Urbes magazine 7-2024

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Editoriale

DUE MELE… DUE IDEE

La forza e la profondità dei concetti di George Bernard Show sono celebri, tanto che le citazioni del drammaturgo irlandese vincitore del Nobel per la letteratura sono stati spesso utilizzati da celebri statisti per rafforzare i propri concetti.

Nel 1963, nella sua vista in Irlanda, John F. Kennedy incantò i suoi ospiti citando uno dei famosi drammaturghi di quella bella isola.

“Questo è un paese straordinario”, disse Kennedy, per poi aggiungere: “George Bernard Shaw, parlando da irlandese, ha riassunto il suo approccio alla vita: Altre persone, ha detto, vedono le cose e dicono: ‘Perché?’ Ma sogno cose che non sono mai esistite e mi dico: ‘Perché no?’”

Di recente un amico parlando di sinergie mi ha ricordato quanto ebbe modo di scrivere George Bernard Show a tal proposito.

“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.”

Un pensiero semplice che riassume in pratica come lo scambio di idee arricchisce, mentre lo sterile rifuggire da questo rende tutti più deboli.

In economia la sinergia è un concetto secondo cui il valore combinato e le prestazioni di due società dopo la loro integrazione aumenteranno rispetto alla somma delle entità separate., ovvero la creazione del valore aggiunto.

In una città vi possono essere molti esempi di come le sinergie possano creare valore aggiunto all’interno di una comunità.

Prendiamo l’esempio delle università, che sono attori chiave e svolgono un ruolo centrale nelle città che le ospitano, come datori di lavoro, consumatori o semplicemente come calamita per i giovani e le attività culturali. Possono anche essere influencer e sostenitori delle città nel campo dello sviluppo sostenibile. Attraverso un metodo esplorativo e con l’obiettivo di esplorare gli sforzi compiuti per promuovere legami più

stretti tra università, sviluppo sostenibile e città e colmare una lacuna della letteratura a questo riguardo, studiosi della Manchester Metropolitan University hanno pubblicato su Nature un lavoro che considera il contributo delle università allo sviluppo sostenibile a livello urbano.

Lo studio. basato su alcune delle iniziative in corso a livello mondiale e su un sondaggio online internazionale che documenta le misure intraprese, traduce l’impegno a perseguire lo sviluppo sostenibile all’interno delle città, con risposte da un campione di 45 paesi, ed elenca alcuni elementi che potrebbero aiutare a promuovere relazioni più simbiotiche tra città e università. I risultati di questo studio possono essere utilizzati come linee di base per rafforzare i collegamenti università e città nell’affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile, come dimostrato attraverso le risposte ottenute. Di conseguenza, alcune azioni suggerite che coinvolgono la cooperazione possono includere una maggiore comunicazione tra le parti interessate delle città e l’avvio di iniziative e progetti congiunti, traendo vantaggio dalle attuali sfide di sviluppo sostenibile in tutto il mondo.

È ampiamente riconosciuto che le università sono attori chiave nello sviluppo delle regioni in cui sono situate. Hanno una connessione simbiotica con aree residenziali, commerciali e industriali. L’informazione e la tecnologia sviluppate in un contesto universitario, ed estese alla società, hanno il potenziale per influenzare il processo decisionale degli individui verso la sostenibilità.

E allora lo scambio di idee tra Università e contesto sociale, economico, politico, industriale ricorda le mele e le idee di George Bernard Show.

Fino a quando ognuno degli attori che “anima” una città terrà per sé idee e contenuti, lo sviluppo di un territorio non sarà realmente percorribile.

Lavorare a “silos” significa ignorare gli altri e le loro idee, e tutto questo non ci rende protagonisti, ma solo squallide comparse.

EDITORIALE

AGORÀ

ZIBALDONE

IN PUNTA DI PENNA CITTADINI

SOCRATIC DIALOGUE

HEALTH CITY MANAGER ALUMNI RECENSIONI

In ricordo di Franco di Mare

TAKE AWAY

CITIES + CITIES SPEAKING

HCI UPDATES

Fabrizio d’Alba è il nuovo presidente di Federsanità

NEWS DALLA ReCUI

URBES DIALOGUE: COESIONE E SINERGIE

L'Assemblea OMS di Ginevra

Il nuovo patto OMS per la salute globale

L'Accordo OMS-CIO per affrontare le sfide globali di salute

La piattaforma ONU per la salute nelle città caraibiche e latino-americane,

Intervista a Fiona Littlejohn-Carrillo

Interview with HIMSS CEO Hal Wolf in Rome

Economia della notte & salute nella città di Tallinn, Intervista a Natalie Mets

Coesione sociale e disagio giovanile. Lo sport: un fattore aggregante e preventivo, Intervista a Emanuela Mari

La povertà energetica in Italia e l’importanza di una mappatura alla scala locale

San Diego città inclusiva

URBAN HEALTH COLUMNS

Per combattere l’obesità occorre uno sguardo globale e interconnesso

L’Osservatorio buone pratiche di Federsanità: le prime 100 buone pratiche censite

Politiche attive e impegno costante per più inclusione e coesione

Cure di prossimità tra necessità ed opportunità: il ruolo di telemedicina ed Health City Manager

Smart City: sfide e opportunità in evoluzione continua F. Ascoli, Urban Eco Mobility Trend

Due nuove partnership YMCA nel mondo su salute e ambiente A. Indovina, YMCA Health

FOCUS ON SPORT

SportCity Day 2024

La Ball Run nelle città italiane

Coach di quartiere: protagonisti della città

A "Vita da Campioni" il Ministro della Salute fissa gli obiettivi di sport e salute a scuola

Gli Europei di Atletica a Roma: la rete dei volontari

DOCUMENTI

E RICERCHE

IL RUOLO SOCIALE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NEGLI AMBIENTI URBANI

STATI GENERALI DEL DIABETE: IL DOCUMENTO DI SINTESI

LA PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA NELLE CITTÀ ITALIANE

CONFRONTO EUROPEO NEI DATI ISTAT

ARTICOLI

STATI GENERALI DELLA NATALITÀ

LOTTARE CONTRO L'AGEISMO

ACCORDO DI PROGRAMMA FESDI-SPORT E SALUTE-INTERGRUPPO PARLAMENTARE-FSC

IL CONGRESSO EUROPEO DELL'OBESITÀ DI VENEZIA

PREMIO URBES 2024: SONOANCORA APERTE LE CANDIDATURE!

ADVERTISING

MULTIPLA

REGIA CONGRESSI

PLANETARY HEALTH

ASSEMBLEA ANCI

Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Agorà

Una rete di conoscenze e sapere

Alcune settimane fa la stampa internazionale ha dato evidenza di uno studio pubblicato su Scientific Report da ricercatori del Development and Evolution of Cognition Research Group, Max Planck Institute of Animal Behavior di Konstanz assieme ai colleghi del Department of Biology, Graduate Program, Faculty of Biology and Agriculture, Universitas Nasional, Jakarta,

Lo studio che fa riferimento a quanto osservato da loro nel giugno 2022, quando il team di ricercatori notò un comportamento mai osservato prima nel mondo animale: un orango di Sumatra di nome Rakus si è autocurato una ferita utilizzando una pianta medicinale.

Nel Parco Nazionale Gunung Leuser, una riserva della foresta pluviale sull’isola indonesiana occidentale di Sumatra, gli scienziati hanno sentito dalle cime degli alberi una serie di “lunghi richiami”, un comportamento che di solito rileva nei primati comportamenti di dominanza o aggressività maschile. Il giorno successivo, videro Rakus con una ferita aperta sulla guancia destra, appena sotto l’occhio, segno di una lotta avvenuta all’interno di una colonia di Oranghi.

Giorni dopo, il team ha osservato Rakus mettersi al lavoro, raccogliendo e masticando gli steli e le foglie di Akar Kuning ( Fibraurea tinctoria ), o radice gialla. La pianta è una vite rampicante originaria della regione che la popolazione locale utilizza per le sue qualità medicinali per trattare condizioni come il diabete, la dissenteria e la malaria.

Anche se non è certo un alimento base della dieta degli oranghi (il team ha notato che la radice gialla viene mangiata solo lo 0,3% delle volte), Rakus la consumava comunque. Lo masticò anche lui, senza deglutirlo, poi ne sparse i succhi e l’impiastro sulla ferita, dove avevano cominciato ad accumularsi alcune mosche. Rakus tornò alla pianta e la mangiò il giorno successivo, e presto la sua ferita fu completamente guarita.

Isabelle Laumer, autrice dello studio, commentando

con National Geographic quanto notato su Rakus, ritiene che questa sua la prima osservazione di un animale selvatico che tratta la sua ferita proprio con una pianta medicinale.

Ci sono voluti cinque giorni dopo il trattamento perché la ferita si chiudesse e gli scienziati non hanno riscontrato segni di infezione dopo un mese. La ricerca sulla chimica della radice gialla ha dimostrato che la pianta ha “proprietà antibatteriche, antinfiammatorie, antifungine, antiossidanti, antidolorifiche e anticancerogene.

E’ difficile comprendere da dove Rakus abbia imparato a curarsi e a riconosce i benefici di una pianta medicinale nel curare la propria ferita e se è qualcosa tramandata all’interno degli esemplari del gruppo.

Quello che colpisce è osservare l’esatta percezione che il primate ha avuto delle proprietà curative della pianta e della tecnica da utilizzare.

Spesso perdiamo di vista il fatto che la medicina moderna deriva da un sistema di conoscenza molto antico, iniziato milioni di anni fa in una varietà di habitat sui quali la nostra conoscenza sta appena iniziando ad espandersi.

Altre ricerche precedenti hanno dimostrato che gli oranghi del Borneo si automedicano strofinando i loro arti con piante masticate, forse per alleviare i dolori muscolari. E si sa che gli scimpanzé spargono insetti masticati sulle loro ferite, anche se l’efficacia di questo trattamento è incerta. Altri animali praticano pratiche simili: diverse specie di uccelli si sfregano con le formiche - una tecnica chiamata “anting” - per liberare i loro corpi da parassiti o acari delle piume.

Ma la novità del comportamento di Rakus deriva sia dal trattamento di una ferita esterna che dalle note qualità curative di Akar Kuning, che gli scienziati hanno riconosciuto come uniche, ma tutto ciò dimo-

stra che gli oranghi e come gli esseri umani condividono la conoscenza, come patrimonio per la salute.

Da un punto di vista evolutivo, questo esempio fornisce una finestra su come i nostri antenati potrebbero aver sviluppato la loro farmacia naturale, ed è anche possibile che questo comportamento gli sia stato insegnato in giovane età da sua madre o da un altro orangutan attraverso una pratica chiamata peering.

Il peering (peer learning) è un principio molto utilizzato nel campo della formazione, che si basa sul fatto che la conoscenza si trasmetta tra “pari grado”, cioè tra persone simili, per età, status e problematiche: il che le rende, agli occhi di chi impara, interlocutori credibili e affidabili, degni di rispetto.

È quello che facciamo noi ricercatori, clinici ed accademici quando trasmettiamo nozioni, esperienze e ricerche attraverso la pratica clinica o le evidenze di studi.

Tutto questo significa trasmettere informazioni per poter formare e costruire la rete delle conoscenze e del sapere, superando la logica dei silos e dell’individualismo arrivando alle reti della sapienza.

ZIBA DONEl

SOLO ATTRAVERSO LA RICERCA

DI SINERGIE SI POSSONO TROVARE

SOLUZIONI VINCENTI AI FATTORI

DI

CAMBIAMENTO DEL PIANETA

Nell’acqua o nel suolo, i pesticidi sono presenti ovunque. Gli scienziati sanno da anni che un loro uso massiccio è dannoso per la salute. Ma questa tossicità viene calcolata solo individualmente, ogni sostanza chimica ha il proprio limite di concentrazione da non superare. “Nell’ambiente ci sono dozzine di tipi di pesticidi. Ciò che volevamo valutare è il pericolo che potrebbero rappresentare per la salute”, ha spiegato il professore del dipartimento di biologia Luc Gaudreau, dell’Università di Sherbrooke che ha recentemente pubblicato, sulla rivista Nature, uno studio sul tema dell’interazione tra utilizzo dei pesticidi e insorgenza dei tumori.

Ciò che emerge dallo studio è che, anche a dosi considerevolmente basse, questi pesticidi possono avere conseguenze negative sulla salute. In più si sottolineano i rischi dell’effetto cocktail. Dalla ricerca è infatti emerso che la combinazione di basse dosi di diversi pesticidi può portare a effetti ancora poco noti, ma comunque nocivi sulle cellule umane.

Questo significa che, anche singolarmente, i pesticidi possono essere considerati innocui o accettabili in piccole quantità. La loro combinazione può innescare una serie di reazioni dannose nel corpo umano e favorire l’insorgere di tumori.

Quindi l’interazione su quanto e come si coltiva in agricoltura deve interessarci in tema di salute, e non solo di alimentazione.

Nel 2022 si è raggiunta la fatidica cifra di 8 miliardi di persone nel mondo, un tema che impone considerazioni sotto il profillo demografico, certamente, ma anche sulle ricadute che questo aumento ha sulla produzione di risorse in grado di alimentare questa popolazione che globalmente continua a crescere.

I pesticidi sono ampiamente utilizzati per proteggere la produzione alimentare e soddisfare la domanda alimentare globale, ma sono anche inquinanti ambientali onnipresenti, in grado di causare effetti negativi sulla qualità dell’acqua, sulla biodiversità e sulla salute umana.

Se le moderne pratiche agricole utilizzano pesticidi per eliminare diversi tipi di organismi (funghi, piante, insetti), dannosi per le colture, bisogna altresì ricordare che, una volta utilizzati, i residui dei fitofarmaci viaggiano attraverso il terreno tramite le fonti idriche. L’acqua contaminata è poi riutilizzata in agricoltura e, alla fine, i residui di pesticidi entrano nella catena alimentare e vengono assorbiti dagli animali e dall’uomo.

Altrettanto importante è la connessione tra utilizzo dei pesticidi e impatto che gli stessi hanno sulla biodiversità.

I ricercatori sanno e ci dicono che la crisi della biodiversità, che ha lasciato circa un milione di specie animali e vegetali a rischio di estinzione, è uno dei principali fattori di diffusione delle malattie.

Questo potrebbe significare che modificando l’ambiente, aumentiamo i rischi di future pandemie.

Ritorna, quindi, il tema dell’impatto che l’uomo, con le sue pratiche di agricoltura intensiva, ha sulla biodiversità e sulla salute planetaria.

Oggi i cinque “fattori del cambiamento globale” che influenzano la fauna selvatica e i paesaggi sulla Terra sono: cambiamento della biodiversità, cambiamento climatico, cambiamento o perdita di habitat, inquinamento chimico e introduzione di specie non autoctone in nuove aree. Diventano tutte vitali se si vuole comprendere come e in quale direzione andare.

Va però detto che, nonostante il crescente riconoscimento del fatto che il cambiamento climatico, l’utilizzo di pesticidi e la perdita di biodiversità sono fortemente interconnessi, gli sforzi politici per affrontare le crisi e i fattori di cambiamento in modo integrato rimangono limitati.

Questo perché permane una visione individualistica rispetto alle leve sulle quali agire, dimenticandoci che, solo attraverso la ricerca di sinergie, si possono trovare soluzioni vincenti.

Chi è ricco vive più a lungo e con una migliore qualità di chi è povero. Pensa che scoperta!

IN PUNTA DI PENNA

Non esiste più uno spazio di verità, non esiste uno spazio di dibattito. Esiste solo la nostra idea, che in una stanza dove viene riprodotto l’effetto eco potrà tornare alle nostre orecchie anche con voci diverse, ma sentiremo quell’eco solo se sostiene ciò di cui siamo già convinti.

Il fenomeno è codificato, lo hanno chiamato echo-cambers È così che il nostro spazio si riduce solo a chi la pensa come noi. Nell’era della globalizzazione e delle piattaforme di comunicazione più estese mai immaginate dall’uomo, creiamo mondi sempre più piccoli dove avere ragione; il torto resti fuori! Trent’anni di web aperto, quasi venti di social media hanno amplificato in modo smisurato tutto questo, ed è a questo che abbiamo piegato la coesione.

Ricordo lo slogan di un partito, ripreso anche recentemente, che sul finire degli anni ’90 per le elezioni politiche lanciò una campagna di manifesti mutuando “America First” di Woodrow Wilson del lontano 1916: “Prima l’Italia”. Un concetto forte, rispettabile, opinabile, ma certamente di chiarezza assoluta. Evidentemente funzionò, piacque ai dirigenti di quel partito, tanto che lo proposero alle elezioni per scegliere il governatore trasformando lo slogan, per esempio, in “Prima la Sicilia”. Ma in gioco c’erano anche le partite delle comunali, allora lo slogan diventava “Prima Messina”. Ma anche “Prima Catania”, “Prima Ragusa” e così via.

I candidati, vincolati allo slogan e più o meno radicati ad analoga matrice culturale, diedero vita a una narrazione politica in cui gli interessi particolari trovavano tutti delle ragioni valide di rivendicazione, ma la domanda mai posta fu: sappiamo chi deve venire prima, ma chi mettiamo dopo? Perché se c’è chi ha più diritti degli altri, agli altri che diritti restano?

La coesione, con cui indichiamo i legami e la solidarietà tra individui, è più nobile, prevede una certa idea di parità di accesso a spazi e servizi, all’interno delle città richiede spazi urbani che incoraggino principi come sostenibilità dei servizi, integrazione delle diversità, rafforzamento delle reti sociali, capacità di resistere

tutti insieme a crisi economiche, insomma quella che in periodo Covid fu etichettata come la retorica dei balconi, cantare tutti la stessa canzone, uniti contro il virus, nemico comune. Non si può certo dire, per una volta, che la politica sia rimasta insensibile a tutto questo. Con il PNRR, l’Unione Europea, garante storica delle politiche di coesione, ha attivato un fondo di portata impressionante: 750 miliardi di euro, oltre 190 destinati all’Italia, per rendere il Continente abitabile, green, moderno, sostenibile, con nuove opportunità garantite a tutti i giovani, a cominciare dalla loro istruzione. Vedremo i risultati di gestione. Allo stato attuale registriamo che riposte le mascherine, abbiamo archiviato in fretta l’eroismo dei sanitari, il principio di sostegno a chi aveva meno, l’aiuto anche fisico a chi era più fragile. In attesa dell’esecuzione dei progetti, viviamo ancora all’interno del modello della città dei ricchi e dei poveri, quello in cui c’è una sanità di qualità per chi può permettersela, e chi non può attende. Abbiamo strade curate e illuminate e zone franche sporche e buie, quartieri dove i servizi sono ancora accessibili e quelli dove non ci sono mai stati, nuovi insediamenti urbani immaginati per essere vissuti senza l’impiego di mezzi di trasporto privati che sono stati progettati accanto a popolosi agglomerati dove persone trascorrono fino a un quinto della loro giornata sui mezzi pubblici, rari e inefficienti. E dentro l’echochambers ci sentiamo come soldati in guerra, solo che ognuno sembra combattere più che altro quella per la propria sopravvivenza personale.

La coesione è raggiunta quando tutti i gruppi sociali hanno accesso equo ai servizi, agli spazi pubblici e alle opportunità economiche, dice la teoria della giustizia spaziale. Ma più che nel senso della distribuzione dello spazio delle città sembra parlare di un Pianeta lontano da qui.

CITTADINI Coesione e innovazione: approcci e strategie inclusive per il futuro delle città

La coesione è un argomento di frequente dibattito politico, analizzato sia in termini economici, sociali e territoriali, con l’obiettivo di ridurre le disparità nei livelli di sviluppo tra le diverse regioni e territori.

La questione della sinergia e del superamento dei silos è un tema più ampio, che riguarda principalmente le modalità di collaborazione tra enti, Istituzioni e individui. Tale questione, tuttavia, spesso contribuisce a un rallentamento delle politiche operative.

Per governare la complessità delle città è necessario coinvolgere attivamente le comunità valorizzandone i dati, le informazioni e le competenze di cui queste comunità sono portatrici per poter organizzare meglio le politiche pubbliche sulle tematiche della salute.

In questa fase storica, le sfide legate alla salute delle città sono diventate estremamente complesse a causa dei profondi cambiamenti sociali e dei fenomeni migratori. Di conseguenza, emerge la necessità di ripensare i modelli organizzativi e gestionali delle città. È necessario un nuovo slancio in termini di competenze, modelli organizzativi e una visione di sviluppo che ponga al centro i bisogni delle persone e delle comunità in cui vivono. Si parla di comunità perché le città metropolitane del Paese stanno seguendo un’evoluzione collegata a un trend internazionale sempre più pregnante. All’interno delle singole città, infatti, convivono molteplici realtà urbane molto eterogenee tra di loro, sia perché sono dislocate fisicamente in quartieri diversi, sia perché ciascun quartiere ha una propria storia, modelli organizzativi e servizi distinti. Le comunità e i loro ambiti specifici includono persone con storie culturali, economiche e sociali profondamente diverse. Per affrontare queste sfide in modo propositivo, promuovendo lo sviluppo e il rafforzamento della coesione sociale nelle città, è necessario un modello che non solo generi nuove idee, ma anche nuove modalità per raccoglierle e implementarle efficacemente.

Senza dubbio, affrontando questi temi, emerge la necessità di rafforzare gli strumenti di partecipazione delle amministrazioni verso le comunità.

Gli strumenti partecipativi consentono di raccogliere e valorizzare dati e informazioni forniti dalle comunità, spesso ignorati -perché non posseduti dalle amministrazioni- ma fondamentali per costruire modelli di politiche pubbliche più pertinenti ai bisogni delle singole comunità, che sappiano rispondere alle specifiche esigenze.

È evidente che la complessità di questo contesto richiede una gestione attenta, considerando il rapido mutamento del panorama globale. Tale complessità deriva da fenomeni globali e di un mondo che sta cambiando a ritmi molto veloci, rendendo necessaria l’adozione di un nuovo modello organizzativo e di un approccio innovativo da parte dell’amministrazione.

Questi sono temi di primaria importanza sui quali bisogna lavorare con grande priorità, pur non rappresentando concetti del tutto nuovi. Esistono infatti fenomeni, come quello del “Community building”, che sono ampiamente diffusi sia a livello internazionale che nel contesto nazionale.

In particolare, il concetto del “Community building” si riferisce ai “costruttori comunitari” che lavorano per rafforzare e rigenerare le comunità. Uno dei più famosi community builder di fama internazionale è Barack Obama, che ha svolto questa figura a Chicago, in un periodo in cui sia le amministrazioni locali che le comunità tentavano di rigenerare la città afflitta da anni di difficoltà estreme, violenza e povertà. La città aveva la necessità di un ripensamento e un rafforzamento del tessuto sociale della comunità.

Esistono numerose esperienze in questo ambito, suggerendo la necessità di un cambiamento di min-

dset relativamente alla costruzione e al governo delle politiche pubbliche, considerando i fenomeni attuali.

In una fase storica come quella attuale, tra l’altro, non è permesso procedere per tentativi ed errori, testando modelli senza la certezza che funzionino. L’evoluzione dei bisogni delle persone e della comunità è talmente veloce da richiedere una riduzione dei tempi di definizione e implementazione delle politiche pubbliche. Questo obiettivo può essere raggiunto tramite un coinvolgimento attivo dei rappresentanti delle comunità, i quali possono contribuire significativamente alla raccolta di dati e di informazioni cruciali per una migliore programmazione delle politiche, nonché per facilitare il percorso di implementazione delle stesse.

Un rapporto solido e collaborativo tra amministrazione e comunità, infatti, contribuisce, da un lato, a garantire l’accesso a dati e informazioni di elevata qualità per una conduzione più efficace dei processi decisionali e, dall’altro, a potenziare l’accountability dell’amministrazione, consolidando i legami tra le diverse componenti della comunità urbana.

L’adozione di un approccio così inclusivo mette, sì, in luce le difficoltà e i problemi, ma dall’altra parte fornisce anche le modalità operative per affrontarli e gestirli, contribuendo dunque non solo al rafforzamento dei pilastri della coesione sociale, ma anche a definire e contrastare le disuguaglianze, riducendo al contempo le probabilità di generare un conflitto sociale.

LA CRISI DELLE CITTÀ USA

PARTE DAI MIGRANTI?

di Three bees inner circle socratic dialogue

Analisi di un fenomeno sociale e politico che necessita sinergie tra città, stati e governo federale

Di notte, a Boston, alcune famiglie di migranti senza un posto dove stare vengono caricate su taxi e inviate all’aeroporto internazionale di Logan, dove, secondo alcune stime, più di 100 persone, alcune delle quali bambini, dormono nella zona del ritiro bagagli. Durante il giorno, le stesse persone vengono indirizzati ai centri di accoglienza per famiglie del Massachusetts, istituiti dallo stato per aiutare i nuovi arrivati con alloggi e altri servizi, solo il tempo necessario per far ritorno all’aeroporto per un’altra notte.

Per alcune famiglie, questo ciclo va avanti per più di una settimana alla volta, trasformando parte dell’aeroporto in un rifugio civico. È un sintomo dei più ampi problemi di immigrazione dello stato del Massachusetts ed è solo un esempio di come le città di tutto il paese stiano lottando – e, in molti casi, hanno fallito –per soddisfare i bisogni di base di una popolazione migrante in crescita.

L’amministrazione Biden ha presieduto un numero record di arresti di migranti al confine meridionale degli Stai Uniti, per intenderci quello con il Messico. Più di 2 milioni di persone, la maggior parte facente parti di nuclei familiari, sono state rilasciate nel paese dalla US Customs and Border Protection negli ultimi tre anni, in attesa di un procedimento legale per determinare se saranno espulse. Circa 6 milioni di persone sono state prese in custodia nello stesso periodo di tempo dalle strutture federali.

In una città dopo l’altra – da New York a Chicago a Washington DC – il loro arrivo ha reso più visibili le prove del sistema di immigrazione degli Stati Uniti, come nel caso dell’aeroporto di Boston. Perché, nonostante la storia di queste città nell’attrarre e diventare “porti di accoglienza” per gli immigrati, molte di esse sono state colte in gran parte impreparate a gestire l’improvviso aumento del numero di migranti che raggiungono le loro giurisdizioni.

“Man mano che le risorse diventano più scarse, le in-

frastrutture diventano insufficienti, e in particolare a causa della mancanza di coordinamento, ciò a cui stiamo assistendo sono eventi più estremi, compresi gli accampamenti all’aeroporto di Logan, qualcosa che sarebbe stato inconcepibile un anno fa e che ora sta accadendo da noi”, ha detto Iván Espinoza-Madrigal, direttore esecutivo di Lawyers for Civil Rights, un’organizzazione di difesa legale che ha fornito assistenza ai migranti a Boston.

Il governo federale si è fatto carico della gran parte della colpa della crisi e per anni, il Congresso non è riuscito a riformare le leggi sull’immigrazione. Non è riuscito ad alleviare i colli di bottiglia, come i tempi di elaborazione delle domande per le persone che desiderano lavorare e rimanere negli Stati Uniti. E non è riuscita a finanziare adeguatamente i servizi che aiutano i migranti a superare i numerosi ostacoli burocratici che si presentano. Di conseguenza, troppi migranti sono lasciati in un limbo legale per troppo tempo.

I sindaci e i governatori democratici, che spesso vengono identificati di essere più pro-immigrati rispetto alle loro controparti repubblicane, si sono affrettati ad adattarsi a questa nuova realtà, mentre i governi locali e statali si trovano ad affrontare gli alti costi finanziari per ospitare le crescenti popolazioni migranti. Ciò ha portato alcuni leader democratici, come il sindaco di New York Eric Adams, a dichiarare che “non c’è più spazio” per i richiedenti asilo nelle loro giurisdizioni, aumentando la pressione sull’amministrazione Biden affinché faccia di più per affrontare il problema.

La ricerca di soluzioni è diventato un problema di contrapposizioni politica dove Negli ultimi due anni, molte città hanno visto un forte aumento del numero di migranti, la maggior parte dei quali proviene da paesi dell’America centrale e meridionale, ma anche da tutto il mondo, tra cui Cina e India. (Indipendentemente dalla loro provenienza, potrebbero fuggire dai loro paesi d’origine per motivi simili, tra cui conflitti,

persecuzioni e povertà).

New York City, ad esempio, ha attirato più di 150.000 migranti dal 2022, mettendo a dura prova servizi come il sistema di accoglienza della città, già in difficoltà, ed esponendo ulteriormente i problemi in corso che hanno a lungo gravato sui residenti esistenti, come, ad esempio, la carenza di alloggi a prezzi accessibili.

“È una crisi senza precedenti”, ha detto Muzaffar Chishti, senior fellow presso il Migration Policy Institute. “Non abbiamo mai avuto un tale numero di persone in così brevi periodi di tempo”.

La maggior parte dei migranti rilasciati è in corso una procedura di espulsione attiva, che può richiedere anni per essere risolta. Durante questo periodo, possono rimanere negli Stati Uniti, ma devono navigare in un mosaico di leggi e reti di sicurezza per rimanere a galla. Alcuni migranti possono ottenere l’autorizzazione al lavoro, ad esempio, mentre altri no. E anche se i benefici federali sono più difficili da ottenere rispetto al passato, gli stati forniscono vari livelli di servizi, dall’alloggio all’assistenza sanitaria all’istruzione.

“New York ha accolto i migranti fin dall’inizio, e quindi la gente si aspettava che, anche se c’è una crisi significativa al confine, questo non avrebbe influenzato New York in modo diverso rispetto a quanto succedeva in precedenza”, ha detto Chishti. “Ma tutto è cambiato, e non necessariamente a causa dei numeri... È cambiato perché è accaduto in modo molto drammatico, molto visibile e molto mirato”.

Nel 2022, il governatore del Texas Greg Abbott ha iniziato a far uscire migliaia di migranti dal suo stato verso città gestite dai democratici senza preavviso. Il governatore della Florida Ron De Santis, anche lui repubblicano, ha messo in atto iniziative simili. Questi programmi sono solo una mera rappresentazione politica che i governatori repubblicani utilizzano verso la parte democratica dei loro stati.

Più di 100.000 persone sono state trasportate attraverso i confini di stato in questo modo, e vi sono state accuse secondo cui i migranti sono stati attirati a partecipare a questi programmi con falsi pretesti. La contrapposizione ha portato a cause legali e tragedie. Una bambina di 3 anni è morta di polmonite mentre viaggiava su un autobus dal Texas all’Illinois; il viaggio faceva parte del programma di Abbott.

Quello che era iniziato come un grossolano stratagemma politico è stato seguito da un modello migratorio sostenuto che si aggiunge a quanto non fatto per

i servizi di supporto delle città. Ma è anche vero che i programmi di trasporto dei migranti – non sono riusciti a risolvere le lotte dei migranti, ma sono riusciti a convincere sindaci e governatori democratici a fare pressione sull’amministrazione Biden sull’immigrazione – per avviare politiche condivise sui migranti e il loro collocamento sul territorio

“Stiamo assistendo a una completa mancanza di coordinamento federale e di un sostegno federale anemico”, ha detto Espinoza-Madrigal, che rappresenta i migranti in una causa intentata dopo che sono stati trasportati in aereo dal Texas a Martha’s Vineyard. “La crisi dei migranti in corso è il risultato della negligenza federale”.

Puntare il dito contro i legislatori federali può essere certamente giustificato, ma le mani dei leader della città e dello stato non sono legate solo dall’inadempienza federale. “L’argomentazione di New York è che l’immigrazione è una responsabilità federale, del tipo: ‘Questa non è una nostra responsabilità’. Non è proprio vero”, ha detto Yael Schacher, direttrice per le Americhe e l’Europa di Refugees International. “New York ne trarrà enormi benefici. Sì, è una responsabilità federale decidere chi entra e chi deve andare... Ma dopo che le persone sono qui, questa è la responsabilità di tutti”.

Questo non vuol dire che il governo federale dovrebbe prendersi tempo nell’affrontare questo problema. Anche se non ha necessariamente lasciato agli stati e alle città il compito di finanziare da soli i programmi di assistenza ai migranti, non è riuscita a fornire l’assistenza finanziaria di cui queste giurisdizioni hanno effettivamente bisogno. Schacher ha sottolineato che il Congresso ha anche drasticamente limitato l’accesso dei migranti ai programmi sociali nel corso degli anni, e questo ha messo molta più pressione sui governi locali.

Al momento, il Congresso non sembra interessato ad approvare nuove leggi sull’immigrazione.

Senza il Congresso, è improbabile che il governo federale sia in grado di sostenere sufficientemente i governi locali e le organizzazioni senza scopo di lucro che forniscono servizi di supporto ai migranti. Ma i soldi non sono l’unica cosa che manca.

Per le città che accolgono una grande quota di migranti, due cose in particolare hanno fatto sì che questa ondata migratoria imponesse un costo finanziario così elevato. In primo luogo, c’è stato un notevole aumento del numero di famiglie migranti con bambini, che sono

* “THREE BEES INNER CIRCLE” ha sede a Washington DC, è formato da un gruppo chiuso di policy makers internazionali, che, attraverso il dialogo socratico, animano il dibattito ed elaborano orientamenti e strategie in merito alle questioni più rilevanti per la società e la politica.

più vulnerabili e dipendono maggiormente dai servizi pubblici rispetto a quelle che arrivano da sole. In secondo luogo, molti di coloro che fanno parte dell’attuale ondata di migranti che arrivano negli Stati Uniti non hanno parenti o amici che vivono già qui e che possono aiutarli a stabilirsi.

“Stiamo vedendo un gran numero di famiglie senza contatti o connessioni immediate negli Stati Uniti”, ha detto Espinoza-Madrigal. “Questo genera una serie di sfide. Significa che le persone non hanno qualcuno su cui fare affidamento subito dopo l’arrivo. Significa che lo stato e il governo federale devono coordinarsi in modo molto più aggressivo per quanto riguarda l’alloggio e altri bisogni sociali immediati”.

Una delle esigenze più urgenti per le città, gli stati e i migranti che stanno accettando è un migliore coordinamento a tutti i livelli: le città dovrebbero lavorare con le contee circostanti per condividere la responsabilità di ospitare i migranti e finanziare i servizi di cui hanno bisogno; gli Stati dovrebbero formare consorzi regionali per pianificare strategicamente dove i migranti possono stabilirsi; E il governo federale dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nel trovare leggi più appropriate per i migranti, come ad esempio quelle in cui i migranti hanno reti familiari esistenti o quelle con una città o un’organizzazione disposta ad aiutarli a trovare alloggi e opportunità di lavoro.

Non è certo un concetto inaudito. In effetti, è il modo in cui il governo federale gestisce il reinsediamento dei rifugiati, lavorando con le reti familiari esistenti, le organizzazioni non profit e le organizzazioni religiose per abbinare adeguatamente i rifugiati a forti sistemi di

supporto.

“Abbiamo un disperato bisogno di un coordinamento regionale affinché la crisi dei migranti sia affrontata e risolta in modo più efficace”, ha detto Espinoza-Madrigal. Ha notato che all’interno del Massachusetts c’è un “coordinamento minimo” e le organizzazioni non profit di altre città dello stato contattano costantemente la sua organizzazione per chiedere aiuto per trovare servizi di base come l’accesso ai traduttori.

Alcune iniziative governative hanno funzionato bene e potrebbero servire da modello per una pianificazione più ambiziosa, ha detto Espinoza-Madrigal. Ad esempio, quando il Massachusetts ha collaborato con il governo federale e ha ospitato strutture per l’autorizzazione al lavoro per due settimane, il numero di permessi di lavoro per i migranti nello stato è aumentato, passando da circa 800 a metà dicembre a oltre 2.700 entro la fine del 2023.

I governi statali dovrebbero anche collaborare con i loro vicini. In questo modo, invece di mandare i migranti a nord dello stato, come il suo sindaco aveva pianificato di fare, New York City potrebbe lavorare con le giurisdizioni del New Jersey o del Connecticut per aiutare le persone a stabilirsi nell’area metropolitana immediata, in modo che le contee circostanti possano aiutare a coprire alcuni dei costi finanziari imposti a New York e i migranti con autorizzazione al lavoro possano ancora accedere alle opportunità di lavoro nella regione. Ciò andrebbe a beneficio di tutte le giurisdizioni coinvolte, perché contribuirebbe ad affrontare la carenza di manodopera regionale e ad ampliare le basi imponibili delle giurisdizioni partecipanti.

Documento

di pianificazione urbana in un’ottica di salute pubblica: uno strumento di valutazione

multicriteriale per la definizione delle implicazioni di salute negli interventi urbani.

