La didattica inclusiva
PER UNA DIDATTICA INCLUSIVA tra normativa e pedagogia A cura della dott.ssa Martina Mastrolorenzi Consulente per la didattica inclusiva e per la matematica del Gruppo Editoriale Raffaello. Pedagogista specializzata nei disturbi evolutivi e dell’apprendimento in contesti socio-educativi, scolastici, privati e clinici. Insegnante di sostegno nella Scuola Primaria, laureata in scienze della Formazione e in Pedagogia della marginalità e della disabilità presso l’Università degli Studi di Macerata, consegue il Master in “Modelli e metodologie per DSA, BES e GIFTED CHILDREN” presso l’Università di Padova e attualmente iscritta al Master in “Mediazione dei conflitti in ambito psico-pedagogico” presso Università degli studi di Urbino. Socia ordinaria ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti) e CNIS (Associazione per il coordinamento nazionale insegnanti Specializzati).
Il fondamento pedagogico La scuola inclusiva è il modello pedagogico a cui tutta la società s’affaccia, un modello di comunità formata da professionisti, alunni e famiglie che persegue un’unica finalità: la valorizzazione di tutti, nessuno escluso. Essa si basa sull’idea che tramite l’azione, la relazione educativa, l’innovazione e la cura didattica, ogni alunno possa apprendere al meglio, sviluppando le proprie capacità e le proprie competenze. In questa ottica globale e sistemica è necessario abbandonare la prospettiva secondo cui la didattica inclusiva riguarderebbe solo gli alunni con bisogni educativi speciali e allargare l’orizzonte a tutta la classe: l’inclusione è un percorso di maturazione verso la crescita dell’intero gruppo, pensato come sistema, e non come mera somma delle parti; è un processo che mira a una messa in pratica di valori inclusivi, riguarda gli apprendimenti, ma anche la partecipazione attiva alla vita scolastica e riguarda l’intera comunità scolastica. Ciascuno di noi è differente rispetto all’altro, per caratteristiche personali, fisiche e per ambienti socio-culturali di provenienza, unico e prezioso nella sua diversità, per questo la didattica inclusiva affonda le sue radici nel concetto di differenziazione. Per valorizzare le differenze individuali e rispondere in maniera opportuna ai diversi bisogni educativi, occorre che la scuola abbandoni l’idea di una didattica fondata sul concetto di uguaglianza, secondo cui tutti gli alunni devono perseguire gli stessi obiettivi, utilizzare gli stessi materiali e gli stessi strumenti, per abbracciare un concetto molto più flessibile e realistico, quello di equità. Una scuola equa è infatti una scuola che permette l’inclusione, l’eliminazione delle barriere e la differenziazione della didattica, dando a ciascuno ciò di cui ha bisogno e creando un ambiente dove le attenzioni e le misure educative riflettano le reali necessità di ciascun alunno, perché “Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” (Don Milani, Lettera ad una professoressa).
La normativa di riferimento In questo quadro di cura e attenzione all’unicità di ciascuno, gli alunni con BES (Bisogni Educativi Speciali) necessitano di una particolare attenzione, per questo motivo la scuola italiana ha previsto misure e norme specifiche per tutelare i diritti di questa fascia della popolazione scolastica. Il concetto di BES fu introdotto dalla direttiva ministeriale del 27/12/2012 e tutt’oggi è in continua evoluzione. La direttiva “Strumenti d’intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” del MIUR rappresenta un documento molto importante in quanto afferma: “Ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare dei bisogni educativi speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o psicologici, sociali rispetto ai quali è necessario che la scuola offra adeguata e personalizzata risposta”. In questo modo tutti gli studenti che hanno difficoltà nell’apprendimento avranno il diritto di ricevere una didattica personalizzata, così come previsto dalla Legge 53/2003. Il MIUR distingue gli alunni con BES nelle seguenti categorie: • alunni con disabilità, per il riconoscimento dei quali è richiesta la presentazione di un’apposita certificazione;
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La didattica inclusiva
• alunni con disturbi evolutivi specifici, tra i quali: Disturbi Specifici dell’Apprendimento (per i quali è necessario •
presentare una diagnosi di DSA), deficit di linguaggio, deficit non verbali, deficit motorio, deficit di attenzione e iperattività (ADHD); alunni con svantaggio sociale, culturale e linguistico.
ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)
Alunni con DISABILITÀ
Alunni con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA)
Alunni con altri Bisogni Educativi Speciali (BES)
Certificata secondo legge 104/92
certificato secondo legge 170/2010
D.M. 27/12/2012 e C.M. n. 8/2013
- Disabilità (intellettiva, motoria, sensoriale) - Pluridisabilità - Disturbi neuro-psichiatrici previsto da norma Piano Educativo Individualizzato (PEI)
- Dislessia - Disortografia - Disgrafia - Discalculia previsto da norma Piano Didattico Personalizzato (PDP)
- Alunni con iter diagnostico non ancora completato - Alunni con svantaggio socio-economico - Alunni con svantaggio socio-culturale - Altre tipologie non previste da Legge 170/2010 deciso dal Consiglio di classe Piano Didattico Personalizzato (PDP)
La Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e la successiva circolare del 6 marzo 2013 (entrambe del MIUR) ci aiutano a capire in che modo la scuola possa supportare e favorire l’inclusione e il successo di ognuno. Attraverso la normativa più recente (Legge 170 per i Disturbi Specifici di Apprendimento, la Direttiva del 27 dicembre 2012, successiva Circolare n. 8 e note esplicative) si propone un nuovo “orientamento culturale” nell’ottica dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, “che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale”. Fondandosi sul profilo del funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF “consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni” (D.M. 27/12/2012, p. 1). La nota MIUR del 17 maggio 2018 Prot. n. 1143 “L’autonomia scolastica quale fondamento per il successo formativo di ognuno” e il documento di lavoro del gruppo tecnico-scientifico istituito con Decreto Dipartimentale n. 479 del 24 maggio 2017 dal titolo “L’autonomia scolastica per il successo formativo”, evidenziano la possibilità di utilizzare scelte strategiche e organizzative che consentano di progettare curricoli inclusivi per personalizzare i percorsi, valorizzando le potenzialità di ogni studente e ponendo la valutazione come una fondamentale leva di processo per innescare il cambiamento. In questa direzione si muovono le più recenti normative in tema di valutazione e di inclusione scolastica, verso l’orizzonte del riconoscimento e della valorizzazione di ogni differenza, rendendo possibile la realizzazione del massimo potenziale di ognuno.
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La didattica inclusiva L’ Ordinanza ministeriale n.172 del 4 dicembre 2020 e le relative Linee guida che, sottolineando il valore altamente formativo della valutazione, introduce due sostanziali novità nella descrizione dei processi di apprendimento: la definizione degli obiettivi disciplinari e i livelli di acquisizione dei singoli obiettivi (avanzato - intermedio - base - in via di prima acquisizione). Non ultimo il Decreto interministeriale n.182 del 29/12/2020 e le relative Linee guida, che introducono i modelli nazionali del Piano Educativo Individualizzato, in un’ottica bio-psico-sociale, proseguendo il cammino, avviato già nei precedenti decreti, di una visione antropologica sistemica, multidisciplinare, interconnessa e relazionale, ispirata all’approccio ICF-CY introdotto nel nostro Paese dal 2002 (OMS, 2002; 2007). Un percorso legislativo in continuo divenire, specchio di una società che si interroga e cammina verso un concetto di inclusione sempre più evoluto e globale, un percorso che ad oggi non può ritenersi esaustivo, né lineare nelle sue molteplici sfaccettature, perché proprio nella sua eterogeneità affondano le radici dubbi, domande e riflessioni.
Progettare l’inclusione, il patto educativo Parlando di inclusione facciamo riferimento a definizioni ampie che riguardano la capacità della comunità scolastica di sviluppare pratiche didattiche e organizzative capaci di valorizzare le differenze di ciascun alunno, mirando ad esperienze di socializzazione e apprendimento di qualità per tutti i membri del gruppo. PEI e PDP diventano quindi strumenti di progettualità, che mirano ad una piena inclusione di tutto il contesto scolastico, coinvolgendo anche la famiglia e la partecipazione sociale nei molti diversi contesti di vita. L’individuazione dei bisogni educativi speciali è un compito istituzionale collegiale, che non si limita solo a recepire le certificazioni degli allievi con DSA o disabilità, ma ha l’obbligo di comprendere quali e quante situazioni di criticità gli allievi presentino, in tempo utile per programmare le attività didattiche. “L’apprendimento personalizzato rappresenta oggi uno degli snodi più significativi dell’attuale dibattito educativo e scolastico. Esso offre una via d’uscita per la questione dello svantaggio, per porre ogni allievo nella condizione di realizzare tutto il suo potenziale”. (D. Hopkins)
Il PEI Il nuovo modello PEI proposto dal MIUR al termine dell’anno solare 2020 recupera queste dimensioni: essenzialmente con il termine bio-psico-sociale viene evidenziato come il funzionamento umano sia frutto di ricche e complesse interazioni degli elementi individuali con elementi del proprio contesto di vita che possono facilitare, oppure rendere difficile, per la persona lo svolgimento di attività personali o la partecipazione a diverse situazioni sociali. Inoltre, l’attuale modello valorizza la dimensione sia individuale sia quella contestuale della progettazione, fornendo strumenti per la pianificazione e la progettazione dell’intervento educativo, già dal termine del precedente anno scolastico (PEI provvisorio e Documento per la determinazione del fabbisogno di risorse). Sulla base del Profilo di funzionamento dello studente con disabilità la scuola si adopererà per realizzare il diritto di istruzione e apprendimento previsto dalla legge numero 104 del 1992, come specificato nel Decreto legislativo numero 66 del 2017 “l’inclusione scolastica è attuata attraverso la definizione e la condivisione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) parte integrante del Progetto individuale”. Il Piano Educativo Individualizzato è dunque il documento programmatico mediante il quale viene descritto e organizzato un intervento didattico rivolto agli studenti con disabilità, questo ci invita a riflettere in modo interconnesso in un’ottica multidimensionale e bio-psico-sociale per la valorizzazione delle capacità dello studente, non certo al fine di classificarlo, ma guardando al suo funzionamento globale all’interno dei vari contesti di vita, e riflettendo sull’influenza positiva e/o negativa che tali contesti esercitano. Di fronte a oggettive difficoltà dello studente con disabilità nel seguire la programmazione rivolta alla classe e ad altre forme di partecipazione sociale, gli insegnanti si trovano nella necessità di elaborare forme di didattica individualizzata: in generale ciò significa costruire obiettivi, attività didattiche, atteggiamenti educativi su misura per quello studente ponendo particolare attenzione ai suoi punti di forza e al suo funzionamento; da qui si potrà partire per impostare una progettualità e un lavoro efficaci.
