione dei gran-

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IDENTITÀ VIRTUALE

Internet e la crisi d’indentità

La sfida di capire chi siamo e chi sono gli altri di Francesco Santin

Ogni essere umano ha centinaia di persone separate che vivono sottopelle”. Questa frase, enunciata dal regista Mel Brooks, appare banale e letta plurimi volte in minestre diverse, ma se collocata in un contesto differente rispetto ad una semplice chiacchierata condita con un whiskey, diviene pungente. Dal punto di vista letterario Pirandello ha già rappresentato egregiamente questo fenomeno nel romanzo “Uno, nessuno, centomila”; nella storia della filosofia è stato studiato sotto molteplici punti di vista; ma, arrivando più vicino al nostro tempo, cosa accadrebbe se anche solo una minima parte di quelle diverse identità venisse manifestata nel tetro luogo a tutti noi noto che è Internet? Il mondo del web ha già palesato la pericolosità di questo fatto e, nel tempo, è nata l’identità digitale, situatasi accanto a quella personale. La seconda è quella dalla natura più psicologica: è la proiezione sociale del nostro individuo, una caratteristica fondamentale ed autodeterminata, un nostro valore da proteggere. La prima, invece, può essere a sua volta suddivisa in tre tipologie di identità: quella progettata, ossia quella prodotta dallo stesso individuo per ragioni o scopi differenti, quella imposta, composta da dati necessariamente veritieri per conto di agenzie governative o società (per esempio, lo SPID attivo in Italia da marzo 2017), e quella ibrida, ovvero ciò che noi produciamo e “manteniamo Continua a pagina seguente >

di partiti nazionali: basti pensare al celebre slogan di Salvo Lima, ex Sindaco di Palermo democristiano, per cui “la Sicilia ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno della Sicilia”. Il sentimento regionale è ancora ben radicato in moltissimi italiani, come ha dimostrato il recente referendum per l’Autonomia di Veneto e Lombardia. La domanda fatta da tanti commentatori stranieri è se nel nostro Paese ci sono i segnali per una spaccatura analoga a

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quella tra Madrid e Barcellona: appare un estremismo forzato, dato che perfino quando c’era un partito dichiaratemente secessionista - la Lega Nord - non ci sono mai stati reali tentativi di richieste d’indipendenza. Il forte senso di appartenza a una data area geografica all’interno dello Stivale, vuoi per motivi linguistici (ad es. in FVG o Sardegna) o storici (lo stesso Veneto), non sostituisce ma anzi forma ciò che si chiama “identità italiana”. ◊

SIAMO QUELLO CHE DICIAMO

Disuguaglianze di genere sulla punta della lingua Come una società prevalentemente androcentrica ha codificato in chiave maschile moltissime parole di uso comune soltanto al maschile è la Presidentessa della Camera dei Dee lingue – è inevitabile – putati Laura Boldrini. Più volte sono legate a doppio filo sbeffeggiata per le sue dichiaraalla storia e alle tradizioni zioni in merito, l’ex-esponente della cultura che le accompa- di SEL non si è mai esentata dal gnano. È un pensiero piuttosto sottolineare come alcune prascontato ma che, in questa con- tiche nella nostra lingua rivelitemporaneità che tanto velo- no un certo sessismo o, quanto cemente ha gettato alle ortiche meno, una visione datata del tutto ciò che per secoli si era vo- ruolo femminile della società. È luto dare per naturale, assume il caso, ad esempio, delle giornuove implicazioni. Una di que- naliste inviate in America per ste è legata ad una problematica la scorsa campagna presidenche, fintanto che le donne sono ziale e indicate nei sottopancia state relegate a quei tre o quat- dei telegiornali come “il nostro corrispondente a tro ruoli spesso Washington”, o riconducibili alla “Sebbene la di come Boldrini sfera domestica (e non si sognaCrusca abbia da stessa sia più volstata chiamavano neanche di anni affermato teta “il Presidente andare alle urne, la correttezza della Camera” figuriamoci candidarsi a qualgrammaticale di piuttosto che “la o, alche posizione di “nuove” parole Presidente” trimenti, “la Prepotere) non era come “ministra”, sidentessa”. mai stata solleLa polemica al vata. Parliamo di “assessora” o riguardo è giunta come – soprat“sindaca”, il fino all’Accadetutto nelle nostre fatto che molti si mia della Crulingue romanze che tanto devo- rifiutino ancora di sca, la più prestigiosa istituzione no al latino – gli utilizzarle” nel nostro Paese idiomi tendano a raccogliere spesso ad affibbiare arbitrariamente un gene- esperti di linguistica e filologia. re ad oggetti, concetti, ruoli, Già nel 2013 sul sito ufficiapersone. E di come il nuovo le Cecilia Robustelli scriveva femminismo dei nostri decenni, di come la problematica della con l’importanza cruciale data rappresentazione delle donne all’identità di genere e alla parità attraverso il linguaggio costitunella sfera pubblica, cerchi di ri- isse ormai da anni una problescrivere (letteralmente) le regole matica a cui la politica – oltre che la comunità internazionale del gioco. Grande pioniera dell’evoluzione dei linguisti – faticasse a trovare dell’italiano verso regole e pa- una soluzione e fosse osteggiarole meno inutilmente declinate ta sia tra le file della comunidi Viola Serena Stefanello

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Foto. La Presidentessa della Camera dei Deputati Laura Boldrini. Fonte: Wikimedia Commons.

cazione istituzionale che tra la gente comune: “Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale“. Così, sebbene la Crusca abbia da anni affermato la correttezza grammaticale di “nuove” parole come “ministra”, “assessora” o “sindaca”, il fatto che molti si rifiutino ancora di utilizzarle – spesso con la scusa che “suonino male” o “siano delle brutte parole” – tradisce inesorabilmente una tendenza culturale a mal accettare una realtà meno androcentrica di un tempo.Da oltre le Alpi, però, proviene Continua a pagina seguente >


Sconfinare - Identità

Autunno 2017 < Continua da pagina precedente

un’iniziativa ben più radicale del semplice declinare i mestieri al femminile. Si chiama “écriture inclusive” ed è appena stata applicata per la prima volta in un nuovo libro di grammatica francese pubblicata da Editions Hatier. La casa editrice l’ha annunciato su Twitter scrivendo “siamo fierissim.i.e di aver pubblicato il primo manuale scolastico con la scrittura inclusiva!”. Ma di che cosa si tratta? Questa proposta, appoggiata dal Ministero dell’Uguaglianza di Genere di Macron e da settimane al centro dei dibattiti nel Paese, si basa su tre semplici regole. Prima regola: il genere dei nomi di funzioni, gradi, mestieri e titoli si declina al femminile, se si tratta di una donna. Un presidente donna è una presidentessa. Un professore donna è una professoressa – anche se in francese, teoricamente, è ancora in uso soltanto il nome maschile professeur. Seconda regola: il plurale va scomposto, mettendo fine a quella consuetudine per la quale “il maschile ha la meglio sul femminile” quando si parla di gruppi di persone di diversi generi. Con l’écriture inclusive, un gruppo misto di ministri non si dirà più “i ministri” ma “i ministr.e.i”. Terza regola: dalla parola Uomo

va rimosso il maiuscolo di prestigio che fino ad ora ha rappresentato sia uomini che donne. “I diritti dell’Uomo” diventano semplicemente “i diritti umani”. La gerarchia tra i generi va appianata. Inutile dirlo: l’Academie Française – cugina di primo grado della nostra Crusca – non l’ha presa con particolare nonchalance, anzi. L’écriture inclusive avrebbe infatti, a loro avviso, il potenziale per trasformare il francese in una lingua di grugniti, mettendola dunque “in pericolo mortale”. Poco importa che la regola della superiorità del maschile sia stata inserita ufficialmente nella loro grammatica nel XVII secolo secondo il principio per cui “Poiché il genere maschile è il più nobile, esso prevale da solo contro due o più femminili”, dunque? Non esattamente, perché centinaia di insegnanti ed intellettuali hanno già annunciato che cominceranno a cercare di scardinare questa disparità linguistica, perché “la ripetizione di questa formula ai bambini e alle bambine, in quegli stessi luoghi in cui si impara e che sono il simbolo dell’emancipazione attraverso la conoscenza, induce rappresentazioni mentali che portano le donne e gli uomini ad accettare il dominio di un sesso sull’altro”.

