L’enigma di pagina 100 Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
È nato a Roma e vive in una località molto vicina alla capitale. Scrive racconti per ragazzi e bambini da molti anni e alcuni suoi libri hanno ricevuto importanti premi e riconoscimenti.
Un giorno Alberto, durante una gita scolastica a Parigi, acquista un libro di avventure vecchio e ingiallito e… da quel momento la sua vita diventa un giallo. La pagina 100 custodisce da anni un misterioso e terrificante segreto che qualcuno, disposto a tutto, vuole assolutamente conoscere. Anche a costo di rapire e minacciare una ragazzina.
L’enigma di pagina 100
Maurizio Giannini
Rispetto ai suoi coetanei, l’undicenne Alberto ha una particolarità: ama tantissimo leggere e lasciarsi coinvolgere dalle storie più fantasiose e avventurose. Questa grande passione per i libri, che deve anche al bibliotecario del paese, suo zio Ivan, un omone grande e grosso, lo ha però allontanato sempre di più dai suoi compagni di scuola. Unica eccezione la dolce Xiaoxiu, dagli occhi a mandorla.
Maurizio Giannini
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L’enigma di pagina 100 Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
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Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).
€ 8,30
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788847 220720
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Progetto grafico e copertina: Mauro Aquilanti Impaginazione: Giacomo Santo Disegno di copertina: Sonia Cattaneo Approfondimenti: Maurizio Giannini Schede didattiche: Stefania Corinaldesi e Santina Agostini Ufficio stampa: Salvatore Passaretta
Ia Edizione 2014 Ristampa
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Tutti i diritti sono riservati © 2014
e–mail: info@ilmulinoavento.it http://www.grupporaffaello.it Printed in Italy
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Maurizio Giannini
L’enigma di pagina 100 Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
Capitolo
1
Zio Ivan
Zio Ivan, a vederlo, faceva subito pensare a uno di quegli
omaccioni che sbrigano le loro faccende senza tante parole e risolvono tutto a suon di pugni, dato che Madre Natura li ha forniti di una forza non comune. Insomma, un tipo da discuterci il meno possibile. In effetti, zio Ivan, il pugile lo aveva fatto davvero quando era un giovanotto e lavorava come scaricatore per una ditta di pesce in scatola. A quel tempo viveva a New York e passava gran parte delle sue giornate al porto. Quando aveva finito di scaricare casse dalle navi andava in uno dei tanti bar malfamati a bere whisky e gin. Non c’era sera che non ci fosse una rissa e lui ci si trovava sempre coinvolto! Qualcuno aveva notato il suo pugno al fulmicotone e lo aveva convinto che il suo mestiere non era quello dello scaricatore. Zio Ivan aveva cominciato così ad allenarsi in una palestra. Tutti erano sicuri che sarebbe diventato un bel peso massimo che poteva aspirare perfino al titolo mondiale. Ma zio Ivan non era tagliato per mollare pugni e presto la sua carriera di pugile era finita. Tra l’altro s’era accorto che New York non era fatta per lui: s’era imbarcato su una nave che lo aveva portato in Africa… Là c’era stato parecchio tempo, facendo il coltivatore di banane, il cercatore di diamanti e chissà quali altri strani mestieri. Ma poi aveva scoperto che pure l’Africa gli stava 5
Capitolo 1
stretta ed era partito per l’Australia dove aveva fatto anche il pilota di motociclette… Insomma, zio Ivan aveva girato il mondo in lungo e in largo e pareva proprio che nessuna parte fosse adatta per lui… Adesso aveva cinquantotto anni e lavorava nella piccola biblioteca del suo paese. La voglia di viaggiare sembrava essergli passata, e l’unica passione che gli era rimasta era quella delle motociclette, tanto da possederne una potentissima. Era un tranquillo bibliotecario perduto in un mare di libri. Ma era sempre grande e grosso. E quando spuntava fuori dagli scaffali della biblioteca, più di qualcuno faceva un passo indietro spaventato. Eppure chi lo conosceva bene era pronto a giurare che fosse la persona più buona, pacifica e gentile del mondo. Il primo ad affermarlo era Alberto. *** Alberto in biblioteca ci andava quasi tutti i giorni e non solo perché il bibliotecario era il fratello di sua madre. Quel mondo di carta lo aveva sempre conquistato, più dei giocattoli o dei cartoni animati. Certo, un po’ del merito era di zio Ivan, che era stato assunto quando lui non aveva ancora imparato a leggere. L’omone, che a forza di peregrinare da un continente all’altro non aveva trovato il tempo per sposarsi, s’era affezionato particolarmente all’unico nipote e non c’era giorno che non chiedesse a sua sorella di lasciargli per qualche ora quel frugoletto. Così il piccolo Alberto aveva trascorso una buona parte della sua prima infanzia nella biblioteca, tra quell’odore di fogli stampati, di copertine e muffa. Un profumo che a poco a poco gli era diventato familiare e caro. 6
Zio Ivan
Appena Alberto aveva imparato a decifrare i segni che traboccavano da quel miliardo di pagine conservate nelle sale della biblioteca, non aveva perso tempo. S’era subito impadronito di uno dei tanti volumi. – Guarda, Alberto, che questo qui è un libro un po’ difficile – lo aveva avvertito zio Ivan scoprendo che quel soldo di cacio aveva tra le mani un romanzo di Dickens. Il bambino s’era stretto nelle spalle, due spallucce più piccine del libro a cui si teneva abbracciato. – Il titolo mi piace, zio… Dev’essere bello… Alberto se l’era portato a casa e dopo qualche giorno s’era presentato davanti al grosso bibliotecario, il libro sempre stretto fra le esili braccia. – Dunque? – aveva fatto lo zio. – L’ho letto tutto. È una bella storia… Zio Ivan non pareva molto convinto che quel piccoletto avesse letto davvero fino all’ultima pagina un librone del genere che certi adulti lasciavano a metà. E così s’era divertito a interrogarlo. Alberto aveva risposto a ogni domanda, con precisione. – Caspita! – aveva esclamato l’omone grattandosi la barba quasi bianca. Ora Alberto frequentava la scuola secondaria di primo grado e dei libri che riempivano la biblioteca comunale del suo paese ne aveva letti davvero tanti. Nel frattempo la barba di zio Ivan era diventata tutta bianca come i pochi capelli che gli erano rimasti in testa. La pancia invece gli era cresciuta e gli traboccava vistosamente da sotto la cintura dei pantaloni, nascosta a fatica sotto il grigio spolverino da bibliotecario. Si può dire che Alberto, fra i ragazzi di Montepiccolo, fosse l’unico ad andare così spesso in biblioteca. Non che in quel paesino arrampicato su un colle tutti gli altri adolescenti fos7
Capitolo 1
sero nemici dei libri, ma certo era più facile trovarli a zonzo per le strade o in piazza a giocare a pallone, quando era bel tempo, o nel negozio di videogame del signor Beppe, che a sfogliare libri nella biblioteca comunale. Che Alberto fosse un topo di biblioteca ormai era un fatto risaputo, e tutto ciò gli aveva creato attorno un alone di originalità. Anche fra gli adulti s’era sparsa la voce che il figlio della Gina, il nipote del bibliotecario, era un tipo un po’ strano. Bastava vederlo per rendersene conto. Girava sempre con un libro sotto il braccio, con quegli occhialetti rotondi e il viso tanto pallido come un foglio di carta! A scuola i compagni lo ignoravano. Alberto era nel suo banco, e pareva proprio che tutto quello che agli altri interessava a lui non piacesse. Le rare volte che partecipava alle discussioni cominciava sempre a parlare di cose noiose che sicuramente aveva trovato sui libri… Una barba! Questo isolamento lo aveva un po’ frustrato. Se i compagni di classe stravedevano per i cellulari, per i videogiochi e per altri svaghi simili e non accennavano mai a un personaggio di un libro o a una storia trovata in un racconto, voleva proprio dire che lui era anormale. “Forse è tutta colpa di zio Ivan” passò nella testa di Alberto. “Non doveva portarmi in mezzo a tutti quei libri quando ero piccolo! È come se avessi preso un virus che mi ha fatto crescere diverso dagli altri”. Scacciò subito questa brutta idea. Zio Ivan era sempre stato buono con lui e non aveva nessuna colpa. Fra i compagni ce n’erano due che più che ignorarlo lo disprezzavano. Del resto Bruno e Mirko, così si chiamavano, erano nemici dichiarati di tutto ciò che avesse una copertina e un po’ di pagine stampate. Probabilmente non avevano mai letto niente, tranne i libri scolastici, ma anche da quelli si tenevano a debita 8
Zio Ivan
distanza e più che leggerli si limitavano a sfogliarli. Avere dunque fra i piedi tutti i giorni un compagno di classe che durante la ricreazione restava seduto a leggere un libro era come una provocazione. L’alieno andava punito in qualche modo. Il sistema migliore, decisero i due, era impossessarsi dell’oggetto–causa, ovvero il libro. A metà delle lezioni Alberto aveva l’abitudine di andare in bagno e Bruno era maestro nello sfilare oggetti dagli zaini altrui senza che nessuno se ne accorgesse. Così, in un batter d’occhio, il libro incriminato era passato veloce dallo zaino appeso alla spalliera della sedia di Alberto alle mani rapaci di Bruno e poi in quelle vendicative di Mirko, il quale lo aveva fatto immediatamente sparire nel suo zaino. Questo era successo più volte in quei due mesi di scuola, ma il povero Alberto non era mai riuscito a spiegarsi che fine avessero fatto le “Cronache marziane” di Ray Bradbury o “Cime tempestose” della Brontë che, una volta tornato a casa, aveva cercato disperatamente nello zaino e poi in ogni angolo di casa. Che qualcuno glielo avesse sottratto a scuola, proprio non gli pareva possibile. Un libro?! Fosse stato un cellulare, un walkman, un gameboy... Allora avrebbe nutrito seri sospetti per qualcuno dei suoi compagni... Ma un libro! Chi poteva rubare “Cronache marziane” o altri romanzi del genere? Di certo nessuno. “Eppure sono sicuro di averlo portato a scuola!” si diceva rammentando di aver letto qualche pagina durante la ricreazione. La mattina seguente, dopo aver cercato sotto il suo banco, aveva chiesto ai compagni se ne sapessero qualcosa o se avessero visto il libro. 9
Capitolo 1
Nessuno ne sapeva niente, compresi i due gaglioffi. Però da alcune risatine spuntate sulle bocche di quei due ad Alberto venne qualche sospetto. Ma quale prova aveva? E poi, pure se ne avesse avute, che poteva fare? Bruno era alto e robusto, Mirko era magro, ma era tutto nervi, e di lui ne avrebbero fatto polpette. FinÏ per non portare piÚ a scuola alcun libro. Li avrebbe letti a casa, come sempre.
