NUMERO 40 . feb2022 . L’emotività ci può essere di aiuto

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L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO In regime di emergenza è il momento di ricorrere alla nostra risorsa emotiva. Se prevale come d’abitudine - il razionale e il convenzionale, rischiamo. Esempio 1: Non uscire, c’è il virus! In questo caso l’elemento di persuasione colpisce il nostro cervello razionale. Alcuni decidono che la cosa non li riguarda e quindi escono.

Esempio 2: Non uscire, c’è il virus: rischi di portarlo in famiglia! In tal caso l’elemento di persuasione colpisce il nostro cervello emotivo. E restiamo a casa. Con la leva emotiva riusciamo a scalfire le nostre incrostazioni mentali; riusciamo a vedere cose che prima non vedavamo. La nostra componente emotiva deve diventare parte

attiva e fondamentale della soluzione. E quindi quali sono le competenze/abilità per sopravvivere/prosperare in clima di emergenza? La risorsa emotiva ci é più che mai di aiuto. Fabrizio Favini

N.40 FEBBRAIO 2022


PROGETTO Invitiamo i nostri lettori a

la nostra vita.Vedremo come

passeggiare insieme a noi

l’innovazione creativa concorra,

nel bosco della complessità

giorno dopo giorno, alla

e della positività. Vedremo

costruzione di nuovi modelli di

come la Ricerca - scientifica,

relazione economica, sociale,

sociopolitica, culturale, etica,

produttiva e organizzativa

economica e produttiva, insieme

procedendo instancabilmente,

all’Innovazione - tecnologica, di

in parallelo, alla distruzione di

metodo, di comportamento, di

quelli precedenti.

processo, di prodotto, cambia

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PERCORSO Un appuntamento mensile. Brevi articoli monotematici che rimandano ad approfondimenti, per chi desidera; repertori iconografici scelti in virtù di criteri estetici; l’impegno di affrontare e di interpretare in modo semplice, ma non semplicistico, la complessità; il piacere della scoperta, dello scambio e della relazione positiva con i nostri Lettori. Benvenuti a bordo!

Il Comitato di Redazione: Fabrizio Favini Edoardo Boncinelli Roberto Cingolani Enrico Giovannini Gianni Ferrario

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INDICE

06 10 14 20 FABRIZIO FAVINI

MARCO MANZONI

FRANCO GUIDI

ALESSANDRO RUSSO

Esperto di innovazione del comportamento

Artigiano culturale

Manager, economista, imprenditore

Presidente e CEO di Gruppo CAP

Fiducia e capitale umano oggi

Intervista

Un modo diverso di essere intelligenti: l’autoconsapevolezza - 2a parte

Il mondo prima della pandemia

Autori pg. 24 Manifesto pg. 30

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FABRIZIO FAVINI

APPROFONDISCI

Un modo diverso di essere intelligenti: l’autoconsapevolezza seconda parte 6


L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

PERCEZIONE E PREGIUDIZIO/BIAS Cerchiamo di sfatare una diffusa credenza: la convinzione che noi percepiamo il mondo come è realmente. Il modo in cui percepiamo il mondo rientra nel repertorio delle nostre difese. Le nostre difese preferite diventano abiti mentali; le difese che hanno successo diventano abitudine; l’abitudine crea lo stile di vita. L’apparato mentale di un individuo è in parte il risultato delle sue strategie difensive, della sua corazza caratteriale. La corazza caratteriale è il lato di noi rivolto verso il mondo; noi tutti ne abbiamo una per poter difendere e affermare la nostra personalità.

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Il modo specifico con cui una persona presta attenzione al mondo è di importanza decisiva per il suo intero modo di essere; inganna. Sono le nostre conclusioni a questo è il senso quando affermiamo che la depistarci: percezione modella il carattere. • estremamente soggettive e personali • basate su differenti livelli di conoscenza Le nostre percezioni del mondo esterno • elaborate secondo capacità del tutto sono quanto di meno oggettivo si possa soggettive di organizzare le informazioni. immaginare. In buona sostanza, ognuno di noi tende a Inoltre, la percezione è enormemente percepire ciò che si aspetta di percepire; in influenzata da ciò che non è tangibile. altre parole non vediamo le cose per come sono ma le vediamo per come siamo noi, La maggior parte di noi si percepisce con viziate da nostri desideri e aspettative. valori superiori alla media. Ciascuno di noi si considera unico; questa è la cosiddetta L’unico valido antidoto alla nostra illusione di superiorità. Dato che la maggior over-percezione è il costante esercizio parte di noi è convinta di essere superiore dell’autoconsapevolezza. per molti aspetti agli altri e avendo una visione distorta della realtà, tendiamo ad Le credenze configurano le percezioni: identificare l’illusione di superiorità negli quale che sia il nostro sistema di credenze altri, non in noi stessi. – religioso, economico, politico, sociale – i bias cognitivi manipolano l’interpretazione In sostanza, significa che abbiamo l’illusione delle informazioni in modo che di essere immuni alle illusioni. corrispondano al mondo che vorremmo, e non necessariamente al mondo come é Ma non è la percezione di per sé che ci realmente. 7


