NUMERO 59 . set2023 . Compartimenti stagni o comportamenti stagni?

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ДЕТИ (BAMBINI)

COMPARTIMENTI STAGNI O COMPORTAMENTI STAGNI?

Abbiamo la tendenza a imitare i silos, i sottomarini a compartimenti stagni. Tendiamo a erigere muri e paratie per difendere, tutelare, preservare, limitando la partecipazione degli altri alla nostra vita.

Per non parlare, poi, dell’accelerazione impressa dal digitale, che induce alla perdita del legame sociale.

Il rischio che dobbiamo sventare è una recessione sociale, un collasso

nei nostri rapporti interpersonali, la tossina letale dell’indifferenza che porta a chiuderci in personalismi, egoismi e narcisismi. Ricordiamoci che non c’è sovranità nella solitudine! In questo mondo di uguali le eccezioni spaventano. Dobbiamo invece considerare la diversità come il motore di ogni evoluzione. Quindi interpretarla come una importante opportunità da cogliere.

E, nel rapporto con gli altri, l’ascolto e il dialogo sono, a maggior ragione oggi, indispensabili per affiancarci alle persone contribuendo ad alimentare la coesione sociale e il piacere di interscambiare e di condividere.

L’ascolto e il dialogo sono il respiro dell’Uomo!

SETTEMBRE 2023

N.59

PROGETTO

Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.

Prima parola: INFORMAZIONE.

Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta

avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.

Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,

confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.

Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore

di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!

Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!

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IL NOSTRO PERCORSO

L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.

Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.

E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.

Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci

limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.

Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.

rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.

BENVENUTI A BORDO!

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

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FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento Intelligenza Emotiva per acquisire un vantaggio competitivo e il benessere dei Collaboratori

2a Parte

ALBERTO LUCA RECCHI

Esploratore del mare Un orso nel piatto

FILOMENA MAGGINO

Professore ordinario di Statistica Sociale Università La Sapienza di Roma

Benessere e Politica: gli asset strategici

REMO LUCCHI

Esperto in ricerche sociali L’obiettivo della vita, e come raggiungerlo

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INDICE
14 10 pg. 24 Autori pg. 30 Manifesto NB. GLI ANZIANI, SINTESI DI UNA GENERAZIONE. LEGGI IN ULTIMA PAGINA
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Intelligenza emotiva per acquisire •Un vantaggio competitivo •Il benessere dei collaboratori

2a parte

APPROFONDISCI FABRIZIO FAVINI
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Nella puntata precedente abbiamo visto come ora più che mai abbiamo bisogno di una nuova cultura, la cultura dello Sviluppo Umano. E senza più nessuna esitazione.

Quindi non stiamo parlando di razionalità, logica e cognizione bensì di Intelligenza Emotiva, ossia dell’uso intelligente delle nostre emozioni.

Le emozioni sono informazioni. Fanno parte della natura umana. Ci aiutano a regolare la nostra mente ed il nostro corpo, a trovare la nostra strada di vita. Se è così, perché amputarcene?

L’obiettivo è pertanto di far lavorare per noi le nostre emozioni avvalendocene come supporto per meglio pilotare i nostri comportamenti verso gli obiettivi della nostra esistenza.

Il nostro cervello è cresciuto secondo spinte evolutive casuali con la caratteristica che sulle sue strutture primordiali si sono sovrapposte nuove aree, con scarsissima o nessuna coordinazione tra di loro.

Ne deriva che i nostri comportamenti vengono influenzati da emozionalità in modo del tutto originale e altamente soggettivo. Siamo tutti uguali? No! Siamo tutti diversi!

L’Intelligenza Emotiva ci offre dunque la possibilità di scegliere come esprimere i nostri atteggiamenti, attenuando ed educando le risposte emotive, migliorando i nostri rapporti e rendendo più consapevoli e responsabili i nostri comportamenti.

Nei nostri rapporti interpersonali l’inespressività emotiva spesso comunica un messaggio negativo, un senso di distacco, di indifferenza, di disinteresse.

Una recente ricerca su 2.000 manager USA ha dimostrato una forte correlazione tra indifferenza caratteriale e prestazione scadente. E c’è da chiedersi: quanto è

concretamente diffusa la consapevolezza di questa situazione?

Se le nostre aziende non riescono a far evolvere i comportamenti di una crescente popolazione di Collaboratori è perché esse adottano un modello di apprendimento che tuttora privilegia l’aspetto razionale ed ignora l’aspetto emozionale.

Nel mondo del lavoro si sta affermando la consapevolezza che la Human Satisfaction costituisca una indispensabile evoluzione a favore della Sostenibilità Sociale delle imprese. I benefici che ne derivano consistono in un aumento significativo della qualità del lavoro e del rapporto interpersonale, dello spirito di iniziativa, del senso di responsabilità, dello spirito di collaborazione e di condivisione, del clima aziendale. Nel complesso, ciò che chiamiamo benessere collettivo.

