Roma Tre News 1-3/2014

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oltre ad un provvedimento da riformare, c’è anche una burocrazia che finisce per sfinire questi ragazzi: per legge l’iter della cittadinanza non dovrebbe

Accade così che nello sport più praticato, il calcio, i ragazzi che vogliono giocare per una squadra professionistica, nati in Italia da genitori stranieri, sono costretti a reperire documenti da federazioni sportive con cui non hanno mai avuto a che fare e il tutto diventa ancor più complicato se si tratta di paesi fuori dall’Unione Europea e che magari si trovano in situazioni politiche difficili

durare più di 730 giorni, ma in alcuni casi si arriva anche a tempi record di cinque o sei anni. Senza dimenticare i casi di alcune prefetture italiane in cui solo per prendere un appuntamento ci si trova di fronte ad attese di nove mesi. Dopo numerosi tentativi andati a vuoto, il Parlamento sta ora provando a dare finalmente al paese una nuova legge sulla cittadinanza: la Commissione affari costituzionali della Camera sta lavorando a un testo unico in grado di mediare tra le oltre venti proposte di legge che sono state depositate. Si punta al cosiddetto “ius soli temperato” con al centro il criterio

della frequentazione scolastica (“ius culturae”): si ottiene la cittadinanza italiana dopo aver frequentato almeno un ciclo di studi. A questo criterio, un parte dei legislatori, intende aggiungere un altro punto fondamentale: concedere la cittadinanza anche a coloro che nascono in Italia da genitori che si trovano nel nostro paese da un certo numero di anni. Poiché il Parlamento ha già dato prova più volte di non avere la necessaria determinazione a portare avanti una legge di riforma, la Rete G2 si è impegnata nel seguire costantemente i lavori parlamentari e il dibattito sulla cittadinanza attraverso l’iniziativa G2 Parlamenta, che punta sui social network per raggiungere una platea più ampia possibile. Una nuova legge, se e quando sarà approvata, arriverà comunque troppo tardi per Samira Mangoud, attivista della Rete G2: nata a Roma nel 1980 da madre filippina e padre egiziano, al compimento dei 18 anni non fece richiesta della cittadinanza italiana. Il Comune di Roma, per cui lavorava, non poté assumerla: Samira intraprese un’azione legale nei confronti dell’amministrazione capitolina, ma a causa di un male incurabile è scomparsa il 20 febbraio del 2010, a soli 29 anni, prima che il giudice decidesse sul suo caso. Alla memoria di Samira è dedicato Campioni d’Italia?, un lavoro che ci consegna lo spaccato «di un’Italia giovane, piena di energia, ma fermata ai blocchi di partenza», scrive il sottosegretario Graziano Delrio nella prefazione al libro, «un’Italia di cui abbiamo bisogno perché sarà protagonista del nostro futuro».

Si può affrontare il tema della cittadinanza in modi molto diversi e sicuramente anche parlando di sport. Nelle diverse discipline (calcio, atletica, tennis o sport “minori”) è particolarmente evidente il problema di ragazzi ed atleti cresciuti in Italia ma che, almeno burocraticamente, ancora italiani non sono. In questo libro la questione cittadinanza è trattata da diversi punti di vista: si inizia con la situazione legislativa (apparentemente in movimento ma su certe posizioni sempre immobile) e con una parte dedicata alla rete G2, per capire chi ne fa parte e le richieste. Si passa al ruolo delle diverse federazioni, alla situazione di integrazione sportiva nelle diverse discipline. Per arrivare alle storie degli atleti, costretti spesso ad affrontare oltre che prove sportive anche sfide di tutt’altro genere: 100 “campioni” raccontati, nati in Italia o arrivati da piccoli nel nostro paese. (da www.sinnos.org) Mohamed Abdalla Tailmoun, Mauro Valeri, Isaac Tesfaye, Campioni d’Italia? Le seconde generazioni e lo sport, Roma, Sinnos Editrice, 2014

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