Fondamento di tutti i pregiudizi è la rigidità (*). I rigidi perdono costantemente l’opportunità per crescere; infatti il pregiudizio impedisce di andare alla scoperta di ciò che non si conosce. Un devastante effetto sociale del pregiudizio, dalle conseguenze a volte davvero pesanti, è che esso porta con sé una svalutazione marcatamente negativa degli altri. In pratica il pregiudizio funziona come un meccanismo di difesa con il quale attribuiamo ad altri quelle parti di noi che non riusciamo a riconoscere come proprie e che non riusciamo ad modificare/eliminare. Anche in questo caso, una cultura adeguata è in grado di disinnescare i pregiudizi controllandone le pulsioni più profonde. (*) “È più facile disintegrare l’atomo che un pregiudizio”. (Albert Einstein) ATTEGGIAMENTO MENTALE: L’AUTOCOMMISERAZIONE Le persone che si autocommiserano continueranno a farlo per perpetuare una situazione di confortevoli alibi nei confronti del mondo, senza così mai dover affrontare le proprie responsabilità. Il circolo vizioso dell’autocommiserazione è davvero perverso: pago un illusorio e fugace sollievo - dimostrare a me ed agli altri che sono una vittima - con la solida e durevole gabbia nella quale mi rinchiudo. L’autocommiserazione mi consente di accollare a qualcun altro la responsabilità della mia sofferenza: • ho l’alibi di non analizzare né cambiare il mio comportamento • posso mantenermi passivo in attesa che sia l’altro a fare la prima mossa

• posso farmi compatire per riscuotere benevolenza e comprensione. L’autocommiserazione mi consente di continuare a darmi ragione: • ho la certezza di considerarmi vittima e, pertanto, persona apprezzabile ed encomiabile • mi sento protetto perché “innocente” quando gli altri sono “colpevoli” • agisco sulla base della dicotomia Giusto/ Sbagliato senza sviluppare vera utilità e senso critico • giustifico sempre i miei sentimenti negativi, radicandoli ulteriormente in me. L’ALIBI La facilità con la quale a volte neghiamo e fingiamo di non vedere la realtà è straordinaria. Distorcendo l’informazione si gestisce la situazione con mancanza di obiettività e di senso critico. La mancanza di obiettività è il rifiuto di vedere e di accettare le cose come sono; è ben difficile cambiare quello che non si può - o non si vuole - vedere.

Uno stile di vita improntato ad alibi ed autoinganno induce il deterioramento dell’efficienza mentale in termini di attenzione e capacità di giudizio; si perviene così ad una patologia collettiva che pervade la nostra società. Ed è quella che stiamo vivendo, a maggior ragione in questo clima di persistente e diffusa crisi sociale e valoriale.

Coltivare idee sbagliate spesso ci aiuta a vivere perché ci risparmia la fatica di

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L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

verificarne la fondatezza e perché ci offre numerosi alibi. L’italiano è un coltivatore intensivo di alibi; denota una straordinaria propensione alla scusa, al pretesto, all’appiglio col quale giustificare un comportamento non consono alla situazione, un impegno preso e non mantenuto, una mancanza di coerenza, una contraddizione. Tutto ciò costituisce una riserva inesauribile di diseducazione civica e morale e di appiattimento intellettuale. Essere superindulgenti con noi stessi è un comodo alibi per restare fermi a crogiolarsi nei nostri masochismo e autocommiserazione - come pure esprimere una feroce autodenigrazione - invece di avere consapevolezza dei nostri vizi e di lavorarci sopra per migliorarli. L’alibi è un vero vizio nazionale che ci caratterizza implacabilmente e che marchia come generalmente inaffidabile il nostro comportamento. Con un veloce alibi siamo prontamente in grado di spiegare che non è stata colpa nostra, che la sfortuna ci ha indotto in errore, che il fato - notoriamente cinico e baro - ha complottato contro di noi. Nella nostra piccola quotidianità non è certamente frutto del caso che per giustificare un contrattempo noi italiani possiamo dispiegare una nutrita batteria di sinonimi: imprevisto, disguido, incidente di percorso, fatalità, combinazione, intoppo, inconveniente, inciampo, coincidenza, sorte, ostacolo,.. Questo diffuso atteggiamento fa parte a pieno titolo del capitolo “mancanza di senso di responsabilità” che esprime una sua peculiare caratterizzazione: assenza endemica di serietà! 9

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Se ciò che facciamo non rispecchia le nostre aspettative e le nostre capacità, la soluzione più compiacente con noi stessi è di imputarlo ad una causa esterna; la responsabilità è sempre altrove, e sono sempre gli altri a dover cambiare. Questo non ci rende consapevoli dei nostri limiti e ci impedisce di crescere e di migliorare. ? Sarà per questo motivo che in francese, inglese e tedesco la nostra parola alibi si traduce alibi ?