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Capitolo
Una compagna con gli occhi a mandorla
Che Sang Xiaoxiu avesse gli occhi a mandorla, i capelli
lisci e nerissimi, e la carnagione di porcellana, non avrebbe dovuto per niente meravigliare i ragazzi della prima A. In tutte le scuole ormai c’erano bambini di altre nazioni, i cui genitori erano venuti in Italia per trovare un lavoro migliore di quello offerto nel loro paese. Così nessuno si stupiva più di avere come compagno di banco un ragazzino dalla pelle nera o dai capelli chiarissimi che parlava una lingua sconosciuta. Nessuno, tranne gli studenti della piccola scuola dove andava ogni mattina Alberto. A Montepiccolo chi ci viveva da sempre aveva a malapena un lavoro. Non c’erano industrie, né altre attività, fuorché l’agricoltura e l’allevamento di pecore e maiali, e solo chi era nato fra le mura di quelle vecchie case sbiadite dalle piogge e dai tetti sbreccati, che d’inverno spesso si imbiancavano di neve, riusciva in qualche modo ad arrangiarsi. Figurarsi dunque se potevano trovar lavoro persone d’altri paesi… Eppure proprio in quei giorni in paese s’era presentata una famiglia, gente mai vista dagli abitanti del luogo. Era giunta a bordo di una scassata automobile color kaki che aveva attraversato le vie di Montepiccolo. E tutte le donne che a quell’ora se ne stavano davanti alle porte di casa, sedute sulle solite sedie impagliate, a rammendare calzini o a pulire verdure, avevano alzato la testa per guardare con curiosità chi c’era lì dentro. E pure gli uomini che se ne stavano nei tre bar del paese s’erano incuriositi. 11
Capitolo 2
Non che a Montepiccolo non passassero macchine! La ragione era un’altra: i sette passeggeri erano indubbiamente cinesi, o qualcosa del genere. Quella sera alle osterie e nei tre bar non s’era parlato d’altro. Chi erano? Perché erano venuti lì? Qualcuno disse di averli visti fermarsi davanti a una casa nei pressi del vecchio mulino, un punto scomodo da raggiungere. E qualcun altro aggiunse che li aveva visti scaricare valigie, scatole e pacchi ed entrare nel portone. Erano tre uomini, un bambino molto piccolo, due donne e una ragazzina. Tutto fu più chiaro qualche giorno dopo. Il primo che diffuse la notizia fu il signor Umberto, che aveva sulla piazza centrale un piccolo supermarket, e siccome era l’unico in paese, tutti erano costretti a fare la spesa da lui. Ovviamente anche uno di quei cinesi c’era stato: una donnina col viso tondo e bianco come farina e gli occhi a mandorla che quasi non si vedevano. Aveva fatto una gran fatica, il signor Umberto, a capire cosa volesse comprare perché non conosceva quasi per niente la sua lingua. E così lui, sebbene morisse dalla voglia di chiederle perché fossero venuti a vivere lì, non aveva potuto farle neppure mezza domanda. Però la donnina era tornata un paio d’ore dopo, e stavolta con lei c’era una ragazzina. Questa aveva una buona dimestichezza con la lingua italiana, e il negoziante aveva potuto interrogarla. Aveva saputo che quella gente aveva abitato in un altro paese, molto più grande di Montepiccolo, lavorando in un’industria di tessuti che poi era stata chiusa. Ora s’erano trasferiti lì perché a qualche chilometro di distanza, vicino a Roccacencia, avevano aperto un’altra industria e tutti i componenti maschi della famiglia erano stati assunti. Ma a Roccacencia i prezzi delle case in affitto erano davvero alti per loro, invece lì, a Montepiccolo, erano riusciti a trovare un appartamento a un prezzo economico. 12
Una compagna con gli occhi a mandorla
Xiaoxiu non era né alta né bassa, almeno per la sua età. Era però mingherlina, con un’ossatura assai minuta che le dava l’aspetto di essere troppo magra, quando invece, a guardarla con attenzione, possedeva un corpo proporzionato e giusto, come era aggraziato e gradevole il suo modo di muoversi. *** Era un mattino grigio e triste, almeno per Alberto, che da qualche tempo a scuola ci andava davvero malvolentieri. Coi compagni legava sempre meno: alcuni l’avevano messo tra i loro trastulli scolastici e dalla prima all’ultima ora il povero ragazzo non faceva altro che stare in guardia per non finire sotto le loro grinfie. Gli restava quel pizzico di soddisfazione nell’essere considerato dai professori fra i migliori della classe, e forse della scuola. Ma anche questo non faceva altro che allontanarlo sempre più dai suoi coetanei. Quella mattina, ed era un lunedì di metà novembre, Alberto aveva già schivato una mezza dozzina di palline di carta masticata lanciate con la cannuccia da Bruno, e altrettanti elastici tirati da Mirko. Durante la ricreazione, mentre sbocconcellava il suo panino sperando di non doverlo cedere ai soliti prepotenti, s’era beccato un paio di cazzotti sulla schiena, come succedeva sempre nell’intervallo. Sentiva ancora male alle spalle, quando la porta dell’aula si aprì. Era spuntata l’unica bidella della scuola, la quale aveva avvisato l’insegnante che un nuovo alunno s’era aggiunto alla classe. E subito era apparsa quella ragazzina, il viso bianco come porcellana, gli occhi a mandorla e i capelli nerissimi. Qualcuno aveva perfino accennato un sorrisetto ironico, spento subito dalla professoressa. 13
Capitolo 2
Alberto era rimasto incantato. Dato che l’unico posto vuoto era quello accanto a lui, l’insegnante, dopo aver chiesto alla bambina il suo nome, le aveva detto di sedersi lì. Presto Alberto aveva scoperto che Xiaoxiu conosceva molto bene l’italiano. – Ho fatto la primaria in una cittadina a circa trecento chilometri da qui – gli aveva spiegato lei. – Io sono nata in un paese poco distante da Pechino, ma mi trovo in Italia da quando avevo cinque anni. Alberto non le aveva chiesto altro. Si sentiva in qualche modo soddisfatto e perfino orgoglioso di averla come compagna di banco. E sperava che anche la ragazza non lo considerasse un alieno da cui bisognava tenersi alla larga. Xiaoxiu gli sedeva vicino e, sebbene avesse fatto una discreta amicizia con le altre ragazze, quando le serviva qualche cosa, o se non capiva una parola trovata su un libro, si rivolgeva soltanto a lui, con l’identica grazia di quando era entrata per la prima volta in classe. Era davvero carina: la sua pelle gli ricordava la statuetta di porcellana che sua madre teneva in bella mostra nella vetrinetta del salotto, dall’aspetto così fragile che Alberto non aveva mai osato prenderla in mano. E poi quel suo modo di parlare gli piaceva particolarmente. Sebbene conoscesse bene la lingua italiana, la pronuncia tradiva ancora la sua origine cinese: non riusciva ad articolare la erre. E quando lo chiamava, diceva: Albelto. Per non parlare di altri nomi, tipo: plofessolessa, geometlia, alitmetica… Un giorno, durante la ricreazione, Alberto le aveva posto una domanda che a lui era sembrata estremamente audace. – Ma a te… a te… piace leggere? Xiaoxiu aveva mosso il capo in un chiaro cenno affermativo. 14
Una compagna con gli occhi a mandorla
– Ma purtroppo i libri costano parecchio… – aveva aggiunto la ragazzina. – ...A casa mia non ci sono soldi abbastanza per comprarne. Guardò con gran serietà il ragazzo con gli occhiali che a sua volta la stava fissando. – A casa mia i soldi che portano gli uomini servono per mangiare, per pagare l’affitto… Io non posso chiedere a mia madre di comprarmi nuovi libri… Ha già dovuto spendere tanto per quelli di scuola… Alberto continuava a fissare Xiaoxiu, mentre intorno a loro gli altri ragazzi facevano una gran confusione. – Che problema c’è? Qui a Montepiccolo c’è una biblioteca pubblica! Io ci vado quasi tutti i giorni. I libri là si prendono gratis! Basta avere una semplice tessera. Fu così che alla biblioteca comunale in cui lavorava zio Ivan ci fu un’altra iscrizione. E Alberto ricominciò ad andare a scuola volentieri.
