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LA LUCE DI MARCO FILIBECK AL TEATRO ALLA SCALA di / by Jacqueline Ceresoli

INTERVISTE Marco Filibeck

Marco Filibeck La sua storia professionale di lighting designer inizia nei primi anni ’80, nell’ambito del Rock show, quando scopre la passione per la luce. Inizia a collaborare con Vasco Rossi, ha realizzato 300 concerti live in cinque anni, poi una Stagione al Teatro Comunale di Bologna e nel 1985 approda al Teatro alla Scala di Milano. Ha lavorato con i maggiori coreografi e registi internazionali, da Strelher a Zeffirelli, da Lepage a Ronconi. È coordinatore e docente di Illuminotecnica dei corsi di Light Designer, Scenografia e Regia all’Accademia della Scala.

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His professional history as lighting designer began in the early '80s, as part of the Rock show, when he discovered a passion for light. He began working with Vasco Rossi, has made ​​300 live concerts in five years, then a Season at the Municipal Theatre in Bologna and in 1985 arrived at La Scala Theatre in Milan. He has worked with leading international choreographers and directors, such as Strelher, Zeffirelli, Lepage and Ronconi. He is the coordinator and Lighting lecturer of Light Designer, Set Design and Directing courses at the Academy of La Scala.

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Marco Filibeck’s lighting at the la Scala Theatre

JACQUELINE CERESOLI: Chi è Marco Filibeck, il suo cognome non è italiano, si racconti. MARCO FILIBECK: Il mio cognome è di origine austriaca, ma sono italianissimo, è un grado di parentela che risale alla prima Guerra Mondiale. Ho un percorso professionale che viene dal basso avendo fatto quella che oggi si fa sempre meno: la gavetta. La mia storia comincia dietro una consolle come operatore luci, nei primi anni ‘80, nell’ambito del rock show, quando ho scoperto una passione per la luce che ancora oggi alimenta la mia professione. In quegli anni Vasco Rossi iniziava a fare i primi dischi e si creò la necessità di seguire i suoi primi spettacoli. Eravamo in due, io e un caro amico, di fronte a una scelta: serviva un tecnico di palco e uno che si occupasse delle luci. La mia scelta istintiva mi portò a realizzare 300 concerti live in 5 anni, frequentando contemporaneamente anche un corso biennale per tecnici teatrali presso il Teatro Comunale di Bologna, che divenne poi il mio primo teatro. JC: In un concerto rock che funzione ha la luce? MF: Per i concerti live l’aspetto visivo è affidato quasi esclusivamente alle luci e al video e deve avere un impatto forte, dinamico, spesso sovraesposto. La luce unita alle immagini diventa scenografia. Si tratta di un contesto profondamente diverso dal teatro dove con la luce dobbiamo contribuire a raccontare una storia. JC: Da lì la scoperta di un percorso e di una professione, quella del light designer, diversa da come oggi la intendiamo? MF: Quando iniziai, alla Scala c’era Vannio Vanni e i lighting designer si contavano sulle dita di una mano, si formavano in modo artigianale nei teatri dove spesso veniva scelto per tale ruolo l’elettricista più anziano. Vanni fu uno dei primi professionisti, veniva dalla Rivista e poi dal Sistina di Roma, fu il primo a concepire la luce degli spettacoli in una forma più evoluta, arrivò alla Scala e fu il regista delle luci per molte stagioni segnando un’epoca. Negli anni ‘70 e ’80 lavorò, tra le altre, per le produzioni storiche di Strehler e di Zeffirelli, contribuì a fare della Scala un punto di riferimento internazionale anche per la luce. JC: Come arriva al Teatro alla Scala? MF: Attraverso una selezione, un concorso, mi presentai da Bologna dove avevo avuto i primi contratti con il Teatro Comunale e fui assunto per una stagione, ed eccomi ancora qui. JC: Come si impara a creare scenografie e spazi con la luce? MF: Le tecniche e le esperienze per l’illuminazione di una scena architettonica le ho apprese maggiormente dal lavoro di Ezio Frigerio, forse il più grande scenografo italiano degli ultimi decenni, famoso per le sue ricostruzioni di soluzioni architettoniche monumentali. Ha compiuto nel modo migliore il passaggio tra la scenografia dipinta bi-dimensionale e quella tri-dimensionale cinematografica, che si è sviluppata a partire dagli anni ’70. Per illuminare questo tipo di scenografia è necessaria una tecnica estremamente complessa e articolata che ha come finalità la valorizzazione descrittiva e il potenziamento dell’immagine. La professionalità si acquisisce con l’esperienza, lo studio e la sensibilità. Non so se il nostro lavoro si possa definire artistico,

JACQUELINE CERESOLI: Who is Marco Filibeck, your last name is not Italian, please tell us. MARCO FILIBECK: My last name is of Austrian origin, but I'm very Italian, it’s a kinship that dates back to the First World War. I have a career path that comes from the bottom having done what we now do less and less: rising through the ranks. My story begins behind the console as a lighting operator, in the early ‘80s, in the context of rock shows, when I discovered a passion for light that still today supports my profession. In those years, the singer Vasco Rossi began to make his first records and the need came about to follow his early shows. There were two of us, a dear friend and I, faced with a choice: they needed a stage technician and one that dealt with the lighting. My instinctive choice led me to realize 300 live concerts in 5 years, while attending a two-year course for theatre technicians at the Teatro Comunale of Bologna, which then became my first theatre. JC: What function has light in a rock concert? MF:During live concerts, the visual aspect is almost exclusively entrusted to the lighting and the video and it must have a strong, dynamic, often overexposed impact. Light coupled to images becomes scenography. We have a very different context in comparison to the theatre where we have to help tell a story with light. JC: From there, the discovery of a path and a profession, that of the lighting designer, different from how we know it today? MF: When I started, at La Scala there was Vannio Vanni and the lighting designers could be counted on the fingers of one hand. They were trained in the craft directly in the theatres, where the senior electrician was often chosen for such a role. Vanni was one of the first professionals, he came from the Rivista, the Italian Revue, and then from the Sistina Theatre in Rome. He was the first to conceive show lighting in a more evolved form, he arrived at La Scala and was the Director of the Lights for many seasons, marking an era. In the ‘70s and ‘80s he worked, among others, for the historical productions of Strehler and Zeffirelli, and helped to make the La Scala an international reference point also for the lighting. JC: How did you arrive at the La Scala Theatre? MF: Through a selection, a competition, I introduced myself from Bologna, where I had the first contracts with the Teatro Comunale and I was hired for a season, and I'm still here. JC: How do you learn to create sets and spaces with light? MF: I have for the most part learned the techniques and experiences for the lighting of an architectural scene from the work of Ezio Frigerio, perhaps the greatest Italian set designer of the last decades, famous for his reconstruction solutions of architectural monuments. He completed, in the best way, the transition between the two-dimensional painted scenery and the three-dimensional cinematographic one, which has developed since the ‘70s. To illuminate this kind of setting an extremely complex and intricate technique is required that has as its


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