Canto di natale

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Un protagonista, il cui cuore è privo di gioia e di generosità, scopre la magia del Natale

Charles John Huffam Dickens, nato nel 1812 e morto nel 1870, è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico. Per i suoi romanzi sociali (Oliver Twist, David Copperfield, Tempi difficili), è considerato uno dei più importanti romanzieri di tutti i tempi.

Uno dei più commoventi racconti sul Natale, una favola bellissima e magica.

Canto di Natale

Charles Dickens

È la vigilia di Natale: mentre tutta la città si prepara alla festa, e le strade, piene di colori e profumi, risuonano di allegri saluti e gioiosi auguri, il vecchio Scrooge pensa che sia sciocco sprecare tempo e denaro per festeggiare e si avvia verso la sua solitaria casa. Ma tutto può accadere nella notte più magica dell’anno... Tre strani fantasmi, quello del Passato, del Presente e del Futuro, condurranno Scrooge per mano in un viaggio nel tempo e gli faranno capire il vuoto e la solitudine della sua vita. Al ritorno, ogni cosa avrà suoni e sapori diversi.

Charles Dickens

Canto di Natale Un protagonista, il cui cuore è privo di gioia e di generosità, scopre la magia del Natale

I C L AS S I C I

Canto di Natale

Charles Dickens

Charles Dickens

Un protagonista, il cui cuore è privo di gioia e di generosità, scopre la magia del Natale

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Il libro è dotato di approfondimenti e schede didattiche on line

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

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Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini Impaginazione: Claudio Ciarmatori Disegno di copertina: Elena Mellano Approfondimenti: Ivonne Mesturini Schede didattiche: Maria Marchegiani Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

I Edizione 2017 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0

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Tutti i diritti sono riservati © 2017 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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Charles Dickens

Canto di Natale Traduzione di

Emanuela Tarascio



Capitolo

1

Scrooge e il Fantasma di Marley

Marley era morto, tanto per cominciare.

Non c’erano dubbi su questo. L’atto di morte era stato firmato dal sacerdote, dall’impiegato e dall’uomo delle pompe funebri. L’aveva firmato anche Scrooge, e il nome di Scrooge era una garanzia. Marley era morto come un chiodo infisso in una porta. Badate, non dico di sapere, per mia diretta esperienza, cosa ci sia di particolarmente morto in un chiodo della porta. Personalmente, propenderei per considerare un chiodo di bara come il pezzo di ferro più morto che esista sul mercato. Ma in questa similitudine c’è la saggezza degli antenati e non sarà la mia umile mano a cambiarla, quando l’intero Paese non si è mai permesso di farlo. Permettetemi quindi di ripetere, enfaticamente, che Marley era morto come un chiodo della porta. Ma Scrooge sapeva che era morto? Naturalmente. Come sarebbe potuto essere altrimenti? Lui e Scrooge erano stati soci per non so quanti anni. Scrooge era il suo unico esecutore testamentario, il suo unico amministratore, il suo unico curatore, il suo unico erede, il suo unico amico e l’unico che ne portasse il lutto. Tuttavia Scrooge, da quell’eccellente uomo d’affari che era, non fu colpito dal triste evento al punto da rinunciare ad un contratto indubbiamente vantaggioso. L’aver menzionato i funerali di Marley mi riporta al punto di partenza. 5


Capitolo 1

Senza dubbio Marley era morto. Bisogna capirlo bene, altrimenti non verrebbe fuori niente di meraviglioso dalla storia che sto per raccontare. Se non fossimo del tutto convinti che il padre di Amleto era morto prima dell’inizio del dramma, non ci sarebbe niente di particolare nel vederlo passeggiare di notte, nel vento di levante, sugli spalti del castello; niente più di quanto ci sarebbe in qualsiasi gentiluomo di mezza età che imprudentemente esce di sera in un luogo ventoso, per esempio il cimitero di San Paolo, al puro scopo di confondere la debole mente del figlio. Scrooge non aveva mai cancellato il nome di Marley dall’insegna. Era rimasta così, negli anni che seguirono, sulla porta del magazzino: Scrooge e Marley. La ditta era conosciuta come Scrooge e Marley. Poteva accadere che chi non conosceva Scrooge lo chiamasse qualche volta Scrooge e qualche altra volta Marley, ma lui rispondeva a entrambi i nomi; per lui era lo stesso. Oh! Ma con che pugno di ferro Scrooge la dirigeva, come sapeva spremere, torcere, arraffare, grattare, ammassare, quel vecchio avido peccatore! Duro e pungente come una selce dalla quale nessun acciaio era mai riuscito a far scaturire un fuoco generoso; riservato e controllato, solitario come un’ostrica. La sua freddezza interiore aveva raggelato i suoi lineamenti, affilato il suo naso appuntito, scavato le guance, irrigidito l’andatura; gli aveva arrossato gli occhi e illividito le labbra. Una brina ghiacciata gli copriva la testa, le sopracciglia e il mento legnoso; portava il gelo, nel suo ufficio, anche con la canicola, e la temperatura non si alzava di un grado neanche a Natale. 6


