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ressante esperienza maturata nell’ufficio per il Parco Scientifico dell’Università di Roma Tor Vergata (§5). 2. Le traiettorie del cambiamento Per lungo tempo il processo di sviluppo scientifico e tecnologico è stato attribuito all’intuito di uomini geniali capaci di condurre ricerche complesse nel silenzio del loro laboratorio, in un clima culturale che considerava la società come ostacolo alla ricerca. In questa visione, si è affermata una sorta di superiorità della scienza e della tecnologia concepita al pari di un processo di “autodisvelamento”. Tuttavia, lo sviluppo tecnologico del secolo breve (il ‘900) ha messo in crisi questa visione, portando definitivamente alla rottura dei confini che istituzionalmente e concettualmente hanno da sempre garantito una rigida separazione tra scienza, tecnologia e società. Nel corso degli ultimi ’20 anni si è affermata una nuova sensibilità verso la dimensione sociale della scienza e ciò ha portato a focalizzare l’attenzione verso “il controllo delle molteplici dinamiche sociali, comunicative, decisionali e conoscitive che la rendono possibile” (D’Andrea, 2005, p. 11). Questo mutamento può essere compreso solo all’interno della più ampia transizione dalla società moderna alla società postmoderna caratterizzata da una doppia ricorrenza. 1. il passaggio paradigmatico da una visione razionale, lineare e unidirezionale della storia e delle relazioni sistema-attore; 2. il peso strategico assunto dall’informazione in quella che Castells (2001) definisce società della conoscenza: informazionale, reticolare e globale. Ed è proprio il delicato incrocio tra questi tre fattori (assolutamente immateriali) che contribuisce a determinare nuova conoscenza e competitività nel quadro delle relazioni globali. Nondimeno, la nostra conoscenza delle complesse relazioni tra scienza, tecnologia e società è ancora molto parziale. Lo sforzo che si

è fatto nel corso degli ultimi ’50 anni è stato proprio quello di entrare dentro la scatola nera (Latour, 1998) della ricerca per comprendere la natura di queste interazioni. Le scienze sociali infatti hanno avuto sempre un ruolo subalterno rispetto alle scienze della natura. Tuttavia, si sta affermando un vasto movimento di idee secondo cui le scienze sociali possono essere un supporto valido alle scienze della natura in particolar modo per tutti quegli aspetti relazionali, diffusivi e organizzativo-gestionali che accompagnano qualunque percorso di ricerca. Questo cambiamento di prospettiva si svolge all’interno di un nuovo clima culturale che riconosce la complessità7 come il tratto dominante della vita che si dispiega intorno a noi e che richiede nuove strategie interpretative, di ricerca e di organizzazione. Sulla scia di questi cambiamenti si vengono affermando anche nuovi modelli di management che mirano a valorizzare cooperazione, creatività e interdisciplinarità, spingendo i tradizionali modelli organizzativi di tipo verticistico a trovare nuove forme di autoorganizzazione. L’Università e il suo ruolo di produzione della conoscenza non è rimasto esente da questo processo trasformativo che mira a valorizzare i legami deboli esterni che l’università è in grado di attivare per sostenere e diffondere gli esiti di ricerca scientifica e tecnologica. In questo quadro può essere compreso anche il vivace dibattito interno all’accademia che si sviluppa sotto l’etichetta di III missione universitaria (soprattutto nel mondo anglosassone), volto a comprendere il modo in cui avviene la valorizzazione economica e sociale degli esiti di ricerca scientifica e tecnologica; il trasferimento tecnologico e la diffusione della cultura scientifica. 3. Quale funzione per l’università Storicamente le università sono nate e si sono istituzionalizzate sulla base del loro obiettivo primario, quello di diffondere l’alta formazione prima e formare la classe dirigente del

Anno I - Numero 2 - Ottobre 2009

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