Fabrizio Favini


Il mondo prima della pandemia MARCO MANZONI

2 APPROFONDISCI

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L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

Qual’è il senso della parola progresso nel XXI secolo? Possiamo ancora pensare a un progresso esclusivamente materiale e tecnologico o dobbiamo immaginare un progresso integrale che tenga insieme la dimensione economica con quella etica, l’innovazione con la salvaguardia della Terra, la casa comune del genere umano? E la crescita economica può essere solo quantitativa o abbiamo necessità anche di una crescita qualitativa e realmente sostenibile e di una crescita della consapevolezza umana e dei valori umani? Ben prima della pandemia, nel mondo circolavano cinque forme di strapotenza e di perdita di qualsiasi senso del limite che hanno contagiato la mente e l’anima dell’uomo. L’uomo, dominato da sentimenti distruttivi quali l’avidità e l’arroganza, pensava di poter soggiogare il creato ma la pandemia ha mostrato la sua intrinseca fragilità. E per contrastare efficacemente il Covid-19 e affrontare il cambio epocale che ci attende, è necessario a mio parere fare i conti con cinque virus che hanno da tempo inquinato la mente e l’anima dell’uomo e, di conseguenza, il clima economico, sociale, culturale. Questi virus provengono da un virus archetipico: è ciò che gli antichi Greci chiamavano hybris, ossia la perdita del senso del limite, la dismisura, lo strapotere, l’arroganza. Anche se il termine non è di uso quotidiano, abbiamo a che fare quotidianamente con l’hybris quando siamo di fronte a un atto prepotente, arrogante, prevaricatore. I cinque virus costituiscono le forme contemporanee dell’hybris che hanno rotto

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l’equilibrio di cinque essenziali ecosistemi: il tempo, lo spazio, la mente, il clima, la dimensione interiore. Ecco le forme dell’hybris: • l’accelerazione esponenziale del ritmo di vita e di lavoro che provoca stress, ansia, intolleranza, aggressività; • la crescita ipertrofica di beni materiali e di consumo con la distruzione delle risorse naturali; • il dominio della ragione calcolante, utilitarista, strumentale, con l’emarginazione della dimensione etica, emotiva, intuitiva; • l’inquinamento del clima atmosferico e del clima sociale e interiore, con la conseguente polarizzazione verso gli estremi e la perdita della mediazione; • l’egemonia del nichilismo e del materialismosullasocietàcontemporanea con la sparizione progressiva dei valori etici e spirituali. In questo contesto desidero chiarire che non sono in questione le qualità indiscusse della velocità, della produzione dei beni di consumo, della tecnologia ma la loro crescita incontrollabile. Così come non è in discussione l’oggettivo progresso operato dall’Occidente di alcuni aspetti significativi della qualità della vita, in primo luogo l’allungamento della vita media e la possibilità di prevenire e curare adeguatamente malattie un tempo mortali. In discussione sono le diffuse e crescenti controindicazioni di un progresso sbilanciato sul polo tecnologico-materiale. I cinque virus sono perciò l’espressione di


un paradigma alimentato dalla perdita del senso del limite e da pensieri e sentimenti dominati dall’hybris: l’immortalità, l’onnipotenza, l’avidità, il controllo totalizzante, la perfezione operativa. I transumanisti lo definiscono post Uomo. Nell’ambito di questa riflessione, io lo chiamo Homo hybris: l’involuzione distruttiva dell’Homo sapiens. Quindi, un uomo dominato dall’Ego che ha prodotto le diverse crisi - sociale, ambientale, sanitaria – che chiamano l’uomo a un cambio del paradigma culturale per salvare il Pianeta e la comunità umana. Per affrontare queste crisi connesse e interagenti gli interventi contingenti, pur necessari, di carattere economico, sociale e tecnico non sono più sufficienti. È necessario comprendere qual’è la natura profonda della crisi dell’uomo che è alla fonte della crisi del Pianeta. In questo contesto, ho condensato simbolicamente il complesso processo di cambiamento in una figura antropologica: Homo pathos.

antropologico. Con la consapevolezza che la svolta d’epoca verso l’uomo integrale avrà al suo centro il senso del limite, la responsabilità e la cura. Il cambio di paradigma culturale riguarda da vicino anche e soprattutto il mondo dell’Impresa e dei Manager perché per rispondere positivamente alle tre crisi sopraenunciate è necessario passare dal paradigma del liberismo selvaggio e della massimizzazione del profitto nel più breve tempo possibile a un capitalismo più temperato, che compenetri il giusto fine del profitto con un’assunzione di una concreta responsabilità nella direzione di una reale sostenibilità del Pianeta, della diminuzione delle diseguaglianze sociali e di una effettiva parità di genere.

Marco Manzoni

Homo pathos è simbolicamente l’uomo che sa tenere insieme mente, corpo, anima e che pone al centro della sua esistenza la relazione armoniosa – e non più il dominio – con l’altro, il diverso, le forme di vita non umane. Salvare il futuro allora significa, in primo luogo, pensare il futuro non più come un progresso lineare, garantito e affidato alle magnifiche sorti della tecnologia, ma un percorso nel quale l’uomo, con la sua imperfezione come con la sua ricchezza espressiva, dialoga in una forma inedita con le altre specie viventi per costruire la casa comune del XXI secolo. Per parlare di questo uomo nuovo ho fatto riferimento e dialogato nel libro con autori di diversa estrazione culturale ma che fanno parte della rete di un nuovo paradigma 12


L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

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Fiducia e capitale umano oggi FRANCO GUIDI

APPROFONDISCI

Uno dei problemi più gravi che ci troviamo ad affrontare in Italia è il calo della produttività e la conseguente perdita di rilevanza nell’economia mondiale. È un problema di fiducia e di capitale umano. Il mondo cambia e il processo di cambiamento avviene in modo imprevedibile, con improvvise accelerazioni. È sotto i nostri occhi quello che è successo nell’ultimo anno e mezzo, innescato dalla pandemia. Ma se ci guardiamo indietro, dall’11 Settembre del 2001, alla crisi finanziaria del 2008, agli attentati terroristici in Europa, possiamo dire che 14


