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CRONACA& ATTUALITÀ

RAVENNA& DINTORNI | giovedì 21 giugno 2012

DA CESENA E FORLÌ suo valore simbolico che ha l’utilizzo a fini culturali di un edificio come l’ex mangimificio, nel cuore della Darsena, reso possibile grazie alla disponibilità di almeno uno di quei proprietari di aree lungo il canale che invece finora non stanno collaborando attivamente alla riqualificazione. «Siamo in trattativa con il gruppo Martini per poter utilizzare questo spazio di nuovo in futuro – rivela Cassani – e possibilmente anche l’area interna, almeno nel periodo del percorso di candidatura, che speriamo possa arrivare fino al 2019. Nel dossier di candidatura abbiamo deciso di inserire, per quanto riguarda la parte infrastrutturale, suggestioni legate all’utilizzo a fini culturali anche di altri spazi lungo il canale Candiano». Altri proprietari – chiediamo a Cassani – si sono detti quindi disponibili? «Ancora se ne dovrà parlare nel dettaglio ma sì, non c’è stata chiusura. Credo che i proprietari possano trovare stimoli nel poter ricoprire un ruolo da protagonisti in una città che ha intenzione di ripensare il proprio futuro all’insegna della cultura. La candidatura dovrà servire anche a questo». L’ex mangimificio Martini si trova in via Salona: gli organizzatori consigliano di parcheggiare nell’area della sede dell’Autorità portuale di via Antico Squero o al mausoleo di Teodorico di via delle Industrie.

«La Romagna ora può diventare un unico polo culturale»

“The coil”, la macchina che utilizzerà Masque Teatro nella performance all’ex mangimificio Martini

Tra i protagonisti della serata di eventi organizzata per venerdì 22 giugno all’ex mangimificio Martini nell’ambito della candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura nel 2019 ci sono anche artisti delle città della Romagna che stanno sostenendo il progetto. Dario Giovannini, per esempio, della band cesenate Aidoru e dell’omonima associazione, che fa parte anche del comitato promotore nato a Cesena per sostenere la candidatura di Ravenna. «Ho accettato subito di collaborare perché mi sembra un ottimo modo per passare dalle parole ai fatti e fare in modo che davvero la Romagna diventi un unico grande nucleo culturale. Finalmente – dice Dario – ci troviamo a collaborare attivamente e iniziamo a fare discorsi concreti, a individuare una progettualità comune tra le varie città». I Masque Teatro sono invece di Forlì e sono tra i gruppi di punta della scena contemporanea teatrale italiana. Parliamo con Lorenzo Bazzocchi, che dopo averci assicurato, sorridendo, che nessuno si farà male nel corso della loro installazione con tanto di scariche di fulmini in programma all’ex mangimificio, ci dice di essere attento al percorso di candidatura. «La sensazione è che il nostro territorio, quello di Ravenna allargato alla Romagna, venga visto quasi con una sorta di invidia anche dalle altre candidate al titolo di capitale della cultura grazie al nostro patrimonio culturale e al fatto che già è attiva una collaborazione tra le realtà delle varie città». «Noi – conclude Bazzocchi – ci siamo già attivati per partecipare alla candidatura, ma ci aspettiamo in futuro richieste specifiche ancor più precise da parte dello staff, c’è grande volontà di collaborare. E siamo consapevoli che se anche non si dovesse vincere questo tentativo di avvicinare le realtà della Romagna porterà dei frutti».

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IL PERSONAGGIO

L’artista che ha scelto Ravenna: «Qui c’è grande fermento» Quella di Bruno Dorella – poliedrico musicista di fama internazionale protagonista con i Ronin della serata di venerdì 22 di cui parliamo in queste due pagine – è una storia che in una città candidata a capitale europea della cultura merita di essere raccontata. Milanese, che – come ci dice lui – come tanti suoi concittadini ha sempre avuto un rapporto difficile con la propria città, si è spostato molto spesso andando ad abitare nel corso della propria vita in altre piccole realtà della Lombardia, in un borgo ligure di cento abitanti e per quattro anni a Berlino, prima di decidere infine, nell’estate del 2010, di trasferirsi a Ravenna. Come mai proprio qui? «Cercavo un posto da cui fosse facile raggiungere il resto d’Europa (con i suoi vari progetti Dorella è spesso in tour anche fuori dall’Italia, ndr), possibilmente sul mare. E già da alcuni anni Ravenna era diventata il mio rifugio, grazie in particolare alla spiaggia dell’Hana-Bi (il bagno di Marina che organizza rassegna di concerti di artisti di caratura mondiale, ndr), una realtà davvero unica». Cosa l’ha colpita della città? «Lasciando perdere la viabilità assurda, Ravenna è molto vivibile e una qualità della vita come qui l’ho riscontrata in pochissimi altri posti dell’Occidente, che per lavoro ho girato davvero molto. Ravenna è infatti una cittadina piccola ma con una vita invernale ed estiva, non “muore” mai. Può contare su un grande patrimonio artistico e un fermento culturale che è sicuramente superiore, in proporzione, alle sue dimensioni». E i ravennati? «Noto che il ravennate medio tende molto a lamentarsi della sua città. Rendersi conto delle carat-

teristiche di cui parlavo prima aiuterebbe invece a valorizzarle ulteriormente. Purtroppo a volte si tende a non notare quello che si ha sotto gli occhi, forse perché si esce poco dalla propria realtà». Cosa ne pensa della candidatura a capitale europea della cultura? «Che è una cosa seria e sensata, anche perché in Italia e a Ravenna in particolare non siamo consci delle potenzialità che abbiamo, come la possibilità di organizzare eventi culturali importanti, immersi nel contemporaneo, in un contesto storico che in pochissimi altri Paesi possono vantare e che tutto il mondo ci invidia. A Ravenna il contesto c’è e anche la preparazione di chi sta lavorando alla candidatura: lo staff è di buona qualità e lo dice uno che con le istituzioni non ha mai avuto un gran rapporto. La speranza è che nessuno metta i bastoni tra le ruote, anche se devo dire che ultimamente ci sta provando la città stessa, purtroppo...». Parla dei famigerati residenti? «Certo: una città che vuole essere capitale della cultura, non può autostopparsi, penso all’evento targato 2019 sulle banchine del Candiano, al concerto bloccato dai carabinieri per le telefonate dei residenti, al festival mancato in Darsena per paura delle lamentele. Queste cose ci hanno fatto fare un bel salto indietro. La città deve essere consapevole che se dovessimo diventare capitale ci sarà almeno un anno di eventi continui. Se non lo è, fermiamoci qui, evitiamo l’imbarazzo di limitarci da soli in questa fase di candidatura. Credo che in questi casi spetti anche alle istituzioni gestire bene la cosa, fare in modo che non possa bastare qualche telefonata per fermare iniziative culturali». Luca Manservisi

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