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Il PDP Nei casi di alunni con diagnosi di disturbi evolutivi, se hanno diagnosi di DSA, in riferimento alla Legge 170/10 e al D.M. 5669 12/7/2012, si procederà ad elaborare un PDP. Il Piano Didattico Personalizzato è il documento in cui il Consiglio di classe esplicita le modalità di recupero individualizzato (cioè le metodologie didattiche che permettono al singolo alunno di raggiungere gli stessi obiettivi programmati per la classe), le scelte didattiche personalizzate (che possono prevedere per il singolo alunno obiettivi diversi da quelli programmati per tutta la classe), gli strumenti compensativi e le misure dispensative che permettano all’alunno con DSA di fruire a pieno dell’esperienza dell’apprendimento. La direttiva ministeriale 27/12/2012 prevede che misure di individualizzazione e personalizzazione dell’apprendimento siano estese anche alle situazioni di effettivo svantaggio, anche temporanee, che non rientrano nelle casistiche esplicitate dalle leggi 104/92 e 170/2010. Queste potrebbero essere: • problematiche severe, che possono compromettere il percorso scolastico, non ricadenti nelle previsioni della legge 104/92; per esempio, un disturbo dello spettro autistico lieve, un funzionamento cognitivo limite, un disturbo evolutivo specifico misto; • disturbi specifici non previsti dalla legge170/2010; per esempio, deficit da disturbo dell’attenzione e iperattività (ADHD), disturbi specifici del linguaggio, disturbi della coordinazione motoria, disprassia, disturbo non-verbale; disturbi che possono riguardare la sfera del comportamento e della relazione (disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta in adolescenza, disturbi d’ansia, disturbi dell’umore); • disturbi specifici dell’apprendimento ricompresi nella casistica della legge170/2010 il cui iter diagnostico non sia ancora completato; • condizioni di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. A differenza del PDP per DSA, il PDP per BES non rappresenta un adempimento obbligatorio per le istituzioni scolastiche (nemmeno in presenza di diagnosi presentata dalle famiglie), ma è a discrezione di ciascun consiglio di classe che valuta, di volta in volta, se sussistono condizioni che “compromettano sostanzialmente la realizzazione delle potenzialità dell’alunno” (D.M. 27/12/2012). A chiarire quanto sopra detto, il MIUR è intervenuto con la Nota prot. n° 2563 del 22 novembre 2013, i cui punti interessanti sono i seguenti: “[…] nel caso di difficoltà non meglio specificate, soltanto qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative. Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie didattiche”. Nella nota succitata, il MIUR si espresse anche riguardo agli alunni con cittadinanza non italiana, chiarendo che: “In particolare, per quanto concerne gli alunni con cittadinanza non italiana, è stato già chiarito nella C.M. n° 8/2013 che essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all’apprendimento della lingua e solo in via eccezionale della formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato. Si tratta soprattutto – ma non solo – di quegli alunni neo arrivati in Italia, ultra tredicenni, provenienti da Paesi di lingua non latina (stimati nel numero di circa 5.000, a fronte di oltre 750.000 alunni di cittadinanza non italiana) ovvero ove siano chiamate in causa altre problematiche. Non deve tuttavia costituire elemento discriminante (o addirittura discriminatorio) la provenienza da altro Paese e la mancanza della cittadinanza italiana. Come detto, tali interventi dovrebbero avere comunque natura transitoria”. Nel febbraio del 2014, il MIUR diffuse le Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri al fine di favorire l’integrazione e la riuscita scolastica e formativa degli alunni stranieri, dando indicazioni di carattere organizzativo e didattico al fine di contrastare i ritardi scolastici, a causa del disagio prodotto (differenza di età, demotivazione, costi per il sistema scolastico, rischio di abbandono precoce, elusione del diritto/dovere a conseguire una qualifica). La personalizzazione dell’apprendimento e dell’insegnamento è ritenuta quindi la strategia generale attraverso la quale rispondere a tutti i Bisogni Educativi Speciali; all’interno di questa cornice, su situazioni specifiche, gli organi collegiali possono decidere di adottare misure compensative e dispensative. Tuttavia, l’individuazione da parte degli insegnanti di classe è condizione necessaria ma non sufficiente: occorre infatti acquisire il consenso della famiglia prima di procedere alla redazione del PDP (in questo caso si può utilizzare il modello Autorizzazione famiglia BES). Sull’opportunità dell’attivazione di un piano didattico personalizzato è intervenuta recentemente la nota MIUR del 17 maggio 2018, che ribadisce che ciascun docente, nell’autonomo esercizio della propria professionalità, può mettere in atto strategie
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La didattica inclusiva di personalizzazione e di individualizzazione dell’insegnamento anche senza necessariamente formalizzarle in un PDP. Tuttavia, ricordiamo che nella C.M. n. 8 del 2013 si identifica quale strumento privilegiato, “ha lo scopo di definire, monitorare e documentare -secondo un’elaborazione concordata, corresponsabile e partecipata- le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti”, un percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare, secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata, le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti. Per questi motivi è opportuno farlo all’inizio di ogni anno scolastico: il PDP deve essere predisposto dai docenti entro il primo trimestre scolastico, esso è un documento flessibile e dinamico che potrà essere verificato e aggiornato dai docenti nel corso dell’anno scolastico. I genitori del bambino devono leggere e approvare il Piano Didattico Personalizzato del proprio figlio. La personalizzazione dell’apprendimento e dell’insegnamento è ritenuta quindi la strategia generale attraverso la quale rispondere a tutti i bisogni educativi speciali; all’interno di questa cornice, su situazioni specifiche, gli organi collegiali possono decidere di adottare misure compensative e dispensative. Vediamo ora le principali differenze e le caratteristiche dei due documenti sopracitati, PEI e PDP (adatt. da Dario Ianes e Sofia Cramerotti), aggiornata con le più recenti indicazioni del Decreto interministeriale n.182 del 29/12/2020 e le relative Linee guida. CARATTERISTICHE
PEI per gli alunni con disabilità
PDP per gli alunni con DSA
PDP per gli alunni con BES
È obbligatorio?
Sì, per tutti gli allievi con disabilità in base alla L. 104/92 e al DPR 24/2/94.
L'obbligo implicito nella L. 170/10 è indicato nelle Linee guida anche se non si adotta ufficialmente la denominazione PDP.
La stesura del PDP è contestuale all’individuazione dell'alunno con BES. Non si può parlare di obbligo perché è conseguente a un atto di discrezionalità della scuola.
Chi lo redige? Chi ne è responsabile?
Il PEI è elaborato e approvato dal Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO), articoli 2 e 3 del D.M. 182/2020: composto dal team docenti contitolario dal consiglio di classe e presieduto dal D.S. o dal suo delegato. Partecipano al GLO i genitori dell’alunno, le figure professionali specifiche e l’unità di valutazione multidisciplinare.
È redatto solo dalla scuola che può chiedere il contributo di esperti ma ne rimane responsabile.
È redatto solo dalla scuola che può chiedere il contributo di esperti ma ne rimane responsabile.
Quali vincoli?
Le azioni definite nel PEI devono essere coerenti con le indicazioni espresse nella Certificazione e nel Profilo di funzionamento in chiave ICF.
Le azioni definite nel PDP devono essere coerenti con le indicazioni espresse nella Certificazione di DSA consegnata alla scuola.
Il PDP tiene conto, se esistono, di eventuali diagnosi o relazioni cliniche consegnate alla scuola.
Che ruolo ha la famiglia?
La famiglia è parte del GLO e partecipa a tutti gli effetti alla stesura e all’approvazione del PEI.
Il PDP viene redatto in raccordo con la famiglia (Linee guida 2011).
Il PDP è il risultato dello sforzo congiunto scuola-famiglia.
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La didattica inclusiva La normativa vigente ne definisce i contenuti?
Il Decreto n. 66/2017 riprese nell’attuale D.I. 182/2020 individuano una serie di “dimensioni” che riguardano le attività della persona in relazione allo sviluppo degli apprendimenti: - socializzazione e interazione; - comunicazione e linguaggio; - dimensione dell’autonomia e dell’orientamento; - dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento.
I contenuti minimi del PDP sono indicati nelle Linee guida sui DSA del 2011.
Non vengono indicati dalla normativa i contenuti minimi.
Chi costruisce o sceglie eventuali modelli o strumenti per la compilazione?
Nel D.I. 182 del 2020 sono stati individuati 4 modelli di PEI, uno per ogni ordine di scuola, al fine di fornire un modello unico sul territorio nazionale, flessibile alle esigenze di ciascun alunno.
La scuola è libera di scegliere o costruire i modelli o gli strumenti che ritiene più efficaci.
La scuola è libera di scegliere o costruire i modelli o gli strumenti che ritiene più efficaci.