Ad oggi la definizione di salute, non si riferisce meramente alla sopravvivenza fisica o all’assenza di malattia ma si amplia, introducendo il concetto di “determinanti sociali e ambientali della salute” che comprendono diversi aspetti, da quelli psicologici a quelli ambientali e abitativi. Nel considerare ciò, non è più possibile trascurare il ruolo delle città come promotrici di salute, in quanto la qualità della vita e le condizioni ambientali globali dipendono in larga parte dallo stato dell’ambiente urbano. Tale principio, a livello Nazionale è stato declinato da alcuni obiettivi della “Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile” e nell’ambito dei Livelli

Essenziali di Assistenza LEA, dal DPCM 12 gennaio 2017, quest’ultimo di particolare importanza in quanto il Servizio Sanitario viene incaricato non solo al ruolo di garante della salute, attraverso azioni di advocacy, ma anche di controllo, attraverso la valutazione igienico-sanitaria degli strumenti di regolazione e pianificazione urbanistica.

In tale contesto, nell’ambito delle progettualità finanziate nel 2017, il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) ha selezionato il progetto dal titolo “Urban Health: buone pratiche per la valutazione di impatto sulla salute degli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e ambientale”. Tale progetto, affidato alla Regione Lombardia, ha costituito la base di partenza per le attività del “Tavolo di lavoro su Città e Salute (Urban Health)” che tra maggio 2018 e marzo 2021 ha prodotto il “Documento di indirizzo per la pianificazione urbana in un’ottica di Salute Pubblica” il cui prodotto finale è stato lo “strumento multicriteriale per la definizione delle implica-

zioni di salute negli interventi urbani”.

L’obiettivo dello strumento è quello di fornire supporto volto sia a orientare le scelte dei decisori fin dalla fase di predisposizione di piani e programmi urbanistici verso un approccio di Urban Health, sia a supportare gli attori/operatori coinvolti nella formulazione di pareri sui procedimenti urbanistici. Lo strumento di valutazione è costituito da 7 macroaree ed è basato su un set di 20 indicatori. Le 7 macroaree di valutazione rappresentano i principali aspetti del piano urbanistico che possono avere ricadute dirette e indirette sulla salute e riguardano: criteri generali, ambiente, suolo e sottosuolo, sostenibilità e igiene del costruito, sviluppo urbano e sociale, mobilità e trasporti e spazi esterni. I 20 indicatori esaminano un particolare tema in riferimento alla macroarea di appartenenza. Ogni indicatore viene misurato attraverso una matrice prestazionale basata sulla presenza/assenza, nel Piano o Programma da analizzare, di specifiche strategie e/o sub criteri di Urban Health, secondo il seguente schema:

• Alta - rappresenta la prestazione maggiormente coerente con gli obiettivi dell’Urban Health;

• Moderata - costituisce il livello intermedio e si riferisce a una prestazione coerente ma migliorabile;

• Bassa - non considera alcuna strategia di Urban Health, limitandosi al mero rispetto di quanto previsto dalla normativa di settore.

Gli indicatori di Urban Health, permettono di stimare non solo la capacità di un piano di controllare possibili

fattori di rischio per la popolazione, ma anche quella di proporre un contesto costruito e organizzato in grado di soddisfare i bisogni sociali e migliorare la qualità della vita delle persone, mediante condizioni che favoriscono la mobilità dolce e il trasporto pubblico, oppure la riqualificazione di contesti periferici con attenzione all’equità nei programmi di rigenerazione e ri-funzionalizzazione urbana o, ancora, attraverso strategie che permettono l’invecchiamento in salute. L’uso dello strumento durante la VAS può consentire di orientare il Piano verso alternative in grado di guadagnare salute prima che vengano realizzati gli interventi programmati, mentre l’uso successivo alla VAS, può essere utile per monitorare la coerenza tra le politiche di pianificazione e gli obiettivi di sostenibilità ambientale, tutela e promozione della salute pubblica, già supportati dal processo di Valutazione Ambientale Strategica.

In conclusione lo strumento può rappresentare un valido supporto per i pianificatori territoriali, gli urbanisti, gli operatori di Sanità Pubblica e tutti gli attori coinvolti nei processi di pianificazione territoriale e urbanistica, i quali possono confrontarsi direttamente con i criteri adottati per la valutazione sanitaria dei piani e sviluppare azioni programmatiche utili a tutelare e promuovere la salute della popolazione migliorandone la qualità della vita, anche al fine di rendere più omogeneo l’approccio valutativo degli operatori di Sanità Pubblica dei Dipartimenti di Prevenzione.

Recensioni

Progettare il disordine

Idee per la città del XXI secolo di Pablo Sendra e Richard Sennett

Urbanisti, privatizzazioni e sistemi di sorveglianza stanno assediando gli spazi pubblici urbani. Le nostre strade stanno diventando sempre piu � simili tra loro mentre la vita, il carattere e la diversita � vengono espulsi dalle citta�. Che fare? E � possibile concepire la sfera pubblica come uno spazio flessibile che si adatta ai tempi? Si puo � progettare il disordine. Cinquant’anni fa Richard Sennett scrisse la sua opera rivoluzionaria, Usideldisordine, in cui sosteneva che l’ideale di una citta � pianificata e ordinata fosse imperfetto, producendo un ambiente urbano fragile e restrittivo. Oggi torna sulla stessa idea e, insieme all’attivista e architetto Pablo Sendra, immagina il design e l’etica della “citta aperta”, alternativa: una proposta provocatoria per una riorganizzazione del modo in cui pensiamo e progettiamo la vita nei contesti urbani. Quelle che gli autori chiamano “infrastrutture per il disordine” combinano architettura, politica, urbanistica e attivismo al fine di creare luoghi che alimentano piuttosto che soffocare, uniscono piuttosto che dividere, sono disposti al cambiamento piuttosto che bloccati nell’immobilismo. Questo

A cura di Francesca Policastro

testo e � un manifesto radicale e trasformativo per il futuro delle citta � del XXI secolo. Cavi, reti, server, flussi di dati, traffico di utenti. Le città stanno diventando metapiattaforme dove ogni interazione tra cittadini, ma anche ogni rapporto con le istituzioni, è

mediato da macchine, da un enorme arsenale di tecnologie di riconoscimento, sorveglianza e ottimizzazione dell’efficienza. Come sarà la vita nelle Città Cyborg del futuro? Adam Greenfield, ricercatore e urbanista americano, studiando i progetti più invasivi di Smart City, ci racconta cosa si nasconde dietro l’apparente utopia delle città intelligenti, un nuovo modello architettonico, burocratico e urbanistico che vuole incorporare alla città le strutture e i servizi digitali messi a disposizione dai giganti dell’high tech, a partire da IBM, Cisco Systems, Microsoft. Con la complicità di molte amministrazioni comunali, ormai incapaci di gestire la complessità delle metropoli (dai dissesti infrastrutturali ai problemi demografici e sociali), le nostre città si arrendono per inerzia al sogno dei nuovi ingegneri-programmatori, alla retorica della connettività, trascurando le oscure conseguenze di questa ibridazione. Dall’installazione di sistemi di sorveglianza reticolari e di riconoscimento biometrico facciale, alla georeferenziazione dei consumi e la geolocalizzazione degli utenti: la Smart City è un dispositivo di potere, una nuova forma di autocrazia, calata dall’alto e basata sulla pianificazione integrale dell’esistenza cittadina, opacizzando il confine tra sicurezza e controllo, tra pubblico e privato, tra comodità e sottomissione.

Città Cyborg di Adam Greenfield

SARÒ FRANCO, UN RICORDO DI FRANCO DI MARE

Ciao Franco, ciao fratellino, come affettuosamente mi chiamavi, sarò franco in queste poche righe dedicate a te.

Sottolineavi sempre che eravamo coetanei e che il mese di differenza cementava una intesa fraterna sulla quale abbiamo impiantato la nostra profonda e vera amicizia.

Sarò Franco era il titolo della striscia di commento tuo ai fatti del mondo, che quotidianamente ci deliziavi da UNO MATTINA, e che è poi diventato il titolo di un libro il cui sottotitolo era manuale di sopravvivenza civica, tra disincanto e speranza.

Cronaca, costume, economia, politica estera, cultura e società, che tu puntualmente analizzavi nei tuoi editoriali e che hanno accompagnato il risveglio degli italiani che, partendo dalla notizia del giorno, diventavano racconto e riflessione dal valore civile e stimolo per tutti ad essere parte di una comunità. Ci ricordavi i punti fermi su cui è fondata la nostra società e il lungo percorso di chi ci ha preceduto, dei nostri padri, dei nostri nonni. Anche quelli che erano e sono i nostri diritti, ma anche i nostri doveri di membri di una comunità. Evidenziavi i rischi del presente e le sfide del futuro, ma soprattutto, tracciando una sorta di identikit di chi siamo e cosa siamo diventati.

Sarò franco, non ero pronto a sapere della tua malattia e a perdere un amico prezioso e un maestro del sapere, del dire e del fare, un punto di riferimento costante sul quale appoggiare le mie incertezze e costruire le mie certezze.

Sarò franco, rimanevo affascinato dai tuoi racconti di inviato di guerra, dalla storia di Stella, che raccontavi con pudore, sensibilità e con immenso amore, rimanevo affascinato anche dai

racconti della tua Napoli, dove facevi emergere i personaggi che la animano, rimanevo affascinato della profonda conoscenza della scienza, dell’arte, dell’economia, della letteratura e della politica.

Sarò franco, mi affascinava sentirti parlare degli orrori di Sarajevo come anche quando parlavi di Casimiro Rolex o cosa vi era dietro Barnaba il mago.

Sarò franco, avevi un senso dell’amicizia vero e profondo, fatto di disponibilità e mai di convenienza, di esserci sempre e con un sorriso e una riflessione.

Sarò franco, con Jean Pierre, anche lui amico vero e sincero, avevi costruito un sodalizio professionale di grande spessore culturale, unico ed irripetibile per molti versi. Non era un format quello che portavate in giro, ma uno stimolo per le persone a pensare, a riflettere e ad agire, raccontavate storie vere, dipingevate scenari, stimolavate

Sarò franco, avevi portato la scienza dentro la cultura e dentro il contesto sociale, avevi dato voce a scienziati, ricercatori, ma anche a coloro che avevano “qualche cosa da dire”.

Sarò franco, mi avevi stimolato tu a realizzare questo impegno editoriale, ragionando con te della necessità di parlare di determinanti della salute nelle città, quando nessuno ne parlava. Avevi promosso l’argomento con tue riflessioni nel format di Uno mattina, dando spazio e alimentando il dibattito. E di Urbes eri un consulente silente e prezioso.

Sarò franco, potrei citare mille aneddoti, ma voglio ricordare quello che riguarda un caro amico, scienziato, napoletano come te, Paolo Sassoni Corsi, anche lui prematuramente scomparso.

Paolo era uno dei “cervelli” italiani all’estero, direttore del "Center for Epigenetics and Metabolism" dell'Università della California a Irvine, un vero scienziato in odore di Nobel, che poi fu assegnato a Michael Morris Rosbash, Jeffrey C. Hall e Michael W. Young, per le loro scoperte dei meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano.

Ne parlammo e decidemmo di invitarlo in Italia, e assieme ad Andrea Lenzi ed Eugenio Gaudio, organizzammo per lui nel Novembre del 2017, pochi giorni dopo l’assegnazione del Nobel, nell’aula magna di Sapienza una lettura “Scienza, Medicina e Società: Chronobiology of Urban Health”, magistralmente introdotto a te.

Questo eri tu Franco, una persona concreta e che amava la cultura del fare.

Sarò franco, mi mancherai tantissimo. Ciao fratellino.

Dopo la laurea in Scienze Politiche all'Università Federico II di Napoli, nel 1980 inizia a lavorare a l'Unità come cronista di giudiziaria, mentre l'anno successivo inizia a collaborare come corrispondente da Napoli anche per l'agenzia di servizi AGA (Agenzia di Giornali Associati) e per Radiocor (Agenzia di Stampa Economica e Finanziaria). Nel 1983 diventa giornalista professionista. Nello stesso anno viene assunto dal quotidiano l'Unità con la qualifica di redattore ordinario. Nel 1985 viene trasferito a Roma presso la redazione centrale de l'Unità in qualità di inviato speciale e poi di capo redattore. Nel 1991 entra in Rai alla redazione esteri del TG2, dove nel 1995 assume la qualifica di inviato speciale occupandosi della guerra dei Balcani, oltre a coprire – come inviato – le principali zone dell'Africa e dell'America centrale. Nel 2002 passa al TG1, seguendo buona parte dei conflitti degli ultimi venti anni: Bosnia, Kosovo, Somalia, Mozambico, Algeria, Albania, Etiopia, Eritrea, Ruanda, prima e seconda guerra del Golfo, Afghanistan, Timor Est, Medio Oriente e America Latina. Nel corso della sua carriera giornalistica si è occupato di politica internazionale coprendo –sempre come inviato - i falliti colpi di Stato in America Latina, le campagne elettorali presidenziali di Stati Uniti, Francia, Bulgaria e Algeria. È stato autore di servizi e documentari sulla criminalità organizzata nazionale (Sicilia, Campania, Calabria e Puglia) e internazionale (Germania, Russia e Bulgaria). Ha realizzato inchieste e servizi a seguito di attentati terroristici in Giappone, Russia, Kenya, Egitto, Stati Uniti e Medio Oriente, nonché reportage da aree colpite da calamità naturali come l'Honduras, il Guatemala, il Nicaragua, l'Alabama, l'India, l'Anatolia e la Louisiana. Ha realizzato documentari e dossier geopolitici su Australia, Sudafrica, Stati Uniti, India, ex Iugoslavia, Venezuela, Algeria, Marocco e Brasile. Ha intervistato eminenti personalità del mondo della politica e della cultura come Tony Blair, Shimon Peres, Jacques Chirac, Yasser Arafat, Condoleezza Rice, Thabo Mbeki, Naguib Mahfouz, Amos Oz, Jorge Amado, Eli Vizer. Ha seguito la vicenda del crack della Parmalat come inviato alle Isole Cayman, lo scandalo di Calciopoli e ha realizzato - insieme a Renzo Arbore - il primo speciale sperimentale in jointventure tra il TG1 e Rai 1 sull'uragano Katrina, da New Orleans.

Nel 2003 diviene conduttore televisivo su Rai 1, dove è al timone di Unomattina estate, di Unomattina week end e poi dal 2004 di Unomattina. Dal 2005 al 2009 conduce Sabato & domenica, programma d'informazione e attualità leader di ascolti nella fascia mattutina - in onda su Rai 1 - nel week end dalle 6:30 alle 9:30. Dal 2005 ha condotto le finestre del TG1 all'interno di Unomattina, sempre su Rai 1 (tre spazi con news e approfondimenti), attività che ricopre anche per la stagione 2010-2011. Ha inoltre condotto numerose serate per Rai 1, tra cui: "premio Lucchetta", "Mare Latino", "premio Internazionale Libertà", "premio Alta Qualità", "Gente d'Italia" da Miami, "Speciale premio Ischia Internazionale di Giornalismo": talk show con Cesare Romiti e altri. Ha presentato, su invito dell'Ufficio di Gabinetto della Presidenza della Repubblica Italiana, numerosi eventi istituzionali al Quirinale alla presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano, tra cui l'iniziativa editoriale volta alla sensibilizzazione dell'educazione civica in occasione del 60º anniversario della Costituzione Italiana. Alla sua attività di giornalista e conduttore affianca un forte impegno sociale e civile che lo ha portato a partecipare come testimonial allo spot televisivo per l'organizzazione umanitaria Smile Train e a realizzare uno spettacolo teatrale, Amira, in cui racconta le sue esperienze di inviato in aree di crisi con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica sugli

orrori della guerra.

Nel 2011 riceve il "premio letterario La Tore isola d'Elba", già assegnato tra gli altri a Camilleri, Vitali e Cazzullo e ne diventa poi membro del Comitato scientifico e d'onore. Dal luglio 2016 conduce in seconda serata ogni venerdì Frontiere, sempre su Rai 1. Il 28 giugno 2017, con l'uscita dei palinsesti Rai per la stagione 2017-2018, viene ufficializzata la sua conduzione al programma Unomattina al fianco di Benedetta Rinaldi. Il 20 luglio 2019 diventa nuovo vicedirettore di Rai 1, con delega ad approfondimenti e inchieste. Dal 14 gennaio 2020 è direttore generale dei programmi del giorno della Rai. Il 15 maggio 2020 assume la direzione di Rai 3. Il 19 giugno, a 40 anni dalla strage di Ustica, conduce su Rai 3 lo speciale Volo Itavia 870.

Pensionato nel 2021, continua a condurre il programma Frontiere su Rai 3 fino a maggio 2023. Il 28 aprile 2024, mentre era ospite a Che tempo che fa, ha rivelato di essere affetto da un mesotelioma inguaribile, oltre che di averlo contratto respirando particelle di amianto negli anni in cui era corrispondente all'estero.

Questo eri tu Franco, una persona concreta e che amava la cultura del fare.

Sarò franco, mi mancherai tantissimo. Ciao fratellino.

TAKE AWAY

NETWORK CITTÀ E CAMBIAMENTO CLIMATICO

Vi è una crisi importante in atto per le nostre città generata dall’impatto dei cambiamenti climatici.

Un impatto che provoca perdite umane ed economiche rilevanti, che stravolge, rende fragile il tessuto urbano e che incarna la dura realtà affrontata da milioni di persone in tutto il mondo. Inondazioni, ondate di calore e innalzamento del livello del mare minacciano case, mezzi di sussistenza e vite. Le condizioni meteorologiche estreme costringono le persone ad abbandonare il luogo che chiamano casa per cercare sicurezza altrove, provocando un nuovo concetto di migrazione. Le migrazioni dovute ai cambiamenti climatici sono già in atto da ormai qualche anno, ma hanno avuto poco spazio nel dibattito pubblico, strette e sovrapposte come spesso sono ad altre migrazioni. Eppure nel prossimo futuro continueranno a crescere: secondo la Banca Mondiale, entro il 2050, fino a 143 milioni di persone che attualmente vivono nei paesi dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina, potrebbero muoversi forzatamente.

La mobilità umana legata ai fattori ambientali non è una novità, ma il cambiamento climatico globale sta innescando un aumento delle migrazioni e degli sfollamenti interni e internazionali. A volte, gli impatti del cambiamento climatico sono abbastanza diretti. Ad esempio, più di 1 milione di somali sono stati sfollati a causa della siccità nel 2022, principalmente all’interno della Somalia. Altre volte, gli impatti sono più indiretti, in quanto può essere difficile tracciare come l’aumento delle temperature globali minacci i posti di lavoro e i mezzi di sussistenza che costringono alla migrazione. Nelle zone rurali dell’Honduras e del Guatemala, ad esempio, questi impatti si sono combinati e amplificati per spingere le persone a trasferirsi nelle città, negli Stati Uniti e in altre destinazioni.

Oggi ancora la maggior parte dei movimenti legati ai cambiamenti climatici e ai disastri naturali è interna piuttosto che transfrontaliera e temporanea piuttosto che permanente. La probabilità di migrazione dipende anche dalla vulnerabilità delle comunità agli impatti

dei cambiamenti climatici, che può essere mitigata da misure di adattamento come la costruzione di dighe o altre difese, nonché dall’accesso degli individui alle risorse per spostarsi (compresi i trasporti, le reti sociali e i percorsi legali). Solo nel 2022 ci sono stati 33 milioni di sfollamenti legati ai disastri naturali, ma le situazioni di sfollamento più gravi, dalle inondazioni in Pakistan alla siccità in Africa orientale, hanno visto le persone spostarsi all’interno dei loro paesi, almeno all’inizio.

Però sappiamo anche che questo può cambiare nel corso del tempo e un problema più grande, rispetto alle migrazioni economiche e da guerre, potrebbe essere la migrazione causata dagli impatti lenti e graduali del cambiamento climatico. Le temperature più calde possono minacciare i mezzi di sussistenza agricoli, l’innalzamento del livello del mare può rendere le inondazioni più gravi e la desertificazione può favorire conflitti per l’accesso all’acqua, il che può portare alla migrazione. Mentre i disastri a rapida insorgenza in genere portano a sfollamenti a breve termine, le persone possono decidere di trasferirsi in modo permanente o allontanarsi se gli eventi si ripetono ripetutamente o causano danni enormi. I più vulnerabili potrebbero ritrovarsi con il minor numero di opzioni per spostarsi o adattarsi se le persistenti minacce climatiche degradano la loro capacità di risposta. Pertanto, la sfida principale è la mobilità sempre più imprevedibile poiché il cambiamento climatico amplifica le disuguaglianze e le insicurezze esistenti in tutto il mondo.

La mobilità è una risposta agli impatti del cambiamento climatico, ma non inevitabile, né questo movimento è sempre uno sviluppo negativo. Poiché il cambiamento climatico rende più difficili i mezzi di sussistenza e i disastri più gravi, è probabile che lo sfollamento cresca e diventi più imprevedibile, anche se l’azione del governo può aiutare le persone a rimanere sul posto o a spostarsi in modi più sicuri e legali.

A causa della devastazione climatica è seriamente messo a rischio un futuro sicuro, sano e prospero per le generazioni future.

Si prevede che le condizioni meteorologiche estreme si intensificheranno con la crisi climatica in corso. Entro il 2050 si stimato che 7,4 milioni di persone incontreranno inondazioni nelle aree a rischio, come le aree costiere o le aree urbane poste a livello del mare, e due terzi del mondo potrebbero dover affrontare carenze idriche, colpendo 650 milioni di persone nelle città.

Questi impatti non sono condivisi equamente. Le città Nei paesi a basso e medio reddito hanno dieci volte più probabilità di essere colpite da inondazioni e siccità rispetto ai paesi ad alto reddito. La maggior parte dell’espansione urbana è prevista nelle città dei paesi a basso e medio reddito, dove vive l’80% degli sfollati interni del mondo, compresi quelli costretti a trasferirsi a causa del collasso climatico.

I sindaci oggi si rendono conto della portata della sfida e stanno agendo per proteggere le loro comunità e l’ambiente, concentrandosi su politiche eque e inclusive per affrontare queste minacce. Oltre alle misure di resilienza, le città stanno affrontando gli inevitabili impatti climatici implementando solidi sistemi di protezione sociale e nuovi strumenti di pianificazione urbana..

Tuttavia, le città e i sindaci hanno urgente bisogno di accedere ai finanziamenti per intensificare le loro azioni e di sedersi ai tavoli in cui vengono prese le decisioni sugli obiettivi e le politiche internazionali in materia di clima.

A livello internazionale C40 Cities, Climate Mayors, e Urban Sustainability Directors Network (USDN), con il supporto della Fondazione Rockefeller, hanno annunciato la serie Catalyzing Local Climate Action Workshop, un’iniziativa volta a sostenere le città nell’ottimizzazione dei finanziamenti federali per il clima.

Sei città: Boise, Chicago, Cleveland, Jacksonville, Knoxville e Los Angeles, sono state selezionate per ospitare workshop guidati dai sindaci per migliorare la loro capacità di accedere e implementare i finanziamenti resi disponibili attraverso l’Inflation Reduction Act e la legge bipartisan sulle infrastrutture. I workshop supporteranno le città nella navigazione nei flussi di finanziamento, coinvolgeranno i partner della comunità e identificheranno le lezioni apprese da condividere con altre città in cerca di finanziamenti federali.

Con miliardi di dollari disponibili per l’azione per il clima attraverso l’Inflation Reduction Act e la legge bipartisan sulle infrastrutture, le città hanno un’enorme opportunità di affrontare questo momento portando avanti progetti locali che riducono le emissioni, migliorano la salute dei residenti e costruiscono comunità più

forti. Tuttavia, a causa della complessità dei flussi di finanziamento, molte città segnalano difficoltà nel trarre il massimo vantaggio da queste opportunità. La serie “Catalyzing Local Climate Action Workshop” aiuterà le città a orientarsi e utilizzare i finanziamenti e a realizzare il potenziale di trasformazione per costruire un futuro più verde.

Cities+ network è un think tank, una alleanza e un osservatorio permanente sul benessere, la salute, l’ambiente, e lo sport nelle città italiane, realizzato in collaborazione e sinergia con il Governo, i Ministeri, le Regioni, i Comuni, le Province, le università, le fondazioni, i centri di ricerca, le società scientifiche, gli esperti, gli enti pubblici e privati e il mondo dell’industria .

Cities+ utilizza un approccio inclusivo, scientifico e collaborativo per migliorare la sostenibilità, la qualità di vita e il benessere delle comunità cittadine, partendo dall’inclusività e il bene comune per costruire comunità sane, eque e resilienti.

CITIES SPEAKING

Ca’ Foscari avvia un progetto di studio a Vallà su come conservare e restaurare la street art

Con l’obiettivo di salvaguardare le pitture murali dal deterioramento del tempo e dagli agenti atmosferici, l’Università di Venezia Ca’ Foscari ha avviato un progetto di studio sulla street art.

Per farlo il team di ricerca dell’università veneziana seguirà in estate artisti di calibro internazionale invitati a realizzare delle opere nella frazione di Vallà a Riese Pio X, in provincia di Treviso, approfondendo le reazioni delle vernici usate dagli street artist.

Il termine Street Art comprende le forme d’arte realizzate in luoghi pubblici che normalmente non sono preposti alla realizzazione di opere, ad esempio muri, strade e piazze. Le prime opere della Street Art vengono fatte generalmente risalire agli anni Ottanta anche se non mancano esempi precedenti, e la corrente ha attraversato ormai diversi decenni assumendo importanza sempre maggiore e diversificandosi nelle tecniche. Inizialmente, infatti, questi interventi erano spesso non autorizzati, e gli artisti venivano di frequente tacciati di vandalismo. Di recente, invece, la street art è stata riconosciuta come arte a tutti gli effetti e valorizzata. Del resto, le opere di questo genere sono decisamente aumentate di numero, entrando a far parte della vita quotidiana delle persone e riuscendo ad influenzare le tendenze e i mezzi di comunicazione. Grazie alla diffusione degli smartphone e dei social network, e di conseguenza alla possibilità di immortalare le opere in tempo reale, la street art oggi diventa spesso “virale”, ovvero viene diffusa e conosciuta molto rapidamente incontrando il consenso di milioni di persone in tutto il mondo che ne condividono i messaggi rappresentati.

Proprio Venezia ospita “Il Bambino migrante”, una delle due sole opere di Banksy presente in Italia e che l’artista ha realizzato su una parete nelle vicinanze di Campo San Pantalon nel Sestiere Dorsoduro a Venezia, nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019.

Il murales dell’artista inglese, uno dei maggiori esponenti della street art, la cui vera identità rimane sconosciuta, si stava deteriorando per l’umidità, l’acqua

alta e la salsedine ed è intervenuto il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Veneto, non senza aver dovuto combattere con la burocrazia, per provvedere al restauro dell’opera.

Oggi che i murales sono entrati a far parte del patrimonio culturale italiano e necessitano di essere salvaguardati con tecniche di conservazione e restauro per non rischiare di perderli, l‘Università Ca’ Foscari di Venezia con il team di ricerca del dipartimento di “Scienze per la Conservazione del Patrimonio Culturale” (seguito dalla professoressa Francesca Izzo) ha deciso di avviare un progetto che seguirà l’opera di artisti di calibro internazionale invitati a realizzare delle opere nella frazione di Vallà, a Treviso, nell’ambito del progetto di rigenerazione urbana The Wallà nato a maggio 2021.

Per capire come preservare i murales è necessario studiare la composizione delle pitture usate dagli street artist, e approfondirne le reazioni col passare del tempo e a contatto con gli agenti atmosferici. A tal proposito, il team di ricerca dell’università veneziana seguirà per tutta l’estate la realizzazione dei prossimi murales a Vallà, iniziando con Tellas e Pixel Pancho a giugno, per poi seguire Franco Fasoli a luglio e concludere con Joys e Orion a settembre.

The Wallà è un percorso a cielo aperto di opere di street art da scoprire per le vie di Vallà (TV), e in particolare lungo la provinciale 667 che taglia in due il centro abitato.

Un’iniziativa che chiama un paese intero a partecipare attivamente, insieme ad artisti di fama nazionale e internazionale, nella rigenerazione di spazi urbani che portano con sé una percezione diffusa di appiattimento culturale. Il piacere di stare in strada, relazionarsi con il prossimo, vivere i luoghi pubblici, osservarli, capirli e comprenderne i cambiamenti.

The Wallà è tutto questo, e forse di più. Un progetto, partito a maggio 2021, che crede nell’arte come potente mezzo per sensibilizzare, raccontare, accogliere, riqualificare. E tornare a nuova vita.

Il cuore pulsante di The Wallà è la street art. Street art

e The Wallà sono una cosa sola.

Principale forma di espressione del nostro tempo, la street art trova la sua ragion d’essere nel rapporto congli abitanti e con gli spazi pubblici. Non si osserva da lontano, ma crea cortocircuiti, narrazioni, identità.

Diventa così lo strumento per riappropriarsi dei nostri luoghi quotidiani e riscoprirli, terreno di riflessione econfronto per dare forma a un nuovo sviluppo urbano che coinvolga tutti.

Proprio in quest’ottica, The Wallà prevede un percorso didattico di accompagnamento che, attraverso workshop dedicati a bambini e ragazzi con la partecipazione di artisti, urbanisti e docenti, vuole mettere al centro i temi dell’arte contemporanea e favorire un nuovo sguardo sul proprio paesaggio urbano e sociale.

Bansky street artist di successo

Banksy è uno street artist e graffitista britannico. Gli piace rimanere anonimo e non far conoscere alla gente la sua vera identità. Disegna spesso in luoghi pubblici ad alta visibilità, come edifici o stazioni ferroviarie. I suoi dipinti riguardano spesso la politica, la guerra e altri argomenti importanti.

La sua street art satirica e le sue immagini sconvolgenti combinano umorismo nero e graffiti. I graffiti sono realizzati con la tecnica dello stencil. Tali lavori sono stati fatti su strade, muri e ponti di città di tutto il mondo.

Il lavoro di Banksy è iniziato nella scena underground di Bristol, che ha avuto collaborazioni tra artisti e musicisti. Secondo il graphic designer Tristan Manco e il libro Home Sweet Home, Banksy “è nato nel 1974 ed è cresciuto a Bristol, in Inghilterra. Figlio di un tecnico di fotocopiatrici, si è formato come macellaio ma è stato coinvolto nei graffiti durante il grande boom dell’aerosol di Bristol alla fine degli anni ‘80”. suo stile è simile a quello di Blek le Rat, che ha iniziato a lavorare con gli stencil nel 1981 a Parigi, e ai membri della band anarco-punk Crass, che ha fatto una campagna di stencil di graffiti sulla metropolitana di Londra tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80.

Banksy espone la sua arte su superfici pubbliche come muri e persino arrivando a costruire oggetti di scena fisici. Non vende direttamente foto di graffiti di strada. Tuttavia, i banditori d’arte sono noti per tentare di vendere la sua arte di strada sul posto e lasciare il problema della sua rimozione nelle mani dell’offerente vincente. Il primo film di Banksy, Exit Through the Gift Shop, pubblicizzato come “il primo film catastrofico di street art al mondo”, ha fatto il suo debutto al Sundance Film Festival del 2010. Il film è uscito nel Regno Unito il 5 marzo 2010. Nel gennaio 2011, è stato nominato per l’Oscar come miglior documenta-

rio.

Nell’agosto 2004, Banksy ha prodotto una quantità di banconote da 10 sterline britanniche sostituendo l’immagine della testa della regina con la testa di Diana, principessa del Galles e cambiando il testo “Banca d’Inghilterra” in “Banksy d’Inghilterra”. Quell’anno qualcuno ne lanciò una grossa mazzetta sulla folla al Carnevale di Notting Hill, che alcuni destinatari cercarono poi di spendere nei negozi locali. Questi biglietti sono stati anche consegnati con gli inviti a una mostra sul ghetto di Babbo Natale da parte di Pictures on Walls. Da allora le singole banconote sono state vendute su eBay. Una mazzetta di banconote è stata anche gettata oltre una recinzione e nella folla vicino alla tenda per gli autografi di NME al Reading Festival. Una tiratura limitata di 50 poster firmati contenenti dieci banconote non tagliate è stata prodotta e venduta da Pictures on Walls per £ 100 ciascuno per commemorare la morte della principessa Diana. Uno di questi è stato venduto nell’ottobre 2007 alla casa d’aste Bonhams di Londra per 24.000 sterline.

Simon Hattenstone del Guardian è una delle pochissime persone ad averlo intervistato faccia a faccia. Hattenstone lo descrive come “un incrocio tra Jimmy Nail e il rapper britannico Mike Skinner” e “un maschio di 28 anni che si è presentato indossando jeans e una maglietta con un dente d’argento, una catena d’argento e un orecchino d’argento”. Nella stessa intervista, Banksy ha affermato che i suoi genitori pensano che sia un pittore e decoratore.

Lo stesso Banksy afferma sul suo sito web:

Non sono in grado di commentare chi potrebbe o non potrebbe essere Banksy, ma chiunque sia descritto come “bravo a disegnare” non mi sembra Banksy.

“Il Bambino migrante”, una delle due sole opere di Banksy

VrijHaven. Ad Amsterdam un nuovo distretto creativo in un’area ex industriale

PHOTO CREDITS: VrijHaven - Vibrant plinth program - © Aesthetica Studio

È una cordata guidata dal famoso olandese  Powerhouse Company ad aggiudicarsi il concorso per ridisegnare un’area periferica di  Amsterdam, destinata a diventare un nuovo distretto creativo cittadino. L’area industriale, dismessa e colonizzata dal verde,  Havenstraat sarà ora rimodellata come spazio destinato alla sperimentazione, “privo di confini rigidi, progettato per lasciare spazio all’espressione individuale dei suoi futuri utenti”. Il risultato sarà il nuovo quartiere di VrijHaven, che andrà a incorporare le qualità preesistenti dell’area in un nuovo insieme urbano grazie a un ampio basamento semi-pubblico e dei luminosi edifici residenziali secondo un ideale di “città informale”. Bagnoli. La storia della più travagliata rigenerazione urbana di Napoli

Da oltre trent’anni il quartiere di Bagnoli attende la propria rinascita dopo la dismissione degli impianti industriali. Oggi, anche grazie al concorso promosso da Invitalia, sembra aver trovato la svolta

PHOTO CREDITS: Balneolis Felix, Vista zenitale - (render), courtesy Federico Bargone

Si tratta di una tra le sfide più significative a cui è chiamata la città e la sua area metropolitana, ma anche l’Italia intera dal momento che il sito è stato dichiarato di interesse nazionale (SIN). Un’odissea che dura da oltre trent’anni e che sembra finalmente aver imboccato la retta via per restituire questo pezzo di città ai suoi abitanti riportandolo alla sua antica bellezza.

Il primo insediamento industriale sulle spiagge di Bagnoli risale al 1853 con la società Vetreria Lefevre. Nei primi anni del Novecento, a seguito della legge speciale Nitti per il Risorgimento economico della città di Napoli, viene insediata sulla piana di  Bagnoli l’ILVA dedita all’industria siderurgica, poi denominata Italsider. La sua posizione sul mare è strategica, così come la vicinanza alla rete strada e ferroviaria. Lo sviluppo economico ha come contraccolpo la perdita della vocazione turistica del luogo e un impatto pesantissimo sull’inquinamento ambientale. Nel 1992 l’impianto, che nel decennio precedente era stato interessato da una fase di ammodernamento, chiude definitivamente lasciando dietro di sé disoccupazione, terreni inutilizzati e in-

frastrutture abbandonate, avviando la questione sul futuro di Bagnoli.

La dismissione e la bonifica dell’area di Bagnoli-Coroglio ha inizio dal 1994. Dalle prime indagini sullo stato di salute dei luoghi e delle acque gli esiti sono quanto mai allarmanti per la presenza di metalli pesanti e di amianto. Viene istituita ad hoc, a cavallo del nuovo secolo, la società di trasformazione urbana (STU) Bagnoli Futura; in parallelo si avviano i concorsi per tutta una serie di infrastrutture da destinare alla ricerca, ai turisti, nonché un parco dello sport. Il ricco apparato di progetti, molti dei quali non realizzati sono visibili sul sito del Museo Virtuale di Architettura. Purtroppo alcune infrastrutture non sono state mai aperte e quindi versano attualmente in preda al degrado. I lunghi conteziosi giudiziari sulle bonifiche e l’incendio doloso del 4 marzo 2013, che ha apportato danni a Città della Scienza, calano il sipario sulla STU rallentando ulteriormente la rinascita del luogo.

Oggi il percorso è stato riavviato e da poco è stata divulgata la notizia dell’apertura per giugno 2025 del parco dello sport. Il parco nel 2013, sebbene incompleto, era stato inaugurato, ma mai aperto al pubblico finendo di fatto con l’essere vandalizzato. La struttura destinata allo sport dilettantistico, dal punto di vista morfologico è concepita come tre grandi crateri, riannodandosi all’orografica dei Campi Flegrei, in cui sono collocati campi da pallavolo, basket, da tennis, calcio, calciotto, piste per l’atletica leggera.