Nei paesi anglosassoni, che hanno ben meno problemi per quanto riguarda la distinzione tra i generi, dato che il concetto di “maschile e femminile” è estraneo alla grammatica inglese, il dilemma è un altro ed è più legato alla sensibilità nei confronti di chi non si riconosce in alcuno dei due generi tradizionali. Da qui scaturiscono iniziative come quella di un professore della San Diego State University che chiede di evitare pronomi legati al genere in favore di scelte più neutrali come “they” o “humankind” al posto di “mankind”. O quella di una società di trasporti di New York che ha smesso di chiamare i propri utenti “ladies and gentlemen” in favore di “passengers” o “riders”. C’è chi urla alla tirannia del gender e chi si domanda perché nessuno pensi all’innocenza dei bambini, ma una cosa è certa: certe trasformazioni fanno parte del percorso naturale della vita di una lingua. Perché, come diceva Ezra Pound – che prima di essere colui che presta il nome ad un noto gruppo politico di estrema destra nostrano è stato un grande scrittore statunitense – “La lingua esiste per servire il pensiero, non per esser conservata in un museo”. ◊

POST-COSTRUCTIVIST IDENTITY

Images. Source: Johnhain, pixabay

Do you choose your identity, or is it chosen for you? A systemic-constructivist approach to discover what the identity really is

Sergio Boria, Italian doctor, psychiatrist and psychotherahat is identity? Ac- pist, in his work ‘Il ricordo incording to the Oxford ventato che noi siamo’ (2012) Dictionary, identity clearly states that “Identity is “the fact of being who or and memory are two interdewhat a person or a thing is”. pendent and highly complex This definition, however, gi- processes, and they are the reves no hint of how identity is sult of a parallel interaction of acquired or built, and this is- sub-processes. Therefore, an sue has been much debated autobiographical memory […] in the scientific community, can be considered as the result particularly in the psycholo- […] of a series of neurobiological and philosophical fields. gical processes combined with by Valentina Montesel

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socio-relational processes. It can also be assumed that the perception of the experiencing self emerges from the constant interaction-integration process of the experiences, both past and present, that played distinct roles in different contexts of life (e.g. family, work, etc.).” Dr Boria adheres to the systemic-constructivist approach, which explores the peculiar relationship between the Continued on the next page >

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in vita” nei social network come Facebook ed Instagram. Gradualmente si giunge così a quest’ultima essenza dell’identità che, in fondo, è come un secondo “Io” nostro specchio o, altrimenti, reso come a noi va più a genio. Ed è qui che giace silenzioso il vero danno, recato sia a coloro che vedono quella identità che a noi artefici di essa: mutano i principi d’identità e di non contraddizione kantiani, i quali diventano reciprocamente “A può essere A” e “A può non essere A” secondo il libero arbitrio, un’arma a doppio taglio che si fa più pericolosa di quanto non sia già. In casi estremi ed imputabili a psicolabilità o disturbi mentali, potrebbe inoltre nascere il rischio di non saper più trovare risposta al quesito basilare “Chi sei?” e, ricordando una frase tratta dal Monte Analogo di Renè Daumal, ogni parola pronunciata sul nostro conto perderebbe la propria vita. L’esistenza di false identità ibride (fake), in particolar modo sui social, è oramai una delle maggiori minacce online a prescindere dal loro utilizzo: si va dai casi in cui sono semplicemente dei ragazzini desiderosi di apparire più grandi o degli adolescenti dalla bassa autostima, ai casi in cui sono dei criminali intenti a commettere reati di varia natura come, per citarne uno, il delitto Rosboch del 2016. Il web, in questo modo, rappresenta eccellentemente i lati negativi del diritto alla privacy e dell’anonimato. L’uso delle maschere pirandelliane diviene l’emblema di crimini e paure, manifestati da noi attori/ utenti sul palcoscenico della rete, dove ogni singola identità digitale diviene nello stesso istante ciò che essa vuole essere e ciò che gli altri vedono di essa. A questo punto sorge naturale un dubbio: i fake sono un pericolo a tutti gli effetti e in tutti i casi? Se sì, per debellarlo si sarebbe disposti a far controllare le identità digitali mediante sistemi di autenticazione verificati da un organo terzo, pur di sentirci al sicuro? O preferiamo noi tutti educarci appropriamente affinché le false identità non ci traggano in inganno, tenendo lo stesso passo del progresso nell’ambito? Probabilmente è semplicemente necessaria quest’ultima scelta, mantenendo sotto controllo noi stessi e il prossimo, i modi di relazionarci online con altri individui e ciò che noi diffondiamo in rete. Del resto, a volte le maschere sono delle innocue bugie che fanno comodo. Basta solo distinguere i casi limite. ◊


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observer and the observed object, underlining the non-neutral entanglement of the two. In this approach, identity can be defined as the outcome, in flux, of the combined descriptive activity made by the members of a group provided with the same epistemological frame. Dr Boria himself explains that “The sense of identity […] is the result of the complex and dynamical integration of the experiences lived in multiple contexts, in which the familiar one is of great importance, especially in the first years of the individual.” The French-Lebanese writer and journalist Amin Maaluf agrees with Dr. Boria’s considerations, and adds his personal point of view: “Identity is not a juxtaposition of autonomous belongings, it’s not a ‘patchwork’ […]. Identity is not given once and for all, but it’s built and transformed during the whole existence” (‘L’identité’, 1999). He assumes that identity is the result of a homogeneous integration of different life contexts, and for this “it is evident the importance that every one of them [the contexts] is coherent and stable, to ease the process of integration.” In the interim, it is true that nowadays the western world is experiencing an increasing insecurity and casualisation of the social structure, due to the expanding impermanence of the social institutions as family itself, of the relationships between the citizen and the nation-state, of work relationships, and so on. Hence, if identity is a social construction, then its ground has never been more fragile and changing than today, causing a condition of deep emotional suffering: “since identity loses its social anchorage that makes it appear ‘natural’, predetermined and non-negotiable, the ‘identification’ becomes more and more important for those individuals that are desperately struggling to find a ‘we’ to be part of.” (Z. Baumann, ‘Identity: Conversations with Benedetto Vecchi’, 2004). In conclusion, it is evidently incorrect to affirm that identity is heteronomous to the individual, because, since identity consists of neurobiological and socio-relational processes and life contexts, by choosing the background in which you decide to live in, your identity will be undoubtedly modified. ◊

Numero 47

IDENTITÀ POST-SOVIETICA

La Russia

e l’identità post-comunista Restaurazione della memoria e delle eredità del passato sovietico di Michele Aristarco

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are i conti con il proprio passato è sempre difficile. Per la Russia la gestione del comunismo e della sua eredità storica ha comportato, negli ultimi venti anni, un grande sforzo al fine di superare i più di settant’anni di comunismo. Tendiamo a considerare il crollo del muro a Berlino come un episodio periodizzante, che ha posto fine alla Guerra Fredda, condotto alla riunificazione della Germania e alla caduta dei regimi comunisti nell’Est Europa; un momento storico e positivo agli occhi di noi europei, perché significava cambiamento, la fine delle tensioni, dei blocchi e della minaccia nucleare. La Russia invece si ritrovò in una situazione completamente opposta, vedendo crollare un impero fondato su un ideale collettivo che abbatteva i muri dei semplici confini geografici e che aveva riunito più popoli sotto una bandiera rossa e la “falce e martello”. La Russia, dopo il 1991 e lo scioglimento definitivo dell’Unione Sovietica, divenne una nazione; fu messa di fronte al fallimento del socialismo e dovette accettare l’inizia di una nuova era, ricca di dubbi e incertezze. Il passaggio all’economia di mercato e la difficile costruzione di un regime democratico coincisero con la presidenza di Boris Eltsin e degli oligarchi che seppero sfruttare il momento di generale confusione per impossessarsi delle ricche risorse energetiche del paese. Gli anni ’90 per i russi furono un decennio di grandi difficoltà, dalle due guerre cecene, alla crisi finanziaria e l’iperinflazione, l’orgoglio di un popolo fiero e audace sembrava essere calpestato dalla mala gestione politica del paese e da un generale salto nel vuoto dopo il passaggio al capitalismo. In molti rimpiangevano il recente passato fatto di patriottismo, glorie sportive, di pacifiche convivenze tra etnie e popoli diversi riuniti in un unico stato, gli ideali di uguaglianza e la certezza