Un modello d’eccellenza: l’insegnante inclusivo Non esiste una formula per poter definire un docente inclusivo, né possiamo pensare di racchiudere in un decalogo tutte le sfumature e i talenti di un insegnante, di certo ci sono due principi fondamentali sui quali l’azione educativa deve fondare e sono il concetto di equità, come già citato sopra, e la fiducia nello studente, che apre le porte alla relazione educativa. È essenziale partire proprio dalle differenze, valorizzando le diversità e l’unicità di ciascun alunno; per fare questo occorre avere un atteggiamento flessibile ed empatico. Per maturare questa profonda consapevolezza pedagogica sono necessarie delle competenze inclusive che devono in primis essere possedute dal docente, per essere poi trasmesse ai suoi alunni. • Innanzitutto, un clima di collaborazione e un rapporto con i colleghi di condivisione, che non rileghi il docente all’isolamento professionale, ma crei una rete educativa di supporto e di apporto alla didattica, in un’ottica di continuità trasversale anche con il territorio e le altre agenzie educative. • Occorre inoltre avere una formazione mirata e approfondita, una padronanza delle tecniche cooperative e collaborative, che favoriscano momenti di integrazione e attività di didattica cooperativa, promuovendo così l’aiuto tra pari, attività di tutoring e il cooperative learning. Una didattica che metta i bambini al centro del loro processo di apprendimento e sposti il focus dal contenuto alla rielaborazione attiva dei contenuti, favorendo la riflessione, la condivisione e la relazione con l’altro. Nelle prossime pagine proveremo ad offrire una panoramica su alcune strategie didattiche, con possibili ambiti di applicazione, affinché questo approfondimento diventi uno strumento utile ad arricchire la didattica, creando un’offerta formativa differenziata ed inclusiva.
La didattica differenziata ed inclusiva Questo progetto pedagogico parte dall’assunto che ogni alunno è diverso non per le sue capacità ma per le sue modalità di apprendimento, sia egli collocato dalla didattica tradizionale nella “norma”, nella fascia degli alunni con DSA o dell’eccellenza (gifted). Il percorso prevede un approccio pedagogico modulabile: attraverso varie modalità di insegnamento si potenziano i diversi stili e canali cognitivi degli alunni. Le attività valorizzano le inclinazioni di ciascuno e guidano ogni alunno ad accrescere il patrimonio di conoscenze, abilità e risorse personali, a mobilitarle a selezionarle e a combinarle in modo pertinente, fino a trasformarle in competenza.
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La didattica inclusiva L’eterogeneità è quindi un punto di forza del gruppo classe, una delle caratteristiche più produttive: conoscere le differenze individuali, le capacità, le attitudini, le motivazioni e le influenze socio-culturali di ciascun alunno, riflettere sulle diverse modalità con cui i ragazzi apprendono e valorizzare le inclinazioni individuali è essenziale per realizzare un percorso formativo efficace. L’obiettivo è quindi differenziare l’insegnamento in base ai diversi stili di apprendimento, per fare questo partiremo proprio dal dove, l’ambiente, per poi per ripensare ai tempi educativi e infine valutare ulteriori variabili e possibili scenari.
Il setting educativo (dove) Alcune persone hanno bisogno di spazi delimitati, altri di spazi aperti, alcuni dell’ordine e altri del disordine, per questo variare il contesto ha una valenza educativa importante perché permette a ciascun alunno di trovare la sua dimensione. Si possono utilizzare locali scolastici come: • biblioteca; • laboratori musicali, laboratori scientifici; • corridoio (se spazioso); • palestra; • cortile/giardino; • aule multimediali. Questi sono solo alcune delle soluzioni possibili, tanto meglio se si ha la fortuna di avere una scuola grande, che offra ulteriori possibilità e spazi. Anche all’interno dell’aula stessa è possibile creare una varietà, ad esempio proponendo attività a terra, o ancora, cambiando frequentemente posto agli alunni, oppure alternando la sistemazione dei banchi. Ecco alcune modalità di disposizione dei banchi con possibili applicazioni, punti di forza e criticità. Tipologie più utilizzate
Caratteristiche
Applicazioni
Fila tradizionale Didattica a lezione frontale
- migliora la visibilità della lavagna, della LIM o di altri strumenti didattici - suggerisce e potenzia la centralità di un referente (insegnante o alunno)
- ascolto del referente (insegnante o alunno): attività di lettura, presentazione, relazione, spiegazione - lavoro individuale - lavoro di coppia
Ferro di cavallo o anfiteatro Lezione con partecipazione attiva degli studenti
- permette il contatto visivo fra tutti gli alunni - permette di proporre il “giro di interventi” per alzata di mano: tutti sono sollecitati a esprimere il proprio pensiero
- ascolto del referente (insegnante o alunno) - conversazioni/discussioni collettive - lavoro individuale - attività di drammatizzazione e giochi di ruolo
A gruppi 4 o 6 banchi riuniti a formare dei rettangoli o dei triangoli; laboratori o lavori di gruppo
- maggiore libertà di movimento - il referente (l’insegnante, l’alunno) non è l’elemento centrale dell’insegnamento/apprendimento
- conversazioni/discussioni di gruppo - lavoro di gruppo - laboratori
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I tempi di lavoro (quando) Il tempo è una variabile molto particolare, proprio perché ci racconta in maniera ancor più evidente l’eterogeneità dei nostri ragazzi: i loro tempi di lavoro, infatti, spesso oscillano da prestazioni molto buone a intervalli molto brevi e discontinui. Il primo passo da fare per un intervento calibrato è basato sull’osservazione. 1. Osservare il gruppo e stabilire un tempo più o meno adeguato almeno per la maggior parte della classe (l’età dei ragazzi è un altro indicatore essenziale che ci permette di individuare un target indicativo in relazione all’età di sviluppo; in linea di massima, ad esempio, in una classe quarta della Scuola Primaria ogni 40 minuti circa dovremmo fare una breve pausa). 2. Organizzare l’attività didattica tenendo conto di un’alternanza lavoro-riposo-lavoro-riposo. Es. Timeline classe quarta Scuola Primaria 1a sessione 40’
PAUSA 5’-10’
2a sessione 40’
PAUSA 5’-10’
3. Condividete il vostro programma-orario con i ragazzi, aiutandoli a visualizzare sull’orologio i tempi di lavoro e riposo, questo permetterà loro una migliore consapevolezza e una migliore gestione delle risorse. 4. Un tempo troppo dilatato è un tempo difficile da gestire! Al contrario di quanto si pensi, dare troppo tempo non sempre aiuta chi è in difficoltà. 5. Prevedere delle attività integrative (cornicette, disegni, coloritura) per permettere a chi è veloce di rilassarsi e a chi ha dei ritmi più blandi di rimettersi in carreggiata. 6. Abituate i ragazzi ad osservare il tempo, a pianificarlo con voi, a fare una stima del tempo di cui necessitano, questo li aiuterà moltissimo nella pianificazione delle attività.
La luce (come) Variare le risorse luminose può servire a differenziare l’insegnamento e a creare momenti differenti di lavoro. Ci sono inoltre delle accortezze che possono fare la differenza, ad esempio evitare una luce diretta può agevolare chi porta gli occhiali da vista, così come è generalmente preferibile la luce naturale a quella artificiale. In alternanza si può usare: • luce diffusa, per creare un ambiente confortevole; • luce concentrata, per attirare l’attenzione su determinati elementi o per momenti di maggiore concentrazione; • un po’ di oscurità, per favorire l’ascolto e il riposo.
I suoni e la voce (come) Se è vero che per poter apprendere occorre avere una situazione di calma e silenzio, a volte l’apprendimento può essere stimolato anche da sensazioni uditive. Recenti studi delle neuroscienze hanno infatti dimostrato come la musica a determinate frequenze non solo favorisca la concentrazione, ma addirittura agisca sul nostro sistema nervoso, creando un senso di benessere diffuso. • Silenzio: creare dei momenti di riposo uditivo, aiuta a ripartire con più slancio. • Sottofondo musicale: stimola la creatività e favorisce il benessere (si suggeriscono brani strumentali). • Interventi attivi: partecipare alla lezione con considerazioni oppure predisporre momenti di riflessione a coppie. • Giochi di modulazione della voce: per una migliore consapevolezza e padronanza della nostra voce.
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Io, tutto insieme (chi) Proprio così, tutto insieme: i miei piedi, le mie gambe, tutto il mio corpo apprende e cresce con me. Molto spesso si tratta l’educazione come qualcosa di sganciato dalla fisicità, dal tutto, come se apprendere fosse una competenza “dalla testa in su”. Non è così, Gardner ci parla di intelligenza corporeo-cinestetica e le neuroscienze hanno dimostrato come in realtà lo sviluppo delle funzioni cognitive passi attraverso la nostra fisicità. Basti pensare alla risonanza che le emozioni hanno sul nostro corpo o a come lo stato di salute fisico condizioni, ad esempio, la nostra psiche. Impossibile ragionare per categorie e ambiti di competenza, siamo pervasi da un sentire diffuso che ci attraversa. Da questo assunto muove la necessità di pensare alla scuola non solo come una “palestra per la nostra mente”, ma un luogo dove tutta la persona intesa nella sua globalità possa trovare accoglienza. • Proporre attività di rilassamento e attivazione, anche in classe, che coinvolgano tutto il corpo. • Permettere ai ragazzi di ricaricarsi e acquisire una migliore conoscenza di sé, ascoltando il proprio respiro e quello degli altri, per donare benessere e ritrovare la nostra dimensione anche all’interno di un gruppo. • Recuperare un tempo e uno spazio personale, insieme agli altri. • Favorire momenti di gioco e attività fisica.