Dobbiamo pertanto riuscire finalmente a coniugare le aspirazioni della Persona con le esigenze di competitività dell’Azienda.

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PRODUTTIVITÀ DELLE NOSTRE AZIENDE

Quando in Azienda si parla di produttività ci si riferisce subito a numeri, ottimizzazioni, parametri di efficienza.

Analizziamo sempre il QUANTO, ignorando il COME, dimenticando che la produttività, prima di essere un processo economico e tecnologico, è il risultato di una predisposizione mentale.

I nostri media da tempo evidenziano un importante calo nella produttività media oraria della nostra economia: dal 2000 al 2020 la produttività in Italia è aumentata del 2,7%; in Germania del 16,7%.

Ciò dipende da una flessione di:

• motivazione/soddisfazione: su 6 Paesi UE, l’Olanda (benchmark) ha il 18% di lavoratori insoddisfatti; l’Italia il 34%

• engagement: in Italia solo il 14% dei Collaboratori si sente engaged; il 68% si sente disengaged; il 18% very disengaged (trasmettendo il loro disimpegno a Colleghi e, a volte, anche ai Clienti).

In fatto di assenteismo ne deriva che solo il 41% dei Collaboratori italiani è sempre stato presente in azienda (vedi slide). E solo l’11% dei Collaboratori si sente pienamente soddisfatto rispetto alle 4 dimensioni del benessere lavorativo: relazionale, psicologico, fisico, economico (ricerca 2023 Osservatorio HR Innovation del Politecnico di Milano - 800 interviste).

Consideriamo, infine, che nei 27 Paesi della UE la perdita di produttività dovuta all’assenteismo è stata stimata in 136 miliardi (EU OSHA – Indagine 202016.622 interviste).

La combinazione tra insoddisfazione, disengagement ed assenteismo conduce ad un risultato allarmante: mediamente il Datore di lavoro paga 100 e ottiene 57 in controvalore!

Dove va a finire la nostra competitività?

È quindi assodato che il rapporto interpersonale può favorire o indebolire le prestazioni, individuali e di gruppo. Il problema è che in molte Organizzazioni il rapporto impersonale è la norma.

Se il Manager si desintonizza dai suoi Collaboratori per evitare di prenderli in considerazione, ne consegue che il Manager:

• non riconosce e non premia i punti di forza, i risultati, i meriti

• non offre utili feed-back per lo sviluppo delle persone

• non pianifica la loro crescita

• non fa da mentore, non offre guida, non fa crescere, non protegge.

Il peso e il valore dell’Intelligenza Emotiva possono solo aumentare dal momento che l’Azienda competitiva diventa sempre più dipendente dal talento sensibile e dal comportamento consapevole dei suoi Collaboratori. Infatti le regole del lavoro sono cambiate: conoscenza ed esperienza non bastano più. Ora ci servono consapevolezza di sè, motivazione di sè, padronanza di sé, rapporto empatico, abilità sociali.

In tal caso lo spirito di appartenenza di ciascun Collaboratore alla propria

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Organizzazione diventa molto solido se giocato sul fronte delle emozioni, e non più sul puro doverismo, sull’arida gerarchia, sul decreto aziendale, sul mero obbligo sindacal-contrattuale.

L’attuale 4a Rivoluzione Industriale è considerata dagli esperti non solo come un prepotente potenziamento della tecnologia, bensì come un vero e proprio ripensamento a 360° del modo di lavorare. E la certezza di tale prospettiva è che, per sostenere questa sfida, la Persona deve poter provvedere al proprio reskill, ovvero ridisegnare le proprie competenze vincenti. E, dato che il lavoro è un processo sociale, le competenze sociali ed emotive sono competenze professionali a pieno titolo!

UN FONDAMENTALE DISTINGUO

Osservando il Collaboratore percepiamo che: • quello che sa fare lo vediamo dalla competenza: SKILL

• quello che pensa lo deduciamo dal comportamento: WILL.

NB. I nostri comportamenti sono pensieri e sentimenti messi a nudo.

Se la Persona non collabora, resiste al cambiamento o decide di giocare la partita solo in apparenza esiste un problema di fondo che l’Azienda pesantemente sottovaluta.

Infatti, i livelli di soddisfazione e di performance saranno tanto più elevati quanto più l’unicità e la motivazione del Collaboratore vi troveranno spazio.

Da questa situazione scaturisce per il Collaboratore la possibilità di attribuire un senso al proprio lavoro e di rispondere alle sfide ad esso connesse in quanto vissute quali proprie realizzazioni.

In tal caso la responsabilità che la sfida richiede alla Persona risulta condivisa e funzionale alle

sue aspettative e, quindi, egli vi aderisce e vi si dedica in piena coerenza e senza riserve mentali.