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Capitolo
La passione per gli Impressionisti
Ad Alberto quel libro glielo aveva regalato zio Ivan lo
scorso Natale. Era uno di quei libri con la copertina di cartone e le pagine lucide, grosso e pesante da poterlo sfogliare soltanto tenendolo appoggiato su un tavolo. Quando aveva scartato il dono di Natale c’era rimasto un po’ male: tutto s’aspettava tranne che fosse un libro d’arte! Il titolo era: “Gli Impressionisti e i Post–Impressionisti”. Zio Ivan invece ne pareva entusiasta. L’aveva preso tra le sue grosse mani e l’aveva sfogliato sotto il naso del nipote, mostrandogli le bellissime stampe a colori che si alternavano a pagine scritte. – Vedi, guarda qua che bello! – diceva con passione, indicando un famoso dipinto di uno di quei pittori francesi che Alberto conosceva appena. La notte stessa, però, preso da curiosità o forse privo ormai di sonno, aveva passato più di un’ora a sfogliarlo. Quando le lancette della sveglia che aveva sul comodino segnarono le due, Alberto si era deciso a chiuderlo e ad andare finalmente a letto. Aveva cambiato idea: zio Ivan non aveva sbagliato a fargli quel regalo. Quel libro era davvero interessante. La vita degli artisti lo aveva calamitato come quando leggeva uno dei suoi romanzi preferiti. Erano storie bellissime... Questo era successo l’anno prima. Ora a Natale mancava circa un mese, e dei pittori Impressionisti era espertissimo. 16
La passione per gli Impressionisti
E, senza neppure rendersene conto, aveva preso una gran passione per Parigi dove quei pittori avevano vissuto. Proprio in quei giorni a scuola era arrivato il bando di un Concorso Nazionale con cui si invitavano gli studenti a svolgere un tema dal titolo: “Se andassi a Parigi, farei…” Il vincitore sarebbe andato con tutti i suoi compagni di classe a Parigi per quattro giorni accompagnati da due insegnanti. La speranza di vincere era davvero modesta, ma i vari professori d’italiano della piccola scuola di Montepiccolo avevano ugualmente sollecitato i loro alunni a scrivere questo tema. Anche Alberto aveva partecipato, riempiendo ben cinque pagine con la sua scrittura minuta. La sua insegnante lo aveva lodato e aveva scelto proprio il suo tema per il concorso. *** Come aveva sperato Alberto, Xiaoxiu aveva iniziato a frequentare la biblioteca comunale. Quel mondo fatto di fogli stampati e di copertine aveva catturato anche la ragazzina cinese. Certo, Xiaoxiu non era una frequentatrice assidua come Alberto, però, quando trovava un po’ di tempo libero, era là a sfogliare libri, sotto lo sguardo compiaciuto del barbuto bibliotecario. Alberto era sempre con lei. Esperto come nessun altro ragazzo, le consigliava cosa leggere. Xiaoxiu pareva essere diventata un’appassionata lettrice. Dopo pochi giorni tornava in biblioteca, il libro preso in prestito sotto il braccio, e lo riconsegnava all’omone barbuto, chiedendo se poteva prenderne un altro… E naturalmente zio Ivan s’affrettava a muovere il capo ormai canuto in un cenno affermativo, mostrando un sorrisetto di soddisfazione. 17
Capitolo 3
Da quando Xiaoxiu era entrata per la prima volta nella classe di Alberto erano passati circa due mesi. E a questo punto la ragazzina venuta dalla Cina aveva letto parecchi libri. *** La primavera era già pronta a scacciare gli ultimi granelli dell’inverno, quando a scuola giunse una lettera che nessuno più si aspettava. L’insegnante di italiano era così emozionata da non riuscire a leggere quanto c’era scritto. Calmatasi, aveva scandito ben bene ogni parola: – Il tema da voi inviato è risultato vincitore del concorso “Una vacanza a Parigi”. Erano tutti elettrizzati e nessuno si degnò di ringraziare chi effettivamente aveva scritto il tema vincitore. Alberto però non ci fece caso. Anche lui era felicissimo: finalmente avrebbe potuto vedere dal vivo la città dove molti anni prima erano vissuti i pittori Impressionisti.
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Capitolo
4
Il premio
L
– o sai che fra qualche giorno partirò per Parigi? Zio Ivan, che se ne stava seduto dietro un tavolo di mogano ad incollare le pagine di un vecchio libro malandato, guardò Alberto abbassando gli occhiali sulla punta del naso. – E come faresti ad andare a Parigi? – chiese accennando un sorrisetto piuttosto incredulo. – Indovina! L’omone continuava a fissarlo come se volesse leggere dall’espressione del nipote cosa stesse pensando. Ma Alberto manteneva un’aria davvero enigmatica che neppure un tipo come lui che aveva girato il mondo poteva interpretare. S’arrese. – Dunque, se non mi stai prendendo in giro, dimmi come puoi fare un viaggio del genere? – Il mio tema è stato giudicato il migliore… – Quale tema? – fece zio Ivan mentre spennellava colla sul dorso del libro. Ad Alberto brillarono gli occhi. – Quello che la mia professoressa di italiano ha inviato al Concorso… Poi riassunse quanto era accaduto nei giorni precedenti, concludendo con un sorriso. – E così la mia classe partirà per Parigi… Ben quattro giorni a Parigi! Gratis! Zio Ivan era tornato a guardarlo. Ora la sua aria era davvero piena di soddisfazione. 19
Capitolo 4
– Beh, i tuoi amici ti saranno grati… ti avranno senz’altro festeggiato. Grazie a te, andranno a Parigi… – commentò. Il ragazzo annuì, evitando di dire che praticamente nessuno lo aveva ringraziato. Ma che gliene importava? Conosceva ormai bene quei ragazzi che non avevano nessuna stima di lui. Tranne ovviamente Xiaoxiu, che proprio quella mattina era assente. Il giorno dopo, la ragazzina cinese tornò a scuola, e subito Alberto la mise al corrente della grande novità. Fu allora che il suo entusiasmo e tutta la sua gioia si sgonfiarono. – Purtroppo io non posso venire – disse Xiaoxiu scuotendo il capo dai capelli nerissimi. Alberto divenne più pallido del solito. – Ma guarda che è tutto gratis! Compreso il viaggio! – aveva subito ribattuto credendo che la sua compagna fosse convinta che ci fossero delle spese da sostenere. – Lo so… Lo so… Ma io non posso partire. Mia madre lavora tutto il giorno e io devo badare a mio fratello. E devo preparare da mangiare… – Ma non avevi detto che a casa tua lavorano solo gli uomini? Alberto continuava a fissarla, serissimo, e le sue guance sbiancavano sempre più. – È vero… – disse lei sostituendo la erre con una buffa elle che però non fece ridere Alberto neppure un po’ – ...ma mia madre lavora in casa. Ha una piccola macchina tessitrice e da mattina a sera… non ha neppure il tempo per cucinare… E mia nonna è troppo vecchia per aiutarla… Alberto si sentì sciogliere come un gelato dimenticato fuori dal frigo. Quei motivi erano davvero troppo seri per essere ribattuti. Sperò comunque che la professoressa avrebbe trovato il modo per convincerla a non rinunciare a quella irripetibile occasione. 20
Il premio
Infatti la professoressa provò in tutti i modi a trovare una soluzione a quanto le aveva appena detto Xiaoxiu, ma alla fine si arrese. La ragazzina cinese le aveva spiegato che la sua famiglia aveva tutta una gerarchia e ciascuno aveva un compito al quale non poteva sottrarsi neppure per un giorno. – Comprendo… – disse l’insegnante dopo un sospiro di rassegnazione. Poi, alzando lo sguardo su tutta la classe, aggiunse: – Come vedete, ci sono anche ragazzi che non pensano soltanto a giocare e a divertirsi… Era vero. Xiaoxiu si era dimostrata una ragazza matura, per la quale Alberto, ora, provava ancora di più stima. Nel suo cuore, però, sentiva una grande delusione. Si era già immaginato di trascorrere quei quattro giorni insieme all’unica compagna che non lo considerava un alieno, e adesso invece… Trascorse il resto delle ore scolastiche perduto in una profonda malinconia, che gli passò un poco soltanto quando, nel pomeriggio, tornò in biblioteca. Zio Ivan gli aveva fatto trovare una mezza dozzina di libri che parlavano di Parigi e lui ci si tuffò con la solita passione.