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Il Nuovo PEI La prospettiva bio-psico-sociale “Il PEI […] tiene conto dell’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, di cui all’articolo 12 comma 5 della Legge n. 104/1992 e del Profilo di funzionamento, avendo particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF dell’OMS”. Art. 2, comma 1, lettera b del D.I. n. 183 del 29/12/2020 Con il decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182 sono state definite le nuove modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno, previste già dal decreto legislativo 66/2017, e i modelli di piano educativo individualizzato (PEI), da adottare da parte delle istituzioni scolastiche. Il presente documento indica alcune linee di indirizzo idonee a sostenere le azioni che le scuole saranno chiamate a mettere in campo a partire dall’anno scolastico 2020-2021 nella fase di rientro degli alunni e delle alunne, degli studenti e delle studentesse nelle scuole di ogni ordine e grado. Si precisa che nel documento si fa riferimento agli alunni e alunne con disabilità, tuttavia, i principi, le indicazioni operative e le raccomandazioni che in esso sono contenute, riguardano tutte/i le/gli allieve/i, partendo dal presupposto che la scuola italiana è costituzionalmente inclusiva. Il nuovo PEI, documento molto atteso, è stato inviato a metà gennaio 2021 agli Istituti scolastici, dall’infanzia alla secondaria di secondo grado, corredato da apposite Linee Guida. Questo PEI arriva dopo 20 anni dall’emanazione delle ICF del 2001: ci sono voluti 20 anni per avere un PEI che rispettasse almeno parzialmente le indicazioni ICF; un cammino lungo e tortuoso, che da avvio ad un nuovo modo di pensare l’inclusione. Ma procediamo gradualmente, partendo proprio dall’ICF, la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, un sistema di classificazione della disabilità sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2001. Questo documento rappresenta infatti una vera e propria rivoluzione perché ci pone l’obbligo di leggere la salute della persona in un’ottica di funzionamento, quindi affrancandoci dalla visione solo del danno funzionale e strutturale, quindi il deficit, per leggere invece questo deficit in relazione ai contesti di esperienza della persona, quindi i contesti di vita e contesti personali: la dimensione contestuale è importante perché fa la differenza tra riconoscere una persona che vive una situazione di disabilità e quindi con un contesto di vita disabilitante che costituisce una barriera, anziché una persona con deficit che non vive una condizione di disabilità, grazie al contesto funzionale e facilitante che egli ha intorno. Questa rivoluzione, che sta alla base del nuovo modello PEI, è il frutto di un processo di affermazione e concettualizzazione legislativa che esplicita l’approccio bio-psico-sociale sancito dai Decreti legislativi n.66/2017 en. 96/2019 e racconta un cammino verso la valorizzazione del contesto e del funzionamento globale della persona, accogliendo una visione prospettica che dia spazio alla voce di alunne e alunni con disabilità, ponendosi cioè come un dispositivo di sviluppo e cambiamento che coinvolge il contesto classe, la comunità scolastica e tutto il territorio locale. La dimensione del contesto è dunque l’elemento che fa la differenza tra il vivere una situazione di deficit o una situazione di disabilità, nel modello PEI il valore dei contesti è evidente: i fattori ambientali possono quindi funzionare da facilitatori o barriere a seconda del loro impatto nel supportare o fungere da limitatore. Non solo, gli ausili, le protesi, i dispositivi specifici, così come gli interventi riabilitativi, sono facilitatori indispensabili per il superamento delle “barriere fisiche” e funzionali. Anche le persone coinvolte nell’educazione e nell’inclusione assumono la funzione di “barriera o di facilitatore umano” attraverso sia la loro presenza e assenza sia il loro atteggiamento. Si parla dunque di tre ambiti che determinano un ambiente di apprendimento inclusivo e che vengono individuati come facilitatori individuali: l’ambiente fisico ed altri fattori legati a prodotti e tecnologie, l’ambiente sociale e gli atteggiamenti. Al fianco di questi elementi ci sono poi i facilitatori universali, che si rifanno alla progettazione universale di ambienti, programmi, prodotti servizi fruibili e accessibili da tutte le persone, nella
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La didattica inclusiva misura più estesa possibile, senza bisogno di adattamenti o azioni specializzate (Convenzione dei diritti delle persone con disabilità ONU). Partendo dunque dalla constatazione che negli ambienti di apprendimento la diversità individuale è alla base di ogni processo si individuano strategie e modalità di intervento flessibili ed eterogenee. La fatica legata a questo nuovo strumento sta nella declinazione degli strumenti rivelazione e osservazione, poiché per il momento il Decreto non fornisce indicazioni e/o griglie per la raccolta dei dati e per l’individuazione di punti di forza e debolezza strutturali, utili a una corretta analisi del contesto e per una corretta progettualità educativa, cuore pulsante della programmazione didattica. In queste pagine proveremo dunque a fornire suggerimenti, riferimenti legislativi, informazioni utili alla compilazione del nuovo PEI, per guidare gli insegnanti nella compilazione di questo articolato documento che introduce importanti novità e si propone come strumento attivo di inclusione e progettazione scolastica. A seguire presenteremo il nuovo documento PEI per la Scuola Primaria, introdotto dal decreto interministeriale 182 del 29/12/2020, con alcuni focus sugli aspetti normativi e didattici più significativi.
Le 4 dimensioni “Il PEI […] individua obiettivi educativi e didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento e delle autonomie, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dall’intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati”. D. lgs. 66/2017, art.7, comma 2 Il PEI è il progetto educativo individualizzato, cioè il modello attraverso cui gli insegnanti (curricolari e gli specialisti del sostegno) progettano l’attività didattica. Esso si sviluppa su quattro tematiche, che l’approccio ICF individua come “dimensioni”, e che nel nuovo modello ministeriale si declinano come le dimensioni del PEI. I. Dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione: area del sé, rapporto con gli altri, interazioni con il gruppo dei pari e con gli adulti di riferimento nel contesto scolastico, motivazione all’apprendimento. II. Dimensione della comunicazione e del linguaggio: comprensione orale e produzione verbale, comunicazione con l’uso di linguaggi alternativi o integrativi (CAA, Braille, LIS), comprese tutte le forme di comunicazione non verbale, artistica, musicale; si consideri anche la dimensione comunicazionale, intesa come modalità di interazione, presenza e tipologia di contenuti prevalenti, utilizzo di mezzi privilegiati. III. Dimensione dell’autonomia e dell’orientamento: autonomia della persona, autonomia sociale, motorio-prassica (motricità globale, motricità fine, prassie semplici e complesse) e sensoriale (funzionalità visiva, uditiva, tattile). IV. Dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento: abilità percettive e cognitivo-emotive, modalità e strategie di apprendimento specifiche dell’alunno, capacità mnestiche, intellettive, di organizzazione spazio-temporale, stili cognitivi, capacità di integrare competenze diverse per la risoluzione di compiti, competenze di scrittura, calcolo, lettura, decodifica di testi o messaggi. In questa scheda sono messe in relazione le 4 nuove dimensioni del PEI con i contenuti della Diagnosi Funzionale e del PDF (Profilo Dinamico funzionale) del Decreto 1994. La tabella che segue, “Il nuovo PEI in prospettiva bio-psico sociale ed ecologica” (D. Ianes, S. Cramerotti e F. Fogarolo, Erickson 2021), è uno strumento utile a tutto il Gruppo di lavoro operativo (GLO) che si occupa della stesura del PEI, per fare il passaggio di sintesi previsto nella sezione 2 del nuovo documento, qualora non fosse disponibile il nuovo Profilo di funzionamento.
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La didattica inclusiva Dimensioni del PEI (Decreto interministeriale n. 182 del 19/12/2020 e D. lgs. n. 66/2017)
Aree/assi Diagnosi funzionale e PDF, DPR 24/2/1994
1. Dimensioni della relazione, dell’interazione e della socializzazione • Area del sé • Rapporto con gli altri • Motivazione verso la relazione consapevole • Interazioni con il gruppo dei pari • Interazioni con gli adulti di riferimento nel contesto scolastico
• Affettivo-relazionale
2. Dimensione della comunicazione e del linguaggio Competenza linguistica • Comprensione del linguaggio orale • Produzione verbale • Uso comunicativo del linguaggio verbale • Uso di linguaggi alternativi Dimensione comunicazionale • Modalità di interazione • Presenza e tipologia di contenuti prevalenti • Utilizzo di mezzi privilegiati
• Comunicazione • Linguaggio
3. Dimensione dell’autonomia e dell’orientamento • Autonomia personale • Autonomia sociale • Dimensione motorio-prassica (motricità globale e fine, prassie semplici e complesse) • Dimensione sensoriale (funzionalità visiva, uditiva e tattile)
• Autonomia personale e sociale • Sensoriale • Motorio-prassico
4. Dimensione cognitiva e neuropsicologica dell’apprendimento • Capacità intellettive • Capacità mnesiche • Organizzazione spazio-temporale • Strategie utilizzate per la risoluzione di compiti (in relazione alla fascia d’età) • Capacità di integrare competenze diverse per la risoluzione di compiti • Stili cognitivi • Lettura • Scrittura • Calcolo • Decodifica di testi o messaggi
• Cognitivo • Neuropsicologico • Apprendimento
Purtroppo, soprattutto nel rapporto con le reti territoriali e quindi con i servizi, spesso si assiste ad una mancata coordinazione: nel modello del ministero viene citata più volte l’importanza di una Diagnosi Funzionale su base ICF, ma come sappiamo in molte realtà del nostro Paese ancora non c’è un adeguamento in questo senso della documentazione prodotta delle strutture sanitarie, pertanto diventa necessario mettere i docenti nella possibilità di tradurre gli aspetti clinici del Profilo di Funzionamento in azione didattica, in attesa che tutte le agenzie e gli enti che concorrono alla promozione dell’inclusione e al progetto di vita della persona con disabilità si adeguino
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La didattica inclusiva alla normativa vigente. L’articolo 15, comma 10 della legge 104/92 e come modificato dal decreto legislativo 66/2017 stabilisce che l’Unità di Valutazione Multidisciplinare dell’azienda locale, ossia l’organo che ha redatto il Profilo di funzionamento, ha il compito di fornire il necessario supporto, pertanto l’UVM dell’ASL di riferimento dell’alunno partecipa a pieno titolo ai lavori del Gruppo di lavoro operativo, tramite un rappresentante disegnato dal direttore sanitario della stessa.
