GARIBALDI DUECENTO ANNI DI STORIA PATRIA

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Torre del Faro si trovavano le Divisioni Medici e Cosenz con la Brigata Eber, 8 000 uomini circa; dietro Spadafora la Brigata Sacchi di circa 1 200 uomini; dietro Milazzo la Divisione Rüstow di 4 000; a Taormina la Divisione Bixio e la Brigata Eberhardt, quest’ultima giunta dalla Sardegna col piroscafo “Torino”, per complessivi 4 500 uomini. Inoltre, 4 000 siciliani erano di guarnigione a Messina, a guardia della cittadella. Orsini aveva costituito la Brigata d’artiglieria con una batteria da montagna, una da campagna, 11 mortai e 12 pezzi da 24 di posizione, in tutto 35 bocche da fuoco con le quali, a Torre del Faro, aveva creato delle batterie da costa e galleggianti; aveva inoltre approntato dei pontoni per il trasporto via mare dei cavalli e dell’artiglieria. Sulla sponda calabrese, lungo la costa, a guardia dello Stretto di Messina, si trovavano parecchi fortini e batterie da costa con le rispettive guarnigioni. A difesa delle coste occidentali della bassa Calabria (Calabria Ulteriore) erano dislocate due Brigate comandate dai Generali Briganti e Melendez. La prima schierata fra Reggio e Bagnara, la seconda da Bagnara a Tropea. Altre due Brigate erano di riserva a Monteleone. In tutto 16-17 000 uomini con 32 pezzi al comando del Generale Vial. Garibaldi aveva deciso la prossima mossa. Mentre i borbonici, dopo il fallito attacco al forte di Altafiumara, tenevano d’occhio la punta settentrionale dello Stretto, convinti che in quella zona avrebbero dovuto respingere l’invasione, il primo sbarco sarebbe avvenuto a Melito di Porto Salvo all’estrema punta meridionale calabrese, fra Capo dell’Armi e Capo Spartivento. Il Generale, il giorno 18 agosto, raggiunse Bixio a Taormina; a Giardini, porto di questa città, erano all’ancora il “Torino” ed il “Franklin” che Sirtori aveva inviato da Palermo con un contingente di volontari facendogli circumnavigare l’isola dalla parte occidentale. Alle dieci di sera, imbarcati tutti gli uomini, le due navi, il “Torino” al comando di Bixio ed il “Franklin” a quello di Garibaldi, partirono per la Calabria. La traversata di trenta miglia si presentava molto pericolosa: sarebbe bastata una nave da guerra delle tante che pattugliavano lo Stretto per colare a fondo le due navi disarmate. Ma la navigazione avvenne senza incidenti a parte l’incaglio del “Torino” che si era spinto troppo sottocosta e che dovette essere abbandonato. All’alba del 19, Garibaldi mise piede indisturbato sul suolo calabrese ed il “Franklin” ritornò in Sicilia. Appena in tempo. Due navi da guerra borboniche, poco dopo, scoprirono il “Torino” e lo incendiarono. Pochi minuti dopo lo sbarco, la colonna si mise in marcia verso Reggio mentre un corriere veniva inviato sull’Aspromonte per chiamare a raccolta gli uomini di Missori e Musolino, il cui numero era aumentato per l’afflusso di altri volontari calabresi. Il compito del Corpo di sbarco era quello di eliminare tutti i presidi borbonici sulla costa calabrese al fine di permettere al grosso dell’Esercito meridionale di attraversare lo Stretto, ed il primo obiettivo era Reggio Calabria. La città era presidiata dal 14° reg-

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