Foto. SLeningr†d. Fonte: Wikimedia Commons.

di avere poco, ma di poterlo avere. In un colpo solo, tutto questo sembrò sparire. Non vi era più nulla se non un nuovo regime che aveva concesso il diritto di voto, ma aveva anche gettato il paese nel caos e perso la propria bussola. L’elezione di Vladimir Putin nel 2000 segnò una netta inversione di rotta: il nuovo capo del Cremlino promulgò importanti riforme interne al fine di modernizzare un paese profondamente arretrato, dichiarò guerra agli oligarchi, restituendo allo stato russo la proprietà delle risorse naturali; si impose nella guerra in Cecenia e rilanciò la Russia come protagonista nell’arena internazionale, restituendone la centralità e il peso politico che possedeva ai tempi dell’URSS. Nel corso dei suoi mandati presidenziali, Putin ha ricostruito l’identità di un paese e di un popolo che pareva essersi smarrito, un paese che sembrava aver dimenticato il passato mitico e le grandi vittorie, un paese che aveva perso il proprio orgoglio. Incredibilmente, la Russia di oggi è un paese fiero delle proprie tradizioni e del proprio passato, e non manca di celebrare le proprie feste nazionali, su tutte il 9 maggio, giornata della vittoria sul nazifascismo durante quella che ancora è chiamata la “Grande Guerra Patriottica”, festa in cui i ve-

terani presenziano davanti alle giovani truppe sulla Piazza Rossa a Mosca; il 4 novembre invece, istituita nel 2005 rimarca l’anniversario dell’Unità nazionale della Russia, quando nel 1612 polacchi e lituani vennero cacciati da Mosca e ha rimpiazzato il 7 novembre, anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Quest’anno, il centenario dell’anniversario è stato festeggiato unicamente dal partito comunista. Putin ha dichiarato che non vi è motivo di celebrare, poiché la storia non permette interpretazioni univoche e tale evento storico ebbe conseguenze sia positive che negative. La selezione delle celebrazioni permette dunque a Putin di sbarazzarsi dell’ingombrante passato di Lenin e Stalin e dei crimini del comunismo, prendendone esclusivamente le gloriose vittorie, impedendone la resurrezione. Da poco è stato inaugurato un monumento nel centro di Mosca dedicato a tutte le vittime del comunismo, ulteriore segno a riprova del fatto che Putin voglia mettere una croce sul passato del secolo scorso e guardare avanti. A lui è attribuita questa frase: “Il collasso dell’Unione Sovietica è stata la più grande tragedia del XX secolo. Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore”.◊


Autunno 2017

Sconfinare - Identità

IDENTITÀ POST-JUGOSLAVA di Natalie Sclippa

I

Ex Jugoslavia: quando l’identità nazionale si disgrega

l riconoscimento di un individuo come membro costitutivo di una comunità è fondamentale nel suo processo di crescita. L’essere parte di un collettività che condivide le stesse tradizioni, la stessa storia, le medesime usanze e una religione comune, permetCome e perché il cosmopolitismo te di identificarsi con un certo gruppo etnico o nazionale. balcanico lasciò tragicamente il posto alle Ma se gli Stati nazionali occirivendicazioni etniche dentali potevano essere considerati relativamente omogenei, ciò non si può affermare per gio 1987 e il Memorandum anni dalla battaglia di Kosovo quando riguarda la Jugoslavia dell’Accademia delle Arti e Polje, dove nel 1389 fu impridi Tito: un crogiolo di etnie delle Scienze di Belgrado. gionato e ucciso Lazar Hreche condividevano uno spazio Ogni anno, anche dopo la beljanović, nobile serbo venecomune, attraverso il ricono- morte di Tito, la popolazione rato dalla Chiesa Ortodossa. scimento di identità multiple. jugoslava si riuniva per festeg- La Storia, quindi, diventò lo I rapporti paritari tra gli Stati giare l’unità il 25 maggio. Nel strumento principe delle rivendella Federazione cominciaro- 1987, però, durante una coreo- dicazioni nazionali tanto da no a venir meno con l’acuir- grafia che avrebbe dovuto sim- accelerare il processo di isosi della crisi economica degli boleggiare la coesione sociale lamento delle minoranze. Su anni Settanta e con la morte di tra i vari Paesi, ogni popolo co- quest’onda, ad esempio, crebbe Tito avvenuta nel 1980: la mi- minciò a ballare al ritmo della il nazionalismo croato attranaccia del nemico esterno si propria musica nazionale. Gli verso l’azione politica di Tuspostò all’interno, contribuen- speakers che seguivano l’e- djman, che riuscì a designare do a ravvivare sentimenti na- vento, attoniti, esclamarono: i croati come vere vittime delzionalistici e pregiudizi verso “Sembriamo divisi. Sembra la Seconda Guerra Mondiale, le altre etnie coun avvertimen- riconoscendo gli Ustascia sostituenti. La difto. Per fortuna lamente come anti-comunisti. “Decisiva nel ferenza tra noi e si tratta di canti Non solo: i serbi di Croazia processo di loro cominciò a e di danze”. In non furono più considerati diventare vero disgregazione fu realtà, l’evento, popolo costitutivo del Paese. e proprio odio seguito in diretta Decisiva nel processo di diverso una razza l’azione dei mass televisiva, met- sgregazione fu l’azione dei media, utilizzati teva in luce la mass media, utilizzati su larga intrinsecamente diversa e aliena su larga scala per frammentazione scala per fomentare l’odio verdalla propria, politica e so il nemico e per riconoscersi fomentare l’odio etnica, alimentando un religiosa, che si in Nazione unitaria: sempre verso il nemico e sarebbe palesa- più numerose furono le travittimismo nazionalista che per riconoscersi in ta in tutta la sua smissioni in lingua nazionasarebbe sfociagravità non mol- le che riportarono alla luce i to in violenza. Nazione unitaria” to tempo dopo. massacri e le ingiustizie subiPer capire le Se la festa na- te dal proprio popolo da parte motivazioni di questo proces- zionale metteva in luce at- degli altri Stati che componeso di disgregazione dell’uni- traverso il folklore questa vano la Federazione. Non solo tà identitaria jugoslava è ne- separazione drammatica, il in questa fase preparatoria ma cessario ripercorrere le fasi Memorandum dell’Accade- anche durante la guerra, la di preparazione chimica del mia delle Arti e delle Scienze televisione fu un mezzo imconflitto, che si struttura in di Belgrado fu uno dei perni portantissimo con il quale arsei momenti, delle quali il re- su cui fece leva Slobodan Mi- rivare nelle case e lanciare dei visionismo storico di matrice lošević per installare un senti- messaggi. Tristemente celebre nazionalista è uno dei cardi- mento vittimistico e ridestare è il discorso a Srebrenica, nel ni. Infatti, si possono porre “l’animo del popolo serbo”: luglio 1995, quando Mladić in attenzione due circostanze, importanti furono la campagna e le truppe serbe, dopo aver precedenti alla guerra, che mediatica per far riaffiorare rassicurato la popolazione damettono in luce il cambiamen- i crimini di guerra perpetrati vanti alle telecamere, perpeto sostanziale della visione dagli Ustascia (croati) alla po- trarono un vero e proprio masinterna nello Stato federale: polazione serba tra il 1941 e il sacro, causando 8000 morti. la festa nazionale del 25 mag- 1945 e le celebrazioni per i 600 La fase successiva fu quel-