Il GLO (Gruppo di lavoro operativo) “Al fine della Definizione dei PEI e della verifica del processo di inclusione, compresa la proposta di quantificazione di ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del Profilo di funzionamento, presso ogni istituzione scolastica sono costituiti i Gruppi di lavoro operativo per l’inclusione dei singoli alunni con disabilità. Ogni Gruppo di lavoro operativo è composto dal team dei docenti contitolari e o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori della bambina o del bambino, dell’alunno o dell’alunna, della studentessa o dello studente con disabilità, o di chi esercita la responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche interne ed esterne alla istituzione scolastica che agiscono con la classe e con la bambina o il bambino, l’alunna o l’alunno, la studentessa o lo studente con disabilità nonché il necessario supporto dell’Unità di valutazione multidisciplinare. Art. 15, comma 10, Legge n. 104 del 1992 La costituzione del GLO con le sue competenze nella gestione del PEI presenta una delle novità più rilevanti del nuovo decreto sull’inclusione: il PEI è discusso, approvato e verificato da questo nuovo gruppo di lavoro, costituito per ciascun alunno con disabilità e valido per un anno scolastico. Il GLO è dunque composto da: • tutti i docenti della classe (team dei docenti contitolari nella scuola dell’Infanzia o nella Scuola Primaria; dal consiglio di classe nella scuola Secondaria di Primo e di Secondo grado); • i genitori dell’alunno o dell’alunna con disabilità; • dalle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, che interagiscono con l’alunno o con l’alunna con disabilità; • dall’unità di valutazione multidisciplinare UVM; • da un rappresentante designato dall’Ente locale; • nelle scuole Secondarie di Secondo grado è assicurata la partecipazione delle studentesse e degli studenti con disabilità (nel rispetto del principio di autodeterminazione sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, come affermato dal comma 11 dell’articolo 15 della legge numero 104/1992). I compiti del GLO sono: redigere il Piano Educativo Individualizzato (PEI), verificare il processo di inclusione, valutare se gli interventi previsti nel PEI sulla persona o sul contesto hanno prodotto risultati attesi, indicare una “proposta di quantificazione delle ore di sostegno” per l’anno successivo, proporre delle altre misure di supporto per l’anno successivo (adeguamenti strutturali e funzionali). Gli incontri del GLO sono previsti dall’articolo 66 del 2017 con diversi momenti finalizzati alla redazione del PEI prima in visione provvisoria, entro giugno, poi definitiva entro ottobre, si prevede inoltre un incontro intermedio di verifica per “accertare il raggiungimento degli obiettivi ed apportare eventuali modifiche ed integrazioni” (comma 2, lettera h) e un incontro finale da tenere entro il mese di giugno per verificare l’andamento dell’anno scolastico e formalizzare le proposte di sostegno didattico per quello successivo; inoltre, solo per gli alunni che abbiano ottenuto per la prima volta la certificazione della condizione di disabilità, è prevista, sempre per il mese di giugno, la convocazione del GLO per la redazione del PEI in via provvisoria. Il nuovo decreto sancisce che il GLO è un organo nella scuola costituito in base a norme di legge, ma anche un gruppo di lavoro i cui scopi sono la progettazione e la verifica, attraverso il PEI, del processo di inclusione di uno specifico alunno con disabilità. Affinché possa adempiere efficacemente al suo ruolo è necessario combattere meccanismi di delega per sostituirli con quelli di compartecipazione di tutto il team docenti, evitare i conflitti di competenze tra GLO e Consigli di classe, fare in modo che il GLO diventi un’occasione di scambio e costruzione del progetto di vita dell’alunno disabile favorendo la partecipazione della famiglia e la comunicazione tra le varie agenzie educative.
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Indicazioni per la compilazione del PEI
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L’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva è descritta nel Decreto legislativo n. 66/2017 e si articola nei seguenti passaggi: - diagnosi clinica ed elementi di valutazione del funzionamento (di competenza dell’ASL); - accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva e accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica (di competenza della commissione medica per persone in età evolutiva); - profilo di funzionamento (di competenza dell’UVM, Unità di Valutazione Multidisciplinare). A volte il Profilo di funzionamento può non essere stato redatto in chiave ICF-CY, perché non ancora aggiornato dall’UVM; questo di certo non agevola il lavoro del GLO che comunque potrà essere supportato da un rappresentate dell’UVM o dagli specialisti che affiancano il bambino, per declinare nel modo più pertinente possibile la documentazione prodotta.
Il Progetto Individuale è un documento non obbligatorio che il Comune (in collaborazione con la ASL e con la famiglia) produce su richiesta della famiglia.
In questa sezione è importante ricordare i termini entro i quali la documentazione deve essere prodotta, trattandosi infatti di documenti utili alla progettazione educativa è importante che le tempistiche vengano rispettate, proprio per favorire la pianificazione e l’organizzazione dell’attività scolastica. PEI PROVVISORIO: ENTRO IL 30 GIUGNO PEI DEFINITIVO: ENTRO IL 31 OTTOBRE VERIFICA INTERMEDIA: A METÀ ANNO SCOLASTICO CIRCA VERIFICA FINALE: ENTRO IL 30 GIUGNO Ogni istituto ed ogni Gruppo di Lavoro Operativo può ad ogni modo decidere di variare queste scadenze in un’ottica di flessibilità e di risposta alle esigenze particolari di ciascun alunno, in linea generale comunque è importante osservare queste tempistiche per favorire un corretto svolgimento dell’attività scolastica. In aggiunta ai suddetti incontri si possono prevedere ulteriori momenti di dialogo, convocando il GLO.
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La composizione del GLO, definita dall’articolo 15 della legge n. 104/92 e dal successivo D. lgs. 96/2019, è così articolata: - team dei docenti contitolari, compreso insegnante di sostegno specializzato, presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato; - i genitori dell’alunno con disabilità; - altre figure interne l’istituzione scolastica: docenti referenti per le attività di inclusione o docenti con incarico per il supporto alla classe nell’attuazione del PEI; - docenti che svolgono azione di supporto alla classe nel quadro delle attività di completamento tra le figure esterne all’amministrazione scolastica, ma che operano stabilmente nella scuola; - figure professionali specifiche esterne l’istituzione scolastica: specialisti e terapisti dell’ASL, specialisti e terapisti privati segnalati dalla famiglia, operatori/operatrici dell’ente locale soprattutto se attivo un progetto individuale componenti del GIT (Gruppo per l’inclusione territoriale); - le persone che forniscono assistenza specialistica per l’autonomia e la comunicazione nominata dall’ente locale (può essere prevista anche la partecipazione di collaboratori scolastici/collaboratrici scolastiche che coaudiuvano nell’assistenza di base).
La composizione del GLO può essere integrata o modificata anche durante l’anno scolastico con analoghe procedure, riportando le variazioni nell’apposito riquadro su invito formale del dirigente scolastico e, in caso di privati esterni alla scuola, una volta acquisita l’autorizzazione dei genitori per la privacy, possono partecipare ai singoli incontri del GLO anche le persone il cui supporto viene ritenuto utile ai lavori di gruppo.
Questa sezione spetta ai genitori o a chi esercita la responsabilità genitoriale. Destinata a fornire indicazioni sulla situazione familiare con una descrizione del bambino o della bambina, è opportuno sostenere i genitori in questo compito.
In questa sezione si chiede di riportare, attraverso una sintetica descrizione, gli elementi generali desunti dal Profilo di funzionamento (o dalla Diagnosi funzionale e dal Profilo dinamico funzionale, se il Profilo di funzionamento non fosse disponibile) utili alla redazione del PEI. Tale descrizione costituisce infatti la premessa per le sezioni successive in quanto il Profilo di funzionamento è il documento propedeutico è necessario alla redazione del PEI (D. lgs. n. 66 del 2017 articolo 5 comma 4).
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In questo riquadro occorre indicare se è stato redatto il Profilo di funzionamento (o Diagnosi funzionale o Profilo dinamico funzionale) e in tal caso specificare in base a esso su quali delle dimensioni analizzate si andrà a procedere nelle successive sezioni del PEI e quali invece possono essere omesse. Se non si dispone del Profilo di funzionamento si procederà assegnando parimenti le dimensioni e le sezioni del PEI per le quali sono previsti interventi, a partire dagli elementi contenuti nella Diagnosi funzionale, indicando quali invece possono essere omesse. È opportuno che il GLO prenda visione del profilo e ne fornisca una sintesi che metta in evidenza le informazioni relative alle 4 dimensioni citate: è necessario indicare anche le dimensioni da definire nel PEI, cioè se ciascuna di esse necessiti o meno di un’analisi nella fase di osservazione, prevista nella sezione 4, e conseguentemente di interventi da dedicare nella sezione 5.
La legge n. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” prevede che, affinché si ottenga in pieno l’integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona con disabilità, i vari interventi di integrazione/inclusione siano tra loro coordinati, non solo per evitare inefficaci sovrapposizioni, ma soprattutto per indirizzare meglio l’insieme di tali interventi verso un’adeguata risposta alle particolari ed individuali esigenze della persona beneficiaria. Attraverso questo documento si mira a creare percorsi personalizzati per ciascuno in cui i vari interventi siano coordinati massimizzando così i benefici effetti degli stessi e riuscendo, diversamente da interventi settoriali e tra loro disgiunti, a rispondere in maniera complessiva ai bisogni ed alle aspirazioni del beneficiario. Nello specifico, secondo la L. 328/00, il Comune deve predisporre, d’intesa con l’ASL, un progetto individuale, indicando i vari interventi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali di cui possa aver bisogno la persona con disabilità, nonché le modalità di una loro interazione.