Scrooge e il Fantasma di Marley

Il caldo e il freddo influenzavano poco Scrooge. Nessun calore poteva riscaldarlo e nessun inverno, per rigido che fosse, poteva renderlo più glaciale. Non c’era vento più aspro di lui; la neve e la pioggia non potevano distrarlo dai suoi intenti né renderlo più aperto alle suppliche. Il tempo più terribile non sapeva minimamente come sfiorarlo. La pioggia più scrosciante, la neve, la grandine, la brina, avevano il vantaggio che spesso scendevano a meraviglia, a differenza dei prezzi di Scrooge, che non scendevano mai. Nessuno lo fermava, in strada, per dirgli con un sorriso: – Mio caro Scrooge, come stai? Quando vieni a trovarmi? Nessun mendicante lo implorava di dargli qualcosa, nessun bambino gli chiedeva l’ora. Nemmeno una volta, nella vita di Scrooge, qualcuno, uomo o donna che fosse, gli aveva domandato la strada per andare in questo o quest’altro posto. Persino i cani dei ciechi sembravano conoscerlo e, quando lo vedevano arrivare, trascinavano i loro padroni nei portoni e nei cortili e scodinzolavano come se dicessero: – Meglio non avere occhio che avere l’occhio cattivo, padrone! Ma cosa importava a Scrooge? Era proprio questo il bello: farsi strada lungo gli affollati sentieri della vita tenendo a distanza ogni umana simpatia era, secondo i bene informati, ciò per cui Scrooge andava pazzo. Una volta, la vigilia di Natale, il vecchio Scrooge sedeva indaffarato nel suo ufficio. Era freddo, il tempo era livido e pungente e c’era anche la nebbia; poteva sentire la gente, fuori nel cortile, che andava avanti e indietro picchiandosi il petto con le mani e battendo i piedi sul selciato per scaldarsi. 7


Capitolo 1

Gli orologi pubblici segnavano solo le tre, ma era già abbastanza buio; per tutto il giorno non c’era stata luce e le candele che brillavano alle finestre degli uffici vicini sembravano rosse frittelle nella densa aria bruna. La nebbia penetrava da ogni fessura, da ogni buco della serratura, ed era così densa e fitta che, sebbene il cortile fosse piccolissimo, le case di fronte sembravano fantasmi. A veder calare quelle nuvole nere che oscuravano ogni cosa, si sarebbe pensato che la Natura fosse di cattivo umore e che stesse tramando qualcosa di losco. La porta dell’ufficio di Scrooge era aperta perché egli potesse tenere d’occhio il suo impiegato che, in uno stanzino infelice, una specie di sgabuzzino, stava copiando delle lettere. Scrooge aveva acceso un fuoco piccolissimo, ma il fuoco dell’impiegato era così piccolo che sembrava un tizzone. Tuttavia non poteva alimentarlo, perché Scrooge teneva il carbone nella sua stanza e, se fosse entrato con la paletta per prenderne un po’, il padrone gli avrebbe detto che un giorno avrebbe finito per mandarlo via. Perciò si era messo una sciarpa bianca e cercava di scaldarsi alla fiamma della candela, cosa che, non essendo dotato di grande immaginazione, non gli riusciva. – Felice Natale, zio! Dio ti benedica! – esclamò una voce allegra. Era la voce del nipote di Scrooge; gli era arrivato davanti così velocemente che solo l’augurio aveva tradito la sua presenza. – Bah! – disse Scrooge. – Sciocchezze! Questo nipote di Scrooge si era così scaldato camminando in fretta fra la nebbia e la brina che era tutto acceso: il bel viso era arrossato, gli occhi gli brillavano e il respiro ancora si condensava in nuvolette di fumo. 8