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L'ingresso del padiglione dell'ex Jugoslavia alla Biennale di Venezia; Fonte: Flikr

la dell’accensione di focolai nelle aree arretrate montane. Infatti, le capitali delle potenze belligeranti non furono situate in grandi città, ma furono costituite in cittadine semisconosciute nelle montagne balcaniche. Gli scontri tra bande rivali, animate da antichi rancori e odi radicati, si spostarono poi progressivamente anche nelle città, tra cui Sarajevo. Così, la fabbricazione della teoria dell’odio tribale, ovvero che Serbi, Croati e musulmani si sarebbero sempre odiati e quindi era inutile una convivenza nello stesso territorio, fu il capolavoro del potere politico che in questo modo raggiunse importanti scopi e deresponsabilizzò la classe dirigente, rea di aver pilotato uno scontro sanguinosissimo. La sostanziale modificazio-

Foto. Slobodan Milošević, processato per crimini di guerra dal Tribunale Internazionale dell' Aia; F.nte: Wikimedia

ne dell’immagine del nemico, l’azione dei mass media, la congiuntura economica sfavorevole e il disequilibrio dell’assetto politico - sia interno che internazionale - furono la miccia per lo scoppio della guerra. I conflitti, protratti per dieci anni, portarono ad un cambiamento sostanziale nei Paesi dell’ex Jugoslavia: la definitiva distruzione del cosmopolitismo, che aveva radici secolari, spazzando via ogni possibilità di convivenza pacifica e di inclusione sociale e lasciando dietro di sé solamente sospetto, rancore e rabbia. ◊


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Numero 47

IDENTITÀ PERDUTE

Le identità perdute dei desaparecidos, dall’Argentina al mondo intero Il fenomeno delle sparizioni forzate dagli anni Settanta a oggi, tra repressione e ricerca di verità

di Giulia Calibeo

L

’articolo 7 dello Statuto di Roma del 17 luglio 1998 per la costituzione del Tribunale Penale Internazionale e la risoluzione delle Nazioni Unite numero 47/133 del 18 dicembre 1992 riconoscono il fenomeno della “sparizione forzata” come crimine contro l’umanità. La drammatica storia dei desaparecidos affonda le radici nei non troppo lontani anni Settanta quando, tra il 1976 e il 1983, si assistette alla scomparsa di circa 30.000 persone. Siamo nell’Argentina di Jorge Rafael Videla che nel 1976, dopo la morte del presidente Juan Domingo Perón, arriva Foto sopra. ESMA, uno dei centri di detenzione durante la dittatura argentina // Foto sotto. Due madres de plaza de mayo durante alla guida del Paese in un clima una protesta; Fonti: Wikipedia di sempre maggiore incertezza economica e politica, quando ressamento delle associazioni potere fino alla destituzione del i militari decidono di assume- per la difesa dei diritti umani, presidente Galtieri, nel 1983; re direttamente il potere rove- e terrorizzare la popolazione, nell’ultima fase di dittatura sciando il governo di Isabelita attraverso la mancata diffusio- i militari, preoccupati per le Perón, appena succeduta al ma- ne di notizie in merito alla sorte possibili conseguenze dei loro rito defunto. Nascono bande e degli arrestati, limitando sensi- atti, eliminano gli archivi della organizzazioni paramilitari al bilmente in questo modo ogni repressione clandestina proclaservizio del popossibile dissen- mando un “autoindulto” per tere con il fine di so al regime. In essere esonerati da qualsiasi reeseguire omicidi “ La storia dei carceri clande- sponsabilità. e sequestri degli in luoghi Il fenomeno delle sparizioni desaparecidos stine, oppositori al redi detenzione forzate in Argentina, però, riaffonda le radici legali e illegali, entra nel più complesso scegime. Con il pretesto di effettuanei non troppo in case private, nario del “Piano Condor” che re un processo di i desaparecidos ha avvio con la decisione, a lontani anni riorganizzazione perdono così la partire dal 1974, di alcuni pa- cui dall’inizio del 2015 centi'70s quando nazionale si inpropria identità esi dell’America Latina - Cile, naia di egiziani e non, minostaura il terrori- scomparvero circa di essere uma- Argentina, Uruguay, Paraguay, renni compresi, sono svaniti smo di Stato su di cittadino, Bolivia- di coordinare su sca- nel nulla nelle mani dello stato 30.000 persone” no, grande scala, si di persona, per la internazionale la repressione o sono stati uccisi. Tra questi dichiara lo stato essere soltanto contro i movimenti guerriglieri anche l’italiano Giulio Regeni. d’assedio e si istituzionalizza la un corpo fatto di carne e ossa e di opposizione alle dittature. Altro caso è quello della Siria pratica della tortura. È in que- in balia delle pratiche più disu- Per i vertici militari di questi in cui, dal 2011, anno di inizio sto clima di incertezza che si mane. paesi sarebbe stato possibile della guerra civile, il governo iniziano a denunciare le prime Nonostante il clima di terrore realizzare un simile piano solo si è reso responsabile di decine sparizioni e ha così inizio il fe- che si viene a creare, a partire attraverso la condivisione di in- di migliaia di sparizioni, tra le nomeno dei desaparecidos. dal 1977 inizia la lunga marcia formazioni, azioni e metodi di quali quella dell’avvocato per Le modalità di sequestro e di delle “Madres dei desapareci- interrogatorio, tortura, carcera- i diritti umani Khalil Ma’touq, arrestato dalle forze di sicusparizione delle vittime della dos” che, con il capo coperto da zione e, appunto, sparizione. repressione perseguono due un fazzoletto bianco e in mano Il dramma dei desaparecidos rezza nel 2012 e attualmente obiettivi: evitare quanto verifi- le foto di tanti ragazzi, scendo- non è confinato all’America scomparso. Tra i tanti altri casi catosi a seguito del Golpe cile- no in Plaza de Mayo a Buenos Latina; infatti, si diffonde a di sparizioni forzate tra Cameno del 1973, che aveva portato Aires chiedendo verità sul de- macchia d’olio in molte altre run, Turchia, Laos, Pakistan, al potere la Giunta militare co- stino dei propri figli, portando zone del mondo e ancora oggi Zimbabwe, emblematico è il mandata dal generale Pinochet, avanti una protesta che non si imperversa tra i regimi dittato- caso del Messico. Secondo dove le immagini della prigio- arresta neanche di fronte alla riali il cui strumento principale un rapporto del 2016, l’ONG nia dei dissidenti nello stadio dura repressione militare che di governo risiede nel terrore e Amnesty International ha dedi Santiago del Cile avevano uccide Azucena Villaflor, la nella soppressione degli oppo- nunciato la scomparsa di circa fatto il giro del mondo, solle- fondatrice del movimento. sitori politici. È il caso dell’E- 27.000 persone di cui si sono Continua a pagina seguente > vando l’indignazione e l’inteIl regime militare rimane al gitto del presidente al-Sisi, in


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Autunno 2017

< Continua da pagina precedente

completamente perse le tracce. Tra questi, si fa riferimento anche alla sparizione, risalente al 2014, di 43 studenti dell’Istituto magistrale di Ayotzinapa a seguito di un’azione repressiva

della polizia attuata contro centinaia di manifestanti. Cambia il contesto storico, cambia la leadership dei paesi, cambiano le dinamiche, ma il fenomeno dei desaparecidos continua a dilagare nel mondo, con denun-

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ce quotidiane e identità perdute: è quello che emerge dall’ultimo report del gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate o involontarie dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), che si è riunito a Gine-

vra dall’11 al 15 di settembre per esaminare circa 350 nuovi casi sospetti da 43 diversi Paesi. Cosa rimane, alla fine? Tanti volti senza nome, tante identità violate che, probabilmente, non troveranno mai giustizia né ritorno.◊ ARTE

L'identità nell'arte

L’arte come strumento per capire chi siamo e da dove veniamo

ITALIANITÀ NEL MONDO

L'identità italiana all'estero

Come si manifesta? È veramente così differente dalle altre con cui ha a che fare?