Una buona osservazione è il primo passo verso la progettazione di un intervento efficace che tenga conto del funzionamento globale dell’alunno, determinato appunto da fattori bio-psico-sociali (condizioni fisiche, funzioni e strutture corporee, attività e partecipazione, fattori ambientali e personali). Le quattro dimensioni che ci accompagneranno lungo tutto l’iter di progettazione partiranno dunque da un processo di osservazione globale, con particolare attenzione alle barriere e ai facilitatori, che come sappiamo possono fare la differenza tra un contesto inclusivo e non. In questa sessione si suggerisce un linguaggio il più possibile oggettivo, legato cioè all’osservato, riducendo al minimo le considerazioni personali e le interpretazioni soggettive. Non è affatto semplice riportare con un linguaggio descrittivo quanto osservato, poiché bisogna esplicitare aspetti qualitativi e quantificativi, proprio per poter permettere la condivisione dei dati raccolti ed una pianificazione mirata ai bisogni educativi dell’alunno (es. M. è felice di stare con gli altri bambini - M. a ricreazione gioca con le sue compagne di classe fino al suono della campanella, mentre gioca sorride e abbraccia le bambine frequentemente).
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La didattica inclusiva Partendo dall’osservazione della dimensione relazione/interazione/socializzazione, individuare gli obiettivi pertinenti ai seguenti ambiti - SFERA AFFETTIVO - RELAZIONALE - AREA DEL SÉ - RAPPORTO CON GLI ALTRI - MOTIVAZIONE VERSO LA RELAZIONE CONSAPEVOLE - INTERAZIONI CON IL GRUPPO DEI PARI - INTERAZIONI CON ADULTI DI RIFERIMENTO NEL CONTESTO SCOLASTICO - MOTIVAZIONE ALL’APPRENDIMENTO Indicare per ciascun obiettivo gli interventi messi in atto, sia dal punto di vista didattico (attività proposte, compiti previsti, modalità di esecuzione del lavoro) sia metodologico (strumenti, materiali, ausili, dispositivi tecnologici, ma anche modalità operative come il cooperative learning, peer to peer, flipped classroom).
Partendo dall’osservazione della dimensione comunicazione/linguaggio, individuare gli obiettivi pertinenti ai seguenti ambiti: - COMPRENSIONE DEL LINGUAGGIO ORALE - PRODUZIONE VERBALE - USO COMUNICATIVO DEL LINGUAGGIO VERBALE O DI LINGUAGGI ALTERNATIVI O INTEGRATIVI (Comunicazione Aumentativa Alternativa, Braille, LIS, Linguaggio corporeo) - MODALITÀ DI INTERAZIONE - TIPOLOGIA E PRESENZA/ASSENZA DI CONTENUTI PREVALENTI - UTILIZZO DI STRUMENTI FACILITATORI PER LA COMUNICAZIONE (pecs, tablet) Indicare per ciascun obiettivo gli interventi messi in atto, sia dal punto di vista didattico (attività proposte, compiti previsti, modalità di esecuzione del lavoro) sia metodologico (strumenti, materiali, ausili, dispositivi tecnologici, ma anche modalità operative come il modellamento, l’imitazione, il tutoring, la costruzione di un setting strutturato per agevolare la comunicazione o di situazioni formali ed informali nel gruppo di pari).
Partendo dall’osservazione della dimensione autonomia/orientamento, individuare gli obiettivi pertinenti ai seguenti ambiti: - AUTONOMIA DELLA PERSONA - AUTONOMIA SOCIALE - MOTRICITÀ GLOBALE - MOTRICITÀ FINE - PRASSIE SEMPLICI E COMPLESSE - FUNZIONALITÀ VISIVA - FUNZIONALITÀ UDITIVA - FUNZIONALITÀ TATTILE Indicare per ciascun obiettivo gli interventi messi in atto, sia dal punto di vista didattico (attività proposte, compiti previsti, modalità di esecuzione) sia metodologico (strumenti, materiali, ausili, dispositivi tecnologici, ma anche modalità operative e procedure per il consolidamento e l’acquisizione di determinate abilità).
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Partendo dall’osservazione della dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento, individuare gli obiettivi pertinenti ai seguenti ambiti - CAPACITÀ MNESTICHE - CAPACITÀ INTELLETTIVE - CAPACITÀ DI ORGANIZZAZIONE SPAZIO-TEMPORALE - LIVELLO DI SVILUPPO RAGGIUNTO - CAPACITÀ DI RISOLUZIONE DEI COMPITI (in relazione all’età) - STILI COGNITIVI - CAPACITÀ DI INTEGRARE COMPETENZE DIVERSE PER LA RISOLUZIONE DI COMPITI - COMPETENZA DI LETTURA E DECODIFICA DI TESTI O MESSAGGI - CAPACITÀ DI SCRITTURA - CAPACITÀ DI CALCOLO Indicare per ciascun obiettivo gli interventi messi in atto, sia dal punto di vista didattico (attività proposte, ambiti disciplinari, compiti previsti, modalità di esecuzione del lavoro) sia metodologico (strumenti, materiali, ausili, dispositivi tecnologici, ma anche modalità operative come il cooperative learning, peer to peer, flipped classroom, ecc). In approfondimento a questa sezione, si veda la parte conclusiva del seguente articolo, dove si suggeriscono buone prassi e modalità operative per l’ampliamento dell’offerta formativa (Principi per una didattica dell’inclusione - Strategie e strumenti per una didattica dell’inclusione).
L’osservazione e l’individuazione di fattori contestuali (ambientali e/o personali) che rappresentano barriere o facilitatori per l’alunno con disabilità sono elementi imprescindibili, a partire dai quali è possibile individuare possibili risorse ed eliminare o ridurre quegli impedimenti che rappresentano degli ostacoli allo sviluppo del bambino. Elemento cardine del PEI in prospettiva bio-psico-sociale è, infatti, il superamento della disabilità, grazie ad un intervento sul contesto di vita dell’alunno/a e a una migliore gestione di facilitatori e barriere. I fattori ambientali possono quindi fungere da facilitatori o barriere a seconda del loro impatto (e grado di impatto); gli ausili, le protesi, gli interventi riabilitativi sono definiti “facilitatori speciali” indispensabili in caso di menomazioni o deficit strutturali e/o corporei. I facilitatori possono essere anche legati al fattore umano: atteggiamenti, comportamenti, percezioni e opinioni incidono in maniera più o meno diretta sull’andamento e nello sviluppo del progetto educativo, siano essi relativi ai membri del gruppo classe, sia alle figure educative di riferimento, pertanto occorre acquisire consapevolezza di questo importante “potenziale” che può diventare tanto significativo in termini di facilitazione, quanto penalizzante se funge da ostacolo.
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Un ambiente di apprendimento inclusivo si fonda sull’applicazione di quelle metodologie che promuovono le interazioni prosociali tra compagni di classe, permettendo cioè al gruppo dei pari di diventare una risorsa preziosa. Le strategie per un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della socializzazione, della comunicazione, delle autonomie sono basati su una corresponsabilità educativa e su modalità didattiche innovative, ne citiamo alcune, riprese e argomentate anche nella parte conclusiva dedicata alla didattica inclusiva. - Didattica attiva e partecipativa. - Innovazione tecnologica e la didattica multimediale e digitale. - Didattica laboratoriale. - Sviluppo delle abilità di problem solving. - Cirle times e altre attività di confronto e condivisione sociale. - Strutturazione degli ambienti, creando degli “angoli didattici” dedicati a competenze diverse. - Didattica ludica. - Role playing e drammatizzazione per promuovere la rielaborazione dei vissuti emotivi e favorire l’empatia sociale. In approfondimento a questa sezione, si veda la parte conclusiva del seguente articolo, dove si suggeriscono buone prassi e modalità operative per l’ampliamento dell’offerta formativa (Principi per una didattica dell’inclusione - Strategie e strumenti per una didattica dell’inclusione).
Nella definizione di modalità di sostegno didattico spesso occorre creare materiali didattici costruiti ad hoc attraverso l’adattamento e la semplificazione dei libri di testo e del materiale didattico fornito. Si possono adoperare ed integrare diverse modalità di intervento, a seconda dei bisogni educativi degli alunni. - Facilitazione del testo: individuare all’interno della pagina di studio i nuclei fondanti e i concetti essenziali, ed ingrandirli in modo da renderli fruibili. - Semplificazione del testo: attraverso l’uso di un linguaggio più semplice, si evidenziano i concetti principali di una pagina e si ristrutturano i contenuti attraverso la schematizzazione del testo. - Semplificazione e riduzione del testo: si riduce il testo in brevi periodi, affiancandoli con immagini e agganci iconici, creando cioè degli stimoli visivi significativi per il recupero e la presentazione dei contenuti.
In questa sezione si articolano le diverse aree disciplinari con la specifica relativa alla definizione di: - percorso ordinario (qualora l’alunno seguisse la programmazione di classe); - percorso didattico personalizzato (con prove equipollenti); - percorso didattico differenziato (qualora l’alunno segua un’attività didattica differenziata).