Allo stesso tempo, all’ultimo concorso per Bagnoli, denominato UrbanNAture, sono pervenute 36 candidature e al primo posto si è posizionato il progetto  Balneolis e la nuova stagione felix di uno studio con sede a Roma. Dal titolo si intuisce la sua  mission, ossia di voler far tornare i luoghi agli antichi fasti della “Campania Felix”, in cui Bagnoli era luogo incontaminato con le sue acque termali. Il progetto recupera l’idea del parco urbano di circa 120 ettari, strutturato attorno ad alcune significative architetture superstiti dell’ex area industriale, a memoria della precedente identità del sito oggi riconvertite.

Per un quadro più esaustivo su Bagnoli si invita a consultare:

• Aveta, A. Castagnaro (a cura di), Patrimonio culturale e naturale della Campania. Rigenerazione Urbana, Roma-Napoli, Editori Paparo, Napoli, fedOAPress, 2023, ISBN 979-1281389052

• Rassegna Aniai, n.1/2023, Numero Monografico su Bagnoli e la sua rigenerazione, 2024, ISBN 979 12 31839 342

HCI updates

HEALTH CITY MANAGEMENT A TARTU, BOLOGNA E AMSTERDAM, LE CITTÀ DEL PROGETTO ENLIGHTEN-ME

Si è svolto nelle tre città pilota del progetto Horizon 2020 Enlighten-me - Tartu, Bologna e Amsterdamil percorso formativo sull’Health City Management finalizzato a esplorare gli aspetti strategici di una politica di salute pubblica e a migliorare la qualità della vita nelle città attraverso un approccio olistico e multisettoriale, superando i silos che interessano la gestione urbana, con riferimento, nello specifico, agli obiettivi del Progetto Enlighten-me, ossia politiche di illuminazione e salute, rivolte agli anziani, nei contesti urbani. L’approccio Health City Management fa riferimento al concetto di salute sancito dall’OMS come elemento essenziale per il benessere di una società, che non si riferisce meramente alla sopravvivenza fisica o all’assenza di malattia, ma comprende aspetti psicologici, naturali, ambientali, climatici e condizioni abitative, vita lavorativa, economica, sociale e culturale. Il bene comune è quindi un obiettivo da perseguire sia da parte dei cittadini che da parte di sindaci e amministratori locali, insieme agli esperti, che devono porsi come garanti di una salute equa garantendo che la salute della comunità sia considerata un investimento e non solo un costo.

Nel corso delle due giornate il training sono stati perseguiti gli obiettivi di:

• discutere su come implementare l’approccio HCM nelle città;

• sensibilizzare i partecipanti sui determinanti di salute e sulle vulnerabilità nelle città;

• condividere la metodologia e gli scenari in cui il progetto Enlighten-me opera;

• esplorare le buone pratiche e il valore dei partenariati;

ROMA A PORTATA DI MANO: LA CITTÀ DEI 15 MINUTI”

Il 29 Aprile presso l’Università di Roma Tre è stato organizzato il convegno “Roma a portata di mano: la città dei 15 minuti”.  Una fotografia puntuale annuale per presentare la “rivoluzione della prossimità” in corso a Roma da quasi 30 mesi, all’insegna di quanto fanno i municipi, degli investimenti nei quartieri periferici e della realizzazione di servizi di prossimità mancanti nelle vicinanze dei luoghi in cui le persone vivono. “Roma a portata di mano: la città dei 15 minuti”, non è stato solo un convegno, che si è svolto presso l’Università degli Studi Roma Tre alla presenza del Magnifico Rettore Prof. Massimiliano Fiorucci, del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, dell’Assessore al Decentramento e Città in 15 minuti Andrea Catarci, del Prof. Carlos Moreno, urbanista franco-colombiano della Sorbona ideatore del modello della città dei 15 minuti, ma anche l’occasione per presentare l’e-book “Roma a portata di mano la città dei 15 minuti” consultabile online sul sito istituzionale di Roma Capitale e scaricabile al seguente link: https://www.comune.roma.it/web-resources/cms/documents/EBOOK.pdf

LA RETE

CITTÀ PER L’EQUITÀ, ISPIRATA AI PRINCIPI DELLA MARMOT REVIEW

Il 13 maggio 2024, organizzato dal Centro Nazionale per la Salute Globale dell’ISS si è svolto il convegno della Rete Italiana per l’equità, una iniziativa che si ispira all’esperienza sviluppata in Inghilterra delle cosiddette Marmot Cities. Nel Regno Unito, dall’uscita della Marmot Review, pubblicata nel 2010, ad oggi, oltre il 70% delle amministrazioni locali stanno lavorando con l’intento di sostenere i “principi della Marmot Review”, al fine di migliorare la salute e ridurre le disuguaglianze di salute. L’azione locale è centrale poiché risponde alle condizioni in cui le persone nascono, crescono, lavorano, vivono e invecchiano. Il Comune costituisce il naturale “ombrello” sotto cui realizzare azioni mirate per la riduzione delle disuguaglianze che tengano conto dei determinanti sociali di salute. In questo contesto, il coinvolgimento dell’Associazione Italiana Comuni (ANCI), in grado di rappresentare oltre 7000 Comuni italiani, è senza dubbio fondamentale per la sostenibilità della nascente rete. L’evento ha visto la partecipazione di rappresentanti di alcune realtà italiane che già da tempo hanno intrapreso concrete azioni per la riduzione delle diseguaglianze di salute a livello locale, quale HCI,  insieme alla partecipazione di alcuni esponenti internazionali di rilievo in questo ambito, con l’obiettivo di promuovere la costituzione di una Rete delle città italiane, che coinvolga autorità locali ed esperti multisettoriali, per la messa a punto e implementazione di strategie, per affrontare le disuguaglianze sociali di salute all’interno dei contesti urbani.

ROMA A PORTATA DI MANO: LA CITTÀ DEI

Servizi al Territorio per la Città dei 15 Minuti

Fabrizio d’Alba è il nuovo presidente di Federsanità

Fabrizio d’Alba, 50 anni ,attuale Direttore Generale del Policilinico Umberto I di Roma,è il nuovo presidente di Federsanità Nazionale per i prossimi cinque anni.. La sua elezione è avvenuta lo scorso 11 Giugno durante l’Assemblea nazionale svoltasi a Roma .

Fabrizio d’Alba, che succede a Tiziana Frittelli, vanta un’esperienza decennale alla guida di Aziende Sanitarie Ospedaliere, Aziende Ospedaliero Universitarie e Aziende Sanitarie Locali. All’interno della Federazione è stato anche tesoriere e componente dell’Ufficio di presidenza.

Nella sua presentazione all’Assemblea. D’Alba ha ricordato le Tre cose in cui crede:

“ Un professionista si misura dalla capacità di conciliare etica e competenza”

“Gli obiettivi rimangono idee senza che si riesca a creare valore nell’essere uno in mezzo agli altri”

“Sii tu il cambiamento che desideri vedere nel mondo (Mahatma Ghandi)”

Nella sua mozione programmatica d’Alba ha voluto sottolineare come “ Dal 1995 ad oggi Federsanità ha operato come interlocutore istituzionale, prevalentemente, del Sistema Sanitario Nazionale, adottando diverse strategie e approcci organizzativi e adattando il proprio stile di governance ad un sistema dinamico e in continuo cambiamento. Per comprendere come consolidare e sviluppare il posizionamento di Federsanità Nazionale e Federsanità Anci Regionali, è necessario porsi in una prospettiva futura e chiedersi come l’associazione vorrà collocarsi nel panorama istituzionale nazionale fra 5 anni. Ciò tenendo presenti valori e scopo della nostra Associazione, unici capisaldi che nel tempo non sono cambiati e che oggi rappresentano ancora elemento distintivo nel panorama nazionale associativo.”

“Lo scopo della nostra Confederazione – ha continuato il neo Presidente- è quello di perseguire e dare valenza nazionale agli obiettivi delle Federazioni Regionali assicurandone la rappresentanza con lo Stato e con le regioni al fine di concorrere alle decisioni in materia sanitaria e sociosanitaria”. Altrettanto, continua l’art.2 punto 2 dello Statuto scopo della Confederazione è promuovere il collegamento diretto tra le

Aziende Sanitarie ed Ospedaliere e il sistema delle Autonomie Locali, nell’ottica dell’integrazione dei servizi sanitari e sociosanitari con quelli socioassistenziali.

La Nostra Identità Associativa -ricorda d’Alba- è composta dalle diverse Identità Regionali delle Federsanità Anci, ed è quindi per sua natura espressione di una convergenza di intenti e di operatività che trova il suo principale motore di sviluppo nell’ integrazione di scopi e progettualità tra il comparto sanità e il comparto delle autonomie locali presenti sul territorio nazionale. Questo è ciò che siamo e lo sviluppo dei servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali è quello che dobbiamo realizzare attraverso strumenti, strategie e modelli organizzativi, confrontandosi con le dinamiche evolutive del SSN e adottare ogni iniziativa sia a livello politico che culturale e scientifico volta a tutelare i principi cardine della nostra Carta in materia di tutela della salute e il nostro SSN.”

Fabrizio d’Aba ha inoltre aggiunto come “L’identità associativa e il senso di appartenenza legato alla consapevolezza di far parte di un soggetto unico nel panorama nazionale è il valore guida; maggiore sarà questa consapevolezza nel sentirci complementari e non solo integrati anche nella realizzazione dei progetti e più crescerà la nostra forza associativa e l’efficacia dei nostri interventi istituzionali in ambito sanitario e sociosanitario a livello nazionale. Essenziale nello sviluppo sarà inoltre il consolidamento delle intese anche sul piano progettuale e fattiva collaborazione con Anci Nazionale e le Anci Regionali.”

Nel documento programmatico si ricorda che attualmente ogni intervento sia a livello centrale che regionale è basato sul piano economico e sul piano operativo, sulla forte integrazione tra le Amministrazioni Locali e le Strutture Sanitarie e sociosanitarie, si pensi in tal senso non solo al PNRR e alla medicina di prossimità, ma anche ai numerosi progetti sovvenzionati dai fondi per lo sviluppo e la coesione.

In tal senso rispetto alle linee di programmazione politica in materia sanitaria e socioassistenziale Federsanità e Anci, hanno un ruolo fondamentale in termini di potenziale analitico delle istanze locali regionali e di sintesi in termini di rappresentanza univoca delle stesse sul piano nazionale, presso gli organi preposti

Questa nostra peculiarità rappresenta il valore aggiunto in tutti i tavoli e momenti di lavoro a livello Nazionale e Regionale; noi possiamo e dobbiamo essere un “attore presente” ma, soprattutto, un soggetto attivo.

Alla luce della sua autorevolezza e delle competenze sviluppate, l’obiettivo cui tendere per d’Alba “è che la presenza di Federsanità sia data per scontata, e quindi sempre richiesta, non solo perché istituzionalmente prevista ma perché funzionale, a garantire un elevato livello di qualità dei risultati raggiunti. Federsanità è al momento una realtà con ancora un grande potenziale da esprimere, come detto in precedenza, sia in termini di presenza ed attiva partecipazione a tavoli istituzionali, sia in termini di sviluppo di nuove ed originali iniziative su base nazionale e regionale.”

Il potenziale da sviluppare di Federsanità, viened evidenziato- si poggia su una ampia e solida base associativa che oggi deve condividere linee di sviluppo strategico su cui orientare le proprie azioni adeguando la propria struttura, organizzazione e i propri modelli all’attuale fase storica, che chiede a tutti gli attori qualificati gli sforzi straordinari necessari a garantire al nostro Sistema Sanitario e socio sanitario di vincere la sfida della sostenibilità senza intaccare i propri principi, primo fra tutti l’universalità.

A Federsanità aggiune d’Alba “è chiesto di essere innovatori nelle soluzioni ma conservatori nei nostri valori. Il Sistema Sanitario già oggi, ma soprattutto in futuro, sarà chiamato a lavorare sul miglioramento delle proprie performance, sulla revisione della struttura della propria “offerta”, sui modelli organizzativi e sui modelli di presa in carico e gestione dei bisogni della cittadinanza. Per fare questo non esiste via alternativa a sviluppare politiche organiche tra il comparto della sanità e quello del sociale; l’organicità delle azioni si potrà garantire solo se saremo in grado di promuovere e realizzare iniziative tra loro che siano coerenti, integrate, sinergiche.”

“La nostra capacità di innovare- ha concluso il nuovo Presidente di Federsanitàsarà anche legata alla capacità di confrontarci con le associazioni internazionali, capire come cogliere la velocità con cui le organizzazioni sanitarie e sociosanitarie, la medicina e i bisogni dei cittadini evolvono.”

SIGILLO DI MERITO DEL MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ (MUR) ALLE CATTEDRE UNESCO ITALIANE ADERENTI A RECUI

l MUR ha conferito il  SIGILLO DI MERITO a tutte le Cattedre UNESCO italiane della ReCUI (Rete delle Cattedre UNESCO Italiane).

Il Sigillo di Merito è un segno distintivo che riconosce l’impegno in programmi che rispondono prontamente e con autonomia alle richieste di nuovo apprendimento e ricerca in un mondo in rapido cambiamento economico, sociale e tecnologico e l’impegno nel favorire la mobilità accademica e il trasferimento di conoscenze attraverso gemellaggi, reti e accordi di cooperazione fra università, istituti di ricerca ed industrie nazionali e internazionali.

Per il riconoscimento del Sigillo di Merito, il MUR ha tenuto conto del contributo delle Cattedre Italiane:

• agli obiettivi UNESCO espressi nella sua Costituzione e ruolo di UNESCO nel promuovere la cooperazione internazionale interuniversitaria e la collaborazione fra le università, gli istituti di ricerca e il mondo dell’industria;

• al prestigio internazionale del programma UNITWIN/UNESCO che consente di valorizzare la qualità didattica e scientifica delle Università italiane;

• agli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (Millennium Development Goals) e successivi “Obiettivi per lo Sviluppo” dell’Agenda 2030 deIl’ONU.

In particolare, attraverso la Dichiarazione delle Cattedre

UNESCO Italiane per la Sostenibilità adottata nell’Ottobre 2021 è stata costituita la Rete delle Cattedre

UNESCO Italiane (ReCUI). La  Dichiarazione ha inteso promuovere il dialogo interculturale e l’inclusione sociale, sottolineando l’importanza dell’istruzione, della salute e delle città inclusive, esortando l’Europa a riconoscere la migrazione come un fenomeno strutturale e a promuovere società urbane inclusive, considerando il ruolo dei media nella formazione delle narrazioni sulla migrazione.

L’ACCORDO TRA FIAB E RECUI, INSIEME PER IL BENESSERE DELLE CITTÀ

L’educazione e la mobilità attiva sono elementi fondamentali per il benessere delle nostre città. È su questo principio che poggia l’accordo quadro siglato tra  FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta e ReCUI-Rete delle Cattedre UNESCO Italiane per lo sviluppo di progetti condivisi a favore dei territori e delle persone che li abitano, finalizzati al recupero della dimensione umana dello spazio pubblico e alla promozione di uno stile di vita attivo a partire dalle scelte di mobilità.

FIAB e ReCUI per un nuovo modello di città “L’idea di osservare il territorio e le comunità  che lo abitano significa ripensare al welfare e al wellbeing insieme, riportando il tema della salute non solo a un’assenza di malattia, ma alla capacità di vedere se stessi nello spazio circostante e nel tempo – ha detto il Portavoce ReCUI Patrizio Bianchi al momento della firma dell’accordo, avvenuta qualche giorno fa in occasione dell’evento Education, Science and Culture of Mobility and Wellbeing in our Cities, ospitato dalla Cattedra UNESCO “Education, Growth and Equality” dell’Università di Ferrara (Economia e Marketing).

“La città è indubbiamente una delle migliori invenzioni dell’homo sapiens anche se, dopo quasi 8 mila anni, è stata trasformata negli ultimi 50-60 anni in una realtà patogenica, soprattutto per i bambini e per gli anziani – ha aggiunto  Andrea Lenzi, professore della Cattedra UNESCO “Education and research for improved urban health and wellbeing in cities” dell’Università La Sapienza di Roma. – Una delle terapie più semplici e meno costose per contrastare questa situazione è camminare o muoversi in bicicletta. E l’educare le persone a questa necessità ha una grande valenza”. Che la mobilità attiva e sostenibile sia una soluzione imprescindibile per le aree urbane è un concetto ben noto a FIAB, come ha sottolineato il presidente Ales-

sandro Tursi: “Rendere le città a misura di bicicletta significa renderle accessibili, non solo come destinazione del tempo libero ma anche per la formazione più qualificata e per le migliori opportunità lavorative. La bici è, inoltre, uno strumento di inclusione socio-economica, laddove invece le città a misura di auto sono diventate sempre più invivibili e escludenti”.

Gli obbiettivi dell’accordo: educazione, sensibilizzazione, informazione e supporto tecnico ai Comuni In linea con gli obiettivi dell’Agenda ONU 2023,  FIAB e ReCUI riconoscono l’importanza di promuovere azioni per contrastare il cambiamento climatico e per la tutela dell’ambiente: solo attraverso attività di sensibilizzazione e informazione sui rischi legati al clima e ai disastri naturali è infatti possibile favorire una maggiore presa di coscienza da parte della collettività sull’importanza della tutela dell’ambiente, dalla biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

La collaborazione unisce, di fatto, il principio dell’educazione al vivere assieme promosso dalla Rete delle Cattedre UNESCO Italiane alla capacità di FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di instaurare validi rapporti con la società civile di città e territori attraverso l’impegno delle 190 associazioni locali. Tra i primi interventi della neonata collaborazione tra FIAB e ReCUI: la pubblicazione di decaloghi sulla salvaguardia dell’ambiente  attraverso l’uso di mezzi di trasporto ecosostenibili come la bicicletta; l’implementazione di buone prassi per favorire nel quotidiano la  mobilità sostenibile sia per gli adulti sia per bambini, bambine e  adolescenti;  iniziative e campagne informative a favore della tutela dell’ambiente, dello spazio pubblico e dell’educazione al benessere; offrire un  supporto tecnico ai Comuni che vogliono creare percorsi dedicati casa-scuola-casa da compiere in bici o a piedi.

URBES DIALOGUE: COESIONE

E SINERGIE

A GINEVRA L’ASSEMBLEA MONDIALE DELLA SANITÀ

Mentre il mondo continua a fare i conti con le conseguenze della più grave pandemia dell’ultimo secolo, la settantasettesima sessione dell’Assemblea Mondiale della Sanità si è riunita sotto la bandiera della salute per tutti e con il titolo “All for Health, Health for All”. In programma dal 27 maggio al 1° giugno, con la partecipazione dei ministri della salute e di altri rappresentanti nazionali di alto livello, l’Assemblea della Salute funge da sempre come piattaforma fondamentale per affrontare le sfide sanitarie globali esistenti come l’HIV, il morbillo e la poliomielite, in mezzo all’emergenza climatica e all’aumento di condizioni come l’ipertensione e l’obesità.

Uno dei momenti cruciali dell’Assemblea sulla salute è stato l’accordo sulla prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie e le modifiche al regolamento sanitario internazionale, che segnalano uno sforzo concertato da parte degli Stati membri per rafforzare i meccanismi globali di preparazione e risposta.

Cn un evento di apertura pre-Health Assembly, domenica 26 maggio è stata data evidenza agli sforzi dell’Investment Round dell’OMS, un impegno con i donatori attuali e potenziali volto a garantire finanziamenti sostenibili per l’OMS. Inoltre, martedì 28 maggio, vi è stato il del terzo caso di investimento dell’OMS con la proposta di valore, in termini di vite aggiuntive salvate, grazie al Quattordicesimo Programma Generale di Lavoro (GPW 14), la strategia dell’OMS per il 20252028, sarà attuato nella sua interezza.

“Gli effetti cumulativi dei cambiamenti climatici, delle epidemie e dei conflitti significano una pressione sempre maggiore sull’OMS per rispondere alle esigenze sanitarie del mondo”, ha affermato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “Questa Assemblea sulla salute offre ai nostri Stati membri opportunità chiave per promuovere, fornire e proteggere la sa-

lute e il benessere per tutti, adottando il Quattordicesimo Programma Generale di Lavoro, la strategia sanitaria globale per i prossimi quattro anni; sostenendo la continua trasformazione dell’OMS attraverso il ciclo di investimenti dell’OMS; e rendendo il mondo più sicuro attraverso l’accordo sulla pandemia e le modifiche al regolamento sanitario internazionale”.

I momenti chiave e i risultati attesi durante l’Assemblea della Salute hanno incluso l’approvazione, il 28 maggio, della strategia 2025-2028 dell’OMS, GPW 14, per affrontare le implicazioni relative alla salute di megatrend come il cambiamento climatico, l’invecchiamento, la migrazione e i progressi della scienza e della tecnologia. Il periodo di quattro anni rappresenta una finestra per rimettere in carreggiata gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) relativi alla salute.

Decisioni cruciali su una serie di priorità sanitarie come il clima e la salute, e il lavoro dell’OMS nelle emergenze sanitarie, l’accesso a strumenti di trasformazione, le malattie trasmissibili, le malattie non trasmissibili, la salute mentale, la salute delle donne e la riforma dell’OMS stessa, sono i temi principali trattati.

L’Assemblea sulla salute ha visto la partecipazione di leader politici e ambasciatori, nonché di rappresentanti della società civile e di attori non statali, che hanno sottolineato l’impegno globale a far progredire l’agenda della salute pubblica.

L'Assemblea Mondiale della Sanità è l'organo decisionale dell'OMS. Vi partecipano delegazioni di tutti gli Stati membri dell'OMS e si concentra su un'agenda sanitaria specifica preparata dal comitato esecutivo dell'OMS. La 77esima assemblea dell’OMS si è svolta a Ginevra dal 27 maggio al 1° giugno e il tema di quest'anno è stato “All for Health, Health for All”

Dall’Oms un patto sulla salute globale

I delegati alla settantasettesima Assemblea Mondiale della Sanità (WHA 77) hanno approvato una strategia quadriennale da 11,1 miliardi di dollari per la salute globale per promuovere, fornire e proteggere la salute e il benessere di tutte le persone, con particolare attenzione ai cambiamenti climatici, all’invecchiamento, alla migrazione, alle minacce pandemiche e all’equità, e adattata a un periodo di geopolitica, scienza e tecnologia in rapida evoluzione.

La strategia del quattordicesimo programma generale di lavoro (GPW 14), considera il periodo 2025-2028 come un’eccezionale finestra di opportunità per costruire sistemi sanitari resilienti e adatti al futuro e, sulla scia della pandemia di COVID-19, per rimettersi

in carreggiata per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile in materia di salute.

GPW 14 ha sei obiettivi strategici che riflettono le principali aree di interesse per questo quadriennio:

1. rispondere alla crescente minaccia per la salute rappresentata dai cambiamenti climatici

2. affrontare i determinanti sanitari e le cause profonde delle cattive condizioni di salute nelle politiche chiave in tutti i settori

3. migliorare l’assistenza sanitaria di base e le capacità essenziali del sistema sanitario per la copertura sanitaria universale

4. migliorare la copertura dei servizi sanitari e la protezione finanziaria per affrontare le disuguaglianze e le disuguaglianze di genere

5. prevenire, mitigare e prepararsi ai rischi per la salute derivanti da tutti i pericoli

6. rilevare e sostenere rapidamente la risposta alle emergenze sanitarie

Inoltre Gli Stati membri hanno concordato una risoluzione sulla partecipazione sociale alla pianificazione e all’attuazione della sanità nazionale, che apre la strada alle persone, alle comunità e alla società civile per avere una voce più forte nell’influenzare le decisioni che incidono sulla loro salute e sul loro benessere.

La risoluzione mira ad affrontare le disuguaglianze sanitarie e l’erosione della fiducia nei sistemi sanitari, che è fondamentale di fronte alle sfide senza precedenti che il mondo sta affrontando come i cambiamenti climatici, i conflitti e le minacce pandemiche.

Prove crescenti dimostrano il potenziale trasformativo della partecipazione sociale per promuovere la fiducia nei sistemi sanitari, promuovere l’equità e allineare l’assistenza sanitaria alle esperienze vissute dalle persone. I dialoghi bidirezionali tra il governo e le persone che servono possono portare a politiche, strategie e servizi sanitari più rispondenti ai bisogni delle persone, in particolare di quelle in situazioni vulnerabili ed emarginate.

La nuova risoluzione riconosce questo potenziale. La sua attuazione comporterà meccanismi di partecipazione nazionali regolari e sostenuti, come dialoghi o consultazioni, e politiche che riflettano le raccomandazioni generate da questi processi partecipativi.

L’OMS continuerà a collaborare con gli Stati membri nell’attuazione di questa risoluzione sviluppando orientamenti tecnici e strumenti operativi; offrire sostegno allo sviluppo delle capacità; documentare e facilitare la condivisione delle esperienze nazionali. L’OMS ha anche il compito di riferire i progressi all’Assemblea della salute nel 2026, 2028 e 2030.

L’assemblea Oms a Ginevra approva piano quadriennale da 11,1 miliardi di dollari per promuovere salute globale e una risoluzione per affron‐tare le disuguaglianze sani‐tarie

PER IL COMITATO OLIMPICO

INTERNAZIONALE-CIO, AFFRONTARE LE SFIDE SANITARIE GLOBALI È UN LAVORO

DI SQUADRA

Il CIO e l’OMS estendono l’accordo di cooperazione fino alla fine del 2025. L’importante ruolo dello sport come “strumento a basso costo e ad alto impatto per eccellenza per la salute pubblica” è stato sottolineato dal Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), Thomas Bach, nel suo discorso di apertura alla 77esima Assemblea Mondiale della Sanità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riunita a Ginevra a fine maggio

di Federico Serra

Il CIO e l’OMS hanno inoltre annunciato oggi di aver esteso il loro accordo di cooperazione, firmato nel maggio 2020, fino alla fine di dicembre 2025. Attraverso l’accordo, il CIO e l’OMS stanno dimostrando il loro impegno condiviso sia per promuovere una società sana attraverso lo sport, in linea con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 3 (“Buona salute e benessere”), sia per contribuire alla prevenzione delle malattie non trasmissibili (NCD).

“Il tema di questa Assemblea Mondiale della Sanità –‘Tutti per la Salute, Salute per Tutti’ – è un appello tempestivo per un’azione collettiva. Affrontare le sfide sanitarie globali è un lavoro di squadra. Il mondo dello sport è pronto a far parte di questa squadra per costruire comunità sane e resilienti ovunque”, ha dichiarato il presidente del CIO Bach.

Ha continuato: “Parlando sotto la supervisione del mio amico dottor Tedros, per una volta oserei suggerire un’umile aggiunta al vostro tema ben selezionato oggi: ‘Tutti per la salute, salute per tutti... Sport per tutti”.

Durante il suo discorso, il Presidente del CIO ha sottolineato la forte collaborazione tra il CIO e l’OMS e ha ribadito il suo apprezzamento a tutti i membri dell’OMS, in particolare al Direttore Generale Tedros Ghebreyesus, per la loro guida, rassicurazione e sostegno durante la pandemia di COVID-19.

“Condivido pienamente le osservazioni del presidente Bach sulla nostra partnership: avete detto tutto”, ha detto il dottor Tedros. Da quando abbiamo firmato il

nostro memorandum d’intesa alcuni anni fa, la partnership tra l’OMS e il CIO è cresciuta in modo significativo, quindi grazie per la sua leadership, Presidente Bach”.

La pandemia ha reso chiaro quanto sia importante lo sport per la nostra salute fisica e mentale. Lo sport può salvare vite umane”, ha detto il presidente del CIO.

“L’obesità, le predisposizioni cardiovascolari e altre malattie non trasmissibili sono state la causa della stragrande maggioranza della mortalità durante la pandemia. Per tutte queste malattie e predisposizioni, lo sport è un ottimo strumento di prevenzione. Questo è esattamente ciò che l’OMS e il CIO hanno affrontato attraverso le nostre campagne congiunte come ‘Healthy Together’ e ‘Let’s Move’ – far sì che milioni di persone rimangano forti e attive quando la vita come la conoscevamo si è fermata”, ha spiegato Bach.

Il presidente Bach ha anche menzionato come il CIO e l’OMS abbiano portato la loro cooperazione a “un nuovo livello” quando si è trattato di organizzare due edizioni dei Giochi Olimpici durante la pandemia.

“Non è esagerato dire che senza l’OMS, e in particolare senza il nostro grande amico Dr. Tedros, i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 e i Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022 non si sarebbero svolti in modo sicuro”, ha detto il presidente del CIO. “Grazie alle contromisure complete e ai programmi di vaccinazione che abbiamo sviluppato insieme all’OMS, siamo riusciti a rendere questi Giochi Olimpici sicuri per tutti, senza una singola trasmissione registrata dai partecipanti alle comunità ospitanti”. Dopo i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, il CIO ha conferito al dottor Tedros l’Ordine

Olimpico e ha onorato l’OMS, come organizzazione, con la Coppa Olimpica per il 2021.

La campagna Let’s Move sarà rilanciata in vista di Parigi 2024

Dopo il successo di Let’s Move, lanciato in occasione della Giornata Olimpica 2023 e che ha ispirato più di 15 milioni di persone ad abbracciare la gioia del movimento e di uno stile di vita attivo e sano, la campagna sarà rilanciata a giugno in vista dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, con il culmine della Giornata Olimpica il 23 giugno. La campagna di quest’anno, il cui tema è “Let’s Move and Celebrate”, incoraggerà le persone di tutto il mondo a “riscaldarsi” per i Giochi Olimpici e a condividere le proprie “mosse celebrative” per ispirare e sostenere i loro atleti preferiti sulla strada verso Parigi 2024.

Il video della campagna che evidenzia le impressionanti attivazioni che hanno avuto luogo l’anno scorso è stato mostrato ai partecipanti all’Assemblea Mondiale della Sanità, con il presidente Bach che lo ha definito “un esempio del potere della collaborazione tra l’OMS e il CIO”.

Bach ha continuato: “Quando la nostra prossima campagna ‘Let’s Move’ prenderà il via il Giorno delle Olimpiadi, il 23 giugno, ispireremo ancora una volta le persone a muoversi per la salute, facendo in modo che milioni di persone in tutto il mondo si riscaldino per i Giochi Olimpici e celebrino la gioia dello sport”.

Il Presidente Bach ha ribadito l’impegno del CIO a mettere lo sport al servizio della società attraverso l’organizzazione dei Giochi Olimpici. “Sappiamo che dobbiamo portare i benefici per la salute dello sport dove si trovano le persone, questo significa a livello di base, nelle comunità locali di tutto il mondo. I Giochi Olimpici di Parigi 2024 lo dimostreranno in modo spettacolare”, ha affermato.

Il presidente del CIO ha fatto riferimento al programma che ha introdotto 30 minuti di esercizio fisico quotidiano nelle scuole primarie di tutta la Francia e che è sulla buona strada per raggiungere più di quattro milioni di bambini.

“Parigi 2024 promuove lo sport e l’attività fisica in oltre 4.000 comuni in tutta la Francia. Tutti questi sforzi per portare lo sport dove si trovano le persone culmineranno con la Marathon Pour Tous, la maratona di partecipazione di massa, quando oltre 40.000 persone correranno lo stesso percorso della maratona poche ore prima degli atleti olimpici”, ha sottolineato Bach.

“Ma Parigi è solo l’aspetto più visibile della nostra mis-

sione di rendere il mondo un posto migliore attraverso lo sport. Attraverso la nostra partnership con l’OMS, stiamo andando nelle comunità di tutto il mondo, portando lo sport a tutti”.

Il CIO e l’OMS hanno una partnership di lunga data dal 1984, che ha portato a numerose iniziative congiunte per combattere l’inattività fisica attraverso lo sport. Nel novembre 2022, nell’ambito del loro accordo di cooperazione, le due organizzazioni hanno lanciato un programma di cooperazione triennale con l’obiettivo di rafforzare il ruolo dello sport nella costruzione di comunità sane e attive a livello internazionale, regionale e nazionale.

“Da allora, la nostra partnership ha continuato a rafforzarsi”, ha detto il presidente Bach all’Assemblea mondiale della sanità. “Continuiamo a rendere disponibile lo sport come strumento a basso costo e ad alto impatto per eccellenza per la salute pubblica”.

Il Presidente del CIO ha citato l’iniziativa Community Sport and Health Cooperation, realizzata dal CIO e dall’OMS con l’organizzazione non governativa internazionale per la salute PATH, come esempio di come le organizzazioni stiano sperimentando nuovi modi di cooperare a livello di base, riunendo le competenze delle autorità sanitarie locali e delle organizzazioni sportive.

“Il nostro obiettivo è quello di facilitare l’accesso alle attività sportive comunitarie per oltre un milione di persone”, ha continuato il presidente Bach. “Nell’ambito di questa iniziativa congiunta, stiamo formando allenatori, insegnanti e operatori sanitari di comunità provenienti da 500 organizzazioni. Lo stiamo facendo attraverso partnership innovative tra i Comitati Olimpici Nazionali, le autorità sanitarie locali e le organizzazioni sportive a livello di comunità.

“Per questo vorrei incoraggiarvi, per non dire esortarvi, a replicare questo modello di cooperazione nei vostri Paesi. Impegnatevi con il vostro Comitato Olimpico Nazionale e le vostre organizzazioni sportive locali per integrare lo strumento a basso costo e ad alto impatto dello sport nei vostri sistemi sanitari e educativi”.

La piattaforma ONU per la salute nelle città caraibiche e latino-americane

Intervista a: Fiona Littlejohn-Carrillo

What is “the Urban Platform for Latin America and the Caribbean”, what is its mission and who are its users?

The Urban Platform for Latin America and the Caribbean is an initiative of the United Nations Economic Commission for Latin America and the Caribbean (ECLAC) designed to promote sustainable urban development in the region. The platform houses a wide array of content and analysis related to urban development and ranging from National Urban poli-

Cos’è la “Piattaforma urbana per l’America Latina e i Caraibi”, qual è la sua missione e chi sono i suoi utenti?

La Piattaforma urbana per l’America Latina e i Caraibi è un’iniziativa della Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi (ECLAC) progettata per promuovere lo sviluppo urbano sostenibile nella regione. La piattaforma ospita un’ampia gamma di contenuti e analisi relativi allo sviluppo urbano e che vanno dalle politiche urbane nazionali e

cies and legal instruments to thematic publications, audio visual materials and data and statistics. Seminars, webinars and training courses are also offered through the platform with the objective of building regional capacities, facilitating the exchange of experiences and promoting peer to peer exchange and learning. Materials presented and events offered cover topics including municipal financing, sustainable mobility, urban planning.

The objective of the Platform is to present information from both the national and sub-national / city level from across Latin America and the Caribbean (LAC). It seeks to provide its users with a means of visualizing consolidated information through a friendly and interactive interface. The information presented can be of use for decision makers as well as members of academia and civil society and can support development of policies, plans, programs, and projects, to generate reports, academic studies and keep the citizens of the region informed.

What topics related to urban health and quality of life in cities are addressed in the Platform?

Urban mobility is one of the key topics addressed in the Platform. It is an important determinant of quality of life in cities as it is a means of providing residents access to job opportunities, education, services, leisure, and other aspects of life that make cities attractive and productive. However, it is also a great contributor to the unhealthy air quality prevailing in cities of the LAC region. The sector is the main source of emissions in urban areas, and responsible for 11% of total emissions in the LAC region1. The World Health Organization establishes global air quality guidelines with relation to pollutant concentrations and their impact on human health, and despite a pattern of gradually decreasing concentrations since 2010, LAC cities present conditions far exceeding the recommended limits.

Another topic addressed that is intrinsically linked to wellbeing and health is that of housing. The LAC region suffers from a significant housing deficit, both qualitative and quantitative, with over 30% of households suffering from overcrowding. In addition to the impact on wellbeing that the lack of access to basic services produces (including sanitation services, water, electricity among others) the ever-increasing extreme weather events produced by climate change present a further front for increased vulnerability. Promoting housing resilience and just and equal access to services is key in addressing this. As of today, the right to housing is enshrined as a fundamental right in only 20 of

strumenti giuridici alle pubblicazioni tematiche, materiali audiovisivi, dati e statistiche. Attraverso la piattaforma vengono offerti anche seminari, webinar e corsi di formazione con l’obiettivo di sviluppare capacità regionali, facilitare lo scambio di esperienze e promuovere lo scambio e l’apprendimento tra pari. I materiali presentati e gli eventi offerti coprono argomenti quali finanziamenti comunali, mobilità sostenibile, pianificazione urbana.