di Niccolò Brugnera

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ualche giorno fa, ho avuto l'occasione di ascoltare l'opinione di un ragazzo, fervente mélénchoniano, che diceva di aver viaggiato per l'Europa e, nonostante questo, di sentirsi comunque francese ogni volta che si relazionava con degli stranieri. Questo episodio mi ha fatto riflettere sull'esistenza – e l'essenza – di un'identità italiana all'estero. Scrivo queste righe dalla Lituania, un freddo e sperduto Paese baltico che forse pochi saprebbero distinguere se separato da Lettonia ed Estonia, tutti parte di una sola filastrocca imparata alle lezioni di geografia. Come molti italiani all’estero, non perdo occasione di fare un buon caffè con la Moka e di guardare il riepilogo dell'ultima giornata di Serie A in sottofondo mentre rifletto e scrivo. Quando incontro altri italiani in Erasmus qui, ci scappa sempre il commento sarcastico su cosa mangi Eva da Francoforte e su come si vesta Pierre da Brest, o quanto ci manchi un bagno col bidet. “Ah, giù in Italia non è così!” è la chiusura tipica di discussioni di questo genere. Ma sono davvero spaghetti, bidet e calcio che definiscono la nostra identità? O, forse, sono solo una serie di, seppur odiosi, stereotipi dentro ai quali ci siamo auto-rinchiusi e che filtrano la percezione della nostra realtà? La nostra identità

dovrebbe essere qualcosa di più profondo, che ci lega al luogo dove siamo nati e cresciuti: quel posto è più paese che Paese, è più parlare il nostro dialetto che la nostra lingua. Anche perché, a volte, due dialetti nostrani possono essere più differenti di quanto in realtà non lo siano l'italiano, lo spagnolo o il francese. La frase che spesso segue il

“La frase che spesso segue il “Da dove vieni?” è “Wow e da che città?” quasi ad indicare che sì, l'Italia o la Francia la conoscono tutti, ma quello che importa davvero è qual è il posto che consideri casa” “Da dove vieni?” è “Wow e da che città?” quasi ad indicare che sì, l'Italia o la Francia la conoscono tutti, ma quello che importa davvero è qual è il posto che consideri casa. Identità è anche, e soprattutto, il famoso sentire comune. Un insieme di esperienze, di valori che percepiamo e che ci donano un senso di appartenenza a qualcosa

di Maria Mulè

Foto. "Scene of the late morning in Kaunas city center". Fonte: Visavis, Flickr

di più grande e condiviso, in cui riconoscerci. Il nostro sentimento patriottico, altrimenti, si ridurrebbe ad un tifo becero che si consuma quando gioca la Nazionale. Parlando con altri studenti ci si accorge quindi, nonostante il muro linguistico, di quanto questi valori siano diffusi a prescindere dalla nazionalità. Tuttavia, la differenza si fa ben più marcata quando ci si confronta con asiatici, statunitensi, sudamericani, africani. Certi assiomi che diamo per scontati come la sanità o l'istruzione pubbliche ed accessibili a tutti, l'Erasmus o la possibilità di un'esperienza da expat a Londra o in Germania, un controllo serio e condiviso sulla vendita di armi o la lotta alla microcriminalità e perfino i voli low coast sono cose che gli extra-europei possono trovare aliene. E che ci provocano un sottile piacere quando ci viene chiesto come facciamo ad avere tutto ciò. Le differenze esistono, è impossibile negarlo. Non sono però così marcate come a primo impatto potrebbe sembrare. Mi sembra, infatti, che quel ragazzo francese si sia limitato alla superficie nel confrontarsi con i suoi pari. Perché sì, mi sento italiano e fiero di esserlo, ma all'interno di un più grande contesto europeo. Un po' come un texano con la bandiera confederata appesa in camera negli Stati Uniti, o un friulano nel nostro Belpaese. ◊

T

utta l'opera di Ungaretti (1888-1970) prima che poetica e letteraria rappresenta l'indagine che egli conduce in merito alla propria interiorità e alla propria esperienza terrena. Ecco il perché di un’opera contenente tutti i suoi scritti dal titolo “Vita d'un uomo. Tutte le poesie”, nella quale le raccolte poetiche sono affiancate da testi teorici in cui Ungaretti spiega al lettore il legame che sussiste tra i versi e il suo stato psicologico, strettamente dipendente dalla sua biografia. La città di Alessandria, luogo natale del poeta, costituisce il clima e l’ambiente in cui è necessario calarsi. I genitori, entrambi originari del circondario di Lucca, vi si trasferiscono per motivi di lavoro prima della sua nascita. L'incontro-scontro nell'infanzia del poeta di due realtà diverse, la tradizione e la memoria familiari italiane da una parte e la vita quotidiana nel paese medio-orientale dall'altra, faranno nascere nel suo animo la consapevolezza dell'impossibilità di riconoscersi interamente nell'uno o nell'altro ambiente: la non appartenenza, il sentirsi esule e sempre "girovago" saranno dei concetti che verranno rafforzati dal suo continuo spostarsi in Europa e nel mondo. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale passa la vita tra Francia, Brasile e Italia, dove muore nel 1970. Ungaretti si definisce un“carattere composito”, che ha difficoltà nel trovare“la via di assomigliare a se stesso, di costruire la propria unità”. È nella poesia “I fiumi” (Cotici, 16 agosto 1916) che il poeta descrive un particolare momento di autocoscienza,

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in cui egli unifica la sua identità molteplice e si riconosce “una docile fibra/ dell'universo”, parte anche lui dell'umanità e del mondo intero, non più alla ricerca di una qualche terra promessa, quanto presente e partecipe di tutte. Gli elementi di Alessandria d’Egitto che più influenzano l’identità poetica di Ungaretti sono il deserto e la sua “figliazione”, il mare: paesaggi instabili di “solitudine e nulla”, in costante mutazione. Le sue poesie, le cui parole emergono dallo spazio bianco della pagina come fossero miraggi, danno vita a immagini che sembrano frutto dell'inganno tessuto dal sole e dal caldo sahariano. Esse vogliono porre un freno alla corrosione del deserto del foglio candido e del tempo, gli stessi che il poeta vede agire sulla sua città. “Senza monumento che ricordi il suo antico passato”, Alessandria si presenta priva di elementi che consentano di rintracciarne l’identità e di esercitare la memoria: un luogo dimenticato dalla propria stessa storia. Tuttavia è chiaro quale posto essa occupi nell’interiorità del poeta: “Sono di Alessandria d’Egitto[…] ha il deserto, ha la notte, ha il nulla, ha i miraggi, la nudità immaginaria che innamora e fa cantare a quel modo senza voce che ho detto.” Il legame viscerale con le proprie origini e il continuo richiamo ad esse per la definizione della propria identità artistica

rappresentano un elemento distintivo anche per Marc Chagall. Egli nasce nel 1887 da una famiglia appartenente alla comunità ebraico-chassidica di Vitebsk, una cittadina con una cospicua maggioranza ebraica a quel tempo parte dell'Impero zarista, appartenente alla cosiddetta “zona di residenza” tra il Mar Baltico e il Mar Nero dove gli ebrei erano sottoposti a continue ondate di pogroms.