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Fabrizio Favini
continua
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Un orso nel piatto

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Io non sono vegano e nemmeno vegetariano, ma non per questo mi sento autorizzato a mangiare tutto come faceva mio nonno o come facevo anch’io fino a un po’ di tempo fa, quando non mi ponevo la domanda delle domande: dove fermarci? Fino a dove è lecito uccidere?

Certo, tutti ci uccidiamo. La natura è un mangiarsi a vicenda. Solo le piante non uccidono altri viventi, accontentandosi di acqua e luce.

Noi sapiens - l’elogiativo ce lo siamo autoattribuito - siamo i mangiatori più voraci e spregiudicati del pianeta, siamo sempre stati così. Abbiamo sterminato

gli animali di grossa taglia in Australia, in Nuova Zelanda, in Papua Nuova Guinea, nel Nord e nel Sud America. Ovunque siamo arrivati abbiamo fatto piazza pulita. Gli orsi grigi della California sono sulla bandiera dello Stato ma l’orso è stato sterminato molto tempo fa. L’animale simbolo delle Mauritius è il Dodo, un colombaccio alto come un bambino, ma poco agile, che i nostri progenitori hanno sterminato. L’orso grigio della California e il Dodo non ce l’hanno fatta. Sono sopravvissuti per milioni di anni e poi sono spariti. Eppure, a loro per sopravvivere sarebbe bastata la nostra assenza.

Migliaia di altre specie, in mare e sulla

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COMPARTIMENTI STAGNI O COMPORTAMENTI STAGNI?

terraferma sono nella condizione dell’orso grigio della California e del Dodo. Sono in questa situazione tutti gli animali che non si sono abituati a scappare di fronte a noi.

Ma il problema non è solo loro, è di tutti noi, perché facciamo tutti parte di una rete, connessi come anelli di una catena, e la rottura di un anello rompe la catena.

E allora è arrivato il momento di affrontare l’argomento. Non possiamo più rimandare la scelta, dobbiamo decidere oggi. Tutti insieme. Dove vogliamo fermarci? Dove vogliamo smettere di uccidere?

Fino ad oggi abbiamo scelto in base alle opportunità, alle abitudini, alla religione, a quello che ci preparava la nonna. Oggi dobbiamo prendere una decisione consapevole.

Dove deve cominciare la no killing zone?

Posto che i viventi vanno dalla lattuga, ai lieviti fino al vicino di casa, dove dobbiamo fermarci? Fino a dove è lecito togliere la vita a un vivente che un attimo prima ce l’aveva e

che, se non avesse incontrato noi, un attimo dopo ce l’avrebbe ancora?

Io una risposta ce l’ho, ma solo per il mare. E la dipano con un esempio.

Se un amico vi invita a cena e vi propone un filetto di lupo alla brace e un trancio di orso al sugo, credo gli direste: “ ma, sei matto?”.

Ma se lo stesso amico vi dice: “stasera filetto di squalo alla brace e trancio di pesce spada al sugo, forse gli direste: “ il vino te lo porto io”.

Due reazioni diverse per due cene simili.

Gli squali e i pesci spada sono gli orsi e i lupi del mare. Tutti e quattro sono super predatori al vertice di quella piramide alimentare con una base ampia e un vertice sottile in cui chi è sopra mangia chi è sotto. E in questo divorarsi a vicenda, i super predatori non sono mangiati da nessuno. Per questo la loro mamma fa pochi figli alla volta, che spesso impiegano anni prima di diventare fertili.

Se abbiamo le idee confuse - e ci sta, perchè siamo la prima generazione a farsi queste domande - utilizziamo almeno questo criterio elementare: dato che non mangiamo i super predatori terrestri, evitiamo di mangiare i super predatori del mare, come gli squali e i pesci spada.

E guardate che noi di squali ne mangiamo tanti, spesso senza saperlo. Il pesce pavone è uno squalo, la verdesca è uno squalo, la vitella di mare è uno squalo, il palombo è uno squalo, il gattuccio è uno squalo. E potrei continuare.

Tra l’altro, da quando in mare la tecnologia e la conseguente pesca industriale ha preso il posto della tradizione, oramai non si pesca più: ogni volta si fa una strage. Lenze

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lunghe decine di chilometri trascinano migliaia di ami; reti a strascico tenute sul fondale con catene arano e distruggono ettari di mare; reti in sospeso a mezz’acqua sono così grandi che potrebbero contenere una intera cattedrale.

Cosa stiamo facendo? Siamo impazziti?

Abbiamo dichiarato guerra agli oceani. Se la vinceremo, ci estingueremo come specie, perchè gli oceani, oltre a cibo e benessere, ci regalano l’aria che respiriamo: un respiro su due, infatti, lo dobbiamo alle piante del mare.

Stiamo rompendo un giocattolo che non sappiamo come riparare. Il buon senso ci dice che se una cosa non la sai aggiustare, allora non la devi rompere.