L’obiettivo della piattaforma è presentare informazioni sia a livello nazionale che subnazionale/cittadino da tutta l’America Latina e i Caraibi (LAC). Cerca di fornire ai propri utenti un mezzo per visualizzare informazioni consolidate attraverso un’interfaccia amichevole e interattiva. Le informazioni presentate possono essere utili ai decisori, ai membri del mondo accademico e della società civile e possono supportare lo sviluppo di politiche, piani, programmi e progetti, per generare rapporti, studi accademici e tenere informati i cittadini della regione.

Quali argomenti relativi alla salute urbana e alla qualità della vita nelle città sono affrontati nella Piattaforma?

La mobilità urbana è uno dei temi chiave affrontati nella Piattaforma. È un importante fattore determinante della qualità della vita nelle città in quanto è un mezzo per fornire ai residenti l’accesso a opportunità di lavoro, istruzione, servizi, tempo libero e altri aspetti della vita che rendono le città attraenti e produttive. Tuttavia, contribuisce anche in larga misura alla qualità dell’aria malsana prevalente nelle città della regione LAC. Il settore è la principale fonte di emissioni nelle aree urbane e responsabile dell’11% delle emissioni totali nella regione LAC. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stabilisce linee guida globali sulla qualità dell’aria in relazione alle concentrazioni di inquinanti e al loro impatto sulla salute umana e, nonostante un modello di concentrazioni in graduale diminuzione dal 2010, le città LAC presentano condizioni che superano di gran lunga i limiti raccomandati. Un altro tema affrontato e intrinsecamente legato al benessere e alla salute è quello dell’abitazione. La regione LAC soffre di un significativo deficit abitativo, sia qualitativo che quantitativo, con oltre il 30% delle famiglie che soffrono di sovraffollamento. Oltre all’impatto sul benessere prodotto dalla mancanza di accesso ai servizi di base (compresi servizi igienico-sanitari, acqua, elettricità, tra gli altri), i sempre crescenti eventi meteorologici estremi prodotti dai cambiamenti climatici rappresentano un ulteriore fronte di maggiore vulnerabilità. Promuovere la resilienza abitativa e un accesso giusto ed equo ai servizi è fondamentale per affrontare 55

1 Economic Commission for Latin America and the Caribbean (ECLAC), The economics of climate change in Latin America and the Caribbean, 2023: financing needs and policy tools for the transition to low-carbon and climate-resilient economies (LC/TS.2023/154), Santiago, 2023

the 33 countries profiled in the Platform.

Transitioning to low carbon transport systems by promoting electro mobility for example not only provides a means to improve air quality of Cities, but also to mitigate climate change and thus foster more sustainable urban living. The structural transformation required to accomplish this creates an opportunity for greater integration between transport and urban planning.

What do you think could be the role of municipalities in promoting public policies for citizens’ health in the context of the topics addressed?

Municipalities, through land use regulations and zoning plans, are the main drivers in reshaping the urban context. With regard to mobility, they are responsible not only for the regulation of transit systems but also for city design, which in turn generates the demand for mobility. In a backdrop of financial constraints in the transit system, and high cost of decarbonization of buses fleets, municipalities should intensify their actions on the demand side, planning land use and changing, through regulation, the city layout and thus travel needs. A denser, more compact city with a diversity of uses promotes a healthier lifestyle, as residents can meet many of their needs through short walks or cycling instead of using a vehicle, which also reduces emissions, noise, and improves air quality.

Furthermore, when considering the significant qualitative and quantitative housing deficit in the region and the necessary actions that must be taken to improve conditions, reduce vulnerability and increase resilience of citizens living conditions, municipalities can take decisive steps to promote densification though a circular economy approach to the housing sector. This involves prioritizing the reuse and retrofitting of the existing building stock over construction of new units, promoting the use of sustainable construction materials and incorporation of technologies to increase energy and resource efficiency. Regulatory mechanisms to facilitate mixed-use development, combining residential, recreation and commercial spaces further support boosting quality of life and reducing the need to commute large distances to access daily needs.

questo problema. Ad oggi, il diritto all’abitazione è sancito come diritto fondamentale solo in 20 dei 33 paesi delineati nella Piattaforma.

La transizione verso sistemi di trasporto a basse emissioni di carbonio, promuovendo la mobilità elettrica, ad esempio, non solo fornisce un mezzo per migliorare la qualità dell’aria delle città, ma anche per mitigare il cambiamento climatico e quindi promuovere una vita urbana più sostenibile. La trasformazione strutturale necessaria per raggiungere questo obiettivo crea un’opportunità per una maggiore integrazione tra trasporti e pianificazione urbana.

Quale ritiene possa essere il ruolo dei Comuni nel promuovere politiche pubbliche per la salute dei cittadini nell’ambito delle tematiche affrontate?

I Comuni, attraverso regolamenti urbanistici e piani di zonizzazione, sono i principali motori nel rimodellare il contesto urbano. Per quanto riguarda la mobilità, sono responsabili non solo della regolamentazione dei sistemi di trasporto, ma anche della progettazione della città, che a sua volta genera la domanda di mobilità. In un contesto di vincoli finanziari nel sistema di trasporto pubblico e di costi elevati di decarbonizzazione delle flotte di autobus, i comuni dovrebbero intensificare le loro azioni sul lato della domanda, pianificando l’uso del territorio e modificando, attraverso la regolamentazione, l’assetto della città e quindi le esigenze di viaggio. Una città più densa e compatta con una diversità di usi promuove uno stile di vita più sano, poiché i residenti possono soddisfare molte delle loro esigenze attraverso brevi passeggiate o andando in bicicletta invece di utilizzare un veicolo, il che riduce anche le emissioni, il rumore e migliora la qualità dell’aria.

Inoltre, se si considera il significativo deficit abitativo qualitativo e quantitativo nella regione e le azioni necessarie che devono essere intraprese per migliorare le condizioni, ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza delle condizioni di vita dei cittadini, i comuni possono adottare misure decisive per promuovere la densificazione attraverso un approccio di economia circolare il settore immobiliare. Ciò implica dare priorità al riutilizzo e all’ammodernamento del patrimonio edilizio esistente rispetto alla costruzione di nuove unità, promuovendo l’uso di materiali da costruzione sostenibili e l’integrazione di tecnologie per aumentare l’efficienza energetica e delle risorse. I meccanismi normativi volti a facilitare lo sviluppo ad uso misto, combinando spazi residenziali, ricreativi e commerciali, supportano ulteriormente il miglioramento della qualità della vita e la riduzione della necessità di spostarsi su grandi distanze per accedere alle necessità quotidiane.

Latin America and the Caribbean: average fine particulate matter concentration levels, urban areas. 2010-2019 (Micrograms per m3)

Uruguay

Argentina

Brasil

Paraguay

Guyana

Suriname

Ecuador

Colombia

Venezuela (Rep. Bolivariana de)

Chile

Bolivia (Estado Plurinacional de)

Perú

Panamá

Belice

Costa Rica

Nicaragua

México

Honduras

Guatemala

El Salvador

Bahamas

República Dominicana

Saint Kitts y Nevis

Antigua y Barbuda

Dominica

Santa Lucía

Haití

Barbados

San Vicente y las Granadinas

Granada

Trinidad y Tabago

Cuba Jamaica

América Latina y el Caribe

Concentración 2010 Concentración 2019 de media anual))

Lineare (Directrices de la OMS sobre calidad del aire para PM2.5 (> g/m3 de media anual)) - 5,00 10,00 15,00

Economia della notte & salute nella città di Tallinn

Which has been your experience these years in the city government?

During my tenure in Tallinn’s city government, my primary focus has been on integrating nightlife into our broader urban planning and economic development strategy. This includes enhancing public safety, promoting cultural events, and supporting local businesses that operate at night. Major projects have included improving transportation options during night hours and working on safety like developing a guide against sexual harassment for nightlife venues.

Intervista a: Natalie

Mets

Qual è stata la sua esperienza in questi anni al governo della città?

Durante il mio mandato nel governo della città di Tallinn, il mio obiettivo principale è stato l’integrazione della vita notturna nella nostra più ampia strategia di pianificazione urbana e di sviluppo economico. Ciò include il miglioramento della sicurezza pubblica, la promozione di eventi culturali e il sostegno alle imprese locali che operano di notte. I progetti più importanti includono il miglioramento delle opzioni di trasporto durante le ore notturne e il lavoro sulla sicurezza, come lo sviluppo di una guida contro le molestie sessuali per i locali notturni.

Which are the main objectives and main challenges when studying and dealing with the theme of the nightlife economy?

The main objectives in studying and managing the nightlife economy involve creating a safe, vibrant, and economically beneficial night-time environment. This includes promoting diversity in nighttime offerings, from cultural and music events to dining and retail options. Significant challenges include addressing safety concerns, mitigating the impact of nighttime activities on residential areas (like noise and traffic), and ensuring equitable economic growth that benefits a wide array of stakeholders, including small and minorityowned businesses

According to you, cities and local administrators are in a good position to guide and/or influence the process of codesigning “the night”?

Cities and local administrators play a crucial role in codesigning nightlife experiences. By facilitating dialogue between business owners, residents, cultural organizations, and law enforcement, we can create a night-time economy that reflects the diverse needs and values of our community. Effective governance can help shape

Quali sono gli obiettivi principali e le principali sfide nello studio e nell’affrontare il tema dell’economia della vita notturna?

Gli obiettivi principali nello studio e nella gestione dell’economia della vita notturna riguardano la creazione di un ambiente notturno sicuro, vivace ed economicamente vantaggioso. Ciò include la promozione della diversità nell’offerta notturna, dagli eventi culturali e musicali alle opzioni di ristorazione e vendita al dettaglio. Le sfide significative includono affrontare i problemi di sicurezza, mitigare l’impatto delle attività notturne sulle aree residenziali (come rumore e traffico) e garantire una crescita economica equa a vantaggio di un’ampia gamma di parti interessate, comprese le piccole imprese e quelle di proprietà di minoranze.

Secondo lei, le città e gli amministratori locali sono nella posizione migliore per guidare e/o influenzare il processo di co-progettazione della “notte”?

Le città e gli amministratori locali svolgono un ruolo cruciale nella co-progettazione delle esperienze di vita notturna. Facilitando il dialogo tra imprenditori, residenti, organizzazioni culturali e forze dell’ordine, possiamo creare un’economia notturna che rifletta i diversi bisogni e valori della nostra comunità. Una governance

.

policies that not only boost the economy but also protect and enhance the quality of life for all citizens.

Do you think the EU should deal with the theme in more detail? If yes, through which tools: laws, direct funding, good practices collections, etc.?

*   Yes, the European Union should engage more deeply with the theme of nightlife. This could be approached through various tools such as:

1. Legislation: Establishing EU-wide standards for safety, noise control, and labor rights for night-time workers;

2. Direct Funding: Offering financial support for cities to develop their nightlife sectors sustainably, such as grants for cultural initiatives or infrastructure improvements that benefit the night-time economy;

3. Collection of Good Practices: Creating a platform for cities across the EU to share strategies, successes, and lessons learned in managing nightlife, which could inspire and guide other cities.

Addressing these aspects will help ensure that the nightlife economy contributes positively to the urban fabric of European cities, balancing growth with sustainability and inclusivity

efficace può contribuire a definire politiche che non solo rilanciano l’economia ma proteggono e migliorano anche la qualità della vita di tutti i cittadini.

Pensa che l’Ue dovrebbe affrontare il tema in modo più approfondito? Se sì, attraverso quali strumenti: leggi, finanziamenti diretti, raccolte di pratiche, ecc.?

Sì, l’Unione Europea dovrebbe impegnarsi più profondamente sul tema della vita notturna. Questo può essere affrontato attraverso vari strumenti come:

1. Legislazione: stabilire standard a livello europeo per la sicurezza, il controllo del rumore e i diritti dei lavoratori per i lavoratori notturni;

2. Finanziamenti diretti: offrire sostegno finanziario alle città per sviluppare in modo sostenibile il settore della vita notturna, come sovvenzioni per iniziative culturali o miglioramenti delle infrastrutture a beneficio dell’economia notturna;

3. Raccolta di buone pratiche: creazione di una piattaforma per le città di tutta l’UE per condividere strategie, successi e lezioni apprese nella gestione della vita notturna, che potrebbe ispirare e guidare altre città.

Affrontare questi aspetti aiuterà a garantire che l’economia della vita notturna contribuisca positivamente al tessuto urbano delle città europee, bilanciando crescita con sostenibilità e inclusività.

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Marleen Muhuste

UN FATTORE AGGREGANTE E PREVENTIVO

INTERVISTA ALLA DOTT.SSA EMANUELA MARI, DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA SAPIENZA

UNIVERSITÀ

DI ROMA

A dicembre 2023 si riuniva per la seconda volta l’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza con l’obiettivo di redigere il prossimo Piano Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, relativo al biennio 20242025. Il nuovo Piano dovrà diventare un punto di riferimento per il legislatore per costruire su misura azioni concrete e realizzabili a favore dell’infanzia e dell’adolescenza.

A rendere ancora più urgenti queste misure sono gli ultimi dati presentati dalla Federazione Italiana Medici Pediatri, che parlano di un incremento di tentati sucidi negli ultimi due anni del 75%. In pratica ogni giorno in Italia un adolescente, o pre-adolescente, cerca di togliersi la vita. E 100 mila bambini/ragazzi dai 9 fino ai 17 anni vivono isolati, senza alcuna interazione sociale con il resto del mondo.

Ma in cosa consiste questo disagio giovanile/ adolescenziale?

“Quando si parla di disagio giovanile adolescenziale occorre distinguere tra quei disturbi che chiamiamo: internalizzanti ed esternalizzanti – spiega la Dottoressa Emanuela Mari del Dipartimento di Psicologia Sapienza Università di Roma – per i primi si fa riferimento a problematiche interne, come se si facesse riferimento a “un’implosione”: si parla ad esempio di ritiro sociale o isolamento sociale, bassa autostima, un eccessivo iper-controllo, disturbi d’ansia, attacchi di panico. I disturbi esternalizzanti, invece, sono quelli che vengono rappresentati con turbolenze emotive, aggressività e violenza che implicano un agito all’esterno. Si differenziano tra loro per gli esiti; nel primo caso non è troppo chiaro e visibile il disagio, mentre nel secondo caso è estremamente visibile.”

Quali sono i primi campanelli di allarme?

“I mutamenti nel comportamento repentini possono essere indice di un forte disagio. C’è chi come indicatore di un malessere si basa sul rendimento scolastico,

ma in realtà questo disagio può essere presente anche andando molto bene a scuola e avendo anche una buona condotta perché molti di questi sintomi non emergono così evidenti sin da subito. Un tema estremamente attuale è legato a tutte quelle forme di dipendenze che partono da un malessere interiore; quelle più diffuse negli ultimi anni e che hanno visto una forte impennata nel post pandemia sono tutte quelle che riguardano le dipendenze dalla rete e dai social network e che vengono definite nel mondo scientifico “dipendenze comportamentali”. Sono molto insidiose perché non lasciano traccia sull’individuo e quindi sono difficili da individuare, analizzare e trattare.”

Come siamo arrivati a questo punto?

“Non possiamo certo dare tutta la colpa alla Pandemia, ma sicuramente il Covid ha avuto un ruolo fondamentale nell’aumento di questo disagio soprattutto nella fascia di età adolescenziale e nei più piccoli perché ha slatentizzato dei malesseri che prima rimanevano in una situazione di “normalizzazione”, andando così ad intaccare soprattutto le relazioni sociali, alimentando l’utilizzo smodato dei social network e di internet e portando i giovani ad una sedentarietà obbligata. Con la Pandemia, infatti, è venuta meno anche l’attività sportiva (non agonistica), impedendo a ragazze e ragazzi di poter esprimere, attraverso il proprio corpo, anche le emozioni negative preponderanti in quel periodo, che avrebbero trovato espressione nell’attività sportiva. Ancora più grave è stato il deterioramento delle relazioni sociali, che trovano un’importante espressione nell’attività sportiva, privando così i ragazzi di un fondamentale supporto psicologico e sociale.

Lo sport: la panacea di tutti i mali?

Come evidenziato quale tempo fa anche dal Consiglio dell’Unione Europea: Lo sport detiene un posto importante nella vita di molti cittadini europei e svolge un forte ruolo sociale con un grande potenziale di in-

clusione sociale nello sport e attraverso lo sport, vale a dire che la partecipazione ad attività sportive o fisiche in modi diversi contribuisce all’inclusione nella società ove con «inclusione nello sport» si intende una combinazione di «sport per tutti», pari accesso allo sport, pari opportunità nello sport e differenti opportunità e strutture sportive orientate alla domanda, mentre «inclusione attraverso lo sport» implica la partecipazione inclusiva alla società, lo sviluppo delle comunità e il rafforzamento della coesione sociale.

E proprio questo è venuto a mancare agli adolescenti nei mesi più bui della Pandemia. Oggi, come afferma anche la Dottoressa Mari, è proprio dall’attività sportiva che dobbiamo ripartire sia per “guarire” le nostre ferite, sia come forma di prevenzione per eventuali malesseri e disagi, sia come fattore di inclusione sociale e coesione comunitaria. Lo sport ha il potere di unire le persone, di ridurre fino ad eliminare le diversità e di permettere di lavorare su sé stessi.

“Il valore dello sport è fondamentale dal punto di vista psicofisico e a seconda dell’età in cui si comincia a praticare attività sportiva questa ha un ruolo fondamentale anche nello sviluppo della personalità e dell’individuo adulto. Alcune attività sportive sono considerate curative e riabilitative di alcuni disturbi anche molto gravi, come depressione e isolamento, proprio perché svolge un ruolo educativo e rieducativo importante, sia nella pratica amatoriale che in quella agonistica, offrendo un sistema terapeutico di relazioni sociali”

I benefici dello sport sul corpo e sulla mente sono, quindi, molteplici. Sport, salute e benessere sono infatti strettamente correlati fra loro. Lo sport fa bene alla salute fisica perché, tra i tanti benefici, rafforza il sistema immunitario, aiuta a mantenere un peso corporeo sano, migliora la forza e la resistenza fisica, contribuisce ad adottare uno stile di vita equilibrato. E aiuta anche la nostra mente liberando le endorfine, migliorando così l’umore e riducendo lo stress; favorisce inoltre la disciplina personale, la gestione del tempo e l’autocontrollo; aiuta a gestire la pressione e sviluppare resilienza e fiducia in sé stessi, offre opportunità per accettare la sconfitta e celebrare il successo e promuove, come più volte evidenziato la coesione e le abilità relazionali.

La povertà energetica in Italia e l’importanza di una mappatura alla scala locale

La Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2017 considera la povertà energetica come la “difficoltà di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici, ovvero alternativamente, in un’accezione di vulnerabilità energetica, quando l’accesso ai servizi energetici implica una distrazione di risorse (in termini di spesa o di reddito) superiore a un valore normale”. Si tratta quindi di famiglie che non hanno la possibilità di acquistare la quantità di energia necessaria (o il livello di servizio adeguato) senza soffrire e rinunciare ad altre spese per servizi essenziali.

La povertà energetica è principalmente legata a tre fattori: il reddito della famiglia, il prezzo finale dell’energia, e le caratteristiche e prestazioni energetiche dell’alloggio. In quest’ultima categoria rientrano i consumi per l’uso degli elettrodomestici, l’illuminazione, così come il riscaldamento e più in generale la climatizzazione degli ambienti. L’energia necessaria per svolgere queste funzioni dipende dalle caratteristiche costruttive dell’edificio, dai materiali utilizzati, dalla tipologia degli impianti, ma anche dalla dimensione complessiva dell’alloggio.

A partire da queste cause, si possono individuare politiche di contrasto alla povertà energetica che rientrano in tre tipologie: politiche di riduzione della spesa energetica, di miglioramento dell’efficienza energetica, di sussidio e integrazione del reddito. Politiche di protezione quali bonus, detrazioni e misure di sostegno al reddito sono di breve termine e hanno l’obiettivo di garantire un livello minimo di accesso all’energia. Politiche di lungo termine mirano, invece, da un lato ad un miglioramento strutturale della condizione delle famiglie vulnerabili, e riguardano interventi di efficientamento energetico e aumento della consapevolezza delle famiglie negli usi dei servizi energetici; dall’altro, guardano anche ad altri usi rispetto a quelli energetici domestici, come i trasporti e, più in generale, la vita sociale di diversi segmenti della popolazione. Secondo l’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica (OIPE)1, nel 2022 erano oltre 2 milioni le famiglie in povertà energetica, pari al 7,7% del totale delle famiglie. Si tratta di una condizione che caratterizza in

particolar modo le famiglie che risiedono in comuni sotto i 50 mila abitanti e in aree suburbane e risulta in crescita in queste ultime, a fronte di una sostanziale stabilità nelle grandi aree urbane. Il rapporto annuale 2023 dell’OIPE2 evidenzia che si tratta di un fenomeno che non risparmia le regioni più ricche del Paese: in particolare i vulnerabili energetici insistono anche nelle zone economicamente più avanzate, come nelle aree interne del nord-est.

La popolazione più vulnerabile, a parità di altre condizioni, è quella composta da anziani, disabili o malati, che hanno bisogno di maggiore energia per soddisfare le proprie esigenze specifiche. Tuttavia, c’è un altro dato allarmante evidenziato dall’OIPE e Save The Children: nel nostro Paese, il 10% dei minori vive in famiglie in condizione di povertà energetica, dove l’incidenza della spesa per i consumi energetici è più alta della media, oppure la spesa è nulla per il riscaldamento.

Conoscere la distribuzione spaziale delle famiglie vulnerabili alla povertà energetica è un prerequisito fondamentale per poter formulare le strategie e le azioni di contrasto. La concentrazione in un determinato quartiere, ad esempio, ha implicazioni anche sull’accessibilità ai servizi e ai trasporti. Tuttavia, l’identificazione delle famiglie più vulnerabili è spesso ostacolata da un accesso limitato a risorse e dati affidabili e completi. È fondamentale che gli enti territoriali, in particolare i Comuni, contribuiscano all’identificazione delle aree abitate in cui il sostegno mirato avrebbe la possibilità di massimizzare l’impatto. A questo proposito, il Patto dei Sindaci - Europa3 va nella direzione di promuovere una maggiore conoscenza del fenomeno e capacità di intervento alla scala locale. Si tratta di un’ini-

1 https://oipeosservatorio.it

2 https://oipeosservatorio.it/wp-content/uploads/2024/03/rapporto_ 2023_IT.pdf

3 https://eu-mayors.ec.europa.eu/it/home?etrans=it

ziativa europea che raggruppa migliaia di governi locali che decidono di impegnarsi, volontariamente, nell’attuazione degli obiettivi climatici ed energetici dell’Unione Europea e vede più di 5.000 Comuni italiani tra i firmatari. La lotta alla povertà energetica rappresenta uno dei tre obiettivi chiave del Patto dei Sindaci - Europa, insieme alla mitigazione e all’adattamento. Si tratta però di un fatto recente, che non ha ancora portato a compimento un monitoraggio sistematico delle azioni. Ad oggi, i pochi progressi sul fronte del contrasto alla povertà energetica mostrano un’inerzia istituzionale nell’affrontare in modo strutturato il problema, a partire dalla misurazione e mappatura del fenomeno, alla scala nazionale così come a quella locale. Per concludere, contrastare la povertà energetica richiede di intervenire con un approccio che si fonda su un’accurata indagine delle caratteristiche urbane e dei dati socio-economici, energetici e climatici. Dotarsi di una mappatura in grado di identificare diversi gradi di vulnerabilità alla povertà energetica e integrarla negli strumenti urbanistici consentirebbe, in particolare nelle nostre città, di formulare le misure più idonee rispetto alle reali esigenze del patrimonio costruito e delle persone che lo abitano, nella logica della rigenerazione urbana. Questo permetterebbe, inoltre, di superare la logica degli incentivi distribuiti “a pioggia”, a prescindere dalle reali necessità, per concentrare le risorse laddove necessario, coniugando efficienza ed equità nella direzione della transizione energetica e neutralità climatica.

angela.santangelo@unibo.it

Secondo l’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica (OIPE), nel 2022 erano oltre 2 milioni le famiglie in povertà energetica, pari al 7,7% del totale delle famiglie. Sono tre le principali cause della povertà energetica: il basso reddito familiare; i prezzi energetici alti; la scarsa efficienza energetica degli alloggi e le inadeguate condizioni abitative.

Per combattere la povertà energetica esistono tre categorie di possibili interventi: i) azioni per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni; ii) azioni per la riduzione dei prezzi finali (tariffe sociali, bonus e programmi di pagamento); iii) azioni per il sostegno al reddito. Tanto più le politiche per ridurre la povertà energetica riescono a tenere insieme queste tre componenti, tanto più risultano efficaci.

Nel 2022 erano oltre 2 milioni le famiglie in povertà energetica

SAN DIEGO LA CITTÀ E LA SUA AREA

METROPOLITANA

San Diego, una città in rapida crescita, con un gradiente molto alto come healthy city è nota per le sue spiagge sabbiose lungo l’Oceano Pacifico, le destinazioni all’aria aperta, il clima perfetto della California meridionale. L’intera regione è spesso accomunata alla città di San Diego, ma ci sono 18 città che compongono l’area metropolitana di San Diego. La città di San Diego è solo una delle principali città della contea di San Diego e vale la pena esplorarle tutte! La regione comprende molte città e quartieri più piccoli, ognuno dei quali ha il proprio sapore e bagliore unici.

Situata sulla punta sud-occidentale della California meridionale, la contea di San Diego è una delle contee più popolate degli Stati Uniti d’America. Attualmente è la quinta contea più popolosa del paese. Nonostante la sua enorme popolazione, la sua area è relativamente piccola. È solo l’84ª contea più grande degli Stati Uniti e la 10ª più grande della California, nonostante sia la seconda contea più popolata della California.

La Contea di San Diego confina a nord con la Contea di Orange e la Contea di Riverside. La Contea di Imperial confina con la Contea di San Diego a est. Dirigiti a ovest e raggiungerai l’Oceano Pacifico. Dirigiti a est e raggiungerai il confine con il Messico. Ci sono tre valichi di frontiera con il Messico all’interno della contea di San Diego.

Una città da scoprire con una buona qualità di vita, che secondo il sito web di servizi finanziari WalletHub è una delle 10 migliori città degli Stati Uniti per crescere una famiglia.

San Diego è stata nominata una delle 50 migliori città del mondo in cui vivere nel 2023, da Resonance Consultancy, una società di consulenza con sede a Vancouver, che ha classificato San Diego al 32° posto tra le prime 100 migliori città in cui vivere a livello globale. “L’ideale urbano della California meridionale, che offre il sole e vita all’aria aperta. “, si legge nel rapporto di Resonance Consultancy, che aggiunge anche che San Diego, è una delle città più antiche della California, è ora una delle città in più rapida crescita d’America e di maggiore attravità dove trasferirsi per lavoro.

Non solo una città attrattiva ma un distretto metropolitano importante e variegato.

La contea di San Diego è anche un importante centro per l’esercito degli Stati Uniti. La sede principale della Marina sulla costa occidentale per le operazioni nell’Oceano Pacifico è a San Diego ed è la sede della Flotta del Pacifico. È anche il principale centro di ad-

destramento per i Navy SEAL. I Marines hanno anche una presenza a San Diego - Camp Pendleton è la base della costa occidentale e la principale base di addestramento anfibio. Con una presenza così imponente, è facile capire perché così tante famiglie di militari scelgono di vivere qui.

Ci sono quattro regioni distinte all’interno della contea di San Diego che includono East County, Central San Diego, North County e South Bay. East County comprende tutte le aree ad est di San Diego (la città) e comprende le città di Santee e El Cajon, nonché molte comunità rurali circostanti. Central San Diego comprende la maggior parte di San Diego (la città) insieme alla città di Coronado. Questa zona ha la più alta popolazione all’interno della contea di San Diego. La contea centrale di San Diego comprende anche parte della vasta Cleveland National Forest, che si estende nelle contee di Riverside, Orange e San Diego.

North County è la seconda area più popolata all’interno della Contea di San Diego e comprende alcuni dei quartieri più esclusivi e desiderabili della regione, come La Jolla. La Contea del Nord è ulteriormente divisa in Contea del Nord costiera e Contea del Nord interna. Questa zona è famosa per le sue splendide spiagge e comprende le città di Del Mar, Oceanside, Encinitas, Carlsbad, Vista, Solana Beach e San Marcos.

South Bay comprende le città alla fine della baia nella contea di San Diego. Questa zona comprende parte di San Diego (la città) insieme a Chula Vista e Imperial Beach.

Originariamente, l’area che ora costituisce la contea di San Diego era abitata da popolazioni indigene, molto prima che i paesi europei tentassero di colonizzare l’area. Le prime persone a stabilirsi a San Diego furono membri della Nazione Kumeyaay. Hanno fatto la loro casa tra gli oceani, le montagne e i paesaggi desertici della California meridionale.

Le prove archeologiche mostrano che il popolo Kumeyaay abitava la terra più di 10.000 anni fa. Una volta arrivati i colonizzatori europei, il popolo Kumeyaay fu costretto a lasciare la sua terra. Oggi, 13 riserve rimangono nella contea di San Diego.

La Spagna è stata la prima nazione europea a colonizzare la regione, avendo rivendicato su di essa già nel 1500 e soprannominato la regione San Miguel. L’area che ora comprende il porto e gli attuali quartieri di Point Loma e Mission Bay prende il nome da un missionario e santo spagnolo, San Didacus, noto anche come San Diego. Tra la metà e la fine del 1700, i primi insediamenti europei iniziarono a crescere lungo la costa occidentale e la contea di San Diego non fece eccezione.

Decenni dopo, il Messico dichiarò l’indipendenza dalla Spagna e San Diego fu considerata parte del Messico nel 1821. Dopo la guerra messicano-americana nel 1848, la contea di San Diego divenne parte degli Stati Uniti e fu una delle prime contee della California. La California divenne ufficialmente uno stato degli Stati Uniti due anni dopo.ù

Uno dei motivi per cui la gente del posto e i turisti amano così tanto la regione di San Diego è il bel tempo, il clima mite e i diversi paesaggi. La geografia di San Diego è incredibile e comprende aspre montagne, ampi deserti e spiagge incontaminate.

La contea di San Diego ha un clima mediterraneo mite che confina con un clima arido. Alcune regioni, come East County, sono considerate avere un clima più arido.

Il confine occidentale della Contea di San Diego è l’Oceano Pacifico. Durante il tuo viaggio nella contea di San Diego, avrai l’opportunità di goderti più di 70 miglia di splendide spiagge lungo la costa, che include la baia di San Diego lunga 12 miglia, un porto naturale incontaminato.

Dirigendosi a est nella contea di San Diego si raggiungono le Laguna Mountains. Il clima è significativamente più fresco in questa zona a causa dell’altitudine. Questa regione è soggetta a maggiori precipitazioni e persino alla neve. Proseguendo oltre la catena montuosa si trova il clima più arido: il deserto di Sonora.

Se ci si dirige a nord-ovest nella contea di San Diego, ci si imbatte in alcune incredibili riserve naturali, tra cui la Cleveland National Forest e l’Anza-Borrego Desert State Park.

Ma a che velocità sta crescendo la popolazione della contea di San Diego?

Mentre la pandemia di Covid-19 ha indotto alcuni residenti della contea di San Diego a trasferirsi in altre

regioni del paese, i nuovi dati dell’ufficio censimento sembrano indicare che la popolazione della contea di San Diego sta crescendo ancora una volta. Tra il 2019 e il 2020 la contea ha avuto un calo demografico e la popolazione è diminuita di circa l’1%.

Il recente aumento della popolazione è in linea con le tendenze dell’ultimo decennio. Tra il 2010 e il 2021 la popolazione della contea di San Diego è aumentata di 8 anni su 11. Negli ultimi anni, la popolazione è tornata a crescere. Tra il 2021 e il 2022 la popolazione è aumentata dello 0,65%. Tra il 2022 e il 2023 la popolazione è aumentata dello 0,73%.

INDICATORI DI BENESSERE

A SAN DIEGO

Live Well San Diego un progetto per migliorare il benessere della città

I 10 migliori indicatori di Live Well San Diego definiscono cosa significa vivere bene a San Diego. Misurati lungo la durata della vita di tutti i residenti, gli indicatori Live Well San Diego catturano l’impatto collettivo dei programmi, dei servizi e degli interventi forniti dal governo e dai partner della comunità che si sforzano di migliorare la qualità della vita in modo che tutti i residenti della contea di San Diego possano essere sani, sicuri e in benessere individuale.

Live Well San Diego è un progetto di partnership e studio per avere una visione per una contea che sta costruendo una salute migliore, vivendo in sicurezza e in prosperità.

Attraverso l’impatto collettivo e le diverse risorse e il supporto della contea di San Diego, la visione allinea gli sforzi in tutti i settori per aiutare i 3,3 milioni di residenti della contea di San Diego a vivere bene. Oltre 500 organizzazioni in tutta la regione hanno preso un impegno formale per la visione in modo che ovunque una persona, lavori, giochi o preghi, o vi sia un’organizzazione o un individuo nelle vicinanze, si possa lavorare assieme per migliorare il benessere e la salute della comunità.

“Insieme, possiamo fare di più di ognuno di noi da solo” è il motto di Live Well San Diego, un progetto che coinvolge le organizzazioni partner e i singoli individui. Le organizzazioni possono diventare partner riconosciuti di Live Well San Diego assumendo un impegno formale per sostenere la visione di Live Well San Diego. I partner riconosciuti includono fornitori di assistenza sanitaria, organizzazioni comunitarie e religiose, aziende, distretti scolastici e altre giurisdizioni, tra cui città, governi tribali e organizzazioni militari o di veterani.

Le persone possono prendere parte alla visione di Live Well San Diego facendo scelte positive, partecipando ai programmi Recognized Partner e agli eventi Live Well San Diego Signature e contribuendo in modi unici a migliorare la qualità della vita per se stessi e per coloro che li circondano.

Cinque aree di influenza e 10 indicatori principali

I primi 10 indicatori sono suddivisi in cinque aree di influenza essenziali per il benessere generale: salute, conoscenza, tenore di vita, comunità e sociale. Ciascuna area è definita con un report, che riflette i dati più aggiornati disponibili per ciascuno dei dieci indicatori corrispondenti.

spiagge mozzafiato, musei, giardini botanici, arte, musica dal vivo e molto altro da vivere all’interno della città più bella d’America!

Carlsbad

Carlsbad è una delle più grandi città all’interno della parte costiera della contea di San Diego. Si trova a circa 35 miglia dal centro di San Diego. È una delle zone più ricche della contea di San Diego, così come di tutti gli Stati Uniti. Il prezzo medio delle case a Carlsbad è di $ 1.2 milioni. Carlsbad è nota soprattutto per le sue

San Diego: una città con 18 città incorporate All’interno della Contea di San Diego ci sono 18 città incorporate. Ogni città ha le sue caratteristiche distintive e i suoi quartieri unici.

La città più popolata all’interno della Contea di San Diego è la città di San Diego. In effetti, San Diego è in realtà la seconda città più grande di tutta la California. San Diego (la città) comprende molte delle principali attrazioni turistiche della contea come il Balboa Park e lo zoo di San Diego. C’è un parco divertimenti,

splendide spiagge, le scogliere scoscese e i ricchi abitanti.

Luoghi famosi per il surf come Tamarack Surf Beach sono sparsi in tutta la città. Se siete in vena di incredibili attrazioni turistiche, Carlsbad è un ottimo posto da visitare. LEGOLAND, Il Sea Life Aquarium e i campi di fiori di Carlsbad si trovano tutti all’interno della pittoresca città di Carlsbad.

Chula Vista

Chula Vista è la seconda città più popolosa della contea di San Diego con una popolazione di circa 276.000 persone. È una città culturalmente diversificata e dista solo circa 7 miglia dal confine messicano e dalla città di Tijuana, in Messico. Le famiglie con bambini amano particolarmente vivere a Chula Vista. Ci sono un sacco di ottime scuole e servizi.

Coronado

L’isola di Coronado è una pittoresca località turistica situata al largo della costa della terraferma. Si trova su una penisola circondata dall’Oceano Pacifico e dalla baia di San Diego e dalle rive di Coronado si può vedere una splendida vista sullo skyline del centro di San Diego.

Coronado è una destinazione turistica molto popolare e ha molte attrazioni come campi da golf, tour in bicicletta, kayak, pesca e chilometri di spiagge incontaminate. Catering per i turisti, Coronado è sede di splendidi hotel come l’Hotel Del Coronado, oltre a spa, ristoranti e bar. La popolazione di Coronado è di circa 20.000 abitanti. Coronado è uno dei posti più costosi in cui vivere nella contea di San Diego. La casa media costa $ 2.4 milioni e l’affitto mensile medio è di $ 2,479.