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In accordo con il decreto 8 aprile 2020 n. 22, a partire dall’anno scolastico 2020/2021 le scuole primarie sono chiamate ad attuare l’Ordinanza ministeriale n.172 del 4 dicembre 2020, che prevede la valutazione degli alunni e delle alunne con disabilità certificata espressa con giudizi descrittivi coerenti con il Piano Educativo Individualizzato predisposto dai docenti contitolari della classe: in pratica i voti in decimi introdotti nel 2008 vengono sostituiti da giudizi descrittivi “nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti”. La valutazione periodica e finale è espressa attraverso i criteri di valutazione e i quattro livelli previsti dal decreto: Avanzato, Intermedio, Base, In via di prima acquisizione. Nella valutazione periodica finale il livello di apprendimento è riferito agli esiti raggiunti dall’alunno relativamente a una selezione degli obiettivi presente nel PEI: ciò consente di elaborare un giudizio descrittivo articolato che rispetta il percorso di ciascun alunno e consente di valorizzare i suoi apprendimenti, evidenziandone i punti di forza e quelli su cui intervenire.
La pianificazione e l’organizzazione delle risorse disponibili sono il primo passo verso una programmazione e una gestione adeguata del lavoro. Le figure che ruotano attorno all’alunno con disabilità, siano esse interne alle istituzioni scolastiche (insegnanti curricolari, esperti esterni, assistenti all’autonomia o alla comunicazione, insegnanti specialisti del sostegno, educatrici) o esterne (specialisti, terapisti) possono in questo modo organizzare e distribuire il loro intervento coordinandosi in diversi momenti della giornata, al fine di ottimizzare le risorse disponibili.
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In questa sezione, oltre alla pianificazione degli interventi, si fa riferimento alla possibilità di esonerare gli alunni da alcune attività e/o situazioni di apprendimento. Questa possibilità ha aperto un grande dibattito, con profonde critiche e talora una netta contrapposizione al nuovo decreto e al nuovo modello di PEI, che esplicita, rendendo quindi plausibile, esonerare l’alunno con disabilità da alcuni insegnamenti. È doveroso pertanto ricordare che questa misura dovrebbe essere caldeggiata molto attentamente, da tutto il GLO e utilizzata solo in casi eccezionali e sempre in un’ottica di temporaneità, proprio perché il primo obiettivo della scuola è l’inclusione e lo sviluppo delle competenze socio-relazionali. È necessario, inoltre, ribadire che la scuola è “dentro” la classe e non “fuori” dalla classe; e se da un lato è importante creare uno strumento flessibile, che sappia rispondere alle diverse esigenze, considerata l’eterogeneità della disabilità, dall’altra occorre ribadire con fermezza che il principio fondante su cui si fonda l’istituzione scolastica è sempre quello della promozione globale del benessere della persona e quindi la sua integrazione.
Pensare all’inclusione come un processo che riguarda tutti i membri di un gruppo, come ad esempio la classe, è un modo per accogliere ogni bambino nella sua diversità, nel suo essere speciale ed unico. Riconoscere l’unicità di ciascuno di noi è il primo grande passo verso il riconoscimento autentico dell’altro e dei suoi bisogni, oltre che condividere pensieri, modi di essere, culture e stili di vita diversi dai nostri che potranno solo arricchire il nostro bagaglio di esperienze. I progetti di inclusione parlano a tutto il gruppo e non solo all’alunno con disabilità, e il loro linguaggio è accattivante, intuitivo, eterogeneo: spesso i progetti che promuovono l’inclusione favoriscono attività espressive (come il teatro e la musica) e ludiche, proprio per permettere a tutti di prendere parte ad un progetto comune.
Il decreto legislativo numero 66 del 2017 ha modificato l’organizzazione della responsabilità delle procedure che portano alla definizione del PEI: non è più prevista l’azione congiunta di scuole e ASL nella gestione degli incontri e nella reazione del PEI, ma il soggetto responsabile di tutti gli aspetti procedurali è la scuola. Il ruolo degli specialisti nella realizzazione e nella verifica del PEI può essere svolto in due modalità: - singolarmente, come parte integrante del GLO; - come membri dell’UVM, chiamati a fornire il supporto necessario agli specialisti. Al di fuori degli incontri del gruppo il supporto docenti può essere fornito tramite: - consulenza su problemi di generali o quesiti specifici da parte dei singoli componenti del GLO; - controllo dei documenti programmazione; - interventi in caso di necessità. Gli specialisti o terapisti privati possono contribuire alla progettazione educativa e alla redazione del PEI come membri del GLO a tutti gli effetti o come persone autorizzate a partecipare agli incontri, pur non essendo membro del GLO.
La certificazione delle competenze per il primo ciclo è regolata dal decreto ministeriale 742 del 17, per quanto riguarda gli alunni e studenti con disabilità essa deve essere coerente con il PEI. Il modello di certificazione delle competenze previsto al termine della classe quinta della Scuola Primaria definisce mediante enunciati descrittivi diversi livelli di acquisizione delle competenze. Il modello nazionale del primo ciclo è unico e non modificabile, e consente di intervenire con annotazioni che rapportino il significato degli enunciati di competenza agli obiettivi specifici, intervenendo sia rispetto alle competenze e ai loro descrittori sia rispetto ai livelli raggiunti.
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Questa sezione del PEI, di competenza del GLO, deve essere completata entro la fine dell’anno scolastico (generalmente 30 giugno). In questa finestra si trascrivono indicazioni e decisioni dell’organo competente in merito a: - verifica finale del PEI per l’anno in corso; - interventi necessari a garantire il diritto allo studio e alla frequenza per l’anno scolastico successivo (compresa la proposta di ore per il sostegno didattico e le risorse da destinare agli interventi di assistenza).
In questo spazio si elencano: - gli interventi connessi alle quattro dimensioni del Profilo di funzionamento (sez. 5), ovvero 1. Dimensione relazione/interazione/socializzazione 2. Dimensione comunicazione/linguaggio 3. Dimensione autonomia/orientamento 4. Dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento - gli interventi sul contesto (sez. 6) - gli interventi sul percorso curricolare (sez. 8)
Le ore di sostegno sono da indicare e richiedere esclusivamente alla luce dei bisogni dell’alunno/alunna, tarando cioè l’intervento sui bisogni effettivi della persona con disabilità. Un’importante novità introdotta dal D. lgs. n. 66 del 2017 è che in questo Decreto non si parla mai di gravità (art. 3 comma 3 legge 104/92), ma di quantificazione dei bisogni, introducendo un criterio diverso che fa riferimento al “debito di funzionamento”, basato sul Profilo di funzionamento e non sulla certificazione della Legge n.104; quindi non più una rilevazione a priori della situazione di gravità (come definito precedentemente da art. 3 comma 3 legge 104). Per questo nel Decreto Interministeriale n.182 del 29/12/2020 sono stati introdotti due modelli con il compito di rilevare i bisogni educativi: - Allegato C - Debito di funzionamento; - Allegato C1, tabella “Fabbisogno e risorse professionali per il sostegno didattico e l’assistenza”.
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Le indicazioni in merito a questa sezione sono poco approfondite, pertanto si farà riferimento alle Linee Guida che accompagnano il Decreto. “Nella motivazione della richiesta sono da considerare le risorse ritenute necessarie per attivare le iniziative previste per raggiungere gli obiettivi definiti nel PEI considerando come nell’anno scolastico che si sta concludendo esse sono state effettivamente utilizzate” (sezione 9 “Organizzazione generale del progetto del progetto di inclusione utilizzo delle risorse”). Deve esserci, pertanto, piena coerenza tra le risorse richieste e loro effettivo utilizzo a parte l’ovvia considerazione che non si possono chiedere più ore di supporto/sostegno/assistenza rispetto alla frequenza complessiva prevista. Deve risultare infatti, che le ore di sostegno siano state effettivamente utilizzate nelle attività o discipline in cui è prevista una forte personalizzazione delle attività didattiche, tale da richiedere necessariamente un supporto aggiuntivo. E ancora: “La richiesta deve necessariamente fare riferimento in modo esclusivo alle esigenze dell’alunno con disabilità titolare del PEI, le ore di sostegno sono assegnate alla classe ma per sviluppare un progetto educativo personalizzato. Non devono intendersi come risorse aggiuntive che rientra nella libera disponibilità della scuola da utilizzare per qualsiasi attività di supporto destinato ad altri alunni della classe o della scuola. Certamente la presenza del sostegno didattico in una classe può favorire l’attivazione di una didattica più aperta e flessibile, da cui potranno trarne vantaggio la classe, il team docenti e il consiglio di classe ma deve essere sempre chiaro che questi interventi sono rivolti prioritariamente all’alunno e all’alunna con disabilità. In particolare, quando si chiede di aumentare le ore di sostegno assegnate, è indispensabile motivare la proposta non solo descrivendo i bisogni ma anche dimostrando che le ore assegnate sono state utilizzate in modo adeguato” (Linee guida pag. 58-59).
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Una delle novità introdotte dal Decreto Legislativo numero 66/17 è il “PEI provvisorio”, documento da approvare entro la fine dell’anno scolastico e lo si deve ritenere in questo caso come non derogabile essendo necessario per i successivi complessi adempimenti che portano alla definizione, all’assegnazione delle risorse di sostegno, da concludersi dunque entro l’inizio dell’anno scolastico successivo. Per gli alunni con disabilità di nuova iscrizione o di nuova certificazione, il PEI provvisorio va inteso sostanzialmente come un documento di progettazione che, senza entrare nello specifico degli interventi educativi che saranno di competenza del GLO, darà indicazione affinché la scuola si prepari all’accoglienza e alla sostenibilità del lavoro con il nuovo alunno, organizzando spazi, tempi, supporti ed interventi idonei all’accoglienza. Questo nuovo modello di “PEI provvisorio” per nuovi casi si definisce in due frangenti: - alunni/alunne iscritti in una situazione scolastica con particolare riferimento ai bambini che iniziano il loro percorso previo accertamento; - la certificazione della condizione di disabilità che riguarda alunni iscritti e frequentanti. Come dispone il decreto, il “PEI provvisorio” è redatto dal GLO, nominato seguendo le stesse procedure indicate per il PEI ordinario. Rispetto alla componente docenti, in caso di alunno già iscritto e frequentante, sono i membri di diritto del team del Consiglio di classe, se invece si tratta di una nuova iscrizione e non è stata ancora individuata la classe, il dirigente individua i docenti che possono fare parte del GLO.
