Baucina - storia - arte - cultura

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Giusi Diana

l’alto valore educativo dell’opera...». 5 Stessi caratteri si possono riscontrare nel San Rocco: la postura in movimento con un piede leggermente arretrato rispetto all’altro, il morbido panneggio fluttuante che ne avvolge il corpo, il gesto esemplare dall’alto valore dottrinale. Perfino il nimbo metallico dal minuto disegno a traforo che circonda la testa del santo ricorre identico in altre sculture dell’artista, ma soprattutto i calzari che si trovano molto simili in due sculture attribuite a Filippo, ilSan Vito della chiesa di Santa Maria di Gesù di Gangi e il San Vito della chiesa di Santa Maria di Loreto di Petralia Soprana. A ulteriore riprova, la presenza del già citato putto alato reggi-cartiglio ai piedi della figura, vera e propria firma di FilippoQuattrocchi, tanto è ricorrente nei suoi gruppi scultorei, che però sembra ascrivibile alla bottega. Una figura, quella dell’angelo, presa in prestito probabilmente dai putti in stucco del più grande scultore del secolo Giacomo Serpotta (1656-1732) o da quelli dipinti dal maestro di Filippo il pittore Vito D’Anna (1718-1769) ai piedi della Vergine o dei santi. 6 Non convince pertanto l’attribuzione della scultura di San Rocco del collegio di Maria di Baucina ad Alberto Quattrocchi (?-1820) figlio di Filippo e fratello di Francesco, artista vissuto appena ventisette anni, poco documentato e indicato anche come l’autore delCrocifisso della chiesa Madre di Baucina da Rossella Sinagra. 7 Alberto Quattrocchi inoltre fu uno scultore di opere prevalentemente in marmo e in stucco, non si conoscono sue sculture lignee. Dopo questa lunga ma doverosa digressione che ha cercato di far luce su alcuni nodi attributivi circa la statua di San Rocco, si conclude questa visita alle opere conservate al Collegio, con il presbiterio dominato da un altare dorato già di gusto neoclassico sormontato da una grande pala dipinta raffigurante Maria Santissima del Lume d’autore ignoto (cfr. fig. 5), databile intorno alla prima metà del ‘700. Fu agli inizi del ‘700 infatti che iniziò a diffondersi in Sicilia il culto della Madonna del Lume, ad opera di un missionario gesuita Giovanni Antonio Genovesi che su indicazione di una veggente aveva commissionato ad un pittore a noi ignoto una tela raffigurante una Madonna con il Bambino. La tradizionale iconografia di questa particolare tipologia di immagine sacra che funse da modello per una serie di opere di pari soggetto, conservate non solo a Palermo, ma in tutta la Sicilia e nell’America Latina, si arricchì in questo caso di due nuovi elementi: alla destra della Madonna è infatti posta una figura che rappresenta un’anima che sta per precipitare all’inferno e che viene trattenuta per il polso dalla Vergine, mentre alla sua 5

S. F ARINELLA, Filippo Quattrocchi Gangitanus Sculptor, il senso b arocco del movimento, p. 80. Catalogo della mostra, Gangi chiesa di San Giuseppe, Palazzo Bongiorno, chiesa della Badia 24 aprile-11 luglio 2004. 6 Ibidem. 7 R. SINAGRA,ad vocem, in Luigi SARULLO, op. cit.


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