Del Mar

Del Mar è uno dei luoghi più desiderabili in cui vivere in tutte le città della contea di San Diego. Ha una popolazione molto più piccola rispetto a molte delle principali città e alcuni dei dati demografici a più alto reddito della regione. Del Mar ospita la famosa Fiera della Contea di San Diego e le sue splendide spiagge. L’ippodromo di Del Mar è un luogo famoso per le corse di cavalli e gli appassionati di tutto il mondo lo visitano per assistere alle corse. Del Mar si trova a sole 20 miglia dal centro di San Diego e il costo medio della casa è di oltre $ 2 milioni.

El Cajon

El Cajon si trova a circa 17 miglia dal centro di San Diego ed è la città più grande della regione della contea orientale. El Cajon è noto per la sua popolazione diversificata ed è uno dei luoghi più convenienti in cui vivere all’interno della contea di San Diego. A El Cajon, il prezzo medio delle case è di circa 675.000 dollari. L’affitto medio a El Cajon è di circa $ 1,700.

Encinitas

ncinitas è una città amata che si trova a soli 25 miglia dal centro di San Diego. La zona è nota soprattutto per le sue incredibili spiagge per il surf. Una passeggiata lungo una delle splendide coste di Encinitas si tradurrà sicuramente in uno spettacolo da parte di al-

cuni dei migliori appassionati di surf di San Diego. Troverai alcune delle spiagge più votate di Encinitas, tra cui Moonlight State Beach e Cardiff State Beach. Encinitas è una città benestante e la casa media costa circa 1,59 milioni di dollari.

Escondido

Escondido è il punto di riferimento della contea di San Diego per il vino e la birra artigianale. La zona è piena zeppa di bellissime cantine e birrifici artigianali. Il centro della città ha una vivace scena artistica e un sacco di graziosi negozi e caffè. È la città più grande nella parte interna della Contea del Nord e si trova a circa 30 miglia dal centro di San Diego. Altre caratteristiche di Escondido includono buone scuole, bassa criminalità e molti parchi e spazi all’aperto. È un ottimo posto per le famiglie e ha un costo della vita più accessibile rispetto ad altre città della contea di San Diego. La casa media costa circa $ 734,500.

Imperial Beach

Imperial Beach è una comunità balneare alla moda ed eclettica situata a circa 15 miglia dal centro di San Diego e a sole 5 miglia dal confine messicano. Con bellissime spiagge e un’atmosfera divertente, e un molo con vista sull’oceano. Ogni anno a Imperial Beach si tiene la U.S. Open Sandcastle Competition and Festival, che accoglie oltre 300.000 visitatori. La popolazione di Imperial Beach è di 26.059 abitanti e il prezzo medio delle case è di circa 800.000 dollari.

La Mesa

La Mesa è affettuosamente soprannominata “il gioiello delle colline”. La città ospita poco più di 60.000 persone ed è nota per la sua architettura storica e per i panorami mozzafiato. La città è stata fondata nel 1912 e conserva ancora oggi gran parte del suo fascino antico. Qui, i residenti si sentono immersi nel fascino di una piccola città pur avendo tutti i servizi di una grande città. Un tram collega La Mesa con il centro di San Diego, offrendo un comodo trasporto pubblico. Il prezzo medio delle case a La Mesa è di circa $ 788.143.

Lemon Grove

Lemon Grove ha un nome appropriato: i limoni crescono ancora dappertutto in questa città della contea di San Diego. Lemon Grove è convenientemente vicino al centro di San Diego, a soli 12 miglia a sudovest. Il clima di Lemon Grove è incantevole e l’area è stata colonizzata molto presto in quanto era considerata un luogo ideale per allevare bestiame e coltivare colture come – avete indovinato – limoni. Lemon Grove è molto residenziale e ha una popolazione di circa 27.413 persone. Il prezzo medio delle case nel marzo 2023 era di 680.000 dollari, rendendo Lemon

Grove una delle città più convenienti della contea di San Diego.

National City

National City è uno dei posti più economici in cui vivere nella contea di San Diego. Situata nella regione di South Bay, è anche una delle città più antiche della regione ed è stata fondata alla fine del 1880. Mentre i prezzi medi delle case a National City sono considerevolmente più bassi rispetto ad altre città della contea di San Diego, a $ 615.000, gli alti tassi di criminalità della città scoraggiano molte persone dal trasferirsi nella zona.

Oceanside

Oceanside è una pittoresca comunità balneare con una popolazione di 172.982 persone. C’è una forte cultura del surf e la città ospita il California Surf Museum che rende omaggio ai famosi surfisti e allo sport nel suo complesso. Altre attrazioni turistiche includono grandi negozi, bellissime spiagge, l’Oceanside Pier e l’Oceanside Museum of Art. Il prezzo medio della casa è di 750.000 dollari.

Poway

Se sei più felice in campagna che nel trambusto della città, Poway è la città della contea di San Diego che fa per te. È soprannominata “la città del paese” e si trova a circa 23 miglia dal centro di San Diego. La zona è nota per la produzione di pesche ed è ricca di vigneti. La popolazione di Poway è di circa 48.421 abitanti e il costo medio delle case è di circa 1 milione di dollari.

San Diego

La città di San Diego è il capoluogo di contea per tutte le città della contea di San Diego. Il centro di San Diego è pieno di emozionanti attrazioni turistiche, deliziosi ristoranti e attività per residenti e turisti come il Balboa Park, il Balboa Park Golf Course, bellissime spiagge e un sacco di arte e cultura. Balboa Park ospita 14 musei e splendidi giardini, tutti all’interno di un comodo parco e i visitatori possono camminare tra tutte le attrazioni.

I quartieri di Downton come Gaslamp Quarter hanno innumerevoli deliziosi ristoranti tra cui scegliere, tra cui vivaci ristoranti sul tetto perfetti per godersi il sole di San Diego. Senza dubbio San Diego è l’area che la maggior parte dei visitatori immagina quando pensa all’area metropolitana di San Diego. Ci sono alcune grandi scuole e università famose come la Thomas Jefferson School of Law. La popolazione di San Diego è di 1.382 missioni e il costo medio delle case è di $ 925.000.

San Marcos

San Marcos è sede della California State University San Marcos, un popolare college pubblico con un corpo studentesco di oltre 16.000 persone. Il campus stesso è di 305 acri. È un ottimo posto per l’istruzione in generale e anche le scuole pubbliche sono molto apprezzate!

Il resto di San Marcos è piacevole e suburbano. Ci sono alcuni grandi centri commerciali e centri commerciali, nonché eccellenti opzioni per la ristorazione. San Marcos si trova a 36 miglia dal centro di San Diego e il prezzo medio delle case è di 827.500.

Santee

Santee ha una popolazione di circa 60.000 persone e si trova a 18 miglia dalle coste dell’Oceano Pacifico. Santee è per lo più residenziale ed è una zona popolare per le attività ricreative all’aperto come il campeggio, l’escursionismo, la pesca, l’avvistamento della fauna selvatica e la mountain bike. La gente del posto a Santee è amichevole e la zona ha un’atmosfera pittoresca da piccola città. La casa media a Santee ha un valore di circa $ 720,000.

Solana beach

Solana Beach è una città costiera estremamente popolare nella contea di San Diego, nota per gli ottimi sentieri escursionistici, gli splendidi paesaggi, il surf, le pozze di marea e un’atmosfera divertente. Le strade sono fiancheggiate da negozi, ristoranti e caffè di proprietà locale. La maggior parte dei negozi e dei ristoranti della città si trovano a pochi passi da Fletcher Cove, che è la spiaggia più famosa di Solana. La popolazione di Solana Beach è di circa 12.867 persone e il prezzo medio delle case è di circa 1,9 milioni di dollari.

Chula Vista

Da non confondere con Chula Vista, la città di Vista si trova a 42 miglia a nord di San Diego. Si trova vicino alla costa e offre eccellenti opzioni di intrattenimento, tra cui negozi e ristoranti. È una zona ideale per le famiglie grazie ai suoi fantastici parchi e strutture ricreative. Ci sono sentieri escursionistici, ippovie, laghi, parchi giochi, un parco acquatico e persino un parco divertimenti. Vista ha anche più di 75 chiese religiose e templi per i residenti in cerca di una comunità spirituale.

URBAN HEALTH COLUMNS

Per combattere l’obesità occorre uno sguardo globale e interconnesso

“Iperconnessi e globalizzati eppure ancora fragili e vulnerabili di fronte alle nuove sfide di salute globale che gli scenari attuali suggeriscono”. È quanto si legge nella “Carta civica della Salute globale”, promulgata nel 2022 da Cittadinanzattiva e frutto del lavoro di un board multistakeholder scientifico e civico con l’obiettivo di costruire una lettura olistica e consapevole della salute e contribuire a fornire soluzioni efficaci alla crisi e ai bisogni delle persone.

Coinvolgendo alcuni tra i principali attori della salute e dell’ambiente (solo per fare qualche nome: Walter Ricciardi, Marco Frey, Stefano Vella, Erminia Battista, Federica Gasbarro, Walter Ganapini, Andrea Masullo) ci si è voluti ricongiungere con i principi guida della Dichiarazione di Alma Ata sull’assistenza primaria del 1978, leggendoli alla luce di quanto il pianeta aveva vissuto a partire dal 2020 con la grande pandemia del Covid 19: “La Conferenza ribadisce con forza che la salute, stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità, è un diritto umano fondamentale e riafferma che il raggiungimento del maggior livello di salute possibile è un risultato sociale estremamente importante in tutto il mondo, la cui realizzazione richiede il contributo di molti altri settori economici e sociali in aggiunta a quello sanitario”.

Sempre nel 1978 era uscito un piccolo libro, di cui oggi in verità si parla molto poco, ma che ebbe a suo tempo un effetto dirompente, ad opera di Giancarlo Quaranta. Si intitola “L’uomo negato” (Franco Angeli editore), un testo che poneva, con forti concetti e alcune lapidarie espressioni, la questione della spinta istituzionale che si realizzava nel momento in cui una persona veniva ricoverata in una struttura sanitaria per una degenza significativa e che Quaranta condensava così: “Il malato diviene malattia... La soggettività del paziente viene sistematicamente negata, anche quando sarebbe indispensabile tenere conto di dati che possono essere forniti solo dall’interessato.”

Attorno a questi ed altri studi ed evidenze nacque il

Tribunale per i diritti del malato (1980) che operò una trasformazione culturale che ha determinato una nuova sensibilità della cittadinanza nei confronti del tema della salute.

Sono passati decenni da allora e la consapevolezza è cresciuta moltissimo sia sul versante dell’opinione pubblica che nella comunità scientifica e nel mondo politico; nessuno oggi metterebbe più in discussione l’importanza che il malato sia il protagonista della malattia come della guarigione.

Non solo, ma come dice la carta di Ottawa “Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare l’ambiente o di adattarvisi” (Ottawa, 1986). La persona al centro dunque, protagonista della promozione della salute e della guarigione dalla malattia.

Di conseguenza sia per la promozione della salute che per le attività di cura, occorre puntare sull’empowerment e adottare un approccio olistico e sinergico; la stessa agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile non fa che delineare un programma d’azione relativo a quelli che vengono normalmente definiti i determinanti della Salute: 17 obiettivi per 169 target da raggiungere entro il 2030.

L’impegno per una visione globale, olistica della salute come della malattia dovrebbe riguardare l’organizzazione stessa del servizio sanitario: non ha senso un’organizzazione, come purtroppo ancora per certi versi ci appare, separata in compartimenti stagni (i tanto discussi “silos”) che dialogano pochissimo tra loro, anche per l’ancora scarsa diffusione di modalità digitali di trasmissione dei dati e di comunicazione.

Un tema è emblematico di quanto fin qui discusso: l’epidemia mondiale di obesità. Sono 1 miliardo le persone con obesità al mondo, 1 su 7, e il dato è

destinato a peggiorare. Si parla di quasi due miliardi nel 2035, di cui 400 milioni saranno bambini. Nel nostro paese le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, ovvero più del 46 % degli adulti e il 26% dei bambini e adolescenti tra i 3 e i 17 anni.

L’obesità è una malattia, multifattoriale, cronica, recidivante e la consapevolezza di ciò è il migliore antidoto per combattere lo stigma dell’obesità.

Non basta dire ad una persona “muoviti e mangia di meno”, come se si trattasse di una scelta individuale; l’approccio deve essere multifattoriale, sicuramente psicologico, dietologico, sociale, ma anche farmacologico e ove serve chirurgico.

Per prevenire l’obesità a livello della popolazione, seguendo anche le Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità del Ministero della Salute, è chiaro che il tema va affrontato ponendo attenzione alle enormi disuguaglianze territoriali che presenta nel nostro paese l’obesità, disuguaglianze che riguardano il rapporto tra Nord e Sud e isole, ma anche tra aree metropolitane e periferie e aree interne, nonché tra classi sociali.

Ma l’obesità è una malattia e come tale non può essere combattuta individualmente, come anche lo stile di vita non si modifica in una unica mossa. Per fare prevenzione è necessaria un’azione collettiva della comunità che prenda consapevolezza della necessità di muoversi, di fare attività fisica, che può significare gruppi di cammino, trekking, danza, giardinaggio di comunità, ma nello stesso tempo occorre stimolare le istituzioni perché vengano realizzate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale le strutture per uno stile di vita attivo. Un impegno per città meno obesogene, dunque, per città dove ci siano spazi verdi, palestre, ciclabili e impianti sportivi per i giovani.

Certo, gli obiettivi dell’Agenda 2030 non sembrano tanto a portata di mano, in questo momento, ma come dice Francesco Raniolo, professore di scienza politica all’UNICAL, in “La partecipazione politica. Fare, pensare essere” (Il Mulino, 2023): “La partecipazione può aprire una breccia nel futuro, ci permette di guardarlo con speranza piuttosto che con disperazione. Ha una potenzialità emancipatoria, ci permette di uscire dal cono d’ombra del nostro Io per connetterci all’alterità”.

L’Osservatorio buone pratiche di Federsanità

di Domenico

Scibetta

Project leader

Oiss

Poco più di 400 persone e una farmacia che eroga servizi sanitari. Siamo nella comunità montana di Sauris, in Friuli Venezia Giulia, dove da qualche mese la presenza del medico di medicina generale non è più quotidiana, ma settimanale. Sempre più importante, al contempo, è diventato il ruolo della farmacia di Ampezzo, che a Sauris ha un dispensario, e rappresenta un punto di riferimento sanitario. Una farmacia rurale che presidia il territorio in sinergia con le istituzioni locali, ma con un forte radicamento ed un ruolo “sociale” ben definito che assicura alla comunità un servizio essenziale.

È una delle prime 100 buone pratiche censite dall’Osservatorio di Federsanità, in convenzione con Agenas e Anci, in otto Regioni italiane e presentate nelle cinque tappe itineranti realizzate nel corso dell’ultimo anno. L’obiettivo è far emergere due tipologie di esperienze: quelle centrate sulle Conferenze/Comitati dei Sindaci di livello aziendale, di città metropolitana, di ambito territoriale locale e le esperienze fondate su forme di co-governo congiunto tra aziende sanitarie e amministrazioni locali, che uniscono alla governance istituzionale integrata anche prerogative operative riferite alla programmazione e alla gestione integrata per rispondere ai bisogni di salute.

Tutte esperienze, come quella della farmacia di Ampezzo rilevata grazie alla collaborazione con Federsanità Anci Friuli Venezia Giulia, che contribuiscono a superare la logica del luogo di cura e a rendere l’assistenza realmente accessibile, valorizzando la presa in carico e la prossimità alle persone in un’ottica incremento delle opportunità di sviluppo economico e sociale di un determinato territorio e contribuire al

Michelangelo Caiolfa

Coordinatore

scientifico Oiss

superamento dei divari e disparità in un’ottica di coesione sociale.

La pandemia ha reso tragicamente evidente il rapporto indissolubile che lega tra loro la salute delle singole persone, delle famiglie e delle comunità. Un rapporto antico, forse ancestrale, che nel corso dei secoli ha di fatto costruito il patrimonio ospedaliero e assistenziale dei nostri comuni e dei nostri territori; rapporto poi dimenticato in favore di un approccio sempre più basato su semplici dinamiche di produzione, lasciate da sole a regolare la complessità dei sistemi sanitari e sociosanitari.

A questa dinamica monodimensionale, essenziale per la tenuta economica delle aziende, ma non bastevole da sola per la costruzione della salute, ha fatto da contrappunto la conseguente trasformazione delle modalità di utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari da parte dei cittadini, che si sono sempre più caratterizzate come fruizioni di singole prestazioni da parte di singole persone. Si è dunque progressivamente smarrita la radice solidaristica e comunitaria dei sistemi per la salute, che il periodo pandemico ha invece rimesso al centro dell’attenzione per le reciproche dipendenze tra la dimensione personale e la dimensione collettiva che siamo stati costretti a vivere con tutto il peso dell’emergenza protratta nel tempo.

Tutte le esperienze raccolte con le attività promosse dall’Osservatorio OISS Federsanità-Anci-Agenas, al pari di quella esemplare di Ampezzo, evidenziano invece interazioni, collaborazioni, cooperazioni tra strutture diverse che ricercano il rapporto progettuale e integrato con i bisogni complessi delle persone, delle famiglie e delle comunità. Si tratta di un approccio for-

temente differente da quello basato solo sui rapporti di produzione ed erogazione delle singole strutture organizzative, che attiva relazioni sistematiche tra professionisti di diversa afferenza, servizi sanitari e sociali, reti pubbliche e private, livelli istituzionali comunali, sanitari e regionali.

Il dialogo tra le parti ha evidenziato come l’azione convergente e cooperativa sui bisogni di salute sia attivatrice di relazioni preziose, che si basano sui legami presenti nei territori fisici e nelle comunità locali; e come, allo steso tempo, il lavoro integrato sulla salute sia capace a sua volta di rigenerare questi legami sia tra i cittadini e i servizi, che tra i cittadini e le loro dimensioni comunitarie. È il caso, nella esperienza di Ampezzo, di un semplice oggetto materiale come il dispensario dei farmaci attorno al quale in realtà ruotano e si alimentano relazioni tecnico-professionali, relazioni di aiuto e sostegno, relazioni di solidarietà e di cura con significati concreti per il vissuto quotidiano di quel paese.

Più in generale le esperienze pratiche, insieme al confronto di crescita che scaturisce dall’azione integrata per la salute, costituiscono una sorta di capitale sociale aggiuntivo delle comunità in cui vengono attuate, soprattutto quando sono connesse con esplicite azioni di attivazione dei gangli che innervano le comunità. Il coinvolgimento delle scuole, del mondo del lavoro, delle associazioni sportive, delle associazioni confessionali, delle reti del terzo settore e del volontariato, non sono in questo caso degli elementi accessori ma fanno parte integrante delle risorse da attivare e delle dimensioni della salute su cui intervenire. Le reti formali e informali che continuano a tessere i legami di

coesione delle nostre comunità, trovano nell’azione integrata per la salute quel rapporto tra dimensione individuale e dimensione collettiva capace di unire una ricaduta pratica e materiale con un’azione di senso e di costruzione.

Si tratta di mettere in atto scelte fondamentali per realizzare la salute, nel quotidiano e sul territorio, e creare un modello unico di rete assistenziale integrata sociosanitaria, che consenta di seguire le persone nel processo di cura, nelle aree più interne e disagiate fino ai centri di alta specialità.

È necessario che si affermi in maniera compiuta un modello di «salute di comunità, per la comunità e con la comunità». Dopo la drammatica esperienza pandemica, è emersa prorompente (ma era già ben nota da tempo agli attori del sistema) l’importanza di promuovere, diffondere ed implementare un processo di transizione da un sistema sanitario focalizzato sulla patologia a un sistema centrato sulla salute, che non eroghi solo prestazioni, ma operi per contrastare le malattie, in una logica di prevenzione e promozione della salute. Per costruire comunità resilienti, inoltre, deve essere incoraggiato il protagonismo degli individui e dell’intera comunità e di chi le amministra, valorizzando il ruolo attivo e centrale del Cittadino, utente dei servizi sanitari e sociosanitari in qualità di co-produttore della propria salute e responsabile delle scelte in merito ad essa. Il territorio che sa agire come comunità generativa, coesa ed inclusiva, ha un maggiore potenziale di vita e di sviluppo nell’affrontare le emergenze e nel rispondere ai nuovi bisogni di una società in profondo cambiamento.

POLITICHE ATTIVE E

IMPEGNO COSTANTE

PER PIÙ INCLUSIONE E COESIONE

Se l’amore è esiliato dalle città, le città mutano la loro natura benefica in natura maligna.

Che significa per te una città senza amore? Un popolo privato della felicità.

Questo scambio di battute è contenuto nella celebre serie di romanzi “L’amica geniale”, di Elena Ferrante, ed è, in particolare, una conversazione tra una professoressa e una ginnasiale. In queste parole c’è la consapevolezza di come il destino del singolo sia connesso a quello della collettività e di come non sia più pensabile, ammesso che sia mai stato possibile, pensare all’uno senza considerare l’altra in termini di inclusione, che supera concettualmente e storicamente quello di integrazione, e coesione.

Nel nostro mondo che ha fatto di globalizzazione e interconnessone dei punti di forza, i concetti di inclusione e coesione assumono un’importanza cruciale. La pluralità, in tutte le sue forme, arricchisce la nostra società, ma sono inclusione e coesione, quest’ultima intesa nel suo senso letterale di coerenza che permettono a questa diversità di prosperare, trasformandola in una forza positiva attorno al quale ruotano la stabilità e l’armonia della popolazione. È la Costituzione stessa a segnare la strada.

Tra i principi cardine della Costituzione Italiana, promulgata il 27 dicembre 1947, emergono infatti in maniera inequivocabile i concetti di coesione e inclusione sociale, chiaramente delineati negli articoli 2 e 3: essi non solo garantiscono diritti inviolabili, ma promuovono anche un impegno collettivo verso l’uguaglianza e la solidarietà. L’articolo 2, nello specifico, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali quali la famiglia, le associazioni e le altre forme comunitarie, nelle quali porta la sua personalità e il suo sapere, ed è l’istituzione stessa della Repubblica a richiedere che l’individuo adempia ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La coesione sociale emerge dunque come elemento centrale collegato al benessere

dell’individuo e al contesto sociale in cui vive, incoraggiando la partecipazione attiva alla vita collettiva, ed è direttamente collegato all’elemento della solidarietà, menzionato esplicitamente, che rimanda direttamente a quello della coesione poiché i doveri di solidarietà richiedono che ogni cittadino contribuisca al bene comune, sia sul piano politico che su quello economico e sociale, concorrendo a creare un legame profondo tra i membri della società e promuovendo un ambiente di mutuo supporto e cooperazione.

L’articolo 3, a sua volta, rafforza ed estende questi principi esplicitando come i cittadini abbiano pari dignità sociale tra loro, e siano uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Alla Repubblica va il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. L’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge è un principio fondamentale, e la pari dignità sociale è un concetto che va oltre la mera uguaglianza formale, riconoscendo il valore intrinseco di ogni individuo.

E se provassimo a calare il tema nello specifico ambito sociosanitario? In quel caso avremmo contezza di come la coesione e l’inclusione concorrano alla creazione di sistemi e servizi che favoriscono il benessere di tutti i membri della società, compresi coloro che sono vulnerabili o svantaggiati.

È possibile identificare alcuni punti imprescindibili nei quali le due determinanti si estrinsecano, ovvero l’integrazione dei servizi sanitari e sociali per fornire assistenza completa e coordinata, e la collaborazione tra

diverse istituzioni e organizzazioni, compresi ospedali e Case di comunità, servizi sociali e organizzazioni non governative, per garantire una risposta integrata e sinergica ai bisogni dei pazienti e delle comunità. Occorre inoltre che tutti abbiano accesso a servizi sanitari e sociali di alta qualità, indipendentemente dalla loro posizione geografica, condizione socioeconomica, età, abilità o altro fattore e che vengano a tal proposito sostenute politiche e pratiche che riducano le disuguaglianze nell’accesso ai servizi; allo stesso tempo sono necessari interventi che in termini di prevenzione e promozione della salute. Ciò può includere, a titolo di esempio, programmi di educazione sanitaria, iniziative di promozione della salute mentale e azioni per migliorare le condizioni di vita e l’ambiente. L’inclusione sociosanitaria implica, si è visto, il riconoscimento e l’accettazione delle diversità umane, e ciò significa garantire che tutti i pazienti e gli utenti dei servizi siano trattati con dignità e rispetto, e che le loro esperienze e prospettive siano considerate nel processo

decisionale e nella pianificazione dei servizi. Promuove, altresì, la partecipazione attiva e il coinvolgimento delle persone nelle decisioni che riguardano la loro salute e il loro benessere e questo può includere la consultazione dei pazienti nel processo decisionale clinico, il coinvolgimento delle comunità nella pianificazione dei servizi e la partecipazione degli utenti nella valutazione e nel monitoraggio della qualità dei servizi.

L’inclusione sociosanitaria mira, dunque, a ridurre le disuguaglianze nella salute e nel benessere attraverso politiche e pratiche che affrontano le cause sottostanti delle disuguaglianze, e lo fa in chiave di coesione in quanto esprime affinità e solidarietà tra individui e tra le comunità.

Non solo ideali astratti, dunque, ma obiettivi concreti che richiedono politiche attive e un impegno costante da parte delle istituzioni e dei cittadini in un contesto sociale ed economico in continua evoluzione.

Cure di prossimità tra necessità ed opportunità: il ruolo della Telemedicina e dell’Health City Manager.

di

PhD

Student in Health and Technologies @ Università di Bologna

Health

City Manager, Presidente Associazione BeCal

Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) rappresenta una fondamentale risorsa per il nostro Paese, sebbene possa non essere pienamente compreso da tutti i cittadini. In Italia, potrebbe esserci una certa mancanza di consapevolezza riguardo alla sua importanza, con una diffusa tendenza a considerarlo come qualcosa di scontato, quando invece è tutto fuorché ovvio. Il confronto con altre realtà, come gli Stati Uniti d’America, evidenzia in modo tangibile l’efficacia ed il valore del nostro sistema sanitario. Ad esempio, in questo paese dove il sistema sanitario non è universale, i costi per ricevere cure mediche, anche per servizi di base come il parto, possono essere estremamente elevati, ovvero in media $18,865 per un parto semplice, con in media un costo Out-Of-Pocket di $2,854 (Forbes Advisor 2024, How Much Does It Cost To Have A Baby? 2024 Averages) .

Quindi, nel nostro SSN non è tutto da buttare via, nonostante in Italia l’investimento in materia di salute rispetto al PIL pro capite sia inferiore alla media europea, con un percentuale in riduzione arrivata al 6.3% nel 2023 (Report SSN, Fondazione GIMBE). Dunque, se da un lato è necessario individuare le risorse economiche per aumentare la spesa sanitaria in relazione al PIL, dall’altro è fondamentale elaborare policies che abbiano impatto sui determinanti della salute. In questo contesto, nonostante la riforma del Titolo V della Costituzione delega alle regioni la competenza specifica in materia di “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”, è necessario delineare nuovi scenari che responsabilizzino maggiormente le città. Perciò, solo la proposta di approcci integrati e/o multidisciplinari che coinvolgano sia le regioni sia le amministrazioni urbane, può garantire un servizio sanitario più efficiente ed efficace, capace di rispondere meglio alle esigenze della popolazione.

Nella proposta delle nuove politiche sulla salute, le cure di prossimità dovrebbero giocare un ruolo fondamen-

tale. È necessario riformare l’accesso alle cure per garantire una maggiore inclusività e ridurre ogni forma di disuguaglianza sociale, economica o infrastrutturale. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha richiesto, per la maggior parte dei suoi progetti, lo sviluppo di proposte progettuali con approccio Hub&Spoke, proprio con l’obiettivo di facilitare l’integrazione a tutti i vari livelli assistenziali e determinare un impatto positivo che, partendo dai livelli più alti, arrivi alle comunità di tutti gli enti locali.

Questo approccio è essenziale per creare un sistema sanitario più equo ed accessibile, in cui tutti i cittadini possano usufruire delle cure necessarie indipendentemente dalle loro condizioni socio-economiche o dal loro posizionamento geografico. In questo scenario, la telemedicina rappresenta uno strumento promettente per superare, tra le altre, anche le difficoltà infrastrutturali delle comunità più svantaggiate. Questo strumento può contribuire a rendere più efficiente l’integrazione ospedaliera, instaurando collaborazioni efficaci tra continuità assistenziale, case della salute e nosocomi. Rispetto a questo tema, la Conferenza Stato-Regioni, nel dicembre 2020, ha delineato le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, completate nell’aprile 2021 con le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni e servizi di teleriabilitazione da parte delle professioni sanitarie”. Inoltre, nella cornice del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è stato individuato un subinvestimento di circa 5 miliardi di euro (M6C1 I1.2.3 – Telemedicina) per un migliore supporto ai pazienti cronici.

La prospettiva è positiva, ma non sufficiente. Per questo motivo, figure professionali come gli Health City Manager sono essenziali per ascoltare le necessità delle comunità locali e concertare, insieme a tutti i livelli decisionali in materia di sanità, soluzioni concrete e innovative. È necessario coinvolgere maggiormente le

Università, per mettere in campo strategie di co-design di nuove policy sulla salute che siano al contempo rappresentative dello stato dell’arte scientifico. Occorre adottare metodologie di progettazione che considerino proposte come la telemedicina da diversi punti di vista. L’uso diffuso della telemedicina è ancora ostacolato da varie barriere e sfide. Gli addetti ai lavori dovrebbero collaborare con diversi stakeholder per implementare soluzioni proposte, come l’engagement del paziente e una regolamentazione più precisa.

Dunque, gli Health City Manager dovrebbero assumere centralità proprio rispetto la necessità di facilitare l’adozione di metodologie di progettazione olistiche sono fondamentali per affrontare le sfide attuali e future della sanità, migliorando l’efficienza e l’accessibilità dei servizi, e garantendo un approccio inclusivo e innovativo nella gestione della salute pubblica.

Smart City: sfide e opportunità in evoluzione continua

Le Smart City si basano sull’idea di sfruttare le tecnologie per migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini e l’efficienza delle operazioni urbane. Tuttavia, per realizzare appieno questo potenziale, è fondamentale promuovere azioni di coesione e sinergia tra i diversi attori coinvolti. Si tratta di un cambio di paradigma sicuramente impegnativo, ma non impossibile. In generale i principali ostacoli che si incontrano sul percorso sono sia di ordine organizzativo che tecnico. La frammentazione degli attori, ad esempio è uno di questi. La governance urbana spesso infatti coinvolge una molteplicità di attori, con diversi interessi e priorità ostacolando la collaborazione e la condivisione dei dati.

Altro tema riguarda le competenze verticali e la specializzazione. Realizzare progetti inerenti le Smart City richiede infatti competenze tecniche e specialistiche avanzate, che potrebbero non essere sempre disponibili all’interno delle amministrazioni locali. Cruciale diventa eliminare il divario digitale. L’accesso alle tecnologie e alle competenze digital non è uniforme tra tutti i cittadini, creando potenziali disparità e marginalizzazione.

Desta non poche preoccupazioni anche la delicata questione relativa a privacy e sicurezza. La raccolta e l’utilizzo di dati sensibili sollevano questioni di gestione di dati sensibili che devono essere adeguatamente affrontate.

Nonostante le sfide, diverse strategie possono essere adottate per aggirare o superare le difficoltà appena descritte. Prima fra tutte promuovere una governance collaborativa, una piattaforme che coinvolga tutti gli attori rilevanti, tra cui le istituzioni, le imprese, le università e i cittadini.

Sviluppare le competenze ovvero investire nella formazione e nello sviluppo di skill tecnico organizzative per il personale del settore pubblico e per i cittadini.

Attuare un vero e proprio booster di inclusione digitale per garantire un accesso equo e conveniente alle

tecnologie e alle connessioni internet per tutti i cittadini.

Ultimo, ma non per importanza, virare sempre più verso approcci etici e trasparenti. In pratica adottare principi etici chiari per la raccolta, l’utilizzo e la condivisione dei dati, garantendo la trasparenza e la tutela della privacy.

Diverse città stanno già attivando buone pratiche e sono ottimi benchmark da tenere presente.

Barcellona, Spagna: la città ha adottato un approccio di governance collaborativa, coinvolgendo i cittadini nello sviluppo e nella realizzazione di progetti di Smart City.

Amsterdam, Paesi Bassi: la città si concentra sull’inclusione digitale, offrendo corsi gratuiti di informatica e fornendo accesso gratuito al Wi-Fi in spazi pubblici. Anche Singapore ha investito pesantemente nello sviluppo di infrastrutture digitali e ha adottato politiche per promuovere l’adozione di tecnologie da parte delle imprese e dei cittadini.

Si deduce dunque, per concludere, che coesione e sinergia sono elementi cruciali per il successo delle Smart City. Attraverso la governance collaborativa, lo sviluppo di competenze, l’inclusione digitale e approcci etici, le città possono sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie per migliorare la qualità della vita dei cittadini e creare un futuro più sostenibile.

DUE NUOVE PARTNERSHIP YMCA NEL

MONDO SU SALUTE E AMBIENTE

Segretario Generale della Federazione delle YMCA Italia

World YMCAs Alliance ha stipulato due nuovi accordi di partnership, in due delle sue quattro principali aree di impatto globale , ovvero la salute e l’ambiente.

“Stiamo ampliando il nostro campo d’azione per collaborare per un impatto maggiore, sostenendo al contempo un ruolo più attivo per i giovani nell’affrontare le sfide dei nostri tempi”, ha dichiarato il Segretario Generale della World YMCAs Alliance Carlos Sanvee.

Per quanto riguarda la salute, l’accordo con il The Global Fund to fight AIDS, Tuberculosis & Malaria si concentrerà sull’educazione e la difesa della malaria; e nell’ambiente, il suo accordo con il Worldwide Fund for Nature consentirà ai giovani di essere agenti protagonisti dell’azione sociale sul cambiamento climatico e l’impatto sulla salute.

Nell’ambito dell’accordo di World YMCAs Alliance con il The Global Fund to fight AIDS, Tuberculosis & Malaria, il Movimento YMCA continuerà a sostenere il lavoro mondiale per sradicare la malaria. Lo farà attraverso il supporto di World YMCAs Alliance e la collaborazione e il supporto finanziario critico di Y’s Men International per un importo di $ 300.000 in tre anni. Molte YMCA a livello nazionale stanno già portando avanti progetti di prevenzione della malaria.

Parlando a Lione nell’ottobre 2019, quando la partnership era stata concordata per la prima volta alla sesta conferenza di ricostituzione del Global Fund, Peter Sands, direttore esecutivo dello stesso , ha dichiarato: “Accogliamo con favore l’investimento fatto da World YMCA e Y’s Men International per rafforzare i programmi di malaria del Global Fund “.

Nel settembre 2020, Carlos Sanvee, intervenuto insieme a Peter Sands in un panel del Concordia Summit panel on global health,, sottolineando l’importanza della voce dei giovani e delle soluzioni guidate dai giovani.

Il Global Fund è una partnership progettata per accelerare la fine dell’AIDS, della tubercolosi e della malaria come epidemie, che colpiscono molti Stati e le generazioni future. Mobilita e investe più di 4 miliardi di dollari all’anno per sostenere programmi gestiti da esperti locali in più di 100 paesi.

Nell’ambito dell’accordo tra World YMCAs Alliance con la Worldwide Fund for Nature, le due organizzazioni lavoreranno insieme per promuovere una partecipazione significativa dei giovani allo sviluppo sostenibile, come indicato dall’Agenda 2063 e dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), e in particolare nei settori della conservazione, della biodiversità e del New Deal del WWF per la natura e le persone.

Il WWF e la World YMCAs Alliance hanno già lavorano insieme dall’ottobre 2020 al Solutions Summit for Climate Action, quando nell’ottobre 2020, più di 700 giovani changemaker provenienti da 50 paesi hanno partecipato al vertice inaugurale sulle soluzioni guidate dai giovani, sull’azione per il clima.

I giovani leader in quell’occasione hanno partecipato a sessioni e workshop per discutere idee e soluzioni pratiche per affrontare la crisi climatica. Dopo il Summit, i team hanno poi lavorato con i mentori per progettare più di sessanta progetti innovativi per affrontare le sfide climatiche nelle loro comunità.

Trentacinque delle soluzioni proposte dai team provenienti da Africa, Asia, Americhe ed Europa, hanno finora ottenuto finanziamenti su sessanta che sono state presentate e sono in fase di attivazione a livello di base nel 2021 e nel 2022.