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Il decreto legislativo 66 del 2017 articolo 7 comma 2 esplicita: “Il PEI è redatto in via provvisoria entro giugno e in via definitiva di norma entro e non oltre il mese di ottobre, tenendo conto degli elementi previsti nel decreto ministeriale, di cui al comma 2-3. È redatto a partire dalla scuola dell’infanzia ed aggiornato in presenza di nuove sopravvenute condizioni di funzionamento della persona. Nel passaggio tra i gradi di istruzione è assicurata l’interlocuzione tra i docenti della scuola di provenienza e quelli della scuola di destinazione, nel caso di trasferimento di iscrizione è gradita l’interlocuzione tra le istituzioni scolastiche interessate ed è ridefinito sulla base delle eventuali diverse condizioni contestuali della scuola di destinazione”. Queste indicazioni, rivolte al GLO che nell’anno successivo dovrà dirigere il PEI, contengono suggerimenti, proposte e strategie che andranno verificate subito dopo l’ingresso dell’alunno, prevedendo interventi correttivi e integrazioni soprattutto a livello di organizzazione e utilizzo delle risorse in base alle necessità effettive La procedura che definisce e quantifica le misure di sostegno con la relativa quantificazione del bisogno delle risorse professionali è presa in carico dai componenti del GLO. Tenuto conto della professionalità dei docenti, occorre fare un’attenta lettura e comprensione della certificazione prodotta dall’ASL, attestante il riconoscimento della condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica, proprio per fare in modo che l’interpretazione dei contenuti della certificazione sia il più possibile rispettosa delle indicazioni fornite dall’ASL. Nel caso di contenzioso o di necessità di supporto nella decodifica della documentazione prodotta dall’ASL di competenza, il dirigente scolastico che presiede la seduta può chiedere al rappresentante dell’UVM (nominato dal direttore dell’unità di valutazione multidisciplinare) dell’ASL un’interpretazione del contenuto della stessa ed un supporto al personale docente nella decodifica e declinazione dei contenuti della certificazione.
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Conclusioni Il modello bio-psico-sociale, che rappresenta un paradigma di riferimento per la valorizzazione del funzionamento di tutti, esplicita chiaramente che funzionamento e disabilità sono elementi del continuum della salute ed essi sono in stretta relazione, positiva o negativa, con i fattori contestuali. Questa visione sposta il focus dell’attenzione verso l’autodeterminazione della persona, secondo il percorso evolutivo del proprio potenziale di sviluppo in qualsiasi ambiente. Esso, infatti, è un utile ordinatore concettuale che la scuola ha a disposizione per coltivare percorsi orientati a promuovere progetti di vita fiorenti. Il contesto, gli insegnanti, le istituzioni sono i promotori di questo progetto di vita, essi sono i facilitatori che permettono al bambino con disabilità di poter superare la sfera sociale dell’handicap (inteso appunto come barriera ecologica) per abbracciare un concetto più ampio di cura del progetto di vita, presa in carico globale della persona, valorizzandone i punti di forza e favorendo il pieno sviluppo delle sue potenzialità. In quest’ottica, il Progetto Educativo Individualizzato si pone come strumento che vuole valorizzare il profilo di funzionamento per far emergere facilitatori e barriere all’apprendimento superandole, per identificare e progettare interventi educativi e didattici appropriati e offrire opportunità di relazione e socializzazione autentiche e significative. L’azione didattica inclusiva si genera dalla vicinanza agli altri, ai compagni, alle compagne, ai docenti. Nessuna pratica di didattica a distanza è in grado di sostituire le opportunità offerte dall’azione in presenza perché essa accomuna ciascun/a alunno/a agli altri, allo scopo di condividere l’esperienza di apprendimento, che deve strutturarsi come un agire condiviso, dove la partecipazione diventa essenziale. Ciò permette di avviare un autentico processo di socializzazione che faccia riferimento ad una vicinanza autentica, non contraddistinta da falsi approcci protettivi e buonisti o da quell’accezione di cura che fa del deficit il fulcro del suo agire. “Una scuola per tutti e di tutti non è solo un diritto di tutti, ma anche una responsabilità di ognuno. Una scuola inclusiva è un atto di responsabilità civile e umana”. C. de Vecchi
Principi per una didattica dell’inclusione L’azione didattica inclusiva valorizza una scuola accessibile. Il segno distintivo di una scuola accessibile è la concettualizzazione che essa adotta della nozione di differenza, intesa come elemento valoriale di segno positivo. Una scuola accessibile offre opportunità di flessibilità di spazi, tempi, metodologie, conoscenze e relazioni ed apre alla fruibilità di ciò che in essa viene promosso. Promuovere una didattica differenziata e universale, cioè attenta al come dell’apprendimento, al perché dell’apprendimento e all’oggetto dell’apprendimento e che offra molteplici forme di coinvolgimento, di azione e di espressione e di riflessione. Un agire didattico che favorisca la personalizzazione dei percorsi, differenziando gli obiettivi curricolari, i contenuti disciplinari, le strategie di azione e i mediatori didattici, soprattutto laddove ci sono Bisogni Educativi Speciali. Gli insegnanti che vivono la quotidianità nelle nostre scuole e, giorno dopo giorno, portano avanti la loro mission educativa in contesti sociali difficili o nella eterogeneità delle nostre classi, sanno benissimo che accogliere vuol dire aprire le porte ad una didattica flessibile e che questa è l’unica via percorribile. Anche il mondo del lavoro e la ricerca scientifica hanno spostato il loro focus: sempre più spesso si sente parlare di social skills, capacità di problem solving, di pensiero divergente, come abilità fondanti uniche e distintive dell’agire umano, in un’epoca dove le macchine sono sempre più efficienti e le informazioni diventano veloci e fruibili da ogni angolo del pianeta. La scuola è chiamata a costruire le basi per il futuro dei nostri ragazzi, essa ha il dovere di allenare queste competenze, di costruirle e di accoglierle, declinandole nella varianza della diversità (sia essa nell’accezione di eccellenza sia di difficoltà), poiché il potenziale umano risiede proprio in queste abilità che ci rendono unici e irripetibili. Per poter parlare di innovazione occorre altresì promuovere la formazione e lo sviluppo di modalità didattiche innovative e attuali: va considerata l’opportunità di immaginare e sperimentare soluzioni e pratiche per l’innovazione educativa, promuovendo e progettando la formazione dei docenti, con particolare attenzione agli aspetti sociali e relazionali.
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Strategie e strumenti per una didattica dell’inclusione Prenderemo ora in analisi alcuni ambiti e percorsi di approfondimento utili per ripensare la didattica “tradizionale”, ampliando così l’offerta formativa e le risorse professionali disponibili. • L’innovazione tecnologica è al momento uno dei principali ambiti su cui è importante aggiornarsi, per poter raggiungere tutti gli studenti, sia pensando alla necessità di proporre un’attività didattica accattivante e variegata (si pensi alle infinite possibilità del web). • L’innovazione didattica, ovvero conoscere ed approfondire le tematiche relative all’agire educativo, permette a ciascun docente di ripensarsi, di rinnovarsi creando una rete di scambio e un dialogo professionale con colleghi ed enti territoriali di supporto. • La didattica ludica, la didattica laboratoriale, la didattica speciale: tanti modi per ridefinire l’ora di lezione, aprendo le porte all’esperienza, all’applicazione delle competenze e alla generalizzazione delle abilità di ciascun alunno, sperimentandosi in modi nuovi di essere alunno e di essere insegnante. • Modalità di lavoro cooperativo: flipped classroom, outdoor education, peer education, giochi di ruolo sono solo alcuni dei modi possibili. • Strategie metacognitive e di metodo di studio, flessibilità e varietà dei contenuti: si pensi ad esempio all’uso di anticipatori e di organizzatori, di sintesi, di mappe concettuali, di slide comprensibili e sintetiche, di immagini esemplificative, ecc. • Alternanza nell’utilizzo di spazi, siano essi reali e virtuali, statici e dinamici, e dei tempi: prevedere pause frequenti per sollecitare e sostenere l’attenzione, tempi dedicati al libero scambio tra compagni, momenti di riflessione individuale, dove poter riflettere su quanto appreso... • Approfondire la conoscenza e quindi padronanza delle abilità utili alla gestione della classe: programmi come il coping power, la mindfulness, attività di circle time ed altre strategie per la gestione della classe, riduzione dello stress e favorire il ben-essere insieme. • Approfondire la conoscenza e quindi padronanza delle abilità utili al lavoro in team: ampliare le competenze relazionali, favorire il dialogo, il confronto, l’ascolto attivo. • Creare un equo dialogo e una fattiva collaborazione tra scuola e famiglia al fine di realizzare l’auspicato patto di corresponsabilità tra le due agenzie educative. • Favorire sempre la collegialità come processo complesso fondato su decisioni condivise e partecipate attraverso il dialogo e il confronto nella realizzazione di un sistema educativo integrato e includente. • Potenziare le azioni di monitoraggio e valutazione di processo, di prodotto e di esito del sistema educativo in relazione al gradimento, all’efficacia e all’efficienza, tenendo conto di tutti i professionisti coinvolti nel processo inclusivo di rete. • Accettare e accogliere le sfide del nostro tempo: solo vivendo appieno questo tempo così articolato e complesso potremmo essere parte di questo cambiamento e fautori del nostro futuro.
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