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una serie di eventi ha scatenato reazioni di aggiustamento che hanno cambiato il nostro stile di vita. Possiamo aggiungere il progressivo riscaldamento del pianeta e le sfide climatiche che dovremo affrontare, i progressi delle tecnologie di comunicazione, la rivoluzione in atto nel mondo della salute, del commercio, dell’entertainment, del turismo, l’evoluzione dei social network, il gaming, la disponibilità di contenuti accessibili sul web, il distant learning (noi la chiamiamo didattica a distanza perché privilegiamo i docenti rispetto agli studenti) e il lavoro da casa, lo spostamento geopolitico e il minor peso del modello occidentale democratico. 15

Ci rendiamo conto che i primi due decenni del nuovo secolo sono probabilmente solo l’inizio di una serie di cambiamenti radicali difficili da prevedere. Un effetto palla di neve, che porta cambiamenti sempre più rapidi e più profondi, in tutti i campi della nostra vita. Ed è un problema. Per quanto si possa essere ottimisti sul futuro del pianeta e sulle nostre capacità di rispondere a queste sfide, dobbiamo essere consapevoli che cambiamenti così repentini creano disorientamento, crisi di identità e paura. Dobbiamo essere consapevoli che ci saranno vincitori e vinti in questo processo e non per tutti “andrà tutto bene”, anzi.


Non è un fenomeno nuovo. Succede che un’innovazione importante renda obsoleto un certo modo di fare le cose e faccia perdere valore a competenze che fino a poco prima erano preziose. La competenza viaria dei tassisti, acquisita con anni di esperienza, viene resa inutile da navigatori sempre più accessibili e sofisticati. I luoghi di transito, capaci di attirare persone ed attività di servizio, cambiano con le innovazioni tecnologiche dei trasporti, cambiando a loro volta la geografia. Nel passato le grandi gallerie hanno tolto risorse ai passi alpini, le autostrade a tutti i paesi esclusi dal percorso, l’Alta Velocità ha generato nuove polarità come prima era successo con le tratte aree e gli aeroporti. Ma c’è una cosa assolutamente nuova: non abbiamo tempo per adattarci al cambiamento. In mancanza di tempo dobbiamo prendere decisioni difficili e introdurre elementi di protezione sociale. È quello che sta succedendo con la pandemia: per alcuni, più fortunati, è stato possibile continuare a lavorare pur rimanendo a casa, ma per molti non è stato possibile. Per questi sono stati introdotti meccanismi di integrazione del reddito. Per le imprese che avrebbero voluto intervenire drasticamente c’è stato il blocco dei licenziamenti con l’allargamento e allungamento della cassa integrazione. C’è evidenza del bisogno di cambiare, ma c’è l’impossibilità di farlo nei tempi brevi. Forse c’è la vana speranza di tornare presto alla situazione precedente, ma non sarà così. Indietro non si torna. Che

fare

allora?

Nei

momenti

di

grande cambiamento e nei momenti di confusione e disorientamento dobbiamo avere la forza di fare un grande respiro e concentrarci sulle cose che non cambiano. Dobbiamo abbandonare tutte le attività che potremmo definire di contorno e concentrarci sui fondamentali. Fiducia e capitale umano sono due pilastri su cui investire senza paura. Dobbiamo pensare alle ragioni che ci fanno stare insieme, pensare a chi ci può aiutare in caso di bisogno e chi dobbiamo aiutare se siamo nelle condizioni di farlo. Dobbiamo allargare il nostro sguardo e guardare alla comunità di cui siamo parte, ripensando a fondo tutte le istituzioni che hanno svolto egregiamente il loro lavoro nel secolo scorso, ma sono inadeguate a reggere le scosse sismiche del nuovo secolo. Provo a fare un esempio, che riguarda la scuola. È un esempio semplice, che ci riguarda tutti, perché tutti siamo stati a scuola e sappiamo quanto l’educazione è stata importante nella nostra vita. La scuola coinvolge in Italia circa 1,2 milioni di insegnanti - dei quali circa 50mila docenti universitari - e circa 9,5 milioni di studenti, dei quali 1,2 universitari (dati MIUR 2020-2021). Possiamo affermare con ragionevole certezza che il modello di istruzione attuale, i cicli scolastici attuali, i programmi, i modi di insegnare, le strutture scolastiche siano adatte a preparare al futuro le generazioni che oggi le frequentano? Oppure è già chiaro da anni che la risposta è no, ma che non abbiamo la visione, la forza politica, 16