È stimolante per la Federazione delle YMCA Italia, per la Fondazione YMCA e per YMCA Health vedere l’entusiasmo dei giovani nella ricerca di soluzioni per la salute, il cambiamento climatico e a protezione del nostro pianeta. Bisogna dare loro la possibilità di lavorare su queste soluzioni e questo è fondamentale se vogliamo costruire un futuro più sostenibile, per le persone e il pianeta e su questo sviluppare anche una strategia nazionale, anche attraverso una consensus nazionale su YMCA Health & Enviroment.

FOCUS ON SPORT

La “Repubblica del Movimento” ha già 100 Capitali

Cento città, grandi e piccole, accomunate dall’idea di trasformare i propri spazi urbani in palestre a cielo aperto in occasione della quarta edizione dello Sportcity Day, in programma il 22 settembre prossimo nelle piazze, vie, parchi, fiumi, laghi, palestre e playground di tutta Italia. A quattro mesi dall’evento, le 100 città aderenti possono essere considerate un bel traguardo, e con questi numeri si prevede che in questa edizione dell’evento organizzato da Fondazione Sportcity saranno oltre 150 le città in movimento.

Tutte insieme in un vero e proprio crogiolo di iniziative e di eventi per offrire ai cittadini una domenica speciale, nella quale fare sport insieme all’aria aperta riappropriandosi di aree che nella normalità sono teatro delle frenetiche attività quotidiane.

I Comuni che hanno sposato la filosofia di Fondazione di lavorare insieme per una “Repubblica del Movimento”, hanno intuito, prima di altri, che questa “rivoluzione dolce” è possibile. Benessere, qualità della vita, felicità e promozione della cultura del movimento, sostenibilità, attenzione all’ambiente sono i comuni denominatori che detteranno, oggi come nel futuro, le linee guida in tutti i territori. Ognuno sarà protagonista portando il proprio contributo per sviluppare questo percorso culturale divenuto ormai inarrestabile. Sindaci, amministratori, stakeholder del mondo dello sport e del benessere psico-fisico, ma anche società sportive grandi e piccole, atleti e cittadini saranno coinvolti in un progetto che va oltre il mero esercizio fisico.

In questi anni si è sviluppato un nuovo modo di pensare, di intendere la pratica sportiva e l’ attività motoria, lontano dalla spasmodica ricerca della performance agonistica ma volto al wellness fisico e mentale.

Un valore educativo che vuole contrastare in maniera concreta i dati drammaticamente emersi da una ricerca dell’’Osservatorio permanente sullo Sport della stessa Fondazione SportCity.  Una sconfortante fotografia del nostro paese che indica la quota di persone seden-

tarie pari a più di un terzo della popolazione. Un dato ancor più drammatico se si scende al sud, dove paradossalmente le condizioni climatiche dovrebbero invece consentire una maggiore attività motoria all’aperto.

“Lo sport è un mezzo per esprimere i propri talenti, ma anche per costruire la società. Lo sport, infatti, ci insegna il valore della fraternità. Non siamo isole: in campo, non importa la provenienza, la lingua o la cultura di una persona. Ciò che conta è l’impegno e l’obiettivo comune. Questa unione nello sport è una metafora potente per la nostra vita “.

Queste le parole di Papa Francesco che ispirano il lavoro di Fondazione Sportcity. Un messaggio potente che indica la via da seguire e, sono già in tanti ad aver già intrapreso il cammino.

“Sport e Salute” un binomio vincente

di Ing. Pier Luigi Marzorati

78 presenze con la maglia azzurra di basket

4 partecipazioni ai Giochi Olimpici

Oro all’Europeo di Nantes 1984

Argento olimpico a Mosca 1980

Perché sport e salute è un binomio vincente?

Perché già i nostri avi latini ed ancora più precisamente Decimo Giunio Giovenale (50-60 d.C. circa - 127 d.C. circa) scriveva nelle sue satire, come la vanità dei valori o dei beni (ricchezza, onore e fama) non dovevano essere l’unico obiettivo degli uomini.

Solo le persone sapienti ragionando avevano dedotto che tutto ciò che è effimero, spesso era solo dannoso.

Mentre Giovenale con un concetto in quel periodo decisamente rivoluzionario, diceva che l’uomo dovrebbe aspirare soltanto a 2 beni: la sanità dell’anima e la salute del corpo. Tradotto “Mens sana in corpore sano”.

L’idea di Giovenale non era quella di acclamare che solo in un corpo sano c’è una mente sana, ma che bisognava pregare gli Dei affinché concedessero all’uomo l’uno e l’altra.

L’idea che corpo e mente possano crescere e svilupparsi insieme è il modello che si usa anche nei tempi nostri, dove parlando di “attività psicofisica” si intende che per avere le facoltà delle mente efficienti, bisogna avere sane quelle del corpo.

Credo che non sia un caso quando il Governo Italiano abbia deciso qualche anno fa di affiancare all‘Istituzione sportiva quale il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) un Ente chiamandolo proprio “Sport e salute” affinchè si occupasse soprattutto della formazione giovanile e di tutta l’attività amatoriale. Sicuramente il binomio CONI - “Sport e Salute” qualche difficoltà di coesione cammin facendo l’ha trovata, ma và da sé che oramai la strada è tracciata e nell’interesse di tutti, soprattutto appunto lo sport amatoriale, un compromesso va trovato.

Ed a proposito di Sport amatoriale, vorrei mettere in evidenza quanto sta facendo e quanto ha in programma di sviluppare la nostra Associazione L.IB.A. Italia A.S.D. (L.I.B.A. è l’acronimo di Legands In-

ternational Basketball Association).

L.I.B.A. Italia ASD è un’Associazione senza scopo di lucro, del così detto de terzo settore, che nasce grazie alla sinergia di personaggi del mondo del Basket, quali (Dino Meneghin, Mara Fullin, Ario Costa, Elisa Brumatti, Antonello Riva, Antonella Cecatto, Manfredo Fucile, etc.) che hanno contribuito in passato a far scrivere pagine importanti di Basket  in Italia ma anche oltre i nostri confini, e vogliono fornire un importante contribuito in futuro per far scrivere  altre pagine importanti nella storia del Basket, con la stessa immensa passione che ha portato alcuni di loro sul tetto del mondo. Ancora oggi si dedicano spontaneamente a promuovere i valori dello sport soprattutto ai giovani ed in collaborazione con professionisti di comunicazione e marketing sviluppano progetti nei quali vendono promosse iniziative, idee e concetti che hanno un unico grande ideale: fare qualcosa di costruttivo attraverso lo sport ed ovviamente attraverso il basket in particolare.

Uno di questi progetti è sicuramente la “BALL RUN: Fieri del Basket“. Si tratta di una manifestazione destinata soprattutto alle famiglie quindi innanzitutto non competitiva, che si sviluppa su un percorso di c.a. 3.050 mt. (esattamente 1.000 volte l’altezza del canestro) con un format un po’ particolare che la rende un po’ speciale:

• ogni partecipante riceve all’atto dell’iscrizione un pallone ( oltre alla maglia ufficiale ed uno zainetto portapalloni), dunque non basta correre o camminare, soprattutto bisogna palleggiare;

• lungo il percorso, che al massimo misura 3.050 metri ci sono dei canestri, ma non è obbligatorio segnare per poter proseguire;

• non ci sono arbitri sul percorso. E nemmeno cronometristi;

• ci si può iscrivere a livello individuale, ma essendo il

basket uno sport di squadra sono previste le iscrizioni per coppie e quintetti di partecipanti. Insomma alla “Ball Run: Fieri del Basket” si può partecipare con le propria squadra o con la propria famiglia.

Un format così volutamente leggero è stato pensato per (ri) portare il basket nei centri cittadini e farlo diventare quella festa che è stato anni fa negli oratori e oggi nei playground che fioriscono un po’ dovunque. Le città non sono occupate troppo a lungo dalla manifestazione, semmai la festa si presta a essere completata da iniziative culturali che la stessa Liba può promuovere e realizzare in collaborazione con le autorità locali.

Il percorso è facilmente identificabile in ogni località e la comunicazione, ovvero l’invito a partecipare, corre veloce sui media tradizionali e ancor più sui social, a testimoniare che lo sport, e il basket in particolare, è il più antico e collaudato dei social network. Non a caso, ogni “Ball Run: Fieri del Basket” può originare dei concorsi social, per il più bello slogan, il più bel racconto, la più bella foto, il più bel video che diventano la miglior promozione per le località che ospitano un evento tanto coinvolgente, che oltre tutto ha una sua naturale prosecuzione con i partecipanti che anche a distanza di mesi continuano a indossare la maglia ufficiale. O che, appunto fieri del Basket, non smettono più ...di palleggiare.

Quest’anno il programma vede l’organizzazione in 9 tappe su altrettante location quali Brescia, Milano. Roma, Pesaro, Ancona, Trento Bolzano, Treviso e Venezia, distribuite in un arco temporale tra Maggio e fine Settembre.

Ma come è bello farsi avvicinare da ragazzi che dicono “Grazie Marzorati perché per la prima volta ho potuto giocare a Basket con mio papà e mia mamma” oppure quando i genitori ci chiedono, dopo aver partecipato alla BALL RUN: Fieri del Basket: “mio figlio (o mia figlia) si è molto divertita. Dove può continuare a giocare a basket?”.

Credo che le vere risposte non siano solo su dove proseguire a fare lo sport, ma soprattutto il perché continuare a fare lo sport (e nel caso specifico giocare a Basket) perché per l’attività sportiva non ci sono limiti di età, ma solo la consapevolezza che  “Mens sana in corpore sano” non è un semplice slogan, ma il vero segreto per essere sempre attivi nell’attività quotidiana dove l’attività sportiva ci aiuti a essere sempre meglio di ieri e (speriamo) un pochino meno migliori di domai.

COACH DI QUARTIERE Protagonisti della città

L’innovazione sociale attraverso sport, inclusione e cittadinanza attiva

L’innovazione sociale è il cuore pulsante di Coach di Quartiere, progetto di sport welfare nato nel 2020 su iniziativa di Claudio Massa, Fondatore e Brand Ambassador de L’Orma SSD, agenzia educativa no-profit attiva dal 2000 nell’implementazione di esperienze formative che valorizzano lo sport come strumento per favorire lo sviluppo personale e professionale di bambini, ragazzi e adulti.

Coach di Quartiere, che ha come slogan “Protagonisti della città”, scende in campo sul territorio per portare innovazione sociale a beneficio della comunità attraverso percorsi educativi basati sul gioco e sullo sport. Il progetto promuove non solo lo sport ma anche l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva, attraverso l’organizzazione di attività sportive gratuite rivolte a bambini dai 6 ai 13 anni, in condizioni di fragilità per motivi economici, culturali, organizzativi, sociali e caratteriali.

Le attività si svolgono all’aria aperta nei parchi delle città, da marzo a maggio e da settembre a fine ottobre nelle ore del dopo scuola, tra le 16 e le 18, e a gestirle sono i “Coach di Quartiere”, giovani volontari tra i 17 e i 25 anni.

A loro, studenti delle scuole superiori, universitari, atleti di società sportive ma anche NEET (Not in Education, Employment or Training) giovani che non studiano, non lavorano e non ricevono una formazione, viene proposta l’esperienza Coach di Quartiere come percorso di volontariato scolastico e cittadinanza attiva.

La figura del Coach di Quartiere è una delle anime del progetto, il motore sul territorio, colui che vive a stretto contatto con i bambini che partecipano alle iniziative sportive e ludiche che animano i parchi cittadini, che in questo modo tornano ad essere fulcro della comunità e punto di riferimento per tutti.

I Coach “giocano” in squadra e sono guidati dalla figura

del Playmaker, Coordinatore Sportivo di 3° Settore, che, con un termine mutuato dal basket, svolge un ruolo di coordinamento delle azioni in campo.

Coach di Quartiere dedica una speciale attenzione alle fasce deboli e svantaggiate della comunità: da un lato, i bambini che per vari motivi non hanno accesso all’attività sportiva di base, garantendo loro benessere fisico e sociale e alle loro famiglie un supporto nella gestione del tempo e delle risorse economiche; dall’altro, è di supporto ai giovani volontari, che vengono accompagnati in un percorso di orientamento sociale, alternanza scuola-lavoro, volto alla costruzione del loro futuro.

Nella visione di Claudio Massa è radicata la profonda convinzione che lo sport possa essere un potente motore di cambiamento nelle comunità locali, diventando un mezzo per generare nuovo valore da condividere per creare un impatto sociale positivo su più fronti.

“Desideriamo promuovere un approccio in cui il Coach di Quartiere possa rappresentare un percorso continuo per i bambini e i ragazzi dai 6 ai 25 anni, basandosi sui principi di scambio e contaminazione tra individui”, dichiara Claudio Massa Nel lungo periodo ci aspettiamo che i bambini vorranno fare i Coach volontari e che alcuni dei volontari si candideranno per diventare Playmaker, in un percorso di crescita personale di educazione civica”.

Coach di Quartiere è uno strumento che si integra nel sistema di welfare locale, coinvolgendo vari soggetti erogatori, tra cui aziende private, enti no-profit, pubbliche amministrazioni, enti filantropici e fondazioni, centri di servizio per il volontariato, società e associazioni sportive, federazioni. Questi soggetti, credendo nel valore sociale dell’iniziativa, hanno l’opportunità di diventare agenti del cambiamento nella propria comunità locale.

di Claudio Massa

Il progetto si contraddistingue per la sua visione innovativa, mirata a portare benefici tangibili e significativi al territorio, attraverso azioni concrete e reali che diventano poi oggetto dello Sport Welfare Report Si tratta di un’indagine annuale condotta con l’obiettivo di analizzare la popolazione beneficiaria di Coach di Quartiere presentando i risultati delle attività territoriali.

È uno strumento di rilevanza strategica per fornire agli attori coinvolti un punto di osservazione del territorio e l’impatto sociale generato: le informazioni possono essere di stimolo alle aziende a sostenere il progetto attraverso partenariati, sponsorizzazioni o azioni concrete a beneficio dei bambini e delle loro famiglie e dei giovani della comunità.

Coach di Quartiere è presente a Bergamo, Dalmine, Lodi, Milano Municipio 7, Milano Municipio 8, Parabiago e Legnano: territori nei quali è stata individuata

una particolare vulnerabilità sociale, per le condizioni socioeconomiche degli abitanti o per mancanza di servizi, che hanno permesso l’attivazione del progetto. Il progetto Coach di Quartiere massimizza la propria causa sociale promuovendo alcuni tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 20230: obiettivo 3 per lo sport, benessere e stili di vita sani; 4 per la formazione e l’educazione a bambini e giovani; 10 per incentivare l’inclusione sociale; 11 per aiutare le comunità locali e sviluppare un territorio sostenibile.

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A “Vita da Campioni” il Ministro della Salute fissa l’obiettivo: un’ora di educazione

ai corretti stili di vita e alla giusta

alimentazione nella scuola

“Un’ora di educazione ai corretti stili di vita e alle corrette scelte alimentari sin dalla prima classe della scuola primaria”. È l’obiettivo ribadito dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci durante il primo appuntamento di “Vita da Campioni”, il ciclo di incontri che vede protagonisti ministri ed istituzioni organizzato da Sport e Salute e FITP nell’ambito degli Internazionali BNL d’Italia di tennis 2024.

“Stiamo lavorando con il Ministro Valditara e con il Ministro Abodi per un obiettivo che è fondamentale per il nostro futuro - ha detto il titolare del dicastero per la Salute -. Dobbiamo capire che investire nella cultura del benessere ed in prevenzione è la risposta che dobbiamo dare a chi vuole avere un sistema sanitario nazionale che mantenga gli standard tradizionali. Se non riduciamo però il numero dei malati, nessun servizio sanitario può essere sostenibile”.

Nel corso dell’incontro, moderato dai giornalisti Roberto Arditti e Massimo Caputi, il Ministro Schillaci ha rilevato anche di essere un “ex nuotatore, ex giocatore di basket ed ex tennista, poi ho lasciato la racchetta perché suonavo il pianoforte e dovevo preservare il polso. Sono però un appassionato di sport, ma da medico prim’ancora che da ministro non posso che ribadire il ruolo dell’attività fisica che - ha detto - può essere ‘’una terapia’’ e fare ‘’prevenzione’’. Fare sport può fare stare in salute la popolazione non solo giovane, perché aiuta a combattere e prevenire tante malattie. È fondamentale che venga praticato dai primi anni di

vita, ma va praticato in luoghi idonei e con l’aiuto di personale preparato. Inoltre lo sport ha anche una grande capacità: quella di attrarre coi suoi campioni. I risultati di campioni come Sinner possono fare da volano, soprattutto per combattere la sedentarietà. C’è un dato che mi preoccupa: oggi l’obesita’ in Italia colpisca soprattutto i giovani. Peraltro l’obesità infantile e’ piu’ sviluppata al Sud; da 7 anni l’Istat descrive che la condizione socioeconomica è un fattore che incide sulla salute e questo e’ inaccettabile”.

Il Ministro Schillaci ha poi parlato del tennis. “E’ uno sport completo che unisce lo sforzo fisico con l’intelligenza. Ho fortemente voluto - ha concluso - che qui agli Internazionali d’Italia il Ministero fosse presente con uno stand e con una emoteca per la donazione del sangue. Ci dobbiamo impegnare di più per aumentare le donazioni tra i giovani e con l’aiuto dello sport e del tennis possiamo aumentare la raccolta del plasma”

Al suo fianco il Presidente di Sport e Salute, Marco Mezzaroma, il vertice della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi e la nuotatrice plurititolata, oggi componente il team “Sport e Salute - Illumina”, Alessia Filippi. “Mi piace questo nuovo ruolo - ha detto l’argento olimpico a Pechino2008 negli 800 stile libero -. Oggi sono soprattutto una mamma e poi alleno bambini dagli 8 ai 10 anni cercando di trasmettere quello che mi ha insegnato lo sport. Mi sono resa conto che i bambini non hanno chiari i loro movimenti nello spazio - ha spiegato - la vita è frenetica, i genitori non

hanno tempo di portarli al parco e chi è in condizioni economiche difficili si trova purtroppo a dover tagliare le spese dello sport. Sport e Salute con “Sport nei parchi” permette di praticare lo sport a chi non se lo può permettere. Investire un euro nello sport porta a un grande risparmio nella spesa sanitaria”. Alessia Filippi ha poi messo l’accento anche sulla scuola: “Ho due figli di 6 e 8 anni che a scuola fanno educazione motoria con l’insegnante di musica. Invece serve un insegnante specializzato”.A fargli eco il Presidente di Sport e Salute, Marco Mezzaroma. “Oggi fare sport - ha detto - soprattutto per nuclei familiari che hanno più figli, è un costo che non tutti si possono permettere, non solo per iniziare ma anche per avviare la pratica dello sport in maniera continuativa. L’utilizzo di spazi come i parchi pubblici, o non convenzionali come i cortili abbandonati, vanno riconvertiti a spazi multidisciplinari dove poter fare sport. Si sta implementando sempre di più una tendenza che stiamo testando sia a livello nazionale che a livello regionale, ovvero - aggiunge - quella di utilizzare dei voucher sportivi attraverso convenzioni fra regioni e singole associazioni o società sportive per permettere a chi ha livelli di reddito bassi di poter far fare sport soprattutto ai figli. Vogliamo iniziare a far muovere gli italiani, a farli alzare dal divano”

“Quello che sta succedendo in queste due settimane credo sia di insegnamento- ha detto invece il Presidente FITP, Angelo Binaghi -. Questa marea di persone ci ricordano che dobbiamo, prima che raggiungere successi, rendere lo sport più popolare, questa è la nostra vera mission ed è il filo conduttore per cui abbiamo sviluppato tutti i nostri settori trasformando questo evento in una manifestazione di popolo”. Riguardo al rapporto tra sport e salute, il vertice del tennis italiano ha sottolineato come “la motricità sia fondamentale per la prevenzione sanitaria, tutti gli studi scientifici hanno detto che tennis e salute vanno ancora più d’accordo di sport e salute, è lo sport che più di tutti allunga la vita, hanno calcolato 10 anni. E credo che mai come oggi orfani dei tre tennisti più forti, il binomio tra ministero della Salute e Internazionali sia un binomio di successo. Spero che il ministro possa proseguire perché noi ci crediamo fino in fondo”. Infine una chiosa: “la riforma dello sport fatta nel 2018 da Giorgetti, se da una parte ha ottenuto grandi risultati sul versante della struttura dello sport e delle federazioni, ha ottenuto anche risultati che non erano stati ragionati fino in fondo. Sport e Salute ha aperto prospettive incredibili facendo ragionare tutti dicendo che lo sport è soprattutto salute. Mai ho sentito cosi tanto parlare delle ricadute positive come sta succedendo dal 2018 con la nascita di Sport e Salute che sta raggiungendo questi obiettivi. Siamo contenti di essere piccoli attori di questo meccanismo”.

I GRANDI EVENTI SPORTIVI VALORIZZANO LO SPLENDORE DI ROMA

Due grandi eventi sportivi , gli Internazionali di Tennis e il Giro d’Italia, hanno coinvolto Roma, mostrando le bellezze uniche della città eterna, al di là delle location sportive.

Die grandi occasioni, che hanno trasformato il centro storico di Roma in un grande palcoscenico di sport. Assieme a questi vi è stata l’aggiunta domenica 9 giugno della Roma 10K, in occasione dei Campionati Europei di Atletica Leggera, che ha visto la presenza di 1559 atleti di 48 Paesi. Roma 10K è stata una gara di 10 km competitiva e non competitiva con partenza e arrivo ai Fori Imperiali, che ha riunito gli atleti ai runner e agli amatori provenienti da tutto il mondo per partecipare a una kermesse sportiva unica, in uno scenario dove, poco prima, aveva preso il via la mezza maratona ufficiale degli Europei.

E anche il concorso di Piazza di Siena, con la presenza di 30 paesi - da Mauritius agli Stati Uniti e con più di 50mila spettatori (con accesso gratuito), ha contribuito a due mesi che hanno valorizzato Roma sotto tutti gli aspetti, coniugando i grandi eventi sportivi, alla valorizzazione della città e alla promozione del turismo.

Tutte occasioni irripetibili per valorizzare le bellezze di Roma e condividere attraverso la sport una città unica al mondo.

Nel 2023 Roma, trainata dai grandi eventi sportivi, ma anche dai concerti internazionali, ha fatto il record di presenze, quasi 50 milioni. E nel 2024 le previsioni indicano che queste cifre verranno superate: nel primo quadrimestre di quest’anno ci sono stati il +7,52% di arrivi e +5,71% presenze rispetto a 12 mesi fa. Tra marzo e aprile 2024 l’occupazione media delle camere delle strutture ricettive romane era del’81,34%. A maggio e giugno , con l’estate in arrivo e i tanti appuntamenti sportivi in programma, come Internazionali d’Italia, Piazza di Siena, il Giro d’Italia e gli europei di atletica, le stime cresceranno ancora di più.

Una Roma più dinamica e attrattiva Roma che vuole offrire ai visitatori occasioni per tornare in città più di una volta: non più soltanto per ammirare i siti archeologici e i monumenti, ma anche per assistere a grandi eventi. Uno studio dell’Istituto per il Credito Sportivo, indica come il numero di turisti sportivi in Italia sia cresciuto dal 2019 al 2022, passando da 57 milioni a 63 milioni (+11,5%). Il Lazio e Roma si confermano uno dei territori più visitati, raccogliendo il 12,2% sul totale dei turisti sportivi che fanno tappa in Italia,

La magia degli internazionali di tennis a Piazza del Popolo a Roma

La magia degli Internazionali BNL d’Italia è arrivata quest’anno a  Piazza del Popolo. Un campo in terra rossa montato al centro di Roma dove, si sono svolte le prequalificazioni con due gare al giorno, una maschile e una femminile.  L’ingresso è stato gratuito. In una cornice unica, altro appuntamento molto atteso è il Torneo Internazionale Under 16, che ha messo in mostra molti talenti del futuro: la finale è stata isul campo ‘Nicola Pietrangeli’ al Foro Italico.

I veri protagonisti in Piazza del Popolo sono stati però centinaia di bambine e bambini grazie alle  numerose attività promosse dall’Istituto Superiore di Formazione ‘Roberto Lombardi’ e coordinate da Michelangelo Dell’Edera. Fino al 19 maggio, sono state convocate tutte le scuole tennis del Lazio e sono previsti una serie di raduni giovanili, a partire dagli Under 10. Grazie al supporto e alla passione dei tecnici federali, chiunque arrivi al campo può palleggiare con i maestri per un tempo limitato: un ulteriore modo per far scoprire il tennis e far appassionare tanti giovani.

Angelo Binaghi, Presidente Federazione Italiana Tennis e Padel: “Portare un pezzo di Internazionali nel cuore della città e il tennis a portata di tutti i romani, è

un’impresa che abbiamo tentato per anni, pur consapevoli delle difficoltà che avrebbe comportato solo immaginare di allestire un campo in terra rossa in un luogo come questo. Motivo per cui voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato con la FITP e Sport e Salute a questa impresa: la Soprintendenza e il Comune di Roma. Siamo orgogliosi di mettere a disposizione della cittadinanza un campo regolamentare dove porterà alcuni dei tennisti impegnati al Foro Italico con i match delle prequalificazioni e di un Torneo Internazionale Under 16. Il tennis nel cuore di Roma è un’altra fotografia del momento di grande popolarità che stiamo vivendo”.

Alessandro Onorato, Assessore allo Sport, Turismo, Moda e Grandi Eventi di Roma Capitale:  “Nessuno credeva che riuscissimo a realizzare questo progetto, ma ci siamo riusciti. Sono orgoglioso che quest’anno ci sia un campo da tennis a Piazza del Popolo, dove da oggi cominceranno le prequalificazioni con due incontri al giorno, uno femminile e uno maschile.. Sarà tutto gratuito: vogliamo avvicinare lo sport alle persone indipendentemente dalle condizioni socio-economiche. Tantissimi romani hanno capito l’importanza di questa iniziativa e apprezzeranno anche gli sforzi fatti per valorizzare l’immagine di Roma all’estero. I grandi eventi devono coinvolgere tutta la città e mai come quest’anno gli Internazionali d’Italia lo faranno. Il 6 maggio a Fontana di Trevi ci sono stati i sorteggi dei tabelloni, poi anche la Notte bianca del tennis, il contest tra le vetrine del centro storico sul migliore allestimento a tema con una comunicazione capillare per le strade”.

Giro d’Italia 2024: il Grande Arrivo a Roma nella cornice dei Fori Imperiali

È la più importante gara ciclistica nazionale e una delle più prestigiose al mondo, un primato che condivide solo con il Tour de France e la Vuelta spagnola. Dal 1908, anno in cui fu ideato dalla Gazzetta dello Sport, e con la sola eccezione del periodo delle due guerre mondiali, ogni anno il Giro d’Italia percorre in lungo e in largo la penisola con  un percorso sempre diverso che alterna salite in montagna (fiore all’occhiello della manifestazione) e tratti pianeggianti e dopo tre settimane di gara estenuante, con un percorso durissimo che si sviluppa su più di 3.300 chilometri, con due prove cronometrate, sei tappe pianeggianti e cinque tappe di montagna (tra cui una sulla collina di Superga, nel 75° anniversario della tragedia del “Grande Torino” a cui è stata dedicata la 107esima edizione), a pochi passi dal Colosseo ,un arrivo spettacolare nel cuore della storia, i Fori Imperiali a Roma Roma e il Giro d’Italia raccontano una lunga storia d’amore nata già nella prima edizione, nel 1909, quando

la Città Eterna fu sede di arrivo della quarta tappa, il 20 maggio. La Corsa Rosa nel 2024 ha chiuso il suo lungo “viaggio” nella Capitale per la sesta volta nella sua storia dopo quelle del 1911, 1950, 2009, 2018 e 2023.

“Rivendichiamo la scelta di aver voluto la conclusione del Giro a Roma - spiega il sindaco Gualtieri - Ci piace il rapporto che il Giro ha con la storia d’Italia. È uno degli appuntamenti sportivi classici che fanno l’identità nazionale. La nostra città è il luogo ideale per concluderlo e l’evento è stata una grande festa per romane, romani, turisti e tutti coloro che seguiranno la pedalata rosa. Il ciclismo è uno sport verde e sostenibile e il Giro interpreta questa transizione che stiamo cercando di incentivare in città. La manifestazione si è svolta su un tracciato unico che ha coinvolto anche anche a Ostia, valorizzando il mare di Roma”.

“I grandi eventi generano ricchezza, posti di lavoro, professionalità; - ha aggiunto l’assessore OnoratoRoma non è solo una cornice. Lo scorso anno abbiamo registrato 50 milioni di presenze turistiche perché abbiamo dato alle persone un motivo in più per tornare nella Capitale. La creazione di nuovi eventi genera un’immagine moderna della città. Vogliamo che il Giro d’Italia arrivi sempre nella Capitale d’Italia. Vogliamo che sia un’abitudine”.

Roberto Pella, Vice Presidente vicario di ANCI e Presidente della Lega ciclismo professionistico ha evidenziato “Abbiamo avuto la presenza di un pubblico numeroso e appassionato durante le tre settimane. Sono rimasto colpito in particolare dalla frazione del Monte Grappa e da Roma. Roma ci ha regalato uno spettacolo unico ”.

DOCUMENTI E RICERCHE

Il ruolo sociale dell’Intelligenza Artificiale negli ambienti urbani

Gli esseri umani hanno due tipi di abilità: fisiche e cognitive. In passato, le macchine erano in competizione con gli esseri umani sul piano fisico, oggi (e sempre di più) lo sono anche in campo cognitivo: gli scienziati sono in grado di hackerare gli esseri umani e l’intelligenza artificiale è in grado di superare le prestazioni umane in molte aree, anche nei campi tradizionalmente legati all’uso dell’intuizione. In più, mentre gli esseri umani sono individui e agiscono in modo individuale, le macchine possono facilmente essere connesse e integrate in una rete flessibile e potente.

Russell e Norvig (2009) postulano la definizione di intelligenza artificiale ad oggi più accettata e condivisa: “la progettazione e la costruzione di agenti che ricevono percezioni dall’ambiente e intraprendono azioni che influenzano quell’ambiente”. Quando si parla di IA si fanno considerazioni prettamente tecnologiche senza considerare che questa tecnologia è calata in un contesto sociale che non si può più ignorare.

La capacità dell’intelligenza artificiale (AI) di sviluppare abilità sociali è un argomento complesso e dibattuto. Da un lato, i sistemi di AI sono in grado di imparare e adattarsi a nuove informazioni, incluso il comportamento umano e le interazioni sociali. Possono analizzare grandi quantità di dati di conversazione e identificare modelli di comunicazione efficaci. Inoltre, possono essere addestrati a simulare conversazioni umane e fornire risposte appropriate in contesti sociali. Tuttavia, l’AI manca di alcune qualità fondamentali per le vere abilità sociali. Ad esempio, i sistemi di AI non hanno un corpo fisico e non possono sperimentare il mondo nello stesso modo in cui lo fanno gli umani. l nostro corpo gioca un ruolo fondamentale nel modo in cui sperimentiamo il mondo. Attraverso i nostri sensi percepiamo stimoli esterni, che vengono poi elaborati dal nostro cervello e generano emozioni. L’IA, invece, non ha sensi né un cervello: interagisce con il mondo solo attraverso dati digitali. L’AI non vive ne sperimenta emozioni. Inoltre, le emozioni umane sono

spesso legate a esperienze personali e relazioni sociali. L’IA non ha esperienze o relazioni come le nostre: non ha una famiglia, amici o un passato da cui attingere per dare senso alle sue esperienze. Questo limita la loro capacità di comprendere appieno le sfumature della comunicazione non verbale e le complessità delle emozioni umane.

Inoltre, l’AI manca di creatività e intelligenza sociale. Non possono improvvisare o adattarsi a situazioni sociali inaspettate e non possono capire le motivazioni o le intenzioni dietro le azioni umane. Nonostante queste limitazioni, l’AI ha il potenziale per sviluppare alcune abilità sociali utili. I sistemi di AI possono essere utilizzati per formare le persone sulle interazioni sociali, fornire supporto emotivo o assistere con compiti sociali complessi. Man mano che la tecnologia AI continua a svilupparsi, è probabile che vedremo sistemi AI in grado di interagire con gli esseri umani in modo più naturale e socialmente intelligente.

Tuttavia, questo non significa che l’IA sia completamente incapace di comprendere o simulare le emozioni. I sistemi di IA possono essere addestrati a riconoscere le emozioni umane da espressioni facciali, tono di voce e linguaggio. Possono anche essere progettati per generare risposte emotive appropriate in determinate situazioni.

Ad esempio, una chatbot di assistenza clienti potrebbe essere addestrata a mostrare empatia e comprensione quando un cliente esprime frustrazione o rabbia. Oppure, un robot sociale potrebbe essere progettato per esprimere gioia ed entusiasmo quando interagisce con persone.

Di recente Andrei Barbu, ricercatore dell’MIT, (https://www.forbes.com/sites/johnwerner/2023/11/2 8/the-social-side-of-ai-think-carefully-about-the-future/?sh=4fd4dc864f78) ha parlato della connotazione sociale dell’intelligenza artificiale e di come i modelli

Lucio Corsaro e Gianluca Vaccaro BHAVE

potrebbero evolvere per migliorare nelle interazioni sociali, assumendo comportamenti più “umani”. Barbu immagina un futuro in cui l’intelligenza artificiale (IA) sia in grado di imparare a comportarsi come gli esseri umani semplicemente osservando. Niente set di dati di training, niente programmazione esplicita: gli agenti sociali di Barbu impareranno “a zero shot”, imitando direttamente le nostre azioni e le nostre interazioni.

Pensiamo al gioco degli scacchi: un agente sociale dovrebbe essere in grado di osservare altri giocatori e imparare le regole e le strategie semplicemente osservando le loro mosse. Questo tipo di apprendimento autonomo è fondamentale per replicare le complesse interazioni umane, che si basano su una vasta gamma di segnali non verbali, emozioni e intenzioni. La capacità dell’AI di sviluppare abilità sociali dipenderà da come definiamo “abilità sociali” e dagli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere. Se il nostro obiettivo è creare sistemi AI in grado di interagire con gli umani nello stesso modo in cui lo fanno gli altri umani, è probabile che ci vorrà ancora molto tempo. Tuttavia, se il nostro obiettivo è sviluppare sistemi AI che possano essere utili agli esseri umani in modi sociali, allora è probabile che l’AI abbia già avuto successo.

Sfide etiche e sociali

Sarebbe una follia essere contrari alla guida automatica*: il 90% degli incidenti che causano 1,25 milioni di morti l’anno nel mondo sono imputabili a errore umano: guida in stato di ebrezza, distrazione, eccesso di velocità. In altre parole, i veicoli a guida autonoma potrebbero salvare un milione di vite l’anno.

Tuttavia, l’utilizzo dell’IA nelle città presenta anche alcune sfide etiche e sociali. Ad esempio, è importante garantire che i sistemi di IA siano progettati in modo da non discriminare o escludere determinate categorie di persone. Inoltre, è necessario tutelare la privacy dei cittadini e garantire che i loro dati personali non vengano utilizzati in modo improprio.

Un’altra sfida è quella di garantire che i benefici dell’IA siano distribuiti in modo equo tra tutti i cittadini. Ad esempio, è importante evitare che si creino divari digitali che lascino indietro le persone più svantaggiate.

Ma la sfida più importante riguarda l’ansia e la preoccupazione dei cittadini relativamente su cosa succede quando questi sistemi diventano così potenti da poter controllare o indirizzare socialmente o in altro modo i comportamenti non solo del singolo ma di intere comunità di persone. Ad esempio, recentemente migliaia di veicoli sono usciti dall’A22 e si sono immessi nella strada statale perché l’applicazione IA di Google Map ha tagliato un pezzo di strada, con conseguente traffico

in tilt, migliaia di macchine che bloccano il centro di Vipiteno e chilometri di coda per ore. (https://corrieredeltrentino.corriere.it/notizie/cronaca/24_maggio_3 0/google-maps-l-app-cancella-un-tratto-di-autobrennero-traffico-in-tilt-da-vipiteno-verso-l-austriaf52049c8-b468-457a-81a8-6dcf000d3xlk.shtml)

Nel giugno 2021 Londra, Barcellona e Amsterdam lanciarono il Global Observatory on Urban AI con l’intento di monitorare le tendenze di diffusione dell’IA e promuoverne l’uso etico e responsabile è questo un esempio di come le sfide etiche e sociali possono essere affrontate a livello urbano.

Verso città più inclusive e vivibili

L’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria per migliorare la qualità della vita nelle città, l’IA ha il potenziale per rivoluzionare anche il lato sociale della vita nelle città, creando città più inclusive e vivibili per tutti. Esempi concreti di come l’IA viene già utilizzata nelle città:

Amsterdam: la città olandese utilizza l’IA per ottimizzare la gestione dei rifiuti, riducendo i costi e l’inquinamento.