Ma noi tiriamo dritto perchè non ce ne accorgiamo. La superficie del mare è sempre blu, immensa e bellissima e nasconde tutto quello che succede sotto. Un ghiacciaio che si scioglie, lo vedi: ieri c’era e oggi viene giù. Una foresta che brucia, la puoi anche fotografare, ma un mare che muore non fa rumore e poco si presta a foto fascinose. E sappiamo che... no pictures no story.

Allora, cosa possiamo fare noi che non abbiamo una nave da pesca, non gestiamo una raffineria, non creiamo il buco nell’ozono e non tagliamo il corno ai rinoceronti?

Tutti noi possiamo fare qualcosa. A tavola, dato che tutti mangiamo. E oggi mangiare non è più qualcosa che si può fare distrattamente. Oggi mangiare è una scelta etica, politica, ecologica. Non solo di gusto, di abitudini o di spesa.

Almeno smettiamo di mangiare certi pesci.

Mio nonno la domenica si mangiava il delfino al sugo: il mosciame in umido con le

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patate. Nonno era un brav’uomo: era basso, calvo e faceva il sarto, però era ignorante. Non sapeva. Mangiava il delfino perchè era buono, e allora si conosceva ben poco degli animali del mare. Un delfino o una ricciola erano considerati la stessa cosa. A nessuno veniva in mente che il primo era un mammifero e il secondo un pesce. E anche se veniva in mente, che differenza faceva? Non era importante cosa mettere nel tegame; c’era la fame o il ricordo della fame e il solo trovare proteine era già un successo.

Ma oggi non è più così. Oggi se entriamo in un supermercato troviamo 20.000 prodotti diversi tra cui scegliere. Non possiamo più mangiare in maniera ignorante come faceva mio nonno. Non ce lo possiamo più permettere.

Facciamo quel poco che possiamo fare. Tutti. Subito. E con il sorriso. Smettere di mangiare lo squalo o il pesce spada non è poi un gran sacrificio. E il mare, a cui tutti dobbiamo un respiro su due, ce ne sarà riconoscente.

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Benessere e politica: gli asset strategici

FILOMENA MAGGINO

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I tempi che stiamo vivendo ci stanno imponendo non tanto - e non solo - diversi cambiamenti nella nostra quotidianità ma anche cambiamenti nelle nostre mentalità e nelle nostre visioni.

È per questo che si parla molto di riorientamento, rigenerazione, transizione, ecc. termini ai quali vengono attribuiti vari aggettivi come territoriale, urbana, ecologica, digitale, ecc. Si tratta sempre di termini che si riferiscono a processi e che rappresentano la necessità di passare da una condizione ad un’altra.

Graficamente, è come voler passare da un punto ad un altro. In realtà, la transizione da un punto ad un altro presenta molteplici possibilità, 360° di opportunità, per l’appunto.

È per questo che qualsiasi tipo di transizione richiede un orientamento, una bussola che consenta di raggiungere non un punto qualsiasi ma un punto specifico corrispondente alla vera meta da raggiungere.

Ma qual è la vera meta da raggiungere

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da parte di una società in transizione? Non esistono dubbi: il benessere, che è dei singoli, che è delle comunità, che è dell’ambiente, considerando il tutto all’interno di un’unica visione sistemica, che riconduca ad un’unica armonia.

Ecco perché appare sempre più chiaro e impellente che si debba rimettere in campo la politica con la “P” maiuscola, quella che si preoccupa e agisce affinché il benessere venga promosso e distribuito equamente.

Riferendoci all’Italia, appare sempre più chiaro come le varie emergenze da gestire non possono essere interpretate come l’emergere di tante fragilità. Pertanto, è fondamentale e urgente l’analisi di quelle fragilità e dei rischi ad esse connessi (nella popolazione, nel territorio, ecc.) ma anche l’individuazione delle risorse a disposizione e che è possibile attivare (capacità, potenzialità di cui l’Italia è ricca).

Si fa vera sostenibilità quando ci si focalizza sulle fragilità e sui rischi comprendendo le capacità e conoscendo le risorse di partenza a disposizione.

Le azioni da intraprendere devono mirare al potenziamento della accessibilità, del radicamento, della capillarità, della continuità e della permanenza degli asset fondamentali del Paese indispensabili per la promozione del benessere. Vanno dunque individuati correttamente i settori che dovranno essere considerati strategici, quindi non commerciabili, che negli ultimi tempi sono emersi chiaramente, e che valgono ora e in futuro.

A tal fine occorre costruire e proteggere quegli asset strategici che proprio per questo non sono negoziabili.

Prima di tutto l’Istruzione e la Ricerca; la prima partecipa alla formazione dei cittadini affinchè siano persone consapevoli e responsabili; la seconda apre processi e percorsi individuali dove, per attitudini e per vocazione, si coltiva un settore strategico. In questa prospettiva, è importante che venga concessa alla scienza la libertà di spaziare, di studiare, di sperimentare, perché la scienza non deve rispondere a protocolli rigidi o immodificabili (come la tecnologia); ce lo insegna il passato: se ci fosse stato un protocollo, avremmo forse avuto i ragazzi di Via Panisperna?