Scrooge e il Fantasma di Marley

– Natale una sciocchezza, zio? – disse incredulo il nipote di Scrooge. – Di certo non intendevi dire questo! – Sì, invece! – disse Scrooge. – Felice Natale? Che diritto hai tu di essere felice? Che ragione hai tu di essere felice? Non sei abbastanza povero? – Andiamo – rispose allegramente il nipote, – che diritto hai tu di non essere felice? Che ragione hai di essere di cattivo umore? Non sei abbastanza ricco? Scrooge, non aveva al momento una risposta migliore. – Bah! Sciocchezze! – ripeté. – Non essere arrabbiato, zio – disse il nipote. – E come potrei essere altrimenti – replicò lo zio – dal momento che vivo in un mondo di sciocchi? Felice Natale? Basta col Felice Natale! Cos’è il Natale per te se non il momento di pagare le bollette non avendo il denaro? Il momento in cui ti ritrovi più vecchio di un anno senza essere di un’ora più ricco; il momento di fare il bilancio e vedere che ogni voce, nell’arco di dodici mesi, è stata una perdita? Se dipendesse da me – continuò Scrooge con indignazione, – ogni idiota che va in giro ad augurare Felice Natale dovrebbe essere bollito insieme al suo “pudding” e seppellito con un ramo di agrifoglio piantato nel cuore. Proprio così! – Zio! – lo pregò il nipote. – Nipote – rispose lo zio severamente, – tu festeggia il Natale a modo tuo e permettimi di festeggiarlo a modo mio. – Festeggiarlo? – ripeté il nipote di Scrooge. – Ma tu non lo festeggi affatto! – Allora lasciami in pace – disse Scrooge. – Possa il Natale portarti del bene! Tanto quanto te ne ha portato finora! – Ci sono molte cose da cui avrei potuto ricavare del bene e di cui non ho approfittato – rispose il nipote, – e fra le altre, il Natale. Ma sono sicuro che ho sempre pensato al Natale, quando si avvicinava, come un momento molto felice, met9


Capitolo 1

tendo da parte, ammesso che sia possibile farlo, la venerazione dovuta alla sua santa origine. Un momento di gentilezza, di perdono, di carità, di gioia: l’unico momento che conosca, nel lungo calendario dell’anno, in cui uomini e donne sembrano tutti permettere ai loro cuori chiusi di aprirsi liberamente e di pensare alle persone di condizione inferiore come se fossero veramente compagni di viaggio fino alla fine e non come se fossero creature di un’altra razza imbarcate per altri viaggi. E perciò, zio, sebbene non ci sia mai stato un pezzo d’oro né d’argento nelle mie tasche, sono convinto che mi abbia portato del bene e che me ne porterà ancora; e dico: “Dio lo benedica!” L’impiegato nello sgabuzzino non poté fare a meno di applaudire, ma accorgendosi subito dell’indiscrezione, si mise ad attizzare il fuoco, spegnendo definitivamente l’ultima fragile scintilla. – Fa’ che io senta un’altra parola da te – disse Scrooge – e festeggerai il tuo Natale perdendo il posto! Poi aggiunse, rivolto al nipote: – Sei davvero un formidabile oratore, nipote; mi meraviglio che tu non sia ancora entrato in Parlamento! – Non ti arrabbiare, zio. Vieni a cena da noi, domani? Scrooge disse che piuttosto avrebbe preferito vederlo… Sì, lo disse veramente, e pronunciò la frase per intero: ... vederlo morto! – Ma perché? – esclamò il nipote di Scrooge. – Perché? Perché ti sei sposato? – chiese Scrooge, burbero. – Perché mi sono innamorato. – Perché ti sei innamorato!? – ruggì Scrooge, come se quella fosse l’unica cosa al mondo più ridicola di un felice Natale. – Buon pomeriggio! – Via, zio, non venivi da me nemmeno prima che ciò accadesse. Perché lo prendi come scusa per non venire adesso? 10


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