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Capitolo
5 A Parigi
Il treno sotterraneo che attraversava il ventre di Parigi era
pieno di gente. Alberto, infilato nella calca, vedeva davanti a sé il cappotto verde che sapeva appartenere alla professoressa d’italiano e si sentiva tranquillo. Si distrasse un attimo e… all’improvviso si accorse che il cappotto verde non c’era più. Allora provò a farsi largo a fatica fra i passeggeri del convoglio. Ma niente! Si sentì perduto… I suoi compagni e la professoressa dovevano essere scesi alla fermata precedente! Alla fermata successiva scese anche lui e si guardò intorno con disperazione. Nessuno possedeva una faccia a lui nota. Salì le scale e fu sulla strada. Scoprì di trovarsi nei pressi della Senna. Si sforzò di stare calmo. Ricordava bene il nome dell’albergo e gli sarebbe bastato chiedere a una guardia per farsi spiegare come tornarci. Ne intravide una dall’altra parte del viale che costeggiava il lungosenna. Ma la strada era trafficata e lui non poteva certo attraversare in quel punto. Così avanzò aumentando il passo, deciso a raggiungere il semaforo. Mancava ancora qualche metro, quando notò una lunga fila di bancarelle affiancate al parapetto del fiume. Le prime esponevano antiche porcellane, stampe e piccoli oggetti di bronzo e rame. 22
A Parigi
Alberto avanzò. Non gli sembravano cose interessanti. Il semaforo era ormai vicinissimo e forse la guardia stava ancora là, dalla parte opposta del viale. Ma passando davanti alla quarta bancarella, provò un gran desiderio di fermarsi. Quella non esponeva soprammobili o vecchie stampe, ma libri! Erano tantissimi volumi ed emanavano lo stesso profumo di quello che fin da piccino era abituato a respirare. Un odore di vecchi fogli stampati, di inchiostri, di copertine leggermente umide, a volte mangiucchiate dalle tarme. Fu più forte di lui. Si fermò. Il venditore di libri era un tipo grassoccio, fornito di due grandi baffi all’insù, nerissimi come i suoi capelli tutti impomatati di brillantina, separati da una scriminatura proprio al centro del cranio. Mentre era intento ad accendersi la pipa si accorse del ragazzo e gli dedicò un leggero sorriso. – Io, moi… – prese a dire il ragazzo che, ovviamente, pur studiando a scuola quella lingua, sapeva a malapena spiccicare qualche parola ... moi, je suis… italiano… L’uomo tirò ancora una boccata di fumo e mosse la testa lustra di brillantina. – Ah, italiano… bon… Non aggiunse altro. Era sopraggiunto proprio allora un signore alto e corpulento, e s’era messo a chiedergli se possedeva un certo volume. Alberto tornò a frugare fra i libri. Come sempre, mentre le sue mani accarezzavano quelle vecchie copertine, provò una profonda emozione. Ne prelevò a caso uno. Era scritto in francese. Tentò di capire cosa ci fosse scritto, ma gli restò difficile. Lo rimise a posto e ne prese un altro. Anche questo, naturalmente, era scritto in francese. 23
Capitolo 5
Il suo entusiasmo si stava sbiadendo nella consapevolezza che fra tutti quei libri niente avrebbe potuto interessarlo davvero. – Attends un istant! Alberto trasalì. Si girò di scatto. Il viso sorridente del venditore di libri usati gli stava indicando con il cannello della pipa un lato della sua bancarella. – Ici, il y a des livres en italien… Alberto riuscì ad intuire il significato. I pochi libri ammucchiati vicino alla sponda della bancarella avevano titoli scritti nella sua lingua. – Je crois qu’ils sont plus intéressants pour toi. L’ometto aveva preso tra le mani un libro e lo consegnò al ragazzo. – Regarde ceci… Alberto annuì e abbassò lo sguardo sulla copertina. Era un volume piuttosto malandato, con le pagine in parte staccate. La copertina era ingiallita e molto logora. Proprio questo attirò l’attenzione di Alberto. Il disegno a colori, benché sbiadito, era ancora chiaro: un ragazzino con i calzoni corti e uno strano berretto sul capo si trovava al centro di un paesaggio esotico, su cui spiccava, a grandi caratteri:
L’INTREPIDO CARLINO LE AVVENTURE DI UN RAGAZZO NEL CONTINENTE NERO Sopra il titolo, a caratteri più piccoli, c’era il nome dell’autore: Gioacchino Modena. – Tu aimes? Il n’est pas cher! 24
A Parigi
Alberto sollevò lentamente la testa. Il venditore di libri usati lo fissava con occhi allegri. Delle sue parole aveva capito soltanto il costo del libro. Alberto istintivamente infilò la mano sinistra nella tasca del giubbotto. Sentì al tatto una moneta che tirò fuori. Erano proprio due euro! La consegnò all’ometto. – Bon… Au revoir… – fece l’uomo coi baffi infilando con cura il libro dentro un sacchetto di plastica. – Au revoir – ripeté meccanicamente Alberto e, preso il sacchetto, si avviò verso il semaforo. Ma poi ci ripensò. Forse il poliziotto che aveva visto prima se n’era andato. Era meglio chiedere al venditore di libri. Tornò sui suoi passi. L’uomo stava sistemando alcuni volumi. – Monsieur – prese a dire Alberto. E con gran sforzo cercò di farsi capire. – Ah, oui… – disse infine l’uomo muovendo più volte la testa lucida di brillantina. – J’ai compris… Doveva averlo preso in simpatia. Con molta pazienza gli spiegò come raggiungere l’albergo.
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Capitolo
6 Il vecchio libro
Le chiacchiere che già avevano preso a circolare nell’al-
bergo parigino e poi sull’aereo che li aveva riportati in Italia s’erano propagate come il virus dell’influenza nei mesi invernali. Ritornati a Montepiccolo tutti ridevano alle spalle di Alberto. Le risatine di qualche ragazzo più grande di lui lo inquietavano. E quando altri ragazzi lo fermarono per domandargli, trattenendosi a stento dal ridere, se poi aveva ritrovato l’albergo, Alberto ripensò a quanto gli era successo e si avvilì talmente che non ebbe più voglia di andare dallo zio. Per fortuna, rivedere la ragazzina dal viso di porcellana e gli occhi a mandorla lo tranquillizzò. Rimasero entrambi per un lungo istante a fissarsi senza parlare, e nella testa di Alberto passò l’idea che pure lei, sotto sotto, stesse ridendo di lui. Si sbagliava. Xiaoxiu lo salutò con grande trasporto e lo tempestò di domande su Parigi, senza minimamente menzionare quella vicenda. – Mi è davvero dispiaciuto che tu non ci fossi – concluse Alberto al termine del racconto. Lei alzò le spalle. – Che ci vuoi fare… Capiterà un’altra volta… Lui allora si frugò nelle tasche del giubbotto e tirò fuori un pacchettino. – È per me? – fece lei. Alberto annuì con serietà. 26
Il vecchio libro
Xiaoxiu lo scartò: una piccola Torre Eiffel di peltro luccicò nel palmo della sua mano. – Non dovevi… – È solo un pensierino… Ci tenevo che tu avessi qualcosa di Parigi – disse lui arrossendo. Xiaoxiu accennò un inchino con la testa, come probabilmente facevano dalle sue parti. *** Di quel libro comprato per soli due euro alla bancarella sul lungosenna Alberto non aveva letto neppure una pagina. A dire il vero, aveva cominciato a leggerlo già a Parigi, una volta tornato in albergo, ma ci aveva subito rinunciato: il volumetto era così mal ridotto che le pagine sgusciavano dalla vecchia copertina di cartoncino. Poi, considerando che spartiva la stanza con i famigerati compagni, era meglio non mostrarlo troppo in giro. Così lo aveva prudentemente nascosto fra la biancheria della sua valigia. Il giorno stesso del suo rientro a casa aveva preso il libro con molta attenzione, lo aveva posto sulla sua scrivania e osservato con occhi esperti. Era davvero ridotto male. Per goderselo non avrebbe potuto evitare un accurato restauro. Sistemò un foglio di giornale sulla scrivania dopo essersi procurato della colla adatta e un pennello. Aveva visto molte volte suo zio ridare a tanti libri nuova vita, libri forse ridotti peggio di quello. Cercando di ricordare ogni gesto di zio Ivan, alla fine riuscì a incollare tutte le pagine, facendo poi aderire ben bene la copertina al dorso. Lo lasciò riparato sotto una pesante pila di volumi, e dedicò la sua attenzione ai vari volumetti che aveva preso nei musei visitati a Parigi. 27
Capitolo 6
Verso sera, finalmente poté sfogliare il libro comprato alla bancarella del lungosenna. Disteso sul letto, la schiena poggiata su due cuscini, con molta delicatezza lo aprì e cominciò a leggere: Capitolo Primo Carlino va a scuola “Quando incominciò questa storia, il nostro protagonista frequentava la classe quinta, ed era il mese di marzo... Il suo vero nome era Carlo, detto Carlino, ma i suoi amici lo chiamavano l’Intrepido per via del suo ormai celeberrimo coraggio…” Abituato a letture molto più impegnative, Alberto concluse presto la fine del primo capitolo e iniziò subito il secondo, quindi cominciò il terzo. Fu allora che gli venne voglia di sapere qualcosa dell’autore. Chi era Gioacchino Modena? Finora non gli era mai capitato tra le mani nessun libro scritto da lui, sebbene una delle cose che faceva più volentieri fosse proprio quella di cercare libri rari, o, meglio, scritti da autori non troppo celebri. Ma alla biblioteca di Montepiccolo libri di Gioacchino Modena non ce n’erano. A meno che gli fossero sfuggiti. Girò il libro, ma sul retro della copertina non erano riportate sue notizie. E neppure all’interno. Scoprì comunque il nome della Casa Editrice, sicuramente francese. Era stato dunque stampato in Francia, per la precisione a Lione, nel lontano 1939. Questo, almeno per Alberto, rendeva quel libretto particolarmente prezioso, anche se, a essere sinceri, la storia narrata non gli parve molto entusiasmante.
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Il vecchio libro
Carlino, il protagonista, dopo qualche avventura nella sua città, Roma, si imbatteva in due avventurieri che gli proponevano di partire per l’Africa alla ricerca di uno straordinario tesoro… Malgrado lo scarso interesse per queste storie che a un topo di biblioteca come lui apparivano piuttosto scontate, Alberto continuò a leggere. La pendola appesa in corridoio batté la mezzanotte quando la stanchezza del viaggio gli suggerì di chiudere il libro. Giunto però a pagina 100, Alberto si trovò davanti a qualcosa di insolito. Sull’intera pagina era stampata una lunga filastrocca. La curiosità, lo spinse a leggerla. La piccola Marisa di Magonza andò al mercato per comprare l’insalata cappuccina ma i soldi avea dimenticato. Scoppiò in pianto la povera piccina. Corse allor a casa disperata al numero cinquanta giunse in fretta salì le scale tutta trafelata quando incontrò la vecchia Betta. – Betta, mi presti i soldi per la spesa? – disse Marisa col cuor che le batteva. – Mi spiace, ma la mia borsa è vuota – fece la donna, mentre giù scendeva. Marisa salì ancora fino al piano dove abitava con la mamma Rina, bussò, ma ciò risultò vano: nessuno aprì, e tutto fu come prima. 29
Capitolo 6
Più su, ancora, c’era la soffitta. Dormiva lì Otto il ciabattino. Entrò Marisa, zitta zitta, e chiese all’uomo un piccolo soldino. – Qui si mangia pane e sputo. Gli affari vanno male, cara mia – rispose Otto, dispiaciuto, e le fece cenno d’andar via. Tornò in strada la bimbetta e un’idea le venne inaspettata. Nell’orto del vicino entrò in fretta e colse due cespi d’insalata. “Cosa c’entra questa filastrocca con la storia dell’Intrepido Carlino?” si domandò Alberto. Era una canzoncina infantile, di quelle che di solito si trovavano nei libri dei bambini, e non aveva nulla a che vedere con la storia narrata nel romanzo. Rilesse una seconda volta la filastrocca. Poi il sonno lo vinse e si addormentò con il vecchio libro tra le mani.