La scienza differisce dalla tecnologia perché quest’ultima necessita di una visione, di un obiettivo, cose che non devono essere richieste necessariamente alla scienza. La nostra comunità scientifica deve avere ben chiaro l’obiettivo di mantenere viva la discussione scientifica sui temi che ci coinvolgono … e discussione è il vero spirito della scienza: non dovremmo mai dimenticarlo!

Qualcuno dice che la scienza non è democratica; io penso che la scienza sia rivoluzionaria, perché dal confronto possono nascere nuove idee che, proiettandosi nel futuro, possono cambiare la vita, in meglio o in peggio.

Altri asset strategici sono la Sanità, fondamentale nel supportare i cittadini nei momenti di perdita della salute, e

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la Comunicazione, intesa sia in senso immateriale - il comunicare e l’entrare in relazione - che fisico: trasporto, mobilità (se vogliamo fare un esempio, è importante avere la certezza di poter disporre di un trasporto pubblico, un autobus che ogni 15 minuti vedo passare davanti casa; deve essere fornito e percepito come servizio, testimonia l’attenzione alle esigenze dei cittadini).

Altri due asset strategici sono l’Energia e la Sicurezza. Abbiamo compreso che avere un settore energetico che continua a sostenere le esigenze del Paese consente di continuare a produrre e sostenere la vita dei cittadini (ritorniamo quindi all’importanza della continuità). L’ultimo asset, quello della Sicurezza, è riferito sia all’individuo, quindi il welfare, ma anche alla sicurezza nazionale.

Per promuovere il benessere del Paese, abbiamo quindi individuato i settori

importanti che sono le linee strategiche che ci hanno portato a comprendere anche le fragilità e le risorse fino a definire gli asset strategici, avendo sempre ben chiari quali sono i domini del benessere.

Il benessere può essere perseguito da tutti, non è una politica, e la premessa per tutto ciò è la fiducia.

La fiducia è una costruzione comune, sia interpersonale che per le Istituzioni, ed è basilare per il raggiungimento del benessere.

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Filomena Maggino
COMPARTIMENTI STAGNI O COMPORTAMENTI STAGNI?

L’obiettivo della vita, e come raggiungerlo

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COMPARTIMENTI STAGNI O COMPORTAMENTI STAGNI?

Come saggiamente suggerisce

l’Agenda 2030 dell’ONU, l’obiettivo prioritario che abbiamo è di vivere bene la nostra vita, possibilmente in tutta la sua durata.

Considerando tutte le possibili variabili che possono intervenire nell’assicurarci il raggiungimento di questo obiettivo, l’Agenda 2030 ritiene prioritarie due aree:

• l’area dell’ambiente: il contesto in cui viviamo deve essere rispettato, con grande attenzione, sempre e in ogni senso. Di per sé l’ambiente sostanzialmente si auto-rispetta. La presenza di esseri umani, viceversa, può creare grandi problemi. E la crescita di questi problemi è potenzialmente impressionante: nel 1800, dopo milioni di anni, c’era sul Pianeta solo 1 miliardo di persone; nel 1950, dopo soli ulteriori 150 anni, le persone erano più che raddoppiate: 2,5 miliardi. Oggi, dopo altri 70 anni, siamo più che triplicati: la popolazione è di 8 miliardi!

• l’area della relazione tra gli individui: deve essere sempre adottata una relazione positiva, guidata dal senso civico, dall’etica, dal rispetto degli altri, e non dalla contrapposizione. L’attenzione agli altri, ed essere disponibili all’aiuto in caso di necessità, rappresenta una condizione fondamentale per raggiungere l’obiettivo vero che è il vivere bene.

Le due aree – ambiente e relazione positiva con gli altri – fanno tuttavia molta fatica ad essere rispettate. Questo significa che buona parte degli individui non ha in mente il tema salvifico della Sostenibilità, sia sociale che ambientale.

Dato che tutto ciò non è accettabile, perchè abbiamo solo questa vita da vivere - con l’obiettivo di viverla bene - dobbiamo

capirne le cause ed individuare soluzioni di rimedio adottabili con assoluta urgenza.

CHE COSA OSTACOLA

Sia l’ambiente che la relazionalità positiva hanno lo stesso nemico: l’assenza di benessere mentale in una parte costantemente crescente della popolazione.

Perché l’assenza di benessere ostacola; e che cosa causa questo fenomeno?

L’ostacolo deriva dal fatto che la situazione di infelicità porta l’attenzione solo su se stessi, con l’obiettivo di trovare rimedi nel più breve tempo possibile. Quindi tutto ciò che è fuori da sé – gli altri, l’ambiente – non interessa; ed inoltre le attenzioni sono solo sul breve periodo, e non sul futuro.