Singapore: la città-stato asiatica utilizza l’IA per migliorare la sicurezza pubblica, identificando potenziali minacce e prevenendo crimini.

San Francisco*: Nel giugno del 2022 lo stato della California ha autorizzato un servizio di “taxi robotici” in alcune parti della città di San Francisco, dove da allora è possibile muoversi a pagamento su macchine in grado di guidarsi da sole.

Barcellona: la città spagnola utilizza l’IA per migliorare la mobilità, ottimizzando i flussi di traffico e riducendo i tempi di attesa per i mezzi pubblici.

L’IA può anche essere utilizzata per migliorare l’accessibilità della città per le persone con disabilità. Ad esempio, può essere impiegata per sviluppare sistemi di navigazione che forniscano indicazioni personalizzate in base alle esigenze di ogni persona. Oppure, può essere utilizzata per creare sistemi di riconoscimento vocale che permettano alle persone con disabilità di interagire con i servizi pubblici in modo più semplice. Le sue potenzialità spaziano da una gestione più efficiente delle risorse urbane alla creazione di contesti sociali più inclusivi e vivibili. Vediamo alcuni ambiti in cui l’IA può apportare un contributo significativo:

1. Mobilità intelligente:

• Ottimizzazione del traffico: Sistemi di IA possono analizzare i flussi di traffico in tempo reale e suggerire percorsi alternativi per ridurre congestioni e tempi di attesa.

• Mezzi di trasporto autonomi: Autobus, tram e taxi a guida autonoma possono migliorare l’efficienza e la sicurezza dei trasporti pubblici, riducendo incidenti e inquinamento.

• Mobilità come servizio (MaaS): Piattaforme integrate che combinano diverse modalità di trasporto (pubblico, privato, sharing) con l’ausilio dell’IA possono facilitare gli spostamenti e ridurre l’utilizzo di mezzi privati.

2. Gestione urbana efficiente:

• Manutenzione predittiva: Algoritmi di IA possono analizzare sensori e dati per prevedere guasti a infrastrutture come strade, ponti o illuminazione pubblica, permettendo interventi di manutenzione tempestivi e riducendo i disagi per i cittadini.

• Gestione dei rifiuti: Sistemi di IA possono ottimizzare i percorsi di raccolta dei rifiuti, ridurre i costi e l’impatto ambientale.

• Monitoraggio energetico: L’IA può aiutare a ottimizzare i consumi energetici di edifici pubblici e privati, riducendo le emissioni e promuovendo la sostenibilità.

3. Sicurezza pubblica e prevenzione del crimine:

• Analisi di dati da telecamere di sorveglianza: L’IA può identificare in tempo reale comportamenti sospetti e allertare le forze dell’ordine, prevenendo crimini e incidenti.

• Predizione di reati: Algoritmi di IA possono analizzare dati storici e sociali per identificare aree a rischio criminalità e allocare risorse di polizia in modo più efficace.

• Supporto alle forze dell’ordine: Sistemi di IA possono assistere le forze dell’ordine nell’analisi di scene del crimine, riconoscimento facciale e ricostruzione di eventi.

4. Servizi ai cittadini e partecipazione attiva:

• Piattaforme di comunicazione e partecipazione: L’IA può facilitare la comunicazione tra cittadini e amministrazione, permettendo di segnalare problemi, suggerire soluzioni e partecipare a processi decisionali.

• Servizi personalizzati: Sistemi di IA possono fornire servizi ai cittadini in modo personalizzato, ad esempio consigli su eventi culturali, itinerari turistici o servizi di assistenza sociale.

• Accessibilità per disabili: L’IA può aiutare a sviluppare soluzioni tecnologiche che migliorino l’accessibilità della città alle persone con disabilità, come sistemi di riconoscimento vocale o mappe tattili.

5. Gestione dell’ambiente e sostenibilità:

• Monitoraggio ambientale: L’IA può essere utilizzata per monitorare la qualità dell’aria e dell’acqua, identificare inquinamento e sviluppare strategie per la tutela dell’ambiente.

• Gestione delle risorse idriche: Sistemi di IA possono ottimizzare l’utilizzo dell’acqua, ridurre gli sprechi e prevenire periodi di siccità.

• Promozione di comportamenti sostenibili: L’IA può essere utilizzata per sviluppare campagne di sensibilizzazione e incoraggiare i cittadini ad adottare comportamenti più sostenibili.

Città artificialmente intelligente (Artificially Intelligent City)

Le città del futuro saranno intelligenti, autonome e guidate dall’intelligenza artificiale (IA). Non si tratta di una semplice evoluzione delle attuali “Smart City”, ma di un salto di livello che porterà a una gestione urbana completamente automatizzata e basata su dati e algoritmi.

Cosa distingue una città artificialmente intelligente da una Smart City?

Yigitcanlar T. et al offrono una interessante definizione di una città artificialmente intelligente «Un sistema urbano che funziona come un sistema di sistemi, le cui attività economiche, sociali, ambientali e governative si basano su pratiche sostenibili guidate da tecnologie di intelligenza artificiale, che consentono di raggiungere il bene sociale ed altri risultati utili a tutti gli esseri umani e non umani» (Yigitcanlar T. et al., 2020, Can Building “Artificially Intelligent Cities” Safeguard Humanity from Natural Disasters, Pandemics, and Other Catastrophes? An Urban Scholar’s Perspective, Sensors, 20(10), 2988).

Le Smart City, nate all’inizio degli anni 2000, utilizzano tecnologie come sensori, reti IoT e Big Data per migliorare l’efficienza di servizi come la gestione dei rifiuti, il traffico e l’illuminazione pubblica. Le città artificialmente intelligenti, invece, vanno oltre: grazie all’IA, saranno in grado di gestirsi autonomamente, senza bisogno di un intervento umano costante.

*La mia prima volta su un taxi a guida autonoma… e scusate lo slang…me la sono quasi “fatta addosso” …non perché guidava male…anzi! ma il pensiero che ho messo la mia vita nelle mani di un IA mi ha messo un po’ d’ansia e preoccupazione…vabbè † Ω è pure vero che “mi viene l’ansia” anche quando guida mio figlio più grande che ha 22 anni e quando guida mi sembra di stare sul tagadà o le montagne russe…(certe volte quando scendo dalla macchina guidata da mio figlio mi viene voglia di baciare per terra �� e fare festa perché sono ancora vivo †…) è anche vero a suo merito che non ha mai fatto un incidente…mia figlia (21) invece mi da più sicurezza va piano non fa sorpassi ed è molto attenta alla guida…però ha già fatto 4 incidenti…alla luce dei fatti è più sicuro andare in macchina con mio figlio che con mia figlia! Tornando alla guida ad IA però, non ostante di mio ho una macchina di quelle che parcheggiano da sole, non ero abituato ne totalmente consapevole di come un IA possa prendere decisioni e agire autonomamente, senza supervisione umana…e di prima impressione è inquietante…della serie a mio figlio mentre guida certe volte gli dico (anzi strillo)… rallenta, frena, attento…cavolo vai piano…e lui mi risponde a pà tranquillo ho tutto sotto controllo anche quando va 40km sopra il limite di velocità…(non capisco come fa a non prendere multe!) invece la guida ad IA non supera mai i limiti (…che lentezza) mantiene le distanze (che noia), non sorpassa mai (che barba) …insomma non la si può rimproverare ed il rischio più grosso non è che va addosso a qualcuno ma che qualcuno gli vada addosso o che si prenda una serie di “vaffa” per come guida… insomma lei segue pedissequamente le regole…noi umani invece “interpretiamo” le regole… Insomma pensando alla possibilità di farsi guidare (o prendere ordini) da un intelligenza artificiale la questione è di tipo etico, morale ed emozionale più che di tipo tecnico o correttezza/qualità delle decisioni che IA può prendere!!

La mia prima volta su un taxi a guida autonoma…

STATI GENERALI DIABETE

Gli STATI GENERALI SUL DIABETE nascono come uno spazio aperto di dialogo, ad inviti, accessibile a tutti i portatori di interessi collettivi sociali, economici, politici e sanitari sul diabete, che ha visto riunito tutte le parti sociali, le società scientifiche, le associazioni di categoria e gli esperti, per trovare una strategia comune per portare il diabete al vertice dell’agenda politica del nostro Paese.

Nel 2022 all’inizio della XIX Legislatura è stato siglato un “PATTO DI LEGISLATURA SUL DIABETE”, che evidenziava come il diabete sia una delle più diffuse malattie croniche non trasmissibili e che rappresenta una patologia complessa, che, per il suo forte impatto socio economico sanitario, necessita di una forte attenzione istituzionale. In Italia le persone con diabete sono circa 4 milioni, e si stima che un ulteriore milione sia affetto dalla malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. Se non diagnosticato, diagnosticato tardivamente o non trattato appropriatamente il diabete può causare complicanze severe, che coinvolgono diversi organi e apparati, incidendo negativamente sul benessere della persona, condizionandone pesantemente la qualità e la durata di vita e gravando in termini di costi sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.

Il “PATTO DI LEGISLATURA SUL DIABETE”, presentato nel 2022, impegnava il Governo, Parlamento e tutte le forze politiche perché questa patologia trovi un posto rilevante nell’ agenda politica, governativa e parlamentare di questa legislatura. Alcuni interventi legislativi approvati in questa legislatura, come la LEGGE 15 settembre 2023, n. 130 “Disposizioni concernenti la definizione di un programma diagnostico per l’individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia nella popolazione pediatrica” e altri DDL depositati nei due rami del Parlamento dimostrano una rinnovata attenzione politico-istituzionale sul diabete e sull’obesità.

Da questo impegno comune nascono gli STATI GENERALI SUL DIABETE, iniziativa, che ha visto coinvolti i presidenti o loro delegati delle società scientifiche dell’area endocrino-diabetologica e delle associazioni delle persone con diabete, le componenti sociali, gli esperti e che ha portato alla stesura del presente documento, che include spunti programmatici

emersi nel dibattito degli STATI GENERALI in tema di prevenzione, diagnosi precoce, monitoraggio, cura e organizzazione dell’assistenza erogata alle persone con diabete in Italia. Inoltre, esso sottolinea l’irrinunciabilità dell’accesso all’innovazione tecnologica, diagnostica, terapeutica, nella cura e nel monitoraggio e la necessità di liberare risorse per garantire la piena accessibilità equa sul tutto il territorio nazionale.

La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica un ampio spazio alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e territoriale, nel tentativo di rispondere alle criticità che la pandemia ha reso ancora più evidenti, e che potrebbero aggravarsi a causa dell’accresciuta domanda di salute derivante dal trend demografico, epidemiologico e sociale. L’esperienza emergenziale e le nuove opportunità offerte dal PNRR delineano un contesto in cui si impone di ragionare in ottica di potenziamento e rafforzamento dell’offerta di salute dedicata alla cronicità di cui il diabete rappresenta il modello per eccellenza. L’auspicio è che i cambiamenti derivanti dall’adozione del PNRR, anche attraverso l’istituzione delle “case della comunità”, trovino fondamento nelle esperienze positive già attuate e vengano sviluppati team multidisciplinari.

Il coordinamento del modello di presa in carico da parte dello specialista endocrinologo-diabetologo, una compiuta integrazione fra Strutture endocrino-diabetologiche e Medicina Generale all’interno di un sistema di rete multispecialistica e multiprofessionale, l’organizzazione e la corretta allocazione delle risorse umane e strutturali sono elementi essenziali per continuare a garantire e migliorare i livelli qualitativi e gli outcome di salute dell’assistenza diabetologica, così come prevista dal Piano Nazionale della Malattia Diabetica. L’auspicio è che il nuovo modello organizzativo, mutuando gli aspetti virtuosi dell’esperienza clinicoassistenziale maturata negli ultimi anni - a partire dalla multi-professionalità garantita dal team endocrinodiabetologico - sappia declinare questo patrimonio di professionalità, conoscenze e competenze in chiave di maggiore prossimità e capillarità, sfruttando a pieno anche l’opportunità offerta dalle nuove tecnologie.

LEGGI IL DOCUMENTO QUI:

https://aemmedi.it/wp-content/uploads/2024/04/Documento-finale-web-STATI-GENERALI-2024.pdf

LE CITTÀ METROPOLITANE: OFFERTA SANITARIA E PROFILI DI MORTALITÀ

Istat

Gli indicatori di offerta ospedaliera e mortalità evitabile nelle città metropolitane rappresentano un’utile risorsa per comprendere lo stato di salute pubblica e l’efficacia di alcuni sistemi sanitari urbani. Questi dati possono variare notevolmente tra le diverse città, influenzati ovviamente da una vasta gamma di fattori, tra cui la densità di popolazione, le politiche sanitarie locali e la prevalenza di malattie croniche.

Un recente studio dell’Istat, (*Salute e offerta sanitaria nelle città (istat.it)) analizza una selezione di indicatori di offerta ospedaliera e di mortalità evitabile nelle 14 città metropolitane1, focalizzando l’attenzione sulla persistenza di disuguaglianze molto forti tra le diverse realtà urbane, talvolta più forti delle stesse differenze che si riscontrano tra regioni o ripartizioni. La dicotomia tra Centro-Nord e Mezzogiorno si riflette a livello urbano, ma con interessanti specificità all’interno delle stesse città Metropolitane, il cui territorio è stato analizzato distinguendo tra comuni capoluogo, comuni che gravitano nella prima cintura urbana, quelli delle seconde cintura e i rimanenti comuni della città metropolitana, individuati mediante criteri di contiguità geografica.

Le Città metropolitane oggetto dell’analisi comprendono il 16% dei comuni italiani, dove complessivamente risiedono 21,3 milioni abitanti pari al 36,2% della popolazione italiana.

Quasi la metà della popolazione delle città metropolitane (43,2%) risiede nei 14 poli urbani rappresentati dai comuni capoluogo, il 18,1% si trova nei comuni delle prime cinture, nei comuni delle seconde cinture risiede il 14,3% della popolazione infine nel restante territorio metropolitano in cui vive il 24,3% della popolazione.

1 Dal punto di vista amministrativo, le città metropolitane sono enti territoriali di area vasta che hanno sostituito le province in 10 aree urbane di regioni a statuto ordinario - Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria - a cui si aggiungono quattro città metropolitane di Regioni a statuto speciale - Palermo, Catania, Messina e Cagliari.

Offerta ospedaliera

Nell’insieme delle città metropolitane si concentra in media circa il 35% dei posti letto totali presenti nella regione di appartenenza, con notevoli differenze tra i territori. A Roma si osserva la maggiore concentrazione: ogni 100 posti letto del Lazio, quasi 82 sono offerti da strutture ospedaliere del territorio metropolitano della capitale. A Genova sono localizzati il 63% dei posti letto della Liguria, analoghe percentuali anche a Torino e a Napoli rispetto alla disponibilità dei posti del Piemonte e della Campania. I valori più bassi, tra il 16 e il 18%, si trovano a Messina e Venezia.

Nelle città metropolitane, in genere, l’alta concentrazione di posti letto in un certo territorio corrisponde ad una elevata concentrazione di popolazione. Fanno eccezione, con una dotazione di posti letto superiore al peso della popolazione, la città metropolitana di Firenze, che offre quasi un terzo dei posti letto regionali a fronte di una popolazione residente che non raggiunge il 18% di quella toscana, e la città metropolitana di Cagliari, dove si concentra oltre il 40% dei posti letto della regione Sardegna mentre vi risiede il 27% della popolazione regionale. All’opposto, nelle città metropolitane di Napoli e di Bari il peso della popolazione residente è notevolmente superiore alla percentuale di posti letto nelle rispettive regioni.

I comuni capoluogo svolgono tipicamente un ruolo baricentrico con una dotazione di posti letto ospedalieri, 7,2 ogni 1.000 abitanti, nettamente più elevata rispetto ai territori satellite. Tale quota scende infatti a 1,9 posti letto per 1.000 abitanti nei comuni di prima cintura e a 2,1 nei comuni di seconda cintura.

Il confronto fra i capoluoghi delle 14 città metropolitane mostra però un andamento particolarmente diversificato: Cagliari è il comune con la maggiore dotazione di posti letto ordinari e in day hospital per abitante (13,4 per 1.000), seguito dai i comuni di Bari e Catania. I valori minimi si riscontrano viceversa a Reggio Calabria e Genova con una disponibilità di posti letto totali di soli 5,5 ogni 1.000 abitanti. Coerentemente con la maggiore disponibilità di posti

letto, i comuni capoluogo sono caratterizzati anche da tassi di ospedalizzazione più elevati . Con riferimento alla fascia di età 0-74 anni si sono osservate 95,5 dimissioni ogni 1.000 abitanti residenti nel 2021 e l’intensità del fenomeno diminuisce in funzione dell’allontanamento dei territori sub urbani dal comune polo, per attestarsi a 91,7 ogni 1.000 rilevati fra i residenti degli Altri comuni di città metropolitana.

Fra i comuni capoluogo, Genova ha il tasso di ospedalizzazione più elevato (113,6 ogni 1.000 abitanti), seguita da Napoli e Cagliari (oltre 108 ogni 1.000). Questi stessi territori si distinguono anche per l’alta quota di ricoveri nelle aree sub metropolitane; in particolare a Cagliari le dimissioni della popolazione residente nei comuni di prima e di seconda cintura urbana oscillano fra 105 e 108 dimissioni ogni 1.000 residenti.

Mobilità ospedaliera

Una misura indiretta delle disuguaglianze territoriali può essere ricavata osservando la mobilità ospedaliera, ossia la scelta di ricevere cure sanitarie in una regione diversa da quella di residenza. Questo fenomeno è diventato sempre più comune nel panorama sanitario italiano degli ultimi anni, basti notare che nel triennio 2007-2009, riguardava il 7,4% delle dimissioni ospedaliere, dieci anni dopo era salito all’8,3%. Le misure restrittive adottate per contenere la pandemia da Covid-19 hanno causato una contrazione nel 2020, ma già nel 2021 si è osservata una ripresa degli spostamenti, con una percentuale di dimissioni ospedaliere fuori regione che sfiora l’8%.

La mobilità ospedaliera dei residenti nelle città metropolitane è costantemente inferiore alla media nazionale, con notevoli variazioni territoriali. In questo caso la disparità tra Nord e Sud è particolarmente evidente. Nella città metropolitana di Reggio Calabria, nel 2021, quasi un paziente su quattro ha ricevuto cure mediche al di fuori della regione, registrando un aumento rispetto agli anni precedenti. Anche altre città metropolitane, come Genova, presentano un significativo flusso di pazienti che si spostano verso altre regioni per ricevere cure. La propensione allo spostamento per ragioni di cura mantiene un andamento temporale che ricalca il trend nazionale anche in corrispondenza degli altri ambiti urbani, con intensità maggiore per i residenti nei comuni più distanti dai comuni polo.

Mortalità evitabile

La mortalità evitabile, che include sia le componenti prevenibili che trattabili, si riferisce ai decessi che potrebbero essere significativamente ridotti attraverso misure di prevenzione primaria, diagnosi precoci, trattamenti efficaci e altri interventi di sanità pubblica. Questo indicatore è utile per valutare l’efficacia delle politiche sanitarie adottate.

Nel 2021, il tasso standardizzato di mortalità evitabile per le persone di età compresa tra 0 e 74 anni in Italia è stato di 19,2 per 10.000 residenti, mostrando una leggera diminuzione rispetto al 2020. Tuttavia, è importante notare che il trend decrescente di questo indicatore si era interrotto bruscamente con l’arrivo della pandemia, che ha fortemente influenzato i livelli e le dinamiche della mortalità in Italia nel 2020 e 2021.

Nello stesso anno, nelle città metropolitane, il tasso standardizzato di mortalità evitabile per le persone di età compresa tra 0 e 74 anni è stato leggermente superiore alla media nazionale, con un valore di 20 decessi ogni 10.000 abitanti. Questo rappresenta un incremento del 16,6% rispetto alla media del periodo 20172019, precedente alla pandemia da Covid-19. Analogamente al dato nazionale, l’aumento recente è principalmente attribuibile alla componente prevenibile. Questa componente aveva registrato una diminuzione del 21,6% nel decennio pre-pandemico (passando da 13,4 decessi ogni 10.000 abitanti nel periodo 2007-2009 a 10,5 nel periodo 2017-2019), per poi stabilizzarsi intorno a 13 decessi ogni 10.000 abitanti nei due anni della pandemia. Va sottolineato che l’incremento della mortalità prevenibile durante la pandemia è stato prevalentemente causato dai decessi per Covid-19, che sono stati circa tre per 10.000 abitanti. La mortalità trattabile, invece, ha mostrato un andamento meno uniforme: è diminuita del 18,8% dal 2007-2009 al 2017-2019, è leggermente aumentata nel 2020 e si è stabilizzata nel 2021 ai livelli pre-pandemia (6,4 decessi ogni 10.000 abitanti).

Le città metropolitane del Mezzogiorno hanno evidenziato i valori più elevati di mortalità evitabile, ad eccezione di Cagliari che si posiziona sotto la media nazionale.

Napoli ha registrato il tasso più alto, con 27,1 decessi evitabili ogni 10.000 abitanti nel 2021, seguita da Messina e Palermo con circa 23 decessi ogni 10.000 abitanti. In particolare, la città metropolitana di Napoli presenta i valori più elevati anche nel comune capoluogo (29,3 decessi ogni 10.000 abitanti) e nelle sue aree suburbane, con una differenza che varia da un massimo di nove decessi per 10.000 abitanti nel capoluogo a cinque decessi per 10.000 abitanti nelle prime cinture urbane.

Al contrario, la città metropolitana di Firenze, con 16 decessi evitabili ogni 10.000 abitanti, presenta la mortalità più bassa, insieme a Bologna e Milano, che registrano circa 17 decessi evitabili ogni 10.000 abitanti.

DOCUMENTO di RIFERIMENTO

https://www.istat.it/it/files//2024/05/Focus_Salute-e-offerta-sanitaria-nelle-citt%C3%A0.pdf

NELLE CITTÀ METROPOLITANE

Citt metropolitana di Reggio Calabria: cure ospedaliere fuori regione per un paziente su quattro

La mobilit ospedaliera, ovvero la scelta di usufruire delle cure di un sistema regionale sanitario diverso da quello della propria regione di residenza, Ł un fenomeno complesso generato da una molteplicit di fattori quali la prossimit dei presidi ospedalieri, la qualit delle prestazioni erogate (spesso collegata all’aspettativa di esiti significativamente migliori rispetto a quelli che si otterrebbero facendosi curare nella propria regione), la casualit associata agli spostamenti temporanei della popolazione e la carenza quantitativa o qualitativa di un’appropriata assistenza sanitaria.

La stessa normativa nazionale 4 e gli accordi fra le regioni disciplinano l’ambito di applicazione del fenomeno, rendendo concreto e fruibile il servizio per i cittadini.

Sebbene dal punto di vista sanitario la mobilit ospedaliera tra regioni costituisca un pilastro per garantire l ’equit nell’accesso alle cure, Ł possibile individuare alcuni aspetti sociali potenzialmente critici. In primo luogo l’allontanamento dal proprio contesto familiare e dall’abituale rete di sostegno pu agire negativamente sul benessere fisico e mentale del paziente, rendendo piø complesso il processo di guarigione e recupero. Inoltre la mobilit ospedaliera potrebbe non essere accessibile a tutti, sia per ragioni economiche sia logistiche, creando ulteriori barriere nell’accesso alle cure. Fra i diversi aspetti, in questa sede l’attenzione è focalizzata sulla mobilit ospedaliera passiva, misurata attraverso l ’indice di emigrazione, calcolato come rapporto percentuale fra il numero di dimissioni ospedaliere di residenti nelle citt metropolitane e nelle rispettive articolazioni territoriali avvenute fuori dalla regione e il totale delle dim issioni dei residenti nella regione.

La mobilit ospedaliera interregionale Ł ormai un fenomeno strutturale che caratterizza i sistemi sanitari: nel triennio 2007-2009 a livello italiano riguardava 7,4 dimissioni ogni 100 mentre dopo 10 anni (triennio 2017-2019) si rileva un incremento di quasi una dimissione ogni 1.000. Nel 2020 si assiste inevitabilmente a una riduzione del fenomeno, mentre nel 2021, con l’allentamento delle misure restrittive tese al contenimento dell’ondata pandemica da Covid-19, gli spostamenti mostrano segnali di ripresa, sfiorando otto dimissioni ospedaliere ogni 100.

FIGURA 4. INDICE DI EMIGRAZIONE OSPEDALIERA FUORI REGIONE. Trienni2007-2009,2017-2019,anni2020e2021, valoripercentuali

Città metropolitana

Fonte: Elaborazioni su dati Ministero della Salute, Scheda di dimissione ospedaliera – SDO

Comuni capoluogo e cinture urbane

ComunicapoluogoComuniIcintura ComuniIIcinturaAltricomuniCM

4 D.lgs. 502/1992 “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” - D.lgs. 517/1993 “Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” - D.lgs. 229/1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419”

LA PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA NELLE CITTÀ ITALIANE: UN CONFRONTO EUROPEO NEI DATI ISTAT

La rilevazione Quality of life in European cities, condotta dalla Commissione Europea con il contributo dell’Istat in una selezione di città europee, è rivolta ad accrescere la conoscenza sulla qualità della vita percepita in ambito urbano. L’indagine si inserisce nel filone di studi sulla “life satisfaction” ed è rivolta a misurare diversi aspetti, tra i quali: la percezione della qualità della vita nella propria città, sia in termini generali che rispetto a specifiche dimensioni (lavoro, servizi pubblici, sicurezza, ambiente, Amministrazione locale ecc.); le opinioni sulla capacità inclusiva della città; il sostegno da parte delle reti sociali e la fiducia verso i propri concittadini;le opportunità offerte dalla città, come trovare un buon lavoro e un alloggio.

L’obiettivo è quello di comparare i dati delle 26 città italiane considerate nell’indagine (edizione 2023) alle altre 59 città dell’Unione europea che fanno parte dell’universo di riferimento, al fine di evidenziare punti di forza e di debolezza dei contesti urbani del nostro Paese e di rilasciare informazioni utili a definire meglio le politiche urbane. In totale sono state considerate 85 città.

Principali evidenze

• Nelle città italiane considerate, la quota di popolazione soddisfatta per la vita nella propria città nel 2023 ègeneralmente alta (superiore all’80%). Il valore minimo si registra a Taranto (47,8%) e il valore massimo a Trento (95,4%).

• In sei città italiane si osservano percentuali molto alte della popolazione soddisfatta di vivere nella propria città (superiori al 90%) e sono: Trento, Trieste, Cagliari, Bergamo, Brescia, Bolzano/Bozen; Trento, in particolare, si colloca anche al primo posto della graduatoria europea (85 città).

• Quote piuttosto basse di popolazione italiana ritengono che la qualità della vita sia migliorata negli ultimi cinque anni. Fanno eccezione Bari e Messina. A Bari,

in particolare, oltre la metà della popolazione ritiene che la qualità della vita negli ultimi cinque anni sia migliorata. Si tratta di uno dei migliori risultati a livello europeo.

• Più della metà dei cittadini di alcune città italiane ritengono che la qualità della vita nella propria città sia peggiorata negli ultimi cinque anni. A pensarla così sono la maggior parte dei cittadini di Firenze, Sassari, Bolzano/Bozen, Catania, Parma, Roma, Venezia e Reggio di Calabria.

• Le percentuali più alte (oltre l’85%) di persone soddisfatte dei servizi sanitari, medici e ospedali si osservano nell’Ue nelle città del Benelux e in Germania. In Italia le percentuali più elevate sono registrate nel Centro-nord (spiccano Bologna, Verona e Trieste) mentre le percentuali più basse sono rilevate nelle città meridionali.

• Gli abitanti delle città italiane sono in media meno soddisfatti dei trasporti pubblici rispetto a quelli delle altre città europee. In Italia, le quote più alte di cittadini soddisfatti per i trasporti pubblici sono quelle di Milano, Trieste e Bolzano/Bozen, mentre le percentuali più basse sono rilevate in alcune città dell’Italia meridionale, a Roma e a Perugia.

• La soddisfazione per gli spazi verdi come parchi e giardini è espressa da ampie quote di cittadini dell’Europa occidentale e del Nord. Nel nostro Paese le quote più alte di abitanti soddisfatti per questo tipo di spazi sono rilevate a Trento, Bolzano/Bozen e Cagliari, mentre quelle più basse si registrano perlopiù nellecittà del Sud.

• Le percentuali di soddisfatti per le infrastrutture sportive sono particolarmente alte nelle città finlandesi, in alcune città francesi e in altre dell’Europa continentale (come Lussemburgo). Tra le città italiane, quelle in cui vi è maggior soddisfazione per campi sportivi e palazzetti dello sport sono Trento, Bologna e Bol-

zano/Bozen(con percentuali che superano il 70% di persone soddisfatte).

• A sentirsi soddisfatti per le scuole e gli altri servizi di formazione sono ampie quote della popolazione urbana della Ue, inclusa quella italiana. Con riferimento alle infrastrutture culturali (teatri, musei, biblioteche) le città italiane con i maggiori livelli di soddisfazione sono Milano, Trento, Bergamo, Parma, Brescia, Trieste, Bolzano/Bozen, Firenze.

• In circa tre quarti delle città italiane, meno della metà degli abitanti si ritiene soddisfatta della pulizia della città. Di questo gruppo fanno parte tutte le città meridionali e le città più grandi.

• Tra le prime 20 città dell’Ue in cui l’automobile è indicata come mezzo di trasporto usato più spesso troviamo quasi tutte città italiane del Centro e del Mezzogiorno ma anche alcune città del Nord. I mezzi di trasporto pubblico urbano risultano essere i mezzi di trasporto privilegiati di molte capitali europee mentre l’unica città italiana in una situazione simile è Milano. L’uso della bicicletta in Italia è ancora piuttosto limitato.

• Le città italiane dove oltre la metà dei cittadini ritiene che sia facile trovare un buon lavoro sono Bolzano/Bozen, Milano, Trento, Brescia, Parma, Bergamo (con quote molto simili a quelle di Vienna, Parigi,Dublino). Le percentuali più basse sono rilevate nelle città dell’Italia meridionale.

• In gran parte delle città dell’universo d’indagine, percentuali relativamente basse di persone ritengono facile trovare un buon alloggio a un prezzo ragionevole. Il problema è fortemente accentuato a Firenze, Milano e Bolzano/Bozen (dove meno del 5% dei residenti ritiene la ricerca di un alloggio un’operazione semplice).

• In tutte le città osservate, oltre il 50% degli abitanti ritiene di poter contare sull’aiuto materiale da parte di amici, vicini e altre persone in caso di bisogno. Le quote di persone che pensano di poter ricevere aiuto non materiale sono coerenti con le precedenti ma tendenzialmente più alte.

• In tutte le città esaminate la maggior parte degli abitanti concorda nel ritenere la propria città un buon posto per vivere per le persone in generale, ma meno per la popolazione immigrata. Le percentuali più basse di chi ritiene la città un posto accogliente per gli immigrati si osservano in alcune città del Mezzogiorno

ma anche a Trieste e Genova, mentre quella più alta si rileva a Bologna (con valori simili a quelli di Madrid ed Helsinki).

• Bologna è una delle città Ue dove si osserva la più alta percentuale di residenti (85,3%) che ritiene la città un buon posto per vivere per le persone omosessuali (quote simili si trovano in Olanda e Danimarca). Le percentuali più basse sono rilevate invece in città del Sud Italia, in Grecia e in varie città dell’Europa dell’Est.

• Nelle città italiane si osservano le percentuali più basse di persone che si sentono sicure a camminare da sole di notte nella propria città. Le quote più ridotte (inferiori al 30%) si rilevano a Catania, Milano, Taranto, Genova, Venezia, Parma e Bari. Roma è la capitale con la percentuale più bassa (36,8%) di chi si sente sicuro a camminare da solo la notte.

• Una bassa efficienza percepita dell’Amministrazione pubblica locale è espressa in quasi tutte le città dell’Italia meridionale e in città come Roma, Firenze, Perugia, Genova, Milano, Torino, Venezia. I valori più alti sono invece rilevati nelle città del Nord Italia, che presentano valori simili a molte città tedesche, francesi,spagnole e dell’Europa dell’Est.

• La percezione che nella propria Amministrazione locale sia presente la corruzione è più accentuata nelle città baltiche, greche, portoghesi nonché in quelle dell’Europa dell’Est e in alcune città del nostro Paese come Roma, Palermo e Napoli.

ARTICOLI

L’ITALIA, UN PAESE DI ANZIANI CHE DEVE GUARDARE AI GIOVANI E ALLE FAMIGLIE

Secondo le proiezioni Istat, nel 2050 ogni 100 giovani gli anziani saranno più di 300, mentre le nascite, che nel 2023 sono state 379mila, calerebbero fino a 350mila nuovi nati nel 2050.

Istat ci dice anche che la previsione è che nel 2041 gli ultraottantenni supereranno i 6 milioni e gli ultranovantenni saranno circa 1,4 milioni. Si tratta di una situazione demografica che, secondo l’Istat, mette a rischio la sostenibilità del sistema Paese. Negli ultimi vent’anni la popolazione delle aree interne è diminuita perché la forte emigrazione non è stata compensata da flussi in entrata e i residenti rimasti stanno progressivamente invecchiando, con problemi legati alla carenza di servizi. È poi aumentato il rapporto tra anziani e giovani in età da lavoro: nelle aree interne ci sono in media 122 residenti di 65 anni ogni 100 giovani di età compresa fra i 15 e i 34 anni contro i 73,6 del 2002. Inoltre, in molti comuni degli Appennini si superano i 160 senior ogni 100 giovani.

La sfida per i giovani

L’aumento degli anziani pone sfide importanti rispetto alla necessità di garantire benessere e assistenza a una fascia di popolazione sempre più numerosa. D’altro canto l’Italia non può prescindere dalla valorizzazione dei giovani, sempre più vulnerabili e poco attivi nella vita economica e sociale del paese. Nel 2022, quasi un giovane su due ha mostrato almeno un segnale di deprivazione a causa delle esperienze lavorative frammentarie e della scarsa mobilità sociale che compromettono la realizzazione individuale e la partecipazione nei settori della politica o della cultura. Investendo sul benessere delle nuove generazioni, si può cercare di correggere lo scarso ricambio generazionale valorizzando i giovani.

Tra il 2004 e il 2022 il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni si è ridotto dell’8,6% e oggi è al 43,7%. Per i 50-64enni è invece aumentato del 19,2%. L’occupa-

zione qualificata, invece, cresce poco rispetto alla media europea e oggi rappresenta solo il 36% del totale contro il 47% della Germania e il 49% della Francia. In Europa siamo secondi solo alla Bulgaria per età media – elevata – degli occupati.

Per compensare lo squilibrio generazionale occorre investire sulle nuove generazioni, valorizzando di più i giovani. Questo è stato il tema degli Stati Generali della Natalità, svoltisi il 9 e 10 maggio all’Auditorium della Conciliazione a Roma, promosso dalla Fondazione per la Natalità ed evidenziato nel dossier dal titolo “Esserci – più giovani più futuro”.

Un evento nobilitato dalla presenza di Papa Francesco, che ha sottolineato come siano importanti le politiche a favore della famiglia.

“Non possiamo accettare – ha detto il Papa- che la nostra società smetta di essere generativa e degeneri nella tristezza. Quando non c’è generatività viene la tristezza. È un malessere brutto, grigio. Non possiamo accettare passivamente che tanti giovani fatichino a concretizzare il loro sogno familiare e siano costretti ad abbassare l’asticella del desiderio, accontentandosi di surrogati privati e mediocri: fare soldi, puntare alla carriera, viaggiare, custodire gelosamente il tempo libero… Tutte cose buone e giuste – ha continuato il pontefice-quando rientrano in un progetto generativo più grande, che dona vita attorno a sé e dopo di sé; se invece rimangono solo aspirazioni individuali, inaridiscono nell’egoismo e portano a quella stanchezza interiore.”

Inseguire il sogno familiare che va perseguito ma che è difficile da raggiungere. Un dato allarmante emerso dal report riguarda i potenziali genitori in Italia: solo 11,5 milioni di donne e uomini tra i 15 e i 49 anni rientrano in età fertile, con un crollo a partire dal 2011, anno in cui se ne registravano quasi 14 milioni.

Inoltre tra i 18 e i 34 anni, più di due giovani su tre vi-

Un tema attuale discusso agli

Stati Generali sulla Natalità ed

evidenziato nel dossier

“Esserci – più giovani più futuro”

vono ancora con i genitori. Nel resto d’Europa sono uno su due. Ed ancora: in 8 casi su 10 ci sono delle difficoltà che non consentono alle coppie di realizzare il proprio desiderio di famiglia.