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7
Capitolo
Il prestito
L’
– hai proprio rilegato bene – commentò zio Ivan rigirando fra le sue grosse mani il libro. Alberto sorrise soddisfatto. Con esperienza, il bibliotecario di Montepiccolo controllò la qualità della carta, della stampa e anche delle illustrazioni che ogni tanto si alternavano al testo. – Hai fatto un affare, caro mio – disse l’omone con fare serioso. Dette un’occhiata al ragazzino con gli occhiali, e un sorrisetto che celava soddisfazione gli sfuggì. – È un libro raro e l’hai pagato soltanto due euro! Bravo! Alberto continuò a sorridere, orgoglioso per le lodi dello zio. – E com’è? – domandò allora zio Ivan. – La storia? – fece il ragazzo. – È carina, ma niente di speciale… Parla di un ragazzo, Carlino, che parte con degli avventurieri per l’Africa in cerca di un antico tesoro… – Beh, mica male… – borbottò l’omone che ora scrutava la copertina e poi il retro. – L’hai letto tutto? – Sì. L’ho finito questo pomeriggio. Però… Lo zio tornò a guardarlo. – Però? – Niente… Volevo chiederti delle cose riguardo al libro. Zio Ivan mosse la testa coperta dai capelli grigi. – Chiedi pure… – Ecco – incominciò Alberto, – intanto volevo chiederti se sai qualcosa dell’autore. 31
Capitolo 7
Zio Ivan abbassò lo sguardo sulla copertina. – Gioacchino Modena? No… Non lo avevo mai sentito nominare. Però posso controllare sull’Enciclopedia della Letteratura. Aspetta… Si spostò lentamente verso uno degli scaffali che riempivano la prima sala della biblioteca. Alberto gli andò dietro. – Non c’è… – disse l’omone dopo aver sfogliato un grosso libro che aveva posto su un tavolo. – E ciò significa che questo libro è ancora più raro… Non credi? – concluse strizzando l’occhio al nipote. – Sì… Ma c’è qualcos’altro – disse Alberto. – Che cosa? – A metà, c’è una pagina strana… Zio Ivan riprese in mano il libro che suo nipote aveva portato e cominciò a sfogliarlo. – Dove, di preciso? – A pagina 100. Zio Ivan la trovò e restò per qualche attimo tutto preso nella lettura della pagina. – Carina… È una filastrocca… Quando io ero piccolo, di queste filastrocche ne trovavo sui giornalini. Ricordo il caro “Corriere dei piccoli”; là ogni pagina ne era piena… – commentò con nostalgia. – Ma in questo libro, quella filastrocca non c’entra proprio niente… – lo riportò alla realtà Alberto. – Dici sul serio? Alberto annuì. – In effetti… se qua si parla di un’avventura in Africa, che c’entra questa storiella? – ammise l’omone. – È pure strano che un libro per ragazzi di un autore praticamente sconosciuto qui in Italia sia stato pubblicato da una Casa Editrice francese. 32
Il prestito
– Se non sbaglio, a quell’epoca qui in Italia c’era il fascismo – considerò Alberto. Zio Ivan mosse ancora la testa. Con la mano libera si tirò i peli della barba. Stava riflettendo. – All’epoca una certa letteratura non era gradita al regime… Ma questo è soltanto un libro per ragazzi; un libro di avventura. Non certo politico – disse zio Ivan accarezzando la copertina sciupata. Riconsegnò il libro al nipote. – Se vuoi, posso approfondire le ricerche – si offrì, ma appariva un po’ scettico. – Non c’è bisogno – rispose Alberto. – A che servirebbe? Ormai l’ho finito. – Già – fece l’uomo sedendo al solito tavolo di mogano. Accese la lampada per farsi luce. Fuori cominciava a imbrunire. – Anche a me sembra tempo perso… Gioacchino Modena… bah… uno dei tanti scrittori di poco valore degli anni Trenta… Forse ha pubblicato solo questo libro in vita sua. – Beh, io me ne vado, ciao zio. – Ah, sì… Ciao, Alberto… a domani. Uscì. S’era fatto buio. La piazzetta che s’apriva davanti al portone della biblioteca comunale era illuminata da due lampioni con i vetri gialli. La fontana nel mezzo zampillava allegramente. Alberto si incamminò a passo svelto nella direzione di casa sua. Un leggero vento aveva preso a soffiare sollevando polvere e qualche cartaccia. Istintivamente, il ragazzo strinse al petto il libro che, malgrado la storia non troppo avvincente, considerava lo stesso di gran valore. Girò a destra. La strada era in salita, fatta di ciottoli levigati dal tempo e dagli zoccoli dei muli e degli asini che fino a qualche anno prima la percorrevano ogni giorno. Svoltò ancora: entrò in una viuzza fiancheggiata da vecchi edifici in pietra, malamente illuminata. 33
Capitolo 7
Un’ombra poco più giù lo fece trasalire. – Alberto! Era Xiaoxiu. – E che ci fai qui a quest’ora? – chiese il ragazzo. – Sto andando alla biblioteca… Non so se è ancora aperta… – disse la ragazzina. – Sì. È aperta. Vengo proprio da lì. Lei allora abbassò lo sguardo sul libro che Alberto teneva ancora pressato sul petto. – Hai preso un libro in prestito? Anch’io ne volevo prendere uno… – fece lei sorridendo. – Veramente, no – disse il ragazzo. – Questo libro è mio. Incuriosita, Xiaoxiu cercava di scoprire nella poca luce del vicolo quale libro fosse. Alberto glielo mostrò. – L’ho comprato a Parigi… – Ah… Ed è dunque scritto in francese?! – Ma no. È scritto in italiano, e già l’ho letto… Tacquero entrambi. Sembrava che avessero in mente la stessa idea. Fu il ragazzo a parlare per primo. – Se vuoi te lo presto… così eviterai di andare in biblioteca… – Magari… Se, naturalmente, ti fa piacere. – Certo. Xiaoxiu lo prese. – Attenta, però, perché è molto vecchio e un po’ rovinato. – Starò attentissima e lo terrò come un oggetto sacro – promise lei.
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8
Capitolo
Una brutta faccenda
Aveva piovuto tutta la mattina e un cielo plumbeo pro-
metteva ancora pioggia nonostante la tregua pomeridiana. Il fiume Senna era ai limiti: le acque grigiastre avevano raggiunto gli argini e in vari punti li avevano perfino sommersi sfiorando le spallette dei muri sotto le strade. I grossi battelli fluviali attraccati dondolavano sotto la spinta delle onde. Affacciato al parapetto di un punto del lungosenna, il venditore di libri Georges Dochet guardava verso il grande Ponte des Arts, dove la violenza del fiume sbatacchiava un grosso battello. Tra le labbra, la pipa tirava gagliarda e il fumo volava via confondendosi con i fumi che provenivano dai comignoli di alcune casupole costruite lungo la riva. Come se seguisse la direzione del fumo, l’uomo volse lo sguardo verso il cielo e sospirò. Presto avrebbe ripreso a piovere. Si avvicinò alla sua bancarella. I tanti libri s’intravedevano sotto il grande telo di plastica trasparente che aveva messo per proteggerli dalla pioggia. “Une journée inutile” pensò Georges Dochet un po’ stizzito. Con quel tempo, aveva venduto appena tre libri, e, se avesse ripreso a piovere, avrebbe rischiato di rovinare gli altri. Intascò la pipa e tirò via il telo. Sistemò meglio alcuni libri e s’apprestò ad abbassare il grosso coperchio della bancarella, come faceva di solito a sera, bloccandolo con due robusti lucchetti. 35
Capitolo 8
– Pardon, monsieur… Il venditore di libri usati si voltò, quasi trasalendo. Un uomo alto pressappoco come lui, ma largo di spalle, la pelle bruna e i capelli neri, ricci, lo stava fissando con insistenza. Indossava un impermeabile grigio e un inutile paio di occhiali da sole. Malgrado gli occhiali, Georges Dochet capì che quel tizio non era europeo: il naso largo e un po’ schiacciato, le labbra carnose, il mento sfuggente; probabilmente era del Medio Oriente. Anche il suo francese tradiva le sue origini. – Sto cercando un libro... Un libro per ragazzi… – disse questi. – Non so se potrò aiutarla, signore – disse Georges Dochet lasciando sollevato il coperchio della bancarella. – Che libro, per la precisione? – Sto cercando un vecchio libro. È degli anni Trenta… Si chiama “L’intrepido Carlino” – spiegò l’uomo con l’impermeabile. L’altro rimase un momento in silenzio, l’aria indecisa. Sulla sua bancarella passavano centinaia di libri, che gli procurava un rivenditore all’ingrosso. Tuttavia, gli pareva d’aver già sentito quel titolo, ma non ne era sicuro. – Aspetti… Mentre frugava fra le pile di libri, a Georges Dochet venne improvvisamente un pensiero: quel tizio che doveva essere di qualche paese arabo, stava cercando un libro dal titolo italiano… Era proprio curioso… E, di colpo, mentre con le mani spostava vecchi libri ingialliti, si ricordò. “Ma sì! Il ragazzino dell’altro giorno! Quel ragazzo con gli occhiali, il viso troppo pallido… Italiano! Ma sì! Aveva comprato proprio quel libro!” Posò il volume che aveva in mano e si girò verso l’uomo dalle spalle larghe. 36
Una brutta faccenda
– Sì, signore… Lo avevo… Ma, mi rincresce… l’ho venduto giorni fa a un ragazzo. L’altro non cambiò espressione. – Ne è sicuro? – domandò. Il venditore di libri confermò con un cenno del capo, e fu allora che vide una grande automobile blu che s’era fermata rasente il marciapiede, a pochi metri dalla sua bancarella. – Lo ha venduto a un ragazzo? – ripeté l’uomo con l’impermeabile. – Sì… Mi rincresce… L’altro allora si voltò in direzione della berlina, e, chissà perché, Georges Dochet provò una curiosa sensazione di paura. *** Aveva ricominciato a piovere. Le prime gocce battevano sulle copertine dei libri oltre che sui due uomini. Lungo il marciapiede che costeggiava quella riva del fiume non passava nessuno. Fu questione di un attimo. La portiera posteriore dell’auto s’aprì e subito scese un uomo. A passi rapidi e decisi venne verso di loro. Georges Dochet sentì il cuore battere forte, il sangue gli si raggelò nelle vene. Ciò che accadde fu talmente fulmineo e violento che il pover’uomo non riuscì più a pensare ad altro: quattro mani gli passarono sotto le braccia e brutalmente fu trascinato verso l’automobile nella quale fu costretto ad entrare. – Se stai calmo, non ti succederà niente – gli disse in inglese l’uomo che stava alla guida, voltandosi un momento. Poi l’auto schizzò via, sull’asfalto bagnato.