Ciò che ha causato questo fenomeno - che si sta verificando con elevata intensità per la prima volta nella Storia - è un problema piuttosto complesso.

Ha origine dal fatto che negli ultimi 3-4 lustri le nuove generazioni sono entrate nell’adultità con una istruzione completamente diversa dalle generazioni precedenti, che erano totalmente incolte e rassegnate.

Pur non completando la formazionee questo è un problema - queste nuove generazioni hanno comunque studiato fino alle medie superiori: hanno raggiunto una certa individualità - prima erano solo masse - ed un buon senso critico. Non proseguendo gli studi, la centratura è però rimasta su se stessi. E sono entrati nell’adultità con il desiderio di partecipazione, protagonismo, inclusione. Ma ciò è avvenuto in un periodo di complessità sociale (globalizzazione, crisi

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finanziarie) che ha purtroppo provocato la caduta nel precariato di queste nuove generazioni.

Le conseguenze però non sono state accettate (diversamente dal passato, caratterizzato da rassegnazione): forte senso di infelicità, forte centratura su se stessi, ribellione, populismo, contrapposizione, con l’unico desiderio di risolvere i propri problemi al più presto. Quindi presso questi target, che oggi rappresentano ormai la maggioranza, il tema della Sostenibilità non viene minimamente considerato:

• il tema dell’ambiente è di totale marginalità: la quota di individui coinvolti sul tema dell’ambiente non supera il 10%, a fronte del coinvolgimento quasi totale (8090%) rilevato nei portatori di elevato benessere

• il tema della relazionalità positiva non fa più minimamente parte della loro cultura: vivono nella più totale contrapposizione, non avendo come obiettivo le soluzioni condivise, ma il contrasto e il conflitto.

COME RIMEDIARE

Il tema è di grandissima rilevanza, avendo l’obbligo di prestargli forte attenzione e di trovare soluzioni. I problemi del futuro e della Sostenibilità devono avere per definizione la priorità su tutto in quanto riguardano la nostra vita.

La causa dominante, come abbiamo visto, risiede nell’incapacità delle nuove generazioni di essere protagoniste, tanto quanto lo avevano desiderato. Domina il senso di abbandono che percepiscono attorno a loro; contesto totalmente distante dai sogni che si erano innescati con quella discreta formazione che avevano raggiunto.

Non si sono capite due cose, per difetto di capacità diagnostica anche da parte di chi gestisce il Sistema:

• obiettivo: l’individuo. Se si desidera creare un individuo adulto di valore, bisogna sempre completare l’investimento di formazione culturale, facendo capire che

1. le scuole medie superiori sviluppano solo senso critico: fanno scoprire il se stesso, che ha certamente un valore prioritario, ma che è del tutto insufficiente per creare una persona completa

2. la prosecuzione dell’istruzione aggiunge senso civico ed etica, che fa scoprire anche gli altri, la loro essenzialità, e quindi la relazionalità positiva: senza la relazionalità non si produce vita;

• obiettivo: il Paese. Se si desidera creare un vero Paese, questo investimento formativo completo, che crea veri individui, è fondamentale in quanto

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le nuove generazioni sono l’unica ricchezza futura che il Paese ha. E quindi aiutarle a proseguire gli studi è un dovere del Paese, al di là delle risorse delle famiglie di appartenenza, il più delle volte insufficienti. Per lo Stato non è un costo, ma un investimento.

Quindi, l’unico vero investimento è la formazione completa degli individui:

• possibilmente non solo culturale (scolastica) di cui si è parlato, e che riprendiamo qui di seguito

• ma anche professionale, sulla quale ci soffermiamo più avanti.

LA FORMAZIONE CULTURALE SCOLASTICA

La formazione culturale completa è sociologicamente fondamentale per consentire ai giovani di entrare in una vera adultità responsabile, collaborativa e costruttiva.

Va comunque considerato che l’esigenza di formazione culturale completa è un obiettivo sostanzialmente nuovo.

Il valore della cultura deve essere creato quasi ex-novo e quindi bisogna investire sempre su di essa durante tutto il percorso di formazione, iniziando dalla prima adolescenza e sostenendo sempre la desiderabilità della prosecuzione e del completamento degli studi.

Per raggiungere questo fondamentale obiettivo, la scuola deve essere molto vicina allo studente aiutandolo a superare eventuali difficoltà: deve essere dalla sua parte prevenendo depressioni, ridando orgoglio in se stessi e possibilmente iniettando capacità di resilienza e capacità rigenerativa anche in caso di ostacoli.

E ciò in tutti i tipi di scuola, dalle medie all’università. Tutti ce la devono fare.

È indubbio che organizzare una formazione culturale completa, in molti casi finanziata dallo Stato, richiede una importante determinazione e, comunque, un tempo organizzativo non breve. Ci vogliono anni.

