Jazz%20moment

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Il Saint Louis presentava anche un design particolare... Il locale aveva inizialmente l’aspetto della cantina. Andava bene così per un pubblico che si accontentava, non chiedeva confort ma solo buona musica. La cosa che fece scalpore all’epoca furono delle poltroncine acquistate in un vecchio teatro quando tutti i locali avevano sedie in legno piuttosto scomode. Finalmente si offriva al pubblico qualcosa di nuovo, un luogo diverso dove rilassarsi, ascoltare buona musica e bere una birra. L’atmosfera al Saint Louis era rilassante ma il clima in città molto meno, quali riflessi ha avuto nella gestione del locale? Il clima in città era molto duro, siamo agli anni Settanta con le Brigate Rosse e le contestazioni.Via Cavour era centro di manifestazioni violente. In alcuni concerti abbiamo subito degli sfondamenti, c’erano grup-

pi di giovani che contestavano il fatto che per la musica si dovesse pagare. Succedeva un po’ dovunque. Cosa incomprensibile: eravamo un club privato, senza finanziamenti pubblici, perché contestarci? La Scuola è nata dopo diverse dispute. Molti sostenevano che il jazz non si potesse insegnare perché è una tradizione essenzialmente orale con improvvisazione non codificata e quindi non trasmissibile, ma avvertivo l’esigenza di molti giovani musicisti che avrebbero voluto imparare dai più grandi. Così cercai di fare questa “connessione”, utilizzando i musicisti che venivano a suonare al club, chiedendo di fare dei corsi nello stesso locale. I corsi di tenevano nel pomeriggio, utilizzando pannelli per separare i vari ambienti, che poi venivano tolti a sera rimettendo le poltrone e allestendo il bar. Si è andati avanti per un paio d’anni finché, per soddisfare le molte richieste di corsi, decisi di aprire una vera e propria scuola.

Mario Ciampà con Stephane Grappelli Elvin Jones


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