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Capitolo
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A casa di Sang Xiaoxiu
N
ei giorni successivi, a scuola non accadde nulla di particolare, se si esclude qualche scherzo tirato dai compagni di classe al povero Alberto, che però non se la prese più di tanto. Fra i corridoi girava ancora la storiella di lui che s’era perso a Parigi, ma ormai non faceva più ridere nessuno. Alberto provava comunque fastidio se qualcuno accennava a quel fatto, ma alla fine lasciava perdere. Era arrivata la primavera e tutt’intorno a Montepiccolo si vedevano prati fioriti. L’aria mite e profumi ingannatori già sembravano annunciare l’estate. Ad Alberto era venuta una gran voglia di fare lunghe passeggiate e questo desiderio lo aveva perfino distolto dalle sue letture. Inoltre la simpatia per quella ragazzina che veniva dalla Cina s’era curiosamente mutata in un’indecifrabile allegria quando le stava accanto. E ciò lo spronava sempre più ad andare ogni mattina a scuola. Nel pomeriggio poi sentiva ancor più il desiderio di uscire, e non certo per godersi i prati ornati di fiori o per assaporare il tepore della buona stagione, ma solo con la speranza di imbattersi nella piccola Xiaoxiu. Era il 24 marzo, quando Alberto vide la ragazzina cinese sulla strada principale del paese, ed era appunto pomeriggio. Da due giorni, a scuola Xiaoxiu risultava assente, e nel vederla il ragazzo si sentì profondamente felice. Affrettò il 38
A casa di Sang Xiaoxiu
passo e la raggiunse. Xiaoxiu portava due grandi sacchetti di plastica pieni di roba, tanto che faceva fatica a camminare. Lui si offrì subito di aiutarla. – Uno a te, uno a me – decise lei, consegnandogli un sacchetto. Alberto le chiese come mai non era andata a scuola negli ultimi due giorni. – Sei stata forse male? – No. Mia madre è particolarmente impegnata con il suo lavoro e la nonna sta poco bene… Era indispensabile la mia presenza a casa anche di mattina – spiegò lei omettendo come al solito tutte le erre. – E mancherai anche domani? – Non so. Ma… Ti va di accompagnarmi fino a casa? Alberto sentì una profonda euforia dentro di sé. Era la prima volta che Xiaoxiu gli proponeva questo! Finora, oltre che tra i banchi di scuola, s’erano visti in biblioteca o per le strade di Montepiccolo e adesso… Alberto era convinto che in quella proposta ci fosse come un sottinteso messaggio che la loro era qualcosa di più di una semplice amicizia fra due ragazzi. Non osò immaginare altro. Era troppo felice per rovinare quel magnifico momento. Continuò a camminare a fianco della ragazzina, sulla quale ogni tanto gettava un fugace sguardo di compiacimento, senza neppure accorgersi del notevole peso che stava da un po’ trasportando. Alla fine, però, la spalla cominciò a dolergli. Il braccio corrispondente alla mano che stringeva i manici del sacchetto si informicolì. Fu costretto a fermarsi, poggiando il fardello per terra. Xiaoxiu lo imitò. – Sei stanco? 39
Capitolo 9
– Ma no… – Io ci sono abituata – disse lei. – Tre volte a settimana faccio la spesa, e noi a casa siamo in tanti… Comunque, siamo quasi arrivati. Non era proprio così. La casa presa in affitto dai signori Sang era ancora lontana, dato che era notevolmente fuori mano. Proseguirono lungo una strada che non finiva mai, sui cui lati s’apriva un boschetto. Poi finalmente il vecchio edificio a due piani, piuttosto malandato, coi muri scrostati e sbiaditi, apparve alla fine della via. – Io abito lì… – avvisò Xiaoxiu. Alberto lo sapeva benissimo. Non era la prima volta che ci si recava, specie in quei due giorni di marzo in cui la sua compagna era stata assente da scuola. Ma non aveva mai osato suonare all’unico campanello che stava accanto al portone. – Ti va di salire? – fece la ragazza quando vi furono davanti. Il cuore di Alberto batté violentemente. Era proprio quello che sperava di sentire dalla voce della sua amica. – Se non disturbo… Lei gli fece strada lungo la stretta rampa di scale fino al pianerottolo del primo piano. Aprì la porta. La casa era abbastanza grande, ma in cattivo stato. Si intuiva subito che da molto tempo nessuno più s’era curato di spendere soldi per rimetterla a nuovo. I muri erano ingrigiti, i pavimenti in alcune parti mostravano fessure e i soffitti avevano macchie d’umidità. Dappertutto si sentiva un leggero tanfo di muffa mischiato a un curioso odore che ad Alberto ricordò l’Oriente. Anche i mobili erano molto vecchi. Un bambino venne loro incontro. Si scambiarono parole incomprensibili, poi la ragazzina lo presentò al suo amico. 40
A casa di Sang Xiaoxiu
– È mio fratello Yalin… Xiaoxiu pose il suo sacchetto con la spesa su un tavolo e sollevò il bambino, stringendolo forte tra le braccia. Un bacio schioccò sulla guancia paffuta del piccolo che continuava a ripetere qualcosa in lingua cinese che ovviamente Alberto non capì. Allora la ragazzina, messo di nuovo a terra il fratello, tirò fuori tutta la spesa dal sacchetto, consegnando infine nelle mani del bambino un pacchetto di caramelle. – Gliele avevo promesse – spiegò ad Alberto con un tono di voce che avrebbe potuto usare una mamma. Alberto si guardava intorno con curiosità. Sebbene la stanza fosse grande dava l’impressione del contrario, tanti erano gli oggetti sparsi dappertutto. Scatoloni, sacchi di plastica, una macchina per cucire antiquata, delle stoffe multicolori poste sul pavimento o su delle sedie, scatole piene di rocchetti di filo… – Vieni con me – disse Xiaoxiu non badando all’aria alquanto stupita del suo amico. La stanza dove entrarono era una camera da letto. Anche questa era abbastanza ampia. C’erano un letto matrimoniale, un lettino, un armadio con la specchiera, un piccolo tavolo che probabilmente Xiaoxiu usava come scrittoio, e un grosso comò. Una portafinestra dava su un minuscolo balconcino. Una donna anziana se ne stava seduta su una poltrona: piccola e magra, il viso raggrinzito come una prugna secca su cui gli occhi a mandorla sembravano praticamente scomparsi dietro gli occhiali. Neppure si accorse di loro. Continuò a tenere lo sguardo sulle sue mani che lavoravano su un telo al quale dava rapidi e sapienti colpetti con un grosso ago. – Lei è mia nonna Luojin – la presentò la ragazzina. 41
Capitolo 9
Alberto fu tentato di avvicinarsi per salutarla, ma poi lasciò stare. La vecchina sembrava completamente assente e preferì non disturbarla. – Mia madre è nella sua stanza. Sta lavorando. A stare zitti, si sentiva infatti il tipico rumore di una macchina tessitrice. – La mamma lavora fino a tardi. Del resto siamo in tanti e la vita è cara… – fece lei, come volesse giustificare tutto questo. – Anch’io talvolta lavoro… Sedette sul letto matrimoniale. Vi batté una mano sopra. – Qui dormo io con Yalin… La nonna dorme là – disse indicando il letto singolo. Fu allora che Alberto notò un libro poggiato sull’unico comodino che c’era nella camera. D’istinto cercò di scoprire che libro fosse. Quando si accorse che era quello che le aveva prestato giorni prima, domandò: – Lo hai finito? – Ancora no. Vado a letto tardi in questi ultimi giorni. E subito mi addormento per la stanchezza. Ma se vuoi, te lo posso restituire anche adesso… Lui alzò le mani come per un rifiuto. – Ma che dici! Tienilo pure quanto tempo vuoi! Lei sorrise. – D’accordo… Alberto lasciò la vecchia casa verso le sette. S’era fatta sera. Si sentiva allegro. Perfino quando si imbatté in un paio di ragazzi che spesso lo prendevano in giro, non si mise in agitazione. Anzi, li salutò cordialmente. Xiaoxiu lo aveva invitato a salire nella sua casa, in un mondo che sapeva di Cina, dove le abitudini familiari erano molto diverse da quelle della sua famiglia. Xiaoxiu non lo considerava un alieno come gli altri. Xiaoxiu lo rispettava… 42
A casa di Sang Xiaoxiu
E forse aveva perfino simpatia per lui. Con questi piacevoli pensieri Alberto salì le scale di casa sua. Bussò alla porta, ma presto si rese conto che non c’era nessuno. Tirò fuori la chiave, la infilò nella serratura. Aprì… Accese la luce. Un tuffo al cuore. S’accorse che qualcosa di brutto era accaduto nell’appartamento: tutto, ma proprio tutto, era a soqquadro!