C’è però la possibilità di trovare soluzioni complementari – non sostitutive –attraverso la formazione professionale. In termini ideali la formazione professionale dovrebbe innestarsi dopo la formazione culturale/scolastica. Tuttavia un contributo veramente importante potrebbe darlo agendo anche in modo indipendente.

LA FORMAZIONE PROFESSIONALE

La formazione professionale in sé è fondamentale. Sarebbe ottimale se venisse aggiunta alla formazione culturale basica, ma la sua indispensabilità non sarebbe mai messa in discussione, in ogni caso.

Viene definita formazione professionale ma in realtà si tratta di una formazione della persona che entra nell’adultità in quanto individuo ed in quanto lavoratore.

Questo tema, di cui si dovrebbe occupare l’Azienda in cui si lavora, è stato molto studiato nelle ricerche sociali e per i lavoratori è risultato uno dei temi più interessanti in assoluto.

Analizzando tutte le possibili declinazioni di questa formazione, un massimo di preferenza è auspicabile per i cosiddetti interventi di work-life balance, che prevedono che l’individuo sia considerato nella sua complessità di esigenze, non solo quelle del contesto lavorativo.

L’essere al fianco di questi soggetti,

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mettendo anche a disposizione un supporto per le più varie esigenze della vita privata, sollecita un senso di gratitudine davvero profondo, soprattutto se ci si rende conto che l’investimento fatto ha l’obiettivo prioritario di arricchire il lavoratore in tutti i sensi.

Si tratta di uno degli investimenti più importanti in assoluto, con ritorni certi sia per l’Impresa in cui si lavora, sia per il Paese/la Società in generale:

• l’Impresa: è il soggetto che ha organizzato – investendo – questa nuova “ricchezza” per gli individui lavoratori. È ben vero che i destinatari di questi sforzi sono i lavoratori, ma è altrettanto vero che i ritorni finali sono per le Aziende che hanno investito; nelle analisi fatte, nel medio termine i ritorni per le imprese sono ben più elevati degli investimenti fatti;

• il Paese/la Società in generale: questi tipi di investimento hanno anche un incredibile risultato sociale, soprattutto se adottati da un numero elevato di imprese. Producono soddisfazione lavorativa, riducono le depressioni,

aumentano il benessere, riducono le contrapposizioni sociali, aumentano la percezione positiva del contesto lavorativo. Infine cresce la disponibilità a considerare l’importanza del tema della Sostenibilità.

UNA NOTA SULLA FORMAZIONE PROFESSIONALE COORDINATA DALLE IMPRESE

Le Imprese, quindi, dovrebbero assumersi il ruolo della formazione dei Collaboratori. L’unico problema che può nascere è connesso alla capacità di essere corretti/ adeguati nelle decisioni e negli indirizzi da adottare.

Con elevata probabilità c’è bisogno di aiuto.

Nelle grandi aziende non c’è più l’Imprenditore; il tutto è sostanzialmente governato dalla finanza e dalle sue logiche di breve periodo. Nelle ricerche sociali condotte presso i Responsabili delle Risorse Umane (HR) emergono costantemente preoccupazioni connesse agli investimenti necessari. Spesso si rileva la percezione da parte degli HR di sentirsi un po’ soli – anche abbandonati - nelle decisioni, non supportati nel cercare le migliori soluzioni. Si tratta in genere più di logiche finanziarie che di contenuti professionali: il più delle volte si è constatato che gli HR hanno ben chiaro il contenuto che deve avere la formazione professionale e comportamentale.

Nelle piccole aziende, che sono la grande maggioranza in Italia, c’è l’Imprenditore che prende le decisioni agendo il più delle volte in piena autonomia. Però non necessariamente dispone di una cultura formativa adeguata per prendere le decisioni più opportune. Quello che si è constatato è che le decisioni vengono

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COMPARTIMENTI STAGNI O COMPORTAMENTI STAGNI?

spesso prese in funzione più di specifiche e contingenti necessità aziendali che non di ampia formazione del Collaboratore.

È quindi auspicabile che il tema venga sostenuto ed abbia l’appoggio consulenziale delle Organizzazioni Associative di riferimento, sia per l’ottimizzazione delle soluzioni da adottare, che – nel caso - per le necessità finanziarie richieste dall’investimento.

Remo Lucchi

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Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

AUTORI
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ALBERTO LUCA RECCHI

Esploratore del mare, racconta con le immagini la vita degli Oceani e ne svela i segreti e le fragilità attraverso conferenzespettacolo in Italia e

all’estero. Sono sue le prime spedizioni al mondo alla ricerca di balene (1998) e squali (1999) nel Mediterraneo. È l’unico italiano ad aver realizzato un

libro fotografico per il National Geographic e ad aver tenuto una conferenza sul mare all’Explorers Club di New York, il gotha degli esploratori di

tutto il mondo. È autore di 7 libri, di cui 5 con Piero Angela. Suoi sono i Podcast “un Mare di Storie”. Due romanzi sono ispirati alla sua vita: “Il Quoziente

Umano” di Simone Perotti e “Le Voci Segrete del Mare” di Mari Caporale.

