Riot Van #3 - Scorie

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Arte

Andy:

Intervista

dal dj set alla pop art

Evoluzione di un artista

Marlene Dietrich, opera di Andy

A

ndrea Fumagalli, meglio conosciuto come Andy, tastierista dei Bluvertigo. Monzese di nascita, classe 1971, pittore e musicista. Lo abbiamo incontrato all’inaugurazione del So Coffee Florence, dove ha esposto le sue opere e animato la serata con la sua musica.

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zione il secondo album.» Qual’è stata la collaborazione che ti è più rimasta impressa? «Ho avuto l’onore di collaborare in un pezzo di Pino Scotto, una persona con un cuore d’oro. Rock and Roll vero.» Qual’è la situazione attuale dei Bluvertigo? «C’è un principio creativo in corso, come si svilupperà e quando non mi interessa assolutamente. L’hanno scorso abbiamo fatto una tournee, un disco live che si chiama Storytellers per una serata di Mtv ma adesso non siamo in grado di pianificare. I Bluvertigo sono una possibilità musicale.» I rapporti sono sempre stati buoni? «Sono stati altalenanti. Qualche volta devi scendere ad un scontro, non violento, ma un confronto. Prima eravamo più che una famiglia, abbiamo fatto un sacco di cose assieme, vivendo assieme 24 ore su 24. Oggi ci vediamo ogni tanto, e spero sempre che sia un momento di preziosità creativa.» Il panorama musicale di oggi lo segui?Ti interessa? «Sono di natura molto curioso, quindi mi interessa. Per quanto riguarda l’Italia mi piace molto il progetto che hanno svolto i Baustelle e i Dari. Mentre per l’estero direi i White Rose Movement.» Musicalmente parlando, progetti tuoi futuri? «Ho avuto la fortuna di progettare un duo che presenta un tributo a David Sylvian e Robert Fripp, che sono 2 personaggi molto interessanti musicalmente. Questo progetto va a unificare l’elettronica,da me programmata con un portatile, un sassofono, sempre io alla voce e un chitarrista.» Lapo Manni

Grafica RiotVan

Ciao Andy, come va? Tutto bene, grazie. Partiamo subito da questo aspetto multiforme di artista, che abbraccia un po’ tutti i campi dell’arte. C’è un filo che li lega? «Tutto è connesso, nel senso che faccio nel bene un lavoro di arte poliedrica e nel male un lavoro confuso. Non so mai che lavoro sia. In poche parole sto portando avanti quello che ero da bambino: un casinaro, mangio di creatività.» Tutte le tue opere nascono nel cosiddetto Flu-on, ci puoi spiegare cos’è? «Il Flu-on è un capannone industriale nella periferia di Monza, rivisitato e riadattato a laboratorio. Nasce dall’esigenza di essere liberi di esprimersi e gestire i propri spazi. Vedendo la mia realtà lontana da casa, famiglia, TV, bambini e vivendo in periferia mi sento libero da distrazioni. Posso accendere lo stereo da 900 watt senza che nessuno mi rompa i coglioni. Diventa un luogo di incontro con altri artisti, non voglio parlare di energie gratuitamente ma la possibilità di condividere è fondamentale.» Da dove prendi l’ispirazione per le tue opere? «Dalla Pop art, dal surrealismo, dall’illustrazione. Nel mio piccolo sto cercando di creare una realtà formata dai ricordi. Molto spesso rappresento i cartoni animati che mi hanno segnato da bambino. Quelli che mi permettevano un’immedesimazione, un

coinvolgimento totale. Può essere che ricordi più facilmente un pomeriggio passato a vedere Goldrake, piuttosto che la cena di ieri sera.» Parlando della tua formazione artistica, ti sei specializzato in grafica pubblicitaria. «Specializzato è una parolona. Ho studiato da critico d’arte a Monza, poi sono andato all’Accademia delle Arti Applicate di Milano. Ho vissuto il passaggio dal “fatto a mano” al “fatto al computer” ed è stato abbastanza traumatico. Ora ci ho preso la mano, quando stai bene un’attività alimenta l’altra, quando stai male un’attività mangia l’altra.» E oggi come oggi, che posizione occupano le tue opere? «Oggi è un caso un po’ anomalo. Ho scelto di essere pluripartecipante all’apertura del So perchè sono diversi dai locali tradizionali. Molto spesso cercano un allestimento fisso, del tipo “allestiscimi il locale per un mese e via”. Con Beatrice e Fabrizio (propietari con Gianni del So, ndr) ci siamo conosciuti a livello “galleristico” tramite Marco Lodola. Con loro ho potuto esprimere sia la mia arte pittorica che quella musicale che diventa un “art,food and drink”: un principio un po’ americano, un po’ spagnolo, ma io credo molto nella realtà del clubbing.» Passando alla parte musicale, puoi parlarci del progetto Rezophonic? «É un progetto umanitario creato da Mario Riso con la collaborazione di AMREF. Oltre alla beneficenza, e con AMREF siamo sicuri che avviene davvero non come altre finte associazioni, c’è l’aspetto artistico. Rezophonic permette a moltissimi artisti di conoscersi e collaborare, adesso è in lavora-

#03 - Maggio 2009


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