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Capitolo
La visita dei ladri
Era davvero curioso. Pareva proprio che non mancasse
niente. C’erano perfino i gioielli e i soldi! La mamma di Alberto lo ripeté più volte, mentre cercava di sistemare alla meglio le varie stanze. Tutto era stato tolto dai cassetti; ogni soprammobile, ogni piatto di porcellana o teiera era stato tirato fuori; anche la credenza in cucina e i mobili appesi ai muri erano stati svuotati. – Sarà il caso di chiamare la polizia? – domandò la donna a suo marito. Lui si strinse nelle spalle. – Non hanno portato via niente… Almeno sembra… – Ma allora che cosa sono entrati a fare qui dentro? – continuò confusa la mamma di Alberto. – Boh… – borbottò suo marito. Il ragazzino intanto se ne stava in camera sua nel tentativo di riordinarla. Era la stanza dove i presunti ladri avevano più rovistato. A quanto sembrava erano entrati proprio dalla portafinestra di quella camera, arrampicandosi lungo un tubo di scarico e raggiungendo con facilità il suo balconcino. Le imposte erano state forzate, probabilmente con un coltello. – Ma che cosa stavano cercando? – continuava a ripetersi la mamma. Alberto immaginò un uomo entrare dalla finestra e poi aprire i cassetti della sua scrivania e rovesciarli. Poi frugare nell’armadio… Perfino sotto il materasso avevano cercato! 44
La visita dei ladri
Ma non avevano portato via niente. Lo squillo del campanello della porta di casa lo fece trasalire. Era zio Ivan che, avvertito dalla sorella, s’era affrettato a venire. – Ma siete sicuri? – chiese quando la mamma di Alberto gli riferì che tutto era ancora là dentro. – Abbiamo controllato. Mica siamo così scemi – gli rispose un po’ urtato suo cognato che non aveva molta simpatia per lui. Zio Ivan non replicò, per evitare una discussione. – E Alberto? – domandò cercando il ragazzo con lo sguardo. – È di là… È stato proprio lui a trovare la casa così – disse sua sorella. – Oh, poverino, chissà che spavento… – fece l’omone. Proprio allora apparve Alberto. Aveva ancora in mano un libro sgualcito. – In camera mia hanno buttato tutto all’aria. – Forse cercavano denaro… Talvolta lo si nasconde fra le pagine dei libri – disse l’omone. – Macché. Soldi e gioielli sono tutti qui… e li avevano pure trovati – replicò subito il cognato. Zio Ivan tacque. Prese il libro del nipote e tentò di ridargli un aspetto decoroso. – Beh, l’importante è che non abbiano rubato niente… – concluse mentre si avviava verso la porta di casa. Uscì. Alberto gli andò dietro sul pianerottolo. – Sono sicuro che cercavano qualcosa che non hanno trovato – disse sottovoce allo zio. Lui lo fissò interrogativo. – Che cosa? – Non lo so… – rispose incerto il ragazzo. 45
Capitolo 10
***
Sang Xiaoxiu quella mattina a scuola era presente, ma Alberto aspettò l’uscita per raccontarle ciò che era successo la sera prima a casa sua. – Una vera baraonda, eppure pare proprio che non abbiano preso niente… – Potrebbero essere scappati quando ti hanno sentito entrare, e per la fretta non hanno fatto in tempo a portare via qualcosa – disse la ragazza cinese. Il tempo era grigio e tirava vento. La primavera che nei giorni precedenti era esplosa tutt’a un tratto, sembrava averci ripensato, lasciando un’ultima opportunità agli scampoli dell’inverno. – A infilare in tasca soldi e gioielli non ci voleva molto – osservò Alberto. – Già… – fece la ragazza. – E invece tutto è ancora in casa. La campana della chiesa suonò in quel momento le due. – È meglio che vada – disse Xiaoxiu. Lui annuì, rassegnato. Come al solito, lei avrebbe proseguito lungo la via che portava fuori del paese e lui dalla parte opposta. – Anche oggi hai da fare? – le chiese, e già si aspettava una riposta affermativa. Invece, Xiaoxiu rimase un istante in silenzio, come se stesse riflettendo, infine mosse il capo in un cenno negativo. – Oggi non ho molto da fare. Mia madre ha appena terminato l’ultimo lavoro che le hanno commissionato e può badare a Yalin. – E allora? – disse Alberto ansioso di sentire cosa avrebbe fatto lei quel pomeriggio. 46
La visita dei ladri
– Allora, penso proprio che andrò in biblioteca… Lui trattenne a fatica tutta la sua contentezza. – A che ora? – Verso le quattro. – Ci sarò anch’io – annunciò Alberto. Si lasciarono senza dire altro. Alberto attese che la snella figura della compagna scomparisse oltre l’ultima casa, poi si incamminò nella solita direzione. Non molto lontano, un uomo di media statura, massiccio, la pelle bruna e i capelli neri, ricci, lo stava fissando con insistenza. Indossava un impermeabile grigio e un paio di occhiali da sole, inutili in quella giornata così cupa. *** Come promesso, Xiaoxiu arrivò alla biblioteca comunale alle quattro in punto, e Alberto era già lì. Trascorsero oltre due ore in quel piccolo mondo fatto di libri. Fu presto buio. Una leggera acquerugiola cominciò a scendere. – Ti accompagno per un tratto – si offrì Alberto che aveva l’ombrello. Lei accettò volentieri. L’asfalto bagnato rifletteva le modeste luci dei lampioni. La strada era deserta. Almeno così sembrò ad Alberto che procedeva soddisfatto a fianco della ragazza. Un uomo invece era dietro di loro, un tizio dalle spalle larghe, il passo pesante, le mani sprofondate nelle tasche dell’impermeabile grigio. E ogni volta che i due ragazzi rallentavano, lui pure rallentava. Quando poi Alberto e Xiaoxiu camminavano più in fretta, anche lui affrettava il passo. 47
Capitolo 10
Li stava seguendo, questo era evidente, ma sempre a una certa distanza. – Beh, adesso posso pure proseguire da sola – disse Xiaoxiu quando furono in prossimità della casa che suo padre aveva affittato. – Piove! Perché vuoi bagnarti? – disse il ragazzo. Lei sorrise e accettò in silenzio di farsi accompagnare fino al portone. A una ventina di metri, celato nelle ombre della sera senza luna, l’uomo con l’impermeabile esaminò con attenzione il luogo dove stava il vecchio edificio nel quale la ragazzina era appena entrata. Prima che il ragazzo tornasse sui suoi passi, l’uomo s’affrettò a svanire nell’oscurità.