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Professore Ordinario di Statistica Sociale - Dipartimento di Scienze Statistiche - presso Università Sapienza di Roma.

FILOMENA MAGGINO

Presidente della Associazione

Italiana per gli Studi sulla Qualità della Vita (AIQUAV).

Coordinatrice

del Dipartimento per il Benessere Integrale, Pontificia Academia Mariana Internationalis. Editor-in-Chief

della rivista Social Indicators Research (https://www. springer.com/ journal/11205). Già Presidente della

Cabina di regia Benessere presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Dal novembre

2015 è presidente dell’advisory board di Eumetra, Istituto di nuova concezione per lo studio della discontinuità e

REMO LUCCHI

dei nuovi eventi sociali alimentati dai nuovi approcci della Sostenibilità.

È stato cofondatore, Direttore della ricerca,

Amministratore Delegato e Presidente di GFK Eurisko. Dal 1978 in poi Docente in ricerche sociali e di mercato in

varie università. Ha personalmente sviluppato la principale ricerca sociale in Italia, punto di riferimento per l’analisi

dell’evoluzione sociale e per la definizione delle strategie media.

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img: wikipedia.org Cena in Emmaus Caravaggio 1601-1602 29
DIDA

Perché Rivoluzione Positiva?

Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

MANIFESTO

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i

presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro

modo di pensare e, quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci

rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

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Oggi chi non si ferma a guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare,

STUDIO BETTINARDI BOVINA

di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali

di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si

uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

DOTTORI COMMERCIALISTI E REVISORI CONTABILI
STUDIO BETTINARDI BOVINA Dottori Commercialisti e Revisori Contabili Galleria Unione, 1 - 20122 MILANO, ITALIA Tel: +39 02 805 804 210 - Fax: +39 02 936 602 65 Via Bacchini Delle Palme, 1 - 37016 GARDA, ITALIA Tel: +39 04 562 703 11 studio@studiobettinardibovina.it
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CHI
MAGAZINE
PREGATO DI INVIARE UNA EMAIL A INFO@RIVOLUZIONEPOSITIVA.COM 32
DESIDERA ISCRIVERSI AL
È

Ci danno il loro supporto:

Deltavalore Progetti per l’innovazione del comportamento mobile 335.6052212

info@rivoluzionepositiva.com

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Applicazioni web based mobile 329-2115448

tommasocrippa@tamberlow.com

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GLI ANZIANI

Siamo nati negli anni 40-50-60.

Siamo cresciuti negli anni 50-60-70.

Abbiamo studiato negli anni 60-70-80.

Ci frequentavamo negli anni 70-80-90.

Ci siamo sposati e abbiamo scoperto il mondo negli anni 70-80-90.

Ci avventurammo negli anni 80-90.

Ci stabilizzammo negli anni 2000.

Siamo diventati più saggi negli anni 2010. Stiamo andando con decisione verso il 2030.

Si scopre che abbiamo vissuto OTTO decadi diverse….

DUE secoli diversi….

DUE millenni diversi….

Siamo passati dal telefono con operatore per le chiamate interurbane alle videochiamate in qualsiasi parte del mondo; siamo passati dai cinema agli YouTube, dai dischi in vinile alla musica online, dalle lettere scritte a mano alle email e WhatsApp.

Dalle partite in diretta alla radio, alla TV in bianco e nero, e poi alla TV HD. Siamo andati al Video Club e ora guardiamo Netflix.

Abbiamo conosciuto i primi computer, schede perforate, dischetti e ora abbiamo gigabyte e megabyte in palmo di mano sui nostri telefoni cellulari e iPad.

Abbiamo evitato la poliomielite, la meningite, l’influenza aviaria e ora il Covid-19.

Abbiamo guidato pattini, tricicli, auto-giocattolo, biciclette, motorini, auto a benzina o diesel e ora guidiamo ibridi o elettrici al 100%.

Sì, ne abbiamo passate tante, ma che bella vita abbiamo avuto!

Potremmo classificarci come “essenziali”: persone nate in quel mondo degli anni Cinquanta che hanno avuto un’infanzia analogica e un’età adulta digitale.

Siamo una specie di “Yaa, seen it all” - già visto tutto. La nostra generazione ha letteralmente vissuto e testimoniato più di ogni altra in ogni dimensione della vita.

È la nostra generazione che si è letteralmente adattata al cambiamento.

Un grande applauso a tutti i membri di una generazione molto speciale, che sarà UNICA.

Autore ignoto. Ringraziamo Sergio Cattaneo per la segnalazione.

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