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il coraggio di investire per cambiare le cose. E adesso, sull’orlo del baratro, dopo aver tentato per mesi di rispettare i programmi ministeriali con la didattica a distanza, senza provare a fare cose diverse visto il cambiamento di scenario, pensiamo davvero che il problema delle scuole sia l’efficientamento energetico e l’antisismica, dove stanno andando le maggiori risorse del Recovery Plan? Pensiamo davvero che la produttività del nostro Paese, ferma da due decenni, possa migliorare se non investiamo sui processi di apprendimento? Le cose da fare sono note, le conoscenze sono già disponibili. Si tratta solo di prenderne atto. Conosciamo da tempo il ruolo del sonno nel consolidamento della memoria a lungo termine, ma ci ostiniamo a far partire la scuola alle 8 del mattino. Forse perché abbiamo invertito l’ordine delle priorità e al centro dei nostri sforzi non c’è più l’apprendimento, ma 17

l’organizzazione tayloristica del lavoro degli insegnanti e l’ottimizzazione dei tempi e dei movimenti dei genitori. La scuola è un esempio che riguarda tutti e sappiamo quanto le famiglie siano attente al futuro dei figli. Ed è un esempio della difficoltà di cambiare, in tempi normali, che adesso, in tempi straordinari, diventa drammatica per le conseguenze che può avere. Stiamo parlando di mancato investimento in capitale umano, di mancanza delle professionalità richieste nel privato e nel pubblico, di necessità di ulteriori investimenti post scolastici per coprire le carenze del sistema. Un altro esempio che mi sento di fare riguarda l’invecchiamento della popolazione e la demografia. Sappiamo tutti cosa succederà al nostro sistema pensionistico in virtù dell’ormai inarrestabile calo demografico, in mancanza di flussi migratori in entrata.


Se aggiungiamo al tema demografico la crescita della percentuale di giovani che non lavora e non studia e la sempre bassa partecipazione delle donne italiane al mondo del lavoro la situazione non potrà che peggiorare. Ma quanto spazio ha nel dibattito politico il tema demografico? Quanto si nasconde la necessità di fermare l’emorragia di giovani italiani che dopo aver studiato in Italia vanno a lavorare all’estero, quanto poco si fa per attrarre giovani altrettanto istruiti o da istruire da Paesi vicini alla nostra cultura ed attirati dal nostro modo di vivere? Quanto capitale umano, quanti sistemi di relazione vengono persi per mancanza di fiducia nel nostro Paese? Senza la fiducia nella politica, nei leader, nella giustizia, negli insegnanti, nei colleghi, nei partner commerciali niente è possibile. Possiamo inventarci sistemi di autotutela sempre più sofisticati, possiamo costruire sovrastrutture a cui

delegare controlli e verifiche, possiamo produrre formulari e firmarli facendo finta di leggerli, ma niente è in grado di sostituire la fiducia. Anzi. Il fallimento di questi sistemi aumenterà il senso di sfiducia, la competizione diventerà sempre più sbilanciata fra chi segue le regole e chi non le segue. All’aumento del peso burocratico di procedure sempre più lontane dai bisogni reali delle persone si aggiungerà l’impossibilità di vedere riconosciuti i propri meriti e di veder puniti i trasgressori: aumenterà il senso di sfiducia nel sistema. A tutto questo continueremo a reagire con il classico “chi fa da sé fa per tre” e con l’accumulazione di scorte per sopravvivere ad un futuro incerto. I limiti del modello di sviluppo basato sull’individualismo libertario: questo meccanismo va fermato. E per farlo sono importanti tutti i piccoli comportamenti quotidiani, tutte le scelte che guardino 18


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al bene della comunità di cui facciamo parte. La nostra capacità di individuare gli elementi fondamentali del nostro vivere insieme farà la differenza. Altrimenti assisteremo ad una crisi economica sempre più rilevante, che porterà ad una crisi politica e ad una crisi sociale dai contorni potenzialmente drammatici. Occorre rimettere al centro gli elementi essenziali del vivere insieme, ricreare il clima di fiducia collettivo che può nascere solamente dal mettere a fuoco una visione comune in cui riconoscersi. A quel punto le nostre vite riprenderanno una direzione, un senso e troveremo le energie per fare quello che bisogna fare. Non andrà tutto bene, ci saranno sacrifici e rinunce da fare, perdita di rendite di posizione e di privilegi acquisiti. Meglio affrontare il problema, con le risorse giuste per facilitare la transizione, piuttosto che lasciare alla crisi economica, 19

politica e sociale di rimettere le cose a posto facendoci perdere il nostro ruolo nel mondo ed accelerando il declino dell’Italia. Come dice il Professor Zamagni “fiducia viene dal latino fides, la corda del liuto che doveva essere ben tesa per poter suonare. La fiducia è una corda tesa tra uomo e uomo. Costruire corde nel nostro Paese è l’imperativo categorico”.

Franco Guidi


Intervista a Alessandro Russo APPROFONDISCI

Presidente e CEO di Gruppo CAP

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L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