“Il problema della natalità in Italia – ha sottolineato De Palo, organizzatore degli Stati Generali – non è né una questione economica né culturale, ma di libertà: non sono libere le coppie che vorrebbero avere un figlio o farne un altro, in Italia la nascita di un figlio è il secondo fattore di incidenza nella povertà; non sono libere le donne costrette ancora a scegliere tra maternità e carriera; non sono liberi i giovani, con il loro tasso di occupazione saldamente all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea, precari nel lavoro e nella vita. L’analisi è chiara. Ora serve la sintesi della politica. Abbiamo bisogno di un obiettivo condiviso anche perché non servono i bonus, ma riforme strutturali come il Quoziente familiare. Altrimenti perderemo la partita senza nemmeno aver provato a giocarla”.

La premier Giorgia Meloni ha sottolineato come il Governo ha fatto della natalità e della famiglia una priorità assoluta della propria azione. “E lo abbiamo fatto - ha detto la Meloni- banalmente perché vogliamo che l’Italia torni ad avere un futuro, a sperare e a credere in un futuro migliore rispetto a questo presente incerto.”

La Santa Sede

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO  FRANCESCO

AI PARTECIPANTI ALLA III EDIZIONE DEGLI

AI ALLA III

STATI GENERALI DELLA

STATI GENERALI DELLA NATALITÀ

Auditorium di Via della Conciliazione (Roma) Venerdì, 12 maggio 2023

[Multimedia M Multimedia]

Signora Presidente del Consiglio, distinte Autorità e Rappresentanti della società civile, cari amici, fratelli, caro amico Gigi, mi scuso di non parlare in piedi, ma non tollero il dolore quando sono in piedi. Saluto tutti voi e vi ringrazio per il vostro impegno. Grazie a Gigi De Palo, Presidente della Fondazione per la Natalità, per le sue parole e per l’invito, perché credo che il tema della natalità sia centrale per tutti, soprattutto per il futuro dell’Italia e dell’Europa. Vorrei dare soltanto due “fotografie” che sono successe qui in Piazza [San Pietro]. Due settimane fa, il mio segretario era in Piazza e veniva una mamma con la carrozzina. Lui, un prete tenero, si è avvicinato per benedire il bambino… era un cagnolino! Quindici giorni fa, all’Udienza del mercoledì, io andavo a salutare, e sono arrivato davanti a una signora, cinquantenne più o meno; saluto la signora e lei apre una borsa e dice: “Me lo benedice, il mio bambino”: un cagnolino! Lì non ho avuto pazienza e ho sgridato la signora: “Signora, tanti bambini hanno fame, e lei con il cagnolino!”. Fratelli e sorelle, queste sono scene del presente, ma se le cose vanno così, questa sarà l’abitudine del futuro, stiamo attenti.

La nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza. E questo non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell’avvenire. Ho saputo che lo scorso anno l’Italia ha toccato il minimo storico di nascite: appena 393 mila nuovi nati. È un dato che rivela una grande preoccupazione per il domani. Oggi mettere al mondo dei figli viene percepito come un’impresa a

carico delle famiglie. E questo, purtroppo, condiziona la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura. Vivono un clima sociale in cui metter su famiglia si è trasformato in uno sforzo titanico, anziché essere un valore condiviso che tutti riconoscono e sostengono. Sentirsi soli e costretti a contare esclusivamente sulle proprie forze è pericoloso: vuol dire erodere lentamente il vivere comune e rassegnarsi a esistenze solitarie, in cui ciascuno deve fare da sé. Con la conseguenza che solo i più ricchi possono permettersi, grazie alle loro risorse, maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite. E questo è ingiusto, oltre che umiliante.

Forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto. Amici, è incerto; non solo pare, è incerto. Tutto va veloce e pure le certezze acquisite passano in fretta. Infatti, la velocità che ci circonda accresce la fragilità che ci portiamo dentro. E in questo contesto di incertezza e fragilità, le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare. La Signora Presidente del Consiglio ha parlato della “crisi”, parola chiave. Ma ricordiamo due cose della crisi: dalla crisi non si esce da soli, o usciamo tutti o non usciamo; e dalla crisi non si esce uguali: usciremo migliori o peggiori. Ricordiamo questo. Questa è la crisi di oggi. Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali. Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi. Alcuni anni fa, ricordo un aneddoto di una coda davanti a una compagnia di trasporti, una coda di donne che cercavano lavoro. Ad una avevano detto che toccava a lei…; presenta i dati… “Va bene, lei lavorerà undici ore al giorno, e lo stipendio sarà di 600 (euro). Va bene?”. E lei: “Ma come, ma con 600 euro… 11 ore… non si può vivere…” – “Signora, guardi la coda, e scelga. Le piace, lo prende; non le piace, fa la fame”. Questa è un po’ la realtà che si vive.  È una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia (cfr Esort. ap. Amoris laetitia, 44). In particolare, vi sono condizionamenti quasi insormontabili per le donne. Le più danneggiate sono proprio loro, giovani donne spesso costrette al bivio tra carriera e maternità, oppure schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome. In questo momento le donne sono schiave di questa regola del lavoro selettivo, che impedisce loro pure la maternità.

Certo, esiste la Provvidenza, e milioni di famiglie lo testimoniano con la loro vita e le loro scelte, ma l’eroismo di tanti non può diventare una scusa per tutti. Occorrono perciò politiche lungimiranti. Occorre predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico. E, visto che il terreno è comune, come comuni sono la società e il futuro, è necessario affrontare il problema insieme, senza steccati ideologici e prese di posizione preconcette. L’insieme è importante. È vero che, anche con il vostro aiuto, parecchio è stato fatto e di questo sono grato, ma ancora non basta. Bisogna cambiare mentalità: la famiglia non è parte del problema, ma è parte della sua soluzione. E allora mi chiedo: c’è qualcuno che sa guardare

avanti con il coraggio di scommettere sulle famiglie, sui bambini, sui giovani? Tante volte sento le lamentele delle mamme: “Eh, mio figlio si è laureato già da tempo… e non si sposa, rimane a casa… cosa devo fare?” – “Non stiri le camicie, signora, incominciamo così, poi vediamo”.

Non possiamo accettare che la nostra società smetta di essere generativa e degeneri nella tristezza. Quando non c’è generatività viene la tristezza. È un malessere brutto, grigio. Non possiamo accettare passivamente che tanti giovani fatichino a concretizzare il loro sogno familiare e siano costretti ad abbassare l’asticella del desiderio, accontentandosi di surrogati privati e mediocri: fare soldi, puntare alla carriera, viaggiare, custodire gelosamente il tempo libero… Tutte cose buone e giuste quando rientrano in un progetto generativo più grande, che dona vita attorno a sé e dopo di sé; se invece rimangono solo aspirazioni individuali, inaridiscono nell’egoismo e portano a quella stanchezza interiore. Questo è lo stato d’animo di una società non generativa: stanchezza interiore che anestetizza i grandi desideri e caratterizza la nostra società come società della stanchezza! Ridiamo fiato ai desideri di felicità dei giovani! Sì, loro hanno desideri di felicità: ridiamo fiato, apriamo il cammino. Ognuno di noi sperimenta qual è l’indice della propria felicità: quando ci sentiamo ripieni di qualcosa che genera speranza e riscalda l’animo, e viene spontaneo farne partecipi gli altri. Al contrario, quando siamo tristi, grigi, ci difendiamo, ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia. Ecco, la natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno. E tante volte si dimenticano di sorridere.

Amici, dopo aver condiviso queste preoccupazioni che porto nel cuore, vorrei consegnarvi una parola che mi è cara: speranza. La sfida della natalità è questione di speranza. Ma attenzione, la speranza non è, come spesso si pensa, ottimismo, non è un vago sentimento positivo sull’avvenire. “Ah, tu sei un uomo positivo, una donna positiva, bravo!”. No, la speranza è un’altra cosa. Non è un’illusione o un’emozione che tu senti, no; è una virtù concreta, un atteggiamento di vita. E ha a che fare con scelte concrete. La speranza si nutre dell’impegno per il bene da parte di ciascuno, cresce quando ci sentiamo partecipi e coinvolti nel dare senso alla vita nostra e degli altri. Alimentare la speranza è dunque un’azione sociale, intellettuale, artistica, politica nel senso più alto della parola; è mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune, è seminare futuro. La speranza genera cambiamento e migliora l’avvenire. È la più piccola delle virtù – diceva Peguy – è la più piccola, ma è quella che ti porta più avanti! E la speranza non delude. Oggi ci sono tante Turandot nella vita che dicono: “La speranza che sempre delude”. La Bibbia ci dice: “La speranza non delude” (cfr Rm 5,5).

Mi piace pensare agli “Stati generali della Natalità” – arrivati alla terza edizione – come a un cantiere di speranza. Un cantiere dove non si lavora su commissione, perché qualcuno paga, ma dove si lavora tutti insieme proprio perché tutti vogliono sperare. E allora vi auguro che questa edizione sia l’occasione per “allargare il cantiere”, per creare, a più livelli, una grande alleanza di

speranza. Qui è bello vedere il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo, del giornalismo riuniti per ragionare su come passare dall’inverno alla primavera demografica. Su come ricominciare a nascere, non solo fisicamente, ma interiormente, per venire alla luce ogni giorno e illuminare di speranza il domani. Fratelli e sorelle, non rassegniamoci al grigiore e al pessimismo sterile, al sorriso di compromesso, no. Non crediamo che la storia sia già segnata, che non si possa fare nulla per invertire la tendenza. Perché – permettetemi di dirlo nel inguaggio che prediligo, quello della Bibbia – è proprio nei deserti più aridi che Dio apre strade nuove (cfr Is 43,19). Cerchiamo insieme queste strade nuove in questo deserto arido!

La speranza, infatti, interpella a mettersi in moto per trovare soluzioni che diano forma a una società all’altezza del momento storico che stiamo vivendo, tempo di crisi attraversato da tante ngiustizie. La guerra è una di queste. Ridare impulso alla natalità vuol dire riparare le forme di esclusione sociale che stanno colpendo i giovani e il loro futuro. Ed è un servizio per tutti: i figli non sono beni individuali, sono persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale. Apportando creatività anche al cuore dei genitori. A voi, che siete qui per trovare buone soluzioni, frutto della vostra professionalità e delle vostre competenze, vorrei dire: sentitevi chiamati al grande compito di rigenerare speranza, di avviare processi che diano slancio e vita all’Italia, all’Europa, al mondo, che ci portino tanti bambini. Grazie.

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IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO

MATTARELLA AGLI STATI GENERALI DELLA NATALITÀ

La coesione sociale del Paese si misura sulla capacità di dare un futuro alle giovani generazioni, creando un clima di fiducia.

La struttura demografica italiana manifesta uno squilibrio che deve richiamare l’attenzione.

Alle Istituzioni compete la responsabilità di attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità.

Si tratta di una puntuale prescrizione della Costituzione che, all’art. 31, richiama la Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”. Proteggendo “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

Politiche abitative, fiscali e sociali appropriate, conciliare l’equilibrio tra vita e lavoro, sono questioni fondamentali per lo sviluppo delle famiglie.

Il tema interpella in particolare i giovani, costretti, sovente, a rimandare il proposito di formare una famiglia in attesa di “tempi migliori”, posticipando l'esperienza della genitorialità fino, a volte, alla definitiva rinuncia.

La nascita di un figlio è segnale di speranza e di continuità della comunità.

Con questi auspici formulo a tutti i partecipanti all’evento i migliori auguri per l’iniziativa, occasione di riflessione su un tema cruciale per il nostro Paese

Parliamo di una cosa importante: l’Ageismo Per creare un mondo giusto in cui rispettiamo e proteggiamo la dignità e i diritti di ogni persona.

L’età è spesso una delle prime cose che notiamo di qualcuno, proprio come il sesso e l’etnia. Tendiamo a classificare le persone in base alla loro età, ed è qui che entra in gioco l’ageismo. Riguarda gli stereotipi (come pensiamo), i pregiudizi (come ci sentiamo) e la discriminazione (come agiamo) diretti agli altri o anche a noi stessi a causa dell’età.

Ma ecco il punto: se cambiamo il modo in cui pensiamo, sentiamo e agiamo nei confronti dell’età e dell’invecchiamento, ne trarranno beneficio gli individui e le società, creando un mondo migliore per tutti.

Il primo rapporto globale delle Nazioni Unite sull’ageismo riunisce le principali evidenze sulla natura e l’impatto dell’ageismo, insieme alle strategie per combatterlo.

L’ageismo ci colpisce nel corso della vita in modi diversi. Forse alcuni di noi sono stati presi in giro o ad altri sono state negate opportunità a causa dell’età. È pervasivo e subdolo perché spesso passa inosservato e incontrastato. Sorprendentemente, una persona su due a livello globale ha opinioni negative nei confronti degli anziani, e in Europa i più giovani segnalano una maggiore discriminazione basata sull’età.

E l’età non è solo dannosa; ha gravi conseguenze per la salute, il benessere e i diritti umani, costando miliardi alle società. Per gli anziani, è legato a un peggioramento della salute, all’isolamento sociale, all’insicurezza finanziaria e persino alla morte prematura. Anche i più giovani sono soggetti all’ageismo, in ambiti quali l’occupazione, la salute e l’edilizia abitativa.

Ecco il punto: il modo in cui pensiamo al nostro in-

vecchiamento influisce sulla nostra salute e sul nostro benessere futuri. L’ageismo interagisce con l’abilismo, il sessismo e il razzismo, aggravando gli svantaggi e impedendo alle persone di raggiungere il loro pieno potenziale.

Possiamo combattere l’ageismo. La campagna globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per combattere l’ageismo (#AWorld4AllAges) sta entrando in azione.

Abbiamo identificato tre strategie che funzionano: politica e legge, attività educative e interventi di contatto intergenerazionale. La Campagna dispone anche di strumenti pratici e risorse già pronti, basati sulle migliori evidenze.

Tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere in questo. Governi, organizzazioni della società civile, accademici, imprese e individui: tutti possono contribuire ad attuare le politiche, fornire istruzione e promuovere le connessioni intergenerazionali. Combattendo gli stereotipi, i pregiudizi e la discriminazione, possiamo stimolare lo sviluppo economico, attingere alla conoscenza intergenerazionale e creare un mondo più giusto, più sano e più felice per tutte le età.

Obesità e diabete: Sport e Salute,

Intergruppi Parlamentari e Federazione delle

Società Diabetologiche Italiane

(FeSDI) insieme per promuovere prevenzione e stili di vita sani nelle città.

Rinnovato protocollo d’intesa

Sedentari

il

36,3%, le donne risultano

ancora più sedentarie rispetto agli

uomini, con una percentuale del 38,8% contro il 33,7%.
Il 70% della popolazione che non fa movimento ha più di 75 anni

Sport e Salute SpA, insieme alle società scientifiche della diabetologia italiane AMD e SID riunite sotto la sigla FeSDI-Alleanza per il diabete, e i rappresentanti del mondo politico degli Intergruppi Parlamentari “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e “Qualità di vita nelle città”, hanno rinnovato il protocollo d’intesa per la promozione di sani stili di vita e la sensibilizzazione sulla prevenzione del diabete e dell’obesità nelle città.

L’obiettivo principale di questo accordo è promuovere un “gioco di squadra” tra mondo scientifico, politico e sportivo per sostenere iniziative finalizzate alla sensibilizzazione sull’importanza dell’attività fisica come strumento di prevenzione e alla messa in luce delle criticità dei contesti urbani e delle periferie delle grandi città, dove il diabete colpisce più frequentemente.

I dati Istat dicono che sono sedentari il 36,3% degli italiani, il 38,8% delle donne e il 33,7% degli uomini. Il 70% della popolazione che non fa movimento ha più di 75 anni. Secondo le statistiche, in Italia oltre il 50% delle persone con diabete vive nei principali centri urbani del paese, mentre un terzo risiede nelle 14 città metropolitane. Un fenomeno, noto come “diabete urbano”, che evidenzia l’impatto dello stile di vita cittadino sul rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e altre malattie croniche, sottolineando l’importanza di intervenire sulle abitudini di vita sedentaria, sull’alimentazione scorretta e sulla scarsa attività fisica.

“La promozione di sani stili di vita, di cui l’attività sportiva è parte integrante, è fondamentale nelle politiche di prevenzione, a partire dai contesti urbani, dove va incentivata la possibilità delle persone di svolgere attività fisica”,

dichiara l’On. Roberto Pella, Vice Presidente Vicario di ANCI e Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città e dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e Malattie croniche non trasmissibili. “Con questo obiettivo, il 28 dicembre 2022 ho presentato una proposta di legge su ‘Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità’ che prevede grande attenzione alla promozione dell’attività fisica e della prevenzione primaria e secondaria sui territori. Dobbiamo mettere il tema al centro dell’agenda politica, e in questa ottica l’alleanza fra istituzioni, mondo medico-scientifico e mondo dello sport, come avviene con questo protocollo d’intesa, costituisce un passo fondamentale”.

“Lo sport è un ‘farmaco’ che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età.”, dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città e dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e Malattie croniche non trasmissibili, e Vice Presidente 10ª Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato. “Promuovere sport e attività fisica significa agire per la salute dei cittadini. Come intergruppi parlamentari siamo fortemente impegnati in questo obiettivo, e io stessa ho presentato un disegno di legge, l’Atto del Senato n.135 della XIX Legislatura del 13 ottobre 2022, per dare la possibilità a pediatri, medici di medicina generale e specialisti di inserirlo in ricetta medica, così che le famiglie possano usufruire delle detrazioni fiscali. È fondamentale mettere questo tema al centro delle politiche di prevenzione e dell’agenda istituzionale, e agevolare le condizioni che consentano la pratica sportiva e l’attività fisica alle persone di tutte le età”.

“Lo sport è strumento per investire sul miglioramento della

salute del nostro Paese”, dichiara il Sen. Mario Occhiuto, Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Segretario della 7ª Commissione permanente (Cultura e patr imonio culturale, istruzione pubblica) del Senato. “È fondamentale metterlo al centro dei contesti urbani, promuovendo il modello della ‘Healthy City’, intesa come contesto in cui tutti gli elementi ambientali, sociali, economici, culturali concorrono a un obiettivo salutogenico e non patogeno. Occorre sviluppare politiche urbane che favoriscano l’attività fisica nel quadro della ‘medicina preventiva’, in cui lo sport può avere un ruolo chiave, spezzando il circolo vizioso che si crea fra cattive condizioni di salute, povertà socio-economica, basso livello di istruzione ed emarginazione. Per questo è importante portare avanti un lavoro comune che, come avviene con questo protocollo d’intesa, consenta il riconoscimento del valore formativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva”.

“Il protocollo siglato oggi rafforza la nostra azione di promozione e diffusione dell’attività fisica e della cultura del benessere – dichiara Marco Mezzaroma, Presidente di Sport e Salute -. Lo sport ha una forza propulsiva importante nel diffondere valori e messaggi, soprattutto su temi importanti come quelli dell’obesità e del diabete mellito ed in generale della salute. Sviluppare lo sport, permettendo a chiunque di praticarlo, significa anche promuovere la cultura del benessere, ben consapevoli di interpretare le intenzioni del Governo di promuovere l’attività fisica come ‘farmaco naturale’. Particolarmente importante è poi educare alla corretta alimentazione, partendo soprattutto dai più giovani. In tal senso apprezziamo molto il ‘gioco di squadra’ che ci vede fare da raccordo tra il mondo della politica e delle istituzioni, rappresentato dagli Intergruppi parlamentari e quello della salute, rappresentato invece dalla federazione delle società diabetologiche”.

I rappresentanti delle società scientifiche di diabetologia, Riccardo Candido e Angelo Avogaro, hanno evidenziato l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del diabete, nonché il ruolo fondamentale dell’attività fisica come terapia e strumento per migliorare la salute dei cittadini.

“Intercettare il prima possibile le persone che hanno sviluppato la patologia ed evitare che altre si ammalino sono le due direttrici su cui impostare una strategia di conteni-

mento del diabete che sia efficace e sostenibile” evidenzia Riccardo Candido, Presidente FeSDI e AMD. “Oltre a estese campagne di screening, serve un profondo cambiamento culturale, soprattutto presso le nuove generazioni, per comprendere come le abitudini alimentari e il movimento siano aspetti determinanti per il nostro stato di salute. Ci auguriamo che la rinnovata intesa con Sport e Salute e gli Intergruppi Parlamentari ci aiuti a promuovere questo cambiamento”.

“Con le campagne di sensibilizzazione, vogliamo rendere i cittadini pienamente consapevoli dell’importanza di una alimentazione equilibrata e dell’attività fisica regolare, due pilastri fondamentali nella prevenzione del diabete e dell’obesità. Inoltre, l’implementazione di programmi di screening mirati ci consentirà di individuare precocemente i casi a rischio di diabete e di intervenire tempestivamente. Siamo determinati a lavorare incessantemente per invertire il trend di crescita di diabete e obesità per migliorare la qualità della vita dei nostri concittadini e allineare l’Italia agli Obiettivi Globali stabiliti dall’OMS entro il 2030: garantire la diagnosi all’80% delle persone con diabete, ottenere l’80% del controllo della glicemia e l’80% della pressione sanguigna. Solo attraverso uno sforzo coordinato e continuo possiamo sperare di raggiungere risultati significativi e duraturi. Occorre però creare una alleanza con cittadini e pazienti e favorire l’adozione di comportamenti sani con la creazione di opportunità, infrastrutture e una nuova idea di città, fatta di percorsi per pedoni e biciclette e servizi a breve distanza” dichiara Angelo Avogaro, Presidente SID

In conclusione, il rinnovo del protocollo rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il diabete e l’obesità nelle città italiane, evidenziando l’impegno congiunto di tutte le parti coinvolte nel promuovere stili di vita sani e sensibilizzare la popolazione sull’importanza dell’attività fisica per il benessere generale.

Riconoscere l’obesità come malattia: al congresso europeo ECO2024, lanciata la “Venice Declaration”

È tempo di cambiare la narrativa globale sull’obesità: gestire l’obesità come malattia cronica e affrontare le disparità, per sistemi sanitari sostenibili ed equi. È questo il messaggio della “Venice Declaration” che è stata presentata nell’ambito del Congresso Europeo sull’Obesità, tenutosi nell’edizione di quest’anno, la 31esima, in Italia presso il Lido di Venezia. L’evento, organizzato da EASO – European Association for the Study of Obesity, e svoltosi dal 12 al 15 maggio nella cornice del Palazzo del Casinò, Palazzo del Cinema e Sala Darsena, rappresenta il più importante congresso europeo sull’obesità e in assoluto uno degli eventi scientifici con più ampia partecipazione a livello mondiale sul tema. “ECO2024” ha visto infatti circa 3.000 delegati partecipanti, coinvolti in 80 sessioni, con oltre 300 relatori e oltre 670 presentazioni.

Un Congresso di grande impatto e grande coinvolgimento dei partecipanti su un tema di grande attualità rappresentando oggi l’obesità una delle maggiori sfide dei sistemi sanitari, e non solo. Sono 800 milioni, infatti, le persone nel mondo che convivono con l’obesità, e secondo le stime saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero una persona su quattro, con un impatto economico stimato di 4,32 trilioni complessivamente sul pianeta a causa di sovrappeso e obesità. L’incremento stimato dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. Numeri che allarmano e non possono non richiamare l’attenzione dei decisori, anche grazie alle evidenze emerse appunto da questo importante appuntamento di livello internazionale che l’Italia ha avuto l’opportunità di ospitare.

I lavori del Congresso hanno consentito la massima interazione dei delegati con i relatori, e si sono articolati in sessioni plenarie e tematiche, laboratori didattici e sessioni moderate in cui in cui sono stati presentati i risultati della ricerca, con un programma innovativo e interattivo, che ha potuto coprire molti e diversi aspetti dell’obesità. Gli argomenti sono stati organizzati in quattro aree principali, ovvero “Scienze di base”, “Aspetti comportamentali e politiche per la salute”, “Obesità nel bambino e nell’adolescente”, “Valutazione e trattamento dell’obesità nell’adulto”. Sono state messe in atto soluzioni digitali innovative per facilitare la fruizione dei contenuti scientifici e il networking, sviluppando un programma che, con la partecipazione di leader scientifici provenienti da tutto il mondo, è stato in grado di coinvolgete al massimo tutti i partecipanti e di promuovere l’interazione e la discussione sugli argomenti più importanti nel campo dell’obesità. Fra i momenti salienti del Congresso, c’è stata sicuramente la presentazione della “Venice Declaration”, documento fondamentale per il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica e il contrasto alle disparità di trattamento, lanciato nella giornata conclusiva di “ECO2024”. Riconoscimento dell’obesità come malattia cronica non trasmissibile, equo accesso al trattamento, contrasto alla discriminazione, promozione di interventi basati sull’evidenza scientifica, adozione di un approccio olistico, favorendo lo scambio dei dati, miglioramento dell’accesso alle cure primarie, e non solo specialistiche, utilizzo dell’intelligenza artificiale per l’analisi dei big data: sono questi alcuni dei punti fondamentali evidenziati dal documento, lanciato da

EASO in occasione del Congresso, con il contributo della WOF – World Obesity Federation e l’endorsement della Regione Veneto, il cui impegno messo in campo sul tema dell’obesità è testimoniato simbolicamente dall’aver ospitato, con ECO2024, proprio a Venezia uno dei massimi eventi scientifici a livello internazionale sul tema. «La “Venice Declaration” è una chiamata che intendiamo rivolgere a tutti i soggetti interessati a considerare l’obesità come una malattia e a pensare alla prevenzione e al trattamento dell’obesità al pari di come si pensa alla prevenzione e al trattamento di tutte le altre malattie croniche non trasmissibili», ha dichiarato il Prof. Luca Busetto, Co-Presidente di ECO2024, Vice-President for the Southern Region of European Association for the Study of Obesity, «Questo implica un miglioramento dell’assistenza per i pazienti che hanno già questa malattia, e che al momento attuale non ricevono a nostro avviso un trattamento equo, rispetto alle altre malattie, e richiede, dal punto di vista della prevenzione, degli interventi non più basati solo su delle scelte individuali, ma di tipo sistemico». Un documento, dunque, la “Venice Declaration”, che vuole inquadrare anzitutto l’obesità in quanto malattia cronica complessa che colpisce milioni di persone in Europa e nel mondo. Basti pensare che le persone adulte con obesità in Italia rappresentano circa il 12 per cento della popolazione, ovvero circa 6 milioni, a cui si aggiunge un altro 40 per cento circa di persone con sovrappeso. Questo significa che nel nostro Paese un problema di peso riguarda oltre la metà degli adulti. Circa un bambino su tre in Europa ha un problema di sovrappeso o obesità, e non diversa è la situazione dell’Italia da questo punto di vista, dove i numeri parlano di circa il 30 per cento. Dovuta a fattori molto diversi, quali la genetica, l’ambiente, il comportamento e i fattori sociali, l’obesità può causare notevoli problemi di salute per le persone che vivono con questa malattia e aumentare sostanzialmente il rischio di sviluppare altre malattie croniche, tra cui diabete, malattie cardiovascolari e tumori. Pertanto, l’incapacità di gestire l’obesità in modo appropriato ed equo all’interno dei sistemi sanitari mette ulteriormente a dura prova i sistemi stessi.

L’obesità è curabile. Tuttavia, l’accesso a un’efficace gestione multidisciplinare dell’obesità è spesso limitato, con maggiore impatto sulle fasce della popolazione meno avvantaggiate, più esposte per esempio al consumo di cibi meno sani (junk food). Per tutti questi motivi, la “Venice Declaration 2024”, chiede un cambiamento nel dibattito globale sull’obesità, quale malattia che richiede una gestione completa e a lungo termine e non semplicemente una scelta personale. E rivolge un appello ai politici, le organizzazioni sanitarie pubbliche, i sistemi sanitari, gli istituti di ricerca e l’industria a riconoscere l’obesità come malattia cronica e dare priorità a un accesso equo alle cure, affrontare i pregiudizi e le discriminazioni legate al peso, andare oltre le misure inefficaci e prive di prove per sviluppare interventi basati sull’evidenza e affrontare i fattori ambientali e socioeconomici che influenzano l’obesità. E, ancora, fra i punti principali, il documento esorta a investire in un approccio globale, compreso il sostegno alla nuova ricerca scientifica e agli strumenti di condivisione dei dati all’interno dello Spazio europeo dei dati sanitari, a migliorare l’accesso ai servizi di gestione dell’obesità nell’assistenza primaria, e infine a sviluppare strumenti di intelligenza artificiale per contribuire ad affrontare le disparità sanitarie nella cura dell’obesità. Affrontando l’obesità come problema di salute pubblica e smantellando le barriere alle cure, è concretamente possibile creare un futuro più sano per tutti. «La parola chiave che abbiamo voluto inserire in questo documento è “inequity”, ovvero una disuguaglianza di trattamento dell’obesità rispetto alle altre malattie», ha sottolineato il Prof. Roberto Vettor, Co-Presidente di ECO2024, Direttore Clinica Medica 3 e Direttore del Dipartimento Assistenziale dell’Università di Padova, «Una disuguaglianza che impatta su diversi aspetti, come la presenza di politiche che incidano sul consumo del cosiddetto junk food, soprattutto da parte di chi ha minori disponibilità economiche. E ancora una diseguaglianza dal punto di vista scientifico e della ricerca. È questa “inequity” che spiega il trend in aumento dell’obesità nel mondo e che è quindi alla base di questa Declaration».

IL PROGETTO DI UNA LEGGE SULL’OBESITA’ IN ITALIA

L’Italia ambisce ad avere la prima legge al mondo sull’obesità. Una legge che la riconosca come una malattia inserendola nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e ponendola del tutto a carico del Servizio sanitario. Si tratta della proposta di legge contenuta nell’Atto della Camera dei Deputati n.741 della XIX Legislatura del 28 dicembre 2022 su “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità” di iniziativa del deputato On. Roberto Pella. L’Atto, assegnato alla 12ª Commissione permanente (Affari sociali) della Camera dei Deputati il 16 febbraio 2023 è ad oggi in corso di esame presso la medesima commissione. Oltre all’inserimento delle prestazioni per l’obesità nei Lea, la PdL prevede l’inserimento dell’obesità nel Piano Nazionale delle Cronicità e l’impegno per le Regioni a prevedere, nei rispettivi Piani sanitari territoriali, iniziative volte, tra le altre cose, a garantire pieno accesso alle cure e ai trattamenti nutrizionali, farmaceutici e chirurgici.

Con l’obiettivo di porre il tema dell’obesità al centro dell’agenda istituzionale, è stata depositata una mozione presso il Senato lo scorso 4 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità, a firma dei Senatori Daniela Sbrollini, Elena Murelli, Guido Quintino Liris, Mario Occhiuto e Filippo Sensi. La mozione incorpora le istanze contenute nel “Manifesto per il contrasto all’obesità, come malattia cronica da affrontare in maniera sinergica multidisciplinare e olistica, libera da pregiudizi, stigma e discriminazione”, presentato sempre il 4 marzo, e sottoscritto da oltre 20 organizzazioni in Italia.

Progetto di legge On. Pella È in corso presso la Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati l’esame delle Proposte di Legge recanti “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità” (A.C 741 e A.C.1509), a prima firma, rispettivamente, dell’On.

Roberto Pella e dell’On. Andrea Quartini. Dopo l’iniziale abbinamento delle due proposte di legge, lo scorso 19 dicembre l’A.C. 741, a prima firma dell’On. Pella è stato adottato quale testo base per il proseguo dell’esame in Commissione. La proposta di legge detta i princìpi fondamentali in materia di prevenzione e di cura dell’obesità e dei disturbi dell’alimentazione, al fine di garantire la tutela della salute e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con obesità. Viene innanzitutto stabilito il principio che l’obesità, correlata ad altre patologie di interesse sociale, può essere definita come malattia cronica di interesse sociale

La proposta di legge prevede che l’assistenza ai soggetti affetti da obesità rientri nei Livelli essenziali di assistenza per garantire equità ed accesso alle cure, nonché l’inserimento della patologia dell’obesità nel Piano nazionale della cronicità ai fini della sua prevenzione e cura. In particolare, Regioni e Province autonome sono tenute a predisporre, nell’ambito dei rispettivi piani sanitari territoriali, nel rispetto del Piano nazionale della cronicità, ogni idonea iniziativa diretta a fronteggiare la malattia cronica di interesse sociale dell’obesità. Gli interventi devono essere indirizzati verso obietti come la prevenzione dell’obesità e delle relative complicanze, nonché il miglioramento della cura delle persone con obesità, l’inserimento delle persone con obesità nelle attività scolastiche, lavorative e sportivo ricreative, la promozione delle attività sportive e della conoscenza delle principali regole alimentari nelle scuole, la diffusione, mediante campagne di informazione permanenti di regole per un corretto stile di vita. Fra gli obiettivi fondamentali, anche la realizzazione di reti regionali per l’assistenza alla persona con obesità, attraverso l’integrazione dei centri di riferimento regionali per la cura dell’obesità con la chirurgia bariatrica e la medicina territoriale, nonché la garanzia del pieno accesso alle cure e ai trattamenti nutrizionali, far maceutici e chirurgici. Fra le novità introdotte dalla proposta di legge vi è inoltre l’istituzione dell’Osservatorio per lo studio dell’obesità presso il Ministero della salute, con compiti di monitoraggio, studio e diffusione degli stili di vita della popolazione italiana.

La mozione Senatori Sbrollini, Murelli, Liris, Occhiuto, Sensi

A rafforzare la richiesta di attenzione da parte delle istituzioni nei confronti dell’obesità, la mozione, incorporando i contenuti del Manifesto presentato lo scorso 4 marzo, identifica i punti di una roadmap virtuosa, ovvero:

• dare priorità all’obesità come malattia non trasmissibile (NCD),

• costruire l’alfabetizzazione sanitaria,

• ottimizzare le strategie di prevenzione,

• migliorare i servizi alla persona con obesità.

La mozione sottolinea l’importanza di pervenire a un’inclusione governativa e parlamentare e del sistema sanitario dell’obesità come malattia cronica non trasmissibile (NCD) a sé stante, e di costruire una consapevolezza pubblica e politica delle complessità che ha l’obesità lungo il corso della vita della persona, per combattere la discriminazione e lo stigma sociale e istituzionale e consentire un processo decisionale più informato e consapevole. Fra gli obiettivi fondamentali vengono individuati quello di garantire che i governi diano priorità alla raccolta di dati, alla generazione di prove e alle risorse necessarie per fornire azioni che contribuiscano efficacemente a prevenire o ridurre i fattori di rischio chiave per l’obesità, e di far sì che le persone che vivono con o sono a rischio di obesità abbiano accesso a servizi sanitari adeguati lungo il corso della loro vita e a un supporto che sia privo di pregiudizi. La mozione chiede, infine, l’impegno del governo a realizzare un piano nazionale strategico integrato dell’obesità come malattia cronica, e ad ottenere che l’obesità sia riconosciuta come malattia nei Livelli essenziali di assistenza, assicurando le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini.

PREMIO URBES 2024

Un riconoscimento per il futuro delle nostre città

Urbanizzazione, Benessere e Salute rappresentano un trinomio sempre più centrale e prioritario per i sindaci e gli amministratori locali del nostro Paese, convinti che investire sul territorio per una migliore qualità di vita dei propri cittadini sia la chiave di volta per un futuro migliore.

Per questa ragione il motto che anima il premio è “Noi non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato.”

Il dibattito sulla misurazione del benessere degli individui, della comunità e del tessuto urbano in cui si sviluppa riscuote una crescente attenzione anche all’interno del dibattito pubblico, e come ha recentemente affermato l’architetto Renzo Piano “Un architetto e un sindaco hanno molte cose in comune. Innanzitutto, la città. L’architetto ne pensa gli spazi, ma è il sindaco che li riempie”: ebbene, molte delle intuizioni per la creazione di nuove città o per soluzioni innovative all’interno delle stesse, dello sviluppo del benessere e della qualità di vita, si devono a sindaci che hanno immaginato il futuro e hanno lavorato in una dimensione temporale che guarda alle generazioni future,

È sulla base di tale impegno e investimento che URBES vuole assegnare annualmente un riconoscimento alle politiche intraprese da alcune città italiane che investono per la tutela e promozione della salute, con la motivazione, in base a degli indicatori prospettici a medio e lungo termine, sviluppati dai da ricercatori di Health City Institute e di BHAVE.

Una giuria indipendente valuterà le segnalazioni pervenute dai ricercatori e/o dalle città, da Enti pubblici e privati, da Fondazioni e da quanti altri in maniera documentale vogliano segnalare città meritevoli di attenzione, e provvederà alla proclamazione delle città vincitrici.

Il riconoscimento gode dell’egida di EUHCNET – European Urban Health Communicators Network, di C14+, di Health City Institute, dell’