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Capitolo
Il sequestro
Sang Xiaoxiu perse almeno un quarto d’ora nel cercare
il libro che le aveva prestato Alberto. Rovistò in ogni punto della stanza dove dormiva con Yalin e sua nonna. Guardò perfino sotto il suo letto, ma non lo trovò. Andò allora dalla mamma che stava preparando la cena e nella loro lingua le chiese se avesse visto quel libro che teneva sul comodino. – No… Non sono nemmeno entrata in quella stanza, oggi… – rispose la piccola donna intenta ad affettare delle grosse cipolle. – Eppure prima che uscissi, oggi pomeriggio, il libro stava sul mio comodino – commentò inquieta la ragazza. – Ma che libro era? – fece la mamma. – Un libro scritto in italiano… Me lo ha prestato un mio compagno di scuola. La donna si strinse nelle spalle. Passò tutte le sottili fettine di cipolla nel wok, vi versò un po’ di olio di soia, e poi lo mise sul fuoco. Xiaoxiu tornò nella sua stanza. Ogni istante di più si sentiva irritata. Quel libro per Alberto era importante e ora non si trovava più. Cosa gli avrebbe detto, che scusa avrebbe trovato quando le avrebbe chiesto di restituirglielo? Fu proprio in quel momento, mentre stizzita riapriva per l’ennesima volta il cassetto del comodino, che vide il piccolo Yalin entrare nella camera con qualcosa tra le mani. La ragazza lo guardò di sfuggita, ancora distratta nei suoi pensieri, ma all’improvviso sobbalzò. 49
Capitolo 11
– Dove l’hai preso? Il ragazzino sembrò che non l’avesse sentita. Il libro pendeva accanto alla piccola gamba, retto dalla mano destra. Con l’altra, il bambino stringeva un pennarello. Xiaoxiu lo vide e si sentì raggelare. Con un gesto alquanto violento gli tolse di mano il libro che, ormai ne era certa, era proprio quello che stava cercando. – L’hai scarabocchiato?! – gridò. Yalin fece un passo indietro e per poco non scoppiò a piangere. – No, no… – prese a dire e due lacrime stavano spuntando sotto gli occhi a mandorla. Lei, non ancora del tutto convinta, prese a sfogliarlo con rapidità cercando con lo sguardo qualche segnaccio fatto dal fratello. Pareva proprio che non ce ne fossero. Tirò un sospiro di sollievo. – Non provarci più! Le cose mie tu non le devi prendere! – lo minacciò agitando d’istinto le mani. E nel far questo, due fogli del vecchio libro si staccarono finendo sul pavimento. Xiaoxiu sentì il cuore stringersi in un pugno. Subito s’abbassò per riprendere le pagine. – Hai visto! Lo hai rotto! – inveì contro Yalin, che sempre più spaventato filò via piangendo. Calmatasi un po’, Xiaoxiu osservò quelle pagine. Erano la 99 e la 100. Non c’era ancora arrivata a quel punto, pensò, e seduta davanti al vecchio e traballante tavolino provò a rimetterle al loro posto, usando la colla che portava a scuola. Ma si rese subito conto che stava peggiorando la cosa. Non era certo brava come il signor Ivan che spesso incollava vecchi libri, né come Alberto. 50
Il sequestro
Lasciò stare. Aprì l’unico cassetto del piccolo tavolo che possedeva un doppiofondo. Proprio là nascose le due pagine per tenerle il più possibile lontane dal “pericoloso” fratello. Quando sarebbe arrivata a quel punto del libro, le avrebbe prese. Andò in cucina. Gli odori di cibo cucinato avevano riempito la casa. Era quasi ora di cena. L’appetito le fece dimenticare il brutto episodio. *** Appena Xiaoxiu entrò in camera sentì il ritmato rumore che faceva sua nonna mentre dormiva: un ronfare soffocato che somigliava al gorgoglio del grosso bricco quando stava sul fuoco. Più leggero, si alternava un altro soffio, quello del piccolo Yalin. Evitò di accendere la luce. Avanzò con sapienza nella stanza fino al letto matrimoniale. Xiaoxiu sorrise, ripensando all’aria impaurita del fratellino quando lo aveva trovato con il libro in mano. Quella piccola peste ne combinava sempre qualcuna, ogni giorno, ma ora, nel vederlo così addormentato, le faceva tenerezza. Sedette sull’orlo del letto, dopo essersi svestita e aver indossato il pigiama. Il famoso libro di Alberto era ancora là sul comodino. Fu tentata di prenderlo per leggerne almeno qualche pagina ma avrebbe dovuto per forza accendere una luce. I brontolii che le arrivavano da sinistra e da destra le fecero cambiare idea. E poi era davvero stanca. Aveva aiutato la mamma a sparecchiare la tavola. Aveva lavato le stoviglie, quindi aveva finito alcuni esercizi di matematica… Ma la giornata non era terminata! La mamma s’era messa a cucire una grande tenda e lei era andata ad aiutarla. 51
Capitolo 11
Probabilmente era quasi mezzanotte, pensò. Si lasciò cadere sul letto e con gesto rapido si coprì. Chiuse gli occhi. Presto si addormentò. *** Pioveva ancora. Una pioggia fitta e sottile. Un uomo stava osservando, oltre il lampione, la parete fatta di pietre della casa. Indossava un berretto di lana, un giubbotto e portava scarpe da ginnastica e dei guanti. – È facile da scalare. Passerò per di lì – disse in arabo indicando l’unico balconcino della facciata. – E la persiana è anche aperta… – rispose l’altro uomo completamente nascosto nella notte. Tutt’intorno c’era silenzio. Solo il ticchettio della pioggia sull’asfalto alterava lievemente la quiete notturna. Alle loro spalle era parcheggiata una berlina. Poi l’uomo che portava il berretto avanzò con passi decisi verso la parete della casa. Tastò con le mani guantate alcune pietre sporgenti. Mosse il capo in un cenno affermativo che l’altro interpretò come un segnale. – Vai! – lo spronò questi. L’altro iniziò la scalata. Presto svanì nelle tenebre. Con l’agilità di una pantera fu in prossimità del minuscolo balcone: un piede saldamente poggiato a una pietra, l’altro piazzato sul marmo del parapetto. Con un balzo felino lo scavalcò. Con estrema delicatezza aprì completamente uno dei due battenti della persiana. Intanto, l’uomo rimasto sulla strada aveva acceso una torcia elettrica con cui ora illuminava il balconcino del primo piano, tanto che riuscì a intravedere il suo compare che lassù stava trafficando con un grosso coltello. 52
Il sequestro
Presto sentì uno scatto. L’uomo entrò nella stanza. Era buio. Accese una piccola pila e si fece luce davanti a sé. Una sedia… Un cassettone pieno d’oggetti… Un letto… Qualcuno era disteso sotto la coperta. Dei candidi capelli scintillarono argentei per un istante. L’uomo avanzò con passo di gatto. Si soffermò quando scoprì nell’oscurità un piccolo tavolo ingombro di libri e quaderni. Li illuminò con la torcia. Controllò una a una le copertine dei libri. Nessuno era quello che stava cercando. Aprì l’unico cassetto. Ma c’erano solo penne e un quaderno. Si girò. Un altro letto, più grande, occupava parte della camera. Due persone vi dormivano. La luce della pila deviò verso l’unico comodino illuminando una lampada, quindi un libro. La vecchia e logora copertina riflesse la luce bianca mostrando un disegno sbiadito. L’uomo sorrise. La mano destra afferrò il libro. Un solo istante, durante il quale ancora una volta l’uomo lesse il titolo, poi il volume sparì nella grossa tasca del giubbotto. L’uomo arretrò. Teneva d’occhio la persona che gli era più vicina, nascosta sotto la coperta. Era sicuramente la ragazza che avevano pedinato insieme al ragazzo con gli occhiali e che poi aveva visto entrare nel portone. Era immobile e il ritmato respiro confermava il suo sonno profondo. Con lo sguardo ancora sul viso color porcellana della ragazzina, l’uomo fece un altro passo indietro, pronto poi a raggiungere la portafinestra. Un rumore metallico schioccò alle sue spalle. L’uomo si irrigidì come una statua imprecando mentalmente. Doveva aver sbattuto contro qualcosa… I muscoli tesi, trattenne il respiro, in attesa di ciò che sarebbe potuto accadere. 53
Capitolo 11
Di lì a un istante, Xiaoxiu spalancò gli occhi. D’istinto sollevò leggermente il busto e il capo dal cuscino guardandosi intorno. La luce bianca della piccola torcia che l’uomo imprudentemente non aveva spento le fece subito scoprire che qualcuno era nella stanza. Xiaoxiu provò un brivido per tutto il corpo. Si rese immediatamente conto che non era sua madre, né suo padre, né altri della famiglia. I suoi occhi a mandorla divennero grandi, la bocca si spalancò, mentre tentava di sollevarsi ancora di più. Qualcosa di forte, ma al tempo stesso morbido, le tappò completamente la bocca. L’istinto e il terrore le diedero la forza di mordere la grossa mano che quasi la soffocava e di cercare di chiamare aiuto. L’uomo, vistosi perso, la sollevò dal letto e la trascinò con forza verso la portafinestra. Quel trambusto avrebbe probabilmente destato qualsiasi persona nel sonno. Ma là c’erano una vecchia e un bambino, immersi in immagini e storie che li tenevano ben saldi nei loro fantastici sogni… Così l’uomo ebbe tutto il tempo per portare Xiaoxiu sul balconcino e richiudere perfino le imposte. – Dammi una mano! – disse nella sua lingua, sporgendosi dalla balaustra. L’altro fu sotto il balcone. – Ma che fai? – disse stupito nel vedere alla luce della sua torcia oltre al suo compare un’altra persona. – S’è svegliata! Mi ha visto… – disse l’altro mentre continuava a immobilizzare Xiaoxiu impedendole di gridare. L’uomo che stava sotto cominciò ad arrampicarsi lungo la parete della casa. Fu pure lui sul balconcino. – E il libro? – chiese trafelato. 54
Il sequestro
– L’ho trovato… Ma questa s’è svegliata… Che facciamo? Senza rispondere, l’altro tirò fuori di tasca una bomboletta. Con gesto rapido spruzzò un po’ del suo contenuto sul viso della ragazza. Xiaoxiu, spaventata a morte, sentì il capo girarle, quindi perse i sensi. – Se non ci fossi io… – brontolò l’uomo che aveva narcotizzato la ragazzina cinese, mentre con calma calavano in strada il suo corpo, ora abbandonato.
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L’enigma di pagina 100 Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
È nato a Roma e vive in una località molto vicina alla capitale. Scrive racconti per ragazzi e bambini da molti anni e alcuni suoi libri hanno ricevuto importanti premi e riconoscimenti.
Un giorno Alberto, durante una gita scolastica a Parigi, acquista un libro di avventure vecchio e ingiallito e… da quel momento la sua vita diventa un giallo. La pagina 100 custodisce da anni un misterioso e terrificante segreto che qualcuno, disposto a tutto, vuole assolutamente conoscere. Anche a costo di rapire e minacciare una ragazzina.
L’enigma di pagina 100
Maurizio Giannini
Rispetto ai suoi coetanei, l’undicenne Alberto ha una particolarità: ama tantissimo leggere e lasciarsi coinvolgere dalle storie più fantasiose e avventurose. Questa grande passione per i libri, che deve anche al bibliotecario del paese, suo zio Ivan, un omone grande e grosso, lo ha però allontanato sempre di più dai suoi compagni di scuola. Unica eccezione la dolce Xiaoxiu, dagli occhi a mandorla.
Maurizio Giannini
Maurizio Giannini
Maurizio Giannini
L’enigma di pagina 100 Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
Un giallo, due ragazzi e un vecchio libro
Completano la lettura: Approfondimenti finali ascicolo di comprensione F del testo Schede interattive su www.raffaellodigitale.it
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