Alessandro Russo, Presidente e CEO del Gruppo CAP, che fornisce acqua potabile a circa 2,3 milioni di cittadini di centinaia di comuni lombardi della Città Metropolitana di Milano, nonché di altre province lombarde. Ma l’acqua non è la sola vostra attività. Infatti, state significativamente investendo sul trattamento degli scarti alimentari e sul riutilizzo dei fanghi di depurazione. Ci vuole raccontare? Una delle direttrici fondamentali dell’agenda europea per la riconversione ecologica è rappresentata dal modello di economia circolare. In questo senso, il ruolo delle utility pubbliche nello sviluppo di politiche territoriali sostenibili è sicuramente centrale. Dalla gestione del ciclo idrico ricaviamo e produciamo energia, fertilizzanti e altri prodotti da reimmettere nel sistema economico. Investire in questi progetti “collaterali” rispetto alla sola gestione dell’acqua significa cogliere ogni opportunità per limitare il consumo di materia ed energia per minimizzare scarti e perdite, a tutela di ambiente e società. Un connubio, quello tra acqua, energia e materiale di scarto che abbiamo compreso già qualche anno fa con la sperimentazione avviata nell’impianto di Bresso-Niguarda nel 2016 insieme a CNR e FCA Crysler - ora Stellantis - per trasformare in biometano le tonnellate di fanghi reflui prodotti nei nostri impianti di depurazione, mettendo a disposizione la nostra produzione anche per il comparto dell’autotrazione. Da lì è cominciato un percorso inarrestabile verso nuovi progetti e nuove partnership, realizzate con chi condivide una visione improntata alla valorizzazione dei rifiuti e all’esigenza di dar vita a un nuovo paradigma degli sprechi. Penso, per esempio, alle collaborazioni con le aziende dell’agro-alimentare della Città metropolitana di Milano per convertire nei

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nostri biodigestori gli scarti dei loro prodotti in biogas: a Robecco sul Naviglio ogni anno 100 tonnellate di scarti che provengono dalle mense di Milano Ristorazione vengono trasformate in bioenergia (termoelettrica) che autoalimenta l’impianto di depurazione. La BioPiattaforma sarà il primo impianto di termovalorizzazione a essere autorizzato e costruito dopo quasi 10 anni in Italia. Quali sono le sue caratteristiche? E quali invece le difficoltà incontrate? La BioPiattaforma rappresenta un progetto unico in Italia. Si tratta di un polo di economia circolare a 0 emissioni di CO2 di origine fossile, capace di coniugare in un unico impianto un termovalorizzatore e un depuratore per convertire i fanghi di depurazione in energia pulita e bio-fertilizzanti e trasformare la FORSU (frazione umida organica) in biometano, combustibile green che riduce le emissioni di anidride carbonica dell’85%. La BioPiattafroma ha previsto un percorso partecipativo che ha coinvolto cittadini, associazioni locali e stakeholder nei processi decisionali. Abbiamo spiegato e fatto conoscere nei dettagli il progetto e la sua funzione, accogliendo molte delle istanze avanzate durante il percorso. ZeroC è la nuova società che insieme ai Comuni del territorio interessato gestirà l’impianto, anche attraverso un costante dialogo con la cittadinanza grazie al RAB (Residential Advisory Board) che abbiamo istituito 3 anni fa e che ha la funzione di monitorare il corretto svolgimento dell’attività, in particolare in ottica ambientale. La BioPiattaforma è ormai considerata una case story virtuosa, ma a livello normativo e autorizzatorio c’è ancora tanta strada da fare per ridurre i passaggi di una burocrazia che troppo spesso ha tempi insostenibili.


In Italia noi abbiamo un consumo idrico quotidiano di ben 220 litri pro-capite, contro una media di 140 litri da parte dei restanti Paesi della UE. Cosa si dovrebbe fare per limitare l’enorme spreco? In Italia la gestione del servizio idrico e l’acqua del rubinetto scontano un problema di mancata percezione sia del valore del lavoro essenziale svolto da un’azienda come la nostra, sia di scarsa consapevolezza sull’importanza della risorsa idrica. L’Italia ha tariffe molto basse - molto più basse rispetto ad altri paesi della UE - a fronte di consumi pro-capite molto alti e i due fattori sono strettamente connessi: costi bassi significa anche mancata percezione del valore di un bene sempre meno scontato e sempre più a rischio esaurimento. Al tempo stesso, siamo consapevoli che il lavoro che fa un’azienda come Gruppo CAP, le cui infrastrutture si trovano per la maggior parte sottoterra, in gran parte non venga percepito dai cittadini. Dunque, lavoriamo anche molto per raccontare la complessità della gestione del

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servizio idrico attraverso strumenti di divulgazione impattanti e originali. Pensiamo solo al podcast The Source, lanciato la scorsa estate. Si tratta di un podcast in 6 puntate di genere “climate fiction”, ideato per raggiungere un pubblico quanto più vasto e vario possibile per sensibilizzarlo sui temi del cambiamento climatico e, in particolare, sugli effetti che questo ha sull’acqua. La storia è ambientata a Milano, nel 2035, nel bel mezzo della più clamorosa siccità mai sperimentata. Nel 2020 abbiamo lanciato Let’s Green!, un concorso corale dove abbiamo invitato scuole, associazioni, cittadini e i comuni della Città metropolitana di Milano a misurarsi con le pratiche di sostenibilità quotidiane che ognuno di noi può compiere per migliorare l’ambiente e la società che ci circonda. Una grande operazione di sostenibilità dove protagonista è stata la collettività. Eccellente il vostro impegno nelle attività di recupero e di riciclo dei materiali. Ma non sarebbe ancor meglio se, oltre a questo, i grandi Operatori si impegnassero concretamente nella sfida culturale di contribuire a far evolvere i comportamenti della collettività? Il network tra le aziende dev’essere una priorità per un operatore che gestisce il servizio idrico integrato, settore caratterizzato in Italia dall’eccessiva frammentazione delle realtà aziendali che soprattutto al Sud operano ancora a livello comunale. Un limite rilevante per un settore che ha bisogno di una gestione industriale e tecnologicamente avanzata per assicurare standard qualitativi elevati e affrontare le sfide imposte dal cambiamento climatico. Nel 2015, insieme alle più importanti utility lombarde abbiamo dato vita a Water Alliance, per affrontare insieme i grandi temi dell’idrico. Nel 2020, il network