Foto sopra. Titolo: Io e il villaggio; Marc Chagall, 1911; MoMA, NYC // Foto sotto sx. Giuseppe Ungaretti. Fonte: Wikipedia // Foto sotto dx. Titolo: Il bue scuoiato; Marc Chagall, 1947; Collezione privata, Parigi

Nel 1910 avviene il distacco pinto Il bue scuoiato (1947). In più difficile da casa per Chagall, primo piano vi è l'animale rosso, quando si trasferisce a Parigi. scuoiato secondo la tecnica koDel 1911 è, infatti, Io e il mio sher, e sullo sfondo, in forte conpaese uno dei quadri più signi- trapposizione, le case bianche e ficativi del periodo parigino nel innevate di Vitebsk. Il bue asquale il pittore esprime la malin- sume diversi significati: vittima conia e la nostalgia per la propria sacrificale per ristabilire la pace Vitebsk: questi sentimenti lo ac- dopo la guerra, incarnazione del compagneranno “martirio” della sempre durante cittadina e della “La loro vita il soggiorno nella “profanazione” e le loro opere capitale francese, di tutto il mondo così come la sua infantile del pitrispecchiano “tendenza fantatore. il complicato stica a trasfiguLe biografie di rapporto che rare la realtà” e Ungaretti e di il suo amore per si instaura tra Chagall sono lela componente gate da un filo l’uomo tradizionale. Il rosso. Le loro soggetto più in- e il luogo in cui si anime erranti, giteressante del dirovaghe del montrova: a volte pinto è costituito do si interrogano terra dalla testa della entrambe, cond’adozione” mucca, significatinuamente, sul tivo rimando alle proprio essere, giornate d’infanconservando con zia trascorse dal nonno e dallo profonda tenerezza le proprie zio macellai nei dintorni di Vi- memorie. La loro vita e le loro tebsk. L’uccisione di un bovino opere rispecchiano il complidurante una delle visite ai parenti cato rapporto che si instaura tra ha avuto un impatto molto poten- l’uomo e il luogo in cui si trova: te nell’animo dell’artista, tanto a volte terra d’adozione, dove che la mucca è spesso soggetto si decide di risiedere per scelta; o sfondo di diversi quadri ed è altre volte terra di necessità, nei investita da una forte valenza confronti della quale si mantiesimbolica. ne un perenne atteggiamento di Nel 1941 Chagall, costretto a estraneità, dove si giunge poipartire, si stabilisce negli Stati ché abbandonati, bistrattati dalla Uniti: da un momento di pro- propria. Tuttavia si continua ad fonda tristezza per la lontananza amare il paese natio custodendo dalla propria terra nasce il di- i ricordi legati ad esso ed aggrap-

pandosi alla speranza di potervi un giorno ritornare. Il confronto tra due realtà differenti costituisce un elemento disturbante per l’animo umano: abbandonare un’identità per capire meglio la nuova o integrare quella già esistente con esperienze diverse, seppure queste siano contrastanti con essa? L’inquietudine di questa condizione ha contribuito alla realizzazione delle opere di Chagall e di Ungaretti, artisti migranti, che hanno deciso di esprimerla ognuno tramite i propri canali, trovando l’uno nella pittura, l’altro nella scrittura quiete momentanea per la loro costitutiva irrequietezza. ◊


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SPORT

Una Nazione senza

nazionale o una nazionale senza Nazione? La disfatta sportiva dell’11 novembre ha minato alcune grandi certezze, non solo calcistiche, del popolo italiano

innatamente atrofizzato, diffusosi a intermittenza e sporadica’Italia è una nazione mente in una penisola in cui il storicamente incapace provincialismo incallito conserdi riconoscersi in quel va fondamenta granitiche, erette paradigma idealistico romanti- ben prima che si facesse l’Italia. co capace di garantire identità, È proprio in ragione di ciò senso di appartenenza e conti- che in questo Paese, quando si nuità storico-culturale tra pas- chiede a un italiano di indicare sato e presente. L’irriducibile immagini o episodi carichi di tentazione di gonfiarsi il petto patriottismo, le prime scene a declamando slogan naziona- venirgli in mente sono - a selistici portatori di un’identità conda della generazione - quelle collettiva appare quasi del tutto di uno Gianni Rivera che segna assente nella quotidianità del il goal decisivo della “partita Paese, e sembra presentarsi or- del secolo”, dell’urlo di Tardelmai soltanto una volta ogni 4 li nella finale di Spagna ’82, o anni, quando una platea di offi- della rete di Grosso allo scadere dei tempi supcianti della liturplementari che ci gia pallonata si “Eppure, il calcio portò alla finale trova attrice di Berlino 2006. un nazionalismo come la politica, di I r o nicamente, da operetta che rappresentano tutte partite vinte lascia il tempo due universi contro i tedeschi, che trova, sulche soverchiavalo sfondo di un adiacenti dal no fischiettando Paese mortificonfine molto allegramente in cato sotto ogni labile, che si qualunque altro aspetto, da oggi e che a persino in quelsovrappongono campo, dire il vero solilo sportivo. ripetutamente, tamente lo faceEppure quea volte vano anche nello sta ferita brucia Almeno più delle altre, compenetrandosi” sport. fino a quando non e continuerà a erano tanto sforbruciare a lungo. Il popolo che “perde le partite di tunati da incontrare l’unica becalcio come se fossero guerre” stia nera capace in ogni incontro rischia di chinare definitivamen- di fargli rivivere un’umiliazione te il capo, sprofondando in una provata soltanto all’interno di zona grigia incapace di fornire un vagone ferroviario a Comcertezze, o almeno di riconfer- piègne un secolo fa. marle. Perché se gli inglesi fon- E invece questo castello di cardano la loro identità nazionale ta rischia ora di crollare, adesso sulla battaglia di Trafalgar, i che nell’estate 2018 la nostra francesi sulla strenua resistenza nazionale si troverà a vivere il dimostrata a Verdun e i tedeschi Mondiale di Russia da spettasu un sentimento di appartenen- trice, e noi con lei. Già, perché za ed esaltazione della Kultur, in il calcio per noi italiani è prima Italia lo spirito risorgimentale è di tutto un rito fuori dal campo. stato partorito con un vitalismo Oscillando in un bipolarismo di Riccardo D’Orsi

L

convulso tra empatia e menefreghismo assoluto per la nostra maglia, ricordi, amori, flirt e “zingarate” con gli amici, si trovano ad essere scanditi da questa epopea calcistica. Chiedere a Luca Molinari per la conferma. Tuttavia, il cambio di calendario - che per ora continua a logorarci il fegato inducendoci all’insonnia, o peggio, a incubi che vedono Ventura in abito sadomaso vessato dal duo Insigne-Conte - potrebbe rivelarsi un’occasione per una disintossicazione collettiva. Affermare che lo sport sia lo specchio del Paese può rivelarsi un atto di pressappochismo e il portatore dell’azzardato paragone rischierebbe di essere relegato nella cerchia dei “chiacchieroni da Bar Sport”. Che poi, specialmente quando si parla di calcio, altro non è che la categoria che meglio si confà all’italiano medio, che spara sentenze e dà sicurezze con precisione chirurgica, illudendo sé stesso - non sempre gli altri, fortunatamente - che tali declamazioni siano il frutto di un’attenta riflessione, visto che su questo tema siamo tutti allenatori della nazionale, anzi in questo momento non vorremmo proprio esserlo. Eppure, il calcio come la politica, rappresentano due universi adiacenti dal confine molto labile, che si sovrappongono ripetutamente, a volte compenetrandosi. “L’uomo è sempre uguale a sé stesso” scriveva il filosofo Gian Battista Vico, e per questo non deve stupirci che gli attori in gioco finiscano spesso per emularsi reciprocamente nella gestione del proprio ruolo in rapporto alla dimensione in cui agiscono. Lo si vede nell’ostinazione di un personaggio discutibi-

Foto. Carlo Tavecchio, ormai expresidente della Federazione Calcio

le come l’ormai ex presidente della FGCI, Carlo Tavecchio che - nomina squisitamente politica ed espressione del mondo calcistico - dopo le infelici uscite razziali e i 6 mesi di squalifica inferti dal UEFA, era stato giustamente premiato con la presidenza della Federazione calcio del Paese. La Caporetto calcistica dell’11 novembre è dovuta anche e soprattutto alla sua decisione di ingaggiare un CT che negli anni ’90 perdeva una tragicomica finale dalle reminiscenze fantozziane ITI - Geometri del torneo delle scuole superiori di Pistoia. Ma d’altro canto, se vige la regola per la quale la politica e il comportamento politico dovrebbero fungere da modello del vivere civile (e sembra che in questo Paese tale norma venga perseguita con assiduità, purtroppo portando a risvolti paradossali e conseguenze nefaste), perché mai il motto dell’etica della responsabilità - “chi sbaglia paga” - dovrebbe valere? Hanno forse pagato, per esempio, i deputati e i senatori di un Parlamento abusivo, votati con sistemi elettorali - Porcellum e Italicum - dichiarati incostituzionali? Il comportamento di Tavecchio è sembrato giustificato alla luce di un