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L’EMOTIVITÀ CI PUÒ ESSERE DI AIUTO

è passato da 8 a 13 soggetti, comprendendo tutte le aziende pubbliche lombarde. Da anni uniamo le forze per acquistare tramite gara pubblica al prezzo più vantaggioso energia prodotta solo da fonti rinnovabili. Tra le sfide c’è anche quella culturale, con programmi strutturati come AcquaBook, rivolto ai sistemi scolastici primari e secondari regionali per sensibilizzare le giovani generazioni al rispetto per il valore dell’acqua, attraverso percorsi di edutainment. Non basta questo, però. Anche a livello nazionale ci dev’essere una strategia capace di dare un indirizzo normativo alle abitudini e ai consumi della collettività in virtù della salvaguardia e della sicurezza dell’ambiente. In questo senso ha un peso significativo la Direttiva UE 2020/2184 approvata nel gennaio 2021 sulla qualità dell’acqua che ha reso ancor più stringenti i criteri per la sostenibilità del ciclo idrico, inaugurando un approccio multilivello e con maggiori vincoli per i Paesi dell’Unione. Le richieste sono chiare: adeguate strategie di sensibilizzazione per la valorizzazione dell’acqua potabile che vadano nella direzione di ridurre la plastica, ma anche del riutilizzo delle acque trattate. Milano può davvero diventare una città leader nella sostenibilità o questo è soltanto un desiderio destinato a restare sulla carta? Milano ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista nello sviluppo di politiche di sostenibilità sul territorio, e ha sicuramente anche un ruolo di apripista in Italia. La forte sinergia con le istituzioni locali è un punto di forza per lo sviluppo di riforme importanti. Per fare un esempio, siamo stati tra i primi in Italia, insieme a Città metropolitana di Milano, l’ente locale che sovrintende i comuni dell’ex provincia, a sottoscrivere un accordo finalizzato a

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presentare entro il 6 marzo 2022 un piano mirato di interventi sul territorio per dare attuazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo significa che abbiamo già definito e selezionato i progetti, oltre 200, che hanno l’obiettivo di mitigare l’impatto del cambiamento climatico e i rischi di dissesto idrogeologico nel territorio dell’area metropolitana. Abbiamo preso in prestito il Pianeta dai nostri figli. Cosa lasciamo loro? Senz’altro lasciamo loro una situazione molto difficile e complessa, denunciata periodicamente da scienziati di tutto il mondo e comprovata da fenomeni estremi che sempre meno riusciamo a controllare e a prevedere: dai disastri ambientali come allagamenti e nubifragi che toccano anche l’Europa (pensiamo al disastro della scorsa estate in Germania) e alla siccità incalzante che caratterizza le zone a Sud del mondo. Dobbiamo sviluppare la nostra capacità di essere resilienti, ovvero, come diciamo nel nostro Piano di Sostenibilità presentato nel 2019, di adattarci alle trasformazioni attuando strategie di mitigazione che superino i confini del territorio che presidiamo. D’altra parte, l’acqua costituisce il presente e il futuro dell’economia e del nostro pianeta: è un driver di sviluppo del territorio e costituisce un bene fondamentale per costruire un nuovo modello economico. Dobbiamo agire subito però, consapevoli che subito probabilmente sia già troppo tardi.

A cura di Fabrizio Favini


24


AUTORI FABRIZIO FAVINI Nel mondo del

favorendo la crescita

a modificare i

(Sole 24ORE); La

Editore di

management

di soddisfazione,

comportamenti

vendita fa per te (Sole

rivoluzionepositiva.

consulting da 45 anni,

motivazione, self-

non più funzionali

24ORE); Scuotiamo

com, Magazine On

è consulente esperto

engagement,

alla crescita sia

l’Italia (Franco Angeli);

Line orientato al

di innovazione del

produttività.

dell’Individuo che

Comportamenti

nuovo Umanesimo

dell’Azienda.

aziendali ad elevata

d’Impresa per

produttività –

la sostenibilità

comportamento, facilitatore e

Utilizza le

formatore per lo

neuroscienze per

Oltre a numerosi

Integrazione tra stili

sociale, economica

sviluppo del talento

favorire l’acquisizione

articoli, ha pubblicato

di management

ed ambientale

in Azienda. Migliora

delle competenze

i seguenti libri: La

e neuroscienze

dell’Impresa stessa.

il rendimento del

sociali indispensabili

Vendita di Relazione

(gueriniNext).

capitale umano

25


MARCO MANZONI Fondatore di

transdisciplinari al cui

della persona. Ha

internazionale. Ha

hybris all’Homo

Studio Oikos, è un

centro vi è l’evoluzione

ideato convegni e

scritto numerosi libri,

pathos”.

artigiano culturale

qualitativa della società

film intervista con

tra cui l’ultimo “Salvare

che realizza progetti

contemporanea e

personalità di rilievo

il futuro, dall’Homo

26


AUTORI FRANCO GUIDI E’ un bocconiano con

Novartis), Direttore

europeo.

di Lombardini22,

progettazione affidabili

una vera passione

Amministrativo e

Poi il grande salto.

società che fonda con

e ben strutturati.

per il mondo della

Direttore Marketing di

Franco lascia il mondo

altri cinque soci. Il

Oggi Lombardini22

progettazione.

Ciba Vision. All’inizio

della grande azienda

mix di competenze,

è un Gruppo leader

Ha dedicato la prima

degli anni 1990,

per affrontare una

relazioni e attitudini

nello scenario italiano

parte della sua vita

Franco ne diventa

nuova sfida: diventa

al lavoro in comune

dell’architettura

professionale a una

Amministratore

prima Partner e

che i soci mettono

e dell’ingegneria

grande multinazionale

Delegato, guidando

Direttore Generale

in gioco permette

che opera a livello

big pharma dove ha

la trasformazione

di una società di

a Lombardini22 di

internazionale ed è

seguito il percorso

della società da

progettazione

intercettare i bisogni di

specializzato nei settori

da responsabile del

azienda locale a

dedicata agli spazi

grandi clienti nazionali

Office, Retail, Urban,

Controllo di Gestione

parte integrante di un

per ufficio; poi nel

e internazionali alla

Living, Hospitality e

del Gruppo Ciba (oggi

sistema commerciale

2007 inizia l’avventura

ricerca di servizi di

Data Center.

27


ALESSANDRO RUSSO Classe 1982, laureato

di vicepresidente di

ha svolto l’attività

in ambito sociale e

percorso professionale

in Scienze Politiche

Utilitalia e coordinatore

di Vicepresidente di

in politiche abitative,

in ambito pubblico è

alla Statale di Milano,

del Consiglio Direttivo

Ape, associazione

come amministratore

stato vicesindaco di

Alessandro Russo è

Acqua dell’associazione

europea che raggruppa

di Fondazione Triulza,

Solaro e presidente del

alla guida di Gruppo

ed è presidente di

i gestori interamente

Fondazione Housing

dipartimento Casa e

CAP dal 2014. Dal

Confservizi Lombardia.

pubblici del servizio

Sociale e in-Domus

Giovani e Sport in Anci

2018 riveste l’incarico

Dal 2014 al 2019

idrico. E’ impegnato

Srl. Agli inizi del suo

Lombardia.

28


DIDA

Il Bacio Francesco Hayez 1859

img: analisidellopera.it

29


MANIFESTO Perché Rivoluzione

Con l’enorme

per cui il nostro

modo di pensare e,

meno concentrati

Positiva?

disponibilità di

cervello è meno

quindi, nel nostro

dei pesci rossi che

comportamento.

arrivano a 9, ci dicono

informazioni, resa

preciso, fatica di più a

Un nuovo Magazine

possibile dalla

concentrarsi. Perdiamo

On Line: conoscenza,

tecnologia, la nostra

il focus attentivo sui

Siamo passanti

diventati bulimici

innovazione,

vita è diventata molto

problemi, divaghiamo

frettolosi e distratti

di informazioni,

produttività.

più veloce e molto più

mentalmente, siamo

la cui soglia di

emozioni, immagini,

distratta. Abbiamo

intermittenti e

attenzione dura

collegamenti, suoni.

creato i presupposti

discontinui nel nostro

8 secondi; siamo

Divoriamo il tutto

gli esperti. Siamo

30


STUDIO BETTINARDI BOVINA DOTTORI COMMERCIALISTI E REVISORI CONTABILI

in superficie senza

Riscopriamo allora il

e complicato, e

virtuosa resa possibile

tempo, che hanno

gustare, approfondire,

piacere - o la necessità

del nostro ruolo,

dalla combinazione

deciso di contribuire

riflettere.

- di riflettere, di

umano, sociale e

dei saperi e delle

a questo Progetto.

pensare, di soffermarci

professionale.

esperienze umane e

Ad essi si uniscono

BETTINARDI Dottori Commercialisti e Revisori Contabili per capire meglio OggiSTUDIO chi non si fermaBOVINA

professionali di un

autorevoli Testimoni

Se condividete queste

manipolo di Pensatori

Positivi. A tutti loro

per essere più

nostre riflessioni, siete

Positivi, profondi,

il nostro grazie! di

consapevoli del nostro

invitati a partecipare

competenti e sensibili

cuore.

tempo, complesso

ad una iniziativa

interpreti del nostro

Galleria Unione, 1 - 20122 MILANO, ITALIA Tel: +39 02 805 804 210 - Fax: +39 02 936 602 65

Via Bacchini Dellevede; Palme, 1 - 37016 GARDA, Tel: +39 04 562 703 11 dove ITALIA stiamo andando a guardare non

chi non si ferma a

studio@studiobettinardibovina.it

pensare non pensa.

Il Comitato di Redazione: Fabrizio Favini Edoardo Boncinelli Roberto Cingolani Enrico Giovannini Gianni Ferrario 31


CHI DESIDERA ISCRIVERSI AL MAGAZINE È PREGATO DI INVIARE UNA EMAIL A FABRIZIO.FAVINI@FASTWEBNET.IT

32


Ci danno il loro supporto: Deltavalore Progetti per l’innovazione del comportamento mobile 335.6052212 fabrizio.favini@fastwebnet.it

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Tamberlow Applicazioni web based mobile 329-2115448 tommasocrippa@tamberlow. com



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