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sistema-paese che copre le sue vergogne anziché epurarle, che porta i collusi al potere e che, se sei sufficientemente simpatico e strafottente delle istituzioni, ti permette all’indomani degli 80 anni di carezzare il sogno della V legislatura. Mica male. Intanto anche Giovanni Malagò - presidente del CONI (e quindi ai vertici dello sport in Italia) - attacca Tavecchio e afferma davanti alle telecamere che “se fosse in lui se ne sarebbe già andato”. Dichiarazione abbastanza ambigua, visto che un’inchiesta del “Fatto Quotidiano” sull’operato del CONI, arrivata in Parlamento attraverso le interrogazioni di Movimento 5 Stelle e Lega Nord già nello scorso marzo, dimostra come 23 delle 44 federazioni del CONI siano in perdita - alcune proprio in bancarotta - e come, nonostante i milioni di euro bruciati, questo non sia stato in grado di porre un freno alla verticale spoliazione del medagliere italiano nelle ultime competizioni. Quindi “chi ha sbagliato se ne vada”, esclusi i presenti. Il Paese ritorna quindi alla propria mediocre quotidianità, rassegnato al fatto che le cose in Italia non cambieranno mai. Perché il parvenu italiano è così: per lui, sia le grandi delusioni che le intossicazioni da mezza giornata, sortiscono lo stesso effetto. Egli si adatta pericolosamente ad un panorama che scivola gradualmente verso il basso, appellandosi al “piove, Governo ladro” ogni qualvolta si trovi di fronte ad un problema ma, alla resa dei conti, dimostrandosi il principale complice e perpetuatore dell’indigenza della “serva Italia”. Nell’oblio dell’indifferenza e nella negligenza delle proprie radici, l’italiano si è sempre dimostrato uno strano essere, capace allo stesso tempo delle più grandi imprese e di umilianti disfatte, nella convinzione di poterle lenire con una Peroni ghiacciata gustata di fronte alla partita di una Nazionale che è sempre stata la più fedele interprete di quest’altalena realizzativa. Spesso incurante delle dinamiche della politeia, l’italiano si appella alla collettività quando c’è da incriminare qualcuno, ma ogni giorno si avvolge nel proprio egoistico involucro di disinteresse e passivismo, perseguendo un “lathe biosas” epicureo che continua a rivelarsi controproducente. La speranza è quella che gli ultimi risvolti calcistici riescano a rovesciare questo paradigma. ◊

SATIRA

Dialoghi di frontiera Uscite di sicurezza dalla terra di nessuno

io non abbia mai potuto provare il mio valore sul terreno cui norio Bandiera: O ti riferisci, tuttavia sono esperfiamma inestinguibile to di ben altro campo di battadella nazione trion- glia, quello delle piazze, delle fante, che ora giaci battuta e orazioni infiammate e infiamsoggiogata dalle catene dei po- manti, per le quali la spada del tenti, o sacra spada del popolo volontario si converte in parola indomito, che scrivi l’inno or- tuonante. goglioso del riscatto, ergiti, fiera e vigorosa, su questo campo Onorio: Quale onore! Incalzadi battaglia intriso di sangue e to dall’impeto delle imprese di ridesta gli animi indegnamente guerra, non mi era mai capitato di imbattermi in un commiliafflitti dei tuoi figli! tone dedito a riscaldare i cuori Ruggero degli Arditi: Le mie dei nostri fratelli con la nobile congratulazioni, figliolo! Così arte dell’eloquenza. Ammiro il giovane e, parimenti, pieno di fervore da cui traete ispirazione amor patrio! Mi compiaccio nei vostri discorsi. del fatto che esistano ancor oggi patrioti di cotanto ardore. Identità: Vi chiedo perdono, E, in particolar modo, in tempi signori, un dubbio mi tormenta tanto poveri di grandi ingegni! da giorni e, giù al villaggio di Finché sentinelle vigili come te frontiera, mi è stato suggerito di persisteranno nel loro operato, rivolgermi a voi per scioglierlo, la nazione non avrà nulla da te- mi auguro, definitivamente. mere. Onorio: Dite pure, mia signora, sembrate sopraffatta Onorio: E’ con piacere imdall’ansia, a giudicare dal vomenso che accolgo il vostro stro respiro. altissimo riconoscimento, compatriota. Ditemi, chi siete? Abbiamo forse combattuto fianco Identità: Ecco, vedete, ho ritea fianco in passato, esortati en- nuto opportuno sottoporre alla trambi dallo spirito luminoso vostra attenzione un quesito apparentemente irrisolvibile, della nostra nazione? poiché mi è stato detto che mi Ruggero: Il caso ha voluto che sarei imbattuta in un giovane

di Francesco Laureti

O

e valoroso difensore della nazione e in un celebre oratore di piazza. In sostanza, mi interrogo sul fatto che siamo costretti a mettere in discussione il concetto di identità nazionale, dal momento che nel mondo contemporaneo tutti i pilastri della tradizione sembrano esser crollati. Eppure, se questo fosse a ragione lo stato delle cose, riuscirei a motivare facilmente il senso di smarrimento e perdita delle certezze che attanaglia gli uomini ai giorni nostri. Ruggero: Non dovete preoccuparvi, mia signora, non dobbiamo permettere che un difetto della bussola ci conduca lontano dalla retta via. Bisogna reagire prontamente! Se tempi infausti minacciano la nazione, allora dobbiamo salvaguardarla a maggior ragione con tutti gli sforzi possibili. Ci inducono a rassegnarci all’evaporazione dei confini delle mappe, promettendo la speranza di un mondo rinnovato nel quale le distanze si restringono? Noi ci opponiamo alla damnatio memoriae dell’eredità degli antenati. I barbari ci incalzano alle frontiere in cerca di nuove terre da occupare? Noi ci uniamo nella convinzione incrollabile di non voler cedere a una pro-


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Sopra. Titolo: Bolshevik; Boris Kustodiev, 1920; Tretyakov Gallery, Mosca // A lato. Titolo: Il Quarto Stato; Giuseppe Pellizza da Volpedo, 1901; Museo del Novecento, Milano // Sopra a sx. Titolo: American Progress; John Gast, 1872 // Pagina a fianco. Titolo: La Libertà che guida il popolo; Eugène Delacroix, 1830; Museo del Louvre, Parigi

spettiva di indefinitezza, liquidità, cessione della sicurezza. Chi vuole negare che l’uomo abbia bisogno di certezze? Onorio: Col favore di Dio, la patria conferirà ai suoi figli il potere di garantire unità e coesione al popolo affinché possa riaccendere e consolidare lo spirito della nazione. A buon diritto affermate che essa è insidiata dai disegni degli alti comandi, che sottovalutano l’energia latente da cui scaturiscono le nostre agitazioni, e dall’invasore straniero, che agisce sotto la spinta delle ambizioni di conquista, non della difesa della libertà. Non c’è forza più pura e splendente dell’anelito di libertà di un popolo! Perciò il fato ci incita ad attenerci al vincolo indissolubile con la nostra terra e, se necessario, a sacrificare le nostre vite per un futuro di concordia dei popoli. Identità: Mi conforta la comunione di intenti che vi muove, ma vorrei approfondire la questione e ascoltare le vostre opinioni in merito. Inizierei da una definizione di identità nazionale. Onorio: Non avete mai udito il suono dell’arpa d’or dei fatidici

vati? Il canto di guerra che invoca aux armes citoyens? Quale vincolo è più saldo del patto di “terra e sangue” del Völk tedesco? Vedete, vi ho descritto le manifestazioni più gloriose dello Spirito dei popoli, uno spirito di rivalsa sul dominatore, uno spirito di libertà operante, uno spirito di giustizia e unione fraterna. Considerate l’identità della nazione come un albero secolare capace di offrire riparo nei giorni di tempesta, quando il nemico è alle porte, quando i regnanti opprimono i sudditi, quando l’egoismo degli interessi individuali prevale sul bene della collettività. Ruggero: Dici bene e preciserei che il nostro è uno di quei frangenti. La promozione della società globale non produrrà vantaggi per i popoli del mondo, al contrario ha privato intere comunità del proprio carattere identitario, ha sottratto i territori ai rispettivi popoli, violando finanche il principio di sovranità, e ha rafforzato i privilegi di chi reputa il particolarismo un ostacolo ai propri profitti. Pertanto dobbiamo decidere se parteggiare per chi si arma a tutela della libertà negata o per chi nega che le alte sfere del potere vogliano requisire un dirit-

to naturale dei popoli. E di qui l’identità della nazione, fragile come una foglia di fronte alle forze operanti nei palazzi, ma travolgente come una burrasca nelle piazze. La piazza si imporrà sul palazzo, l’espressione più limpida e virtuosa della volontà popolare, e prevaricherà sulle logiche degli intrighi, perché basta poco per mobilitare le folle.

mente sciolto... Identità: A dire il vero, non riesco a riordinare le vostre idee secondo un nesso logico, poiché ho la sensazione che la questione si sia complicata ulteriormente. Il corredo di simboli che esibite nelle vostre considerazioni quale significato assume?

Onorio: La vista compensa le mancanze dell’intelletto, mia Onorio: Siate più chiaro, fra- signora. Dinanzi alla coccarda tello: non vorrete forse confon- colorata o agli altari della patria dere patriottismo e anarchia, o alla bandiera issata in capo dato che i popoli invocano la all’esercito, nessuno può cedere guida di grandi eroi e di gran- alla paura, nessuno può indiedi concezioni, di miti e passioni treggiare e la ragione si inchina ardenti, non un regime di licen- al cuore. za e dissolutezza. Ruggero: Allo stesso modo, Ruggero: Come puoi leggere alla popolazione civile esibiaun’insidia sotterranea nelle mie mo i fasti degli antichi imperi parole? Il mio non è altro che per rievocare la gloria imperiun sincero elogio della volontà, tura, mentre edifichiamo maequale energia trainante dei som- stosi monumenti e sfiliamo in movimenti popolari. D’altronde colonna per le vie delle città, a il volontarismo è la linfa vitale celebrare la forza della nazione. del nazionalismo. “Al tamburo Questo è l’espressione più deseguirà il tamburo, alla bandiera gna dell’identità nazionale. la bandiera, alla truppa la truppa e tutto il popolo marcerà al Identità: Vi sono grata, penso seguito della Nazione!”, diceva che potrò allontanarmi da solleun eroe della nazione tedesca. vata. Però vi confesso che non ho compreso bene chi di voi Onorio: Sagge parole! Credo due sia l’illustre oratore di cui che il dubbio sia stato parzial- mi raccontavano … ◊


n° 46 - Estate 2017 È il giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia. Direttore: Massimiliano Andreetta Ci trovate anche online, su www.sconfinare.net. Caporedattori: Beghelli Alessandro, Dissegna Timothy, Veglia Alessandra

Identiteta di Massimiliano Andreetta

P

oznas tisti občutek sramote in zadrege, ko tvoji prijatelji vidijo sliko na tvoji osebni izkaznici?To, je srečanje identitete z njeno podobo. Jo sestavlja, a ne izčrpa V tretjem tisočletju, identiteta je podvržena ontološki preizkavi, ker industrijska in tehnološka revolucija sta popolno menjali njeno perspektivo. Medtem ko v preteklosti, identiteta je našla njen izraz v socialnih in skupnostnih dejanijih, kjer ena se je vlivala v drugo, dandanes se je oblikovala prava individvalistična identiteta.Social networki, ki so sprevrnili jezik, sredstva in načine komuniciranja so bleščeči primer, ko zamenjamo podobo identitete za identiteto. Novi prostor, kjer si vsi lahko sami delajo reklamo in navdušeni nad možnostjo po okusu potrebe, predlagajo same sebe z najboljšo podobo ki lahko ponudijo.In koliko identitet se je naslanjalo na zaznano identiteto? Lastna, ki nastane v nasprotju z podobo identitete Sconfinare non identifica alcuna posizione politica, in quanto libera espressione dei singoli membri che ne costituiscono il Comitto di Redazione. Sconfinare è un periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio 2006, n° di registrazione 4/06. Editore e Propetario: Assid Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche.

drugih. Ta proces, na prvi videz zahteven, je ključen za oblikovanje lastnega značaja. Bodisi v subjektivnem smislu, z važnostjo ki ima vsakdo, bodisi v objektivnem smislu, v oblikovanju družbe sestavljene iz posameznikov.Iz tega izvira vsak videz naše identitete: politične, kulturne, socialne in ne samo. Kapitalizem, v cinični analizi, brez politične interpretacije, je prineslo do poveličevanja posameznika, ker je spremenil potrebe vsakega posameznika. Zdaj, izvir razprav -v tehnološko napredni družbi- se vrti okoli social networkov, ki gostijo novice, ki imajo glavne igralce, ki imajo 'followerje' in 'like'. V tej okoliščini je nastala nova identiteta, digitalna, ki se prikaže kot avtentično ogledalo identiteta ampak zaradi njegove narave, jo deformira in preoblikuje.V tej okoliščini je menjal smisel politične identitete, ki je zdaj v fazi ridefiniranja. Če v devetnajsto stoletje je bilo opredeljeno s komunikacijskimi stili vliti z zaupanjem in odlocnostjo, dandanes komunikacija mora biti skoraj zaupna, kot da bi zavajala da Direttore: Massimiliano Andreetta. Capo Redattore: Beghelli Alessandro, Dissegna Timothy, Veglia Alessandra.

Impaginazione e grafica: Matteo Da Frè. Redazione: A. Agostinelli, M. Aristarco, A. Battistone, A. Beghelli, I. Bertacche, E. Boschini, S. Bozzalla Cassione, N. Brugnera, G. Calibeo, V. Capelli, G. Casanova, S. Catalano, E. Ceccotti, E. Contini, A. Cordenons, L. Costantini, L. Crippa, T. Dissegna, R. D’Orsi, M. De

družinski model prinaša pozitivno slutnjo za zanesljivo snov. Univerza nas uči preceniti te elemente, ne le kot politične naprave ampak z odprtostjo na vsako razpravljalno temo. Cenjeni kraj, kjer rase naša identiteta. Sconfinare je pripravljen sprejeti izziv in se predlagati ponovnoma bodisi v papirnati obliki, popolnoma oprijeta na tradicijo in na strast dišave papirja, bodisi v navdušeni digitalni obliki, da bi trajno spremjali bralca, ki se zanima za najbolj spodbudne novice, v nenavadnem okviru na svet s ščepcem črnega popra. NagnjePau, F. Del Medico, I. Del Rizzo, A. Demin, D. Fabris, C. Fiorino, F. Fontana, D. Granato, F. Laureti, G. Marini, G. Marino, F. Lizzi, G. Matozza, L. Mazzocco, L. Mccourt, A. Menghini, N. Miotto, S. Mischis, V. Montesel, G. Moras, M. Motta, M. Mulè, F. Nestola, A. Onnis, V. Orgiano, A. Orlando, F. Paro, A. Pasotti, D. Patini, G. Pflanz, M. Proia, C. Rossi, G. Sanna, V. Sauchelli, F. Savalli, F. Sovran, K.Stafa, V. Stefanello, F. Tognolli, R. Valle, G. Varaschin,

nost je, predlaganje snovi in doslednji razvoj v bolj poglabljeni predmet. Združenje študentov Univerze „Scienze Internazionali e Diplomatiche“ je ponosno nad predlagom sadnega soka iz „srca in možganov“ sadež strasti za pripoved, za javno razpravo in primerjavo idej z upanjem, da bralec se počuti sogovornik, tako intelektualno drzen da bi ga želeli spremlati v njegovi poti in odločiti, v zadnjem stališču, če oporekati ali sprejeti. Potovanje v analizo časa in prostora, v katerem se izrazi človek in nastane njegova identiteta. ◊ A. Veglia, V. Vidotto.

Stampato da: Tipografia Budin, via Gregorcic 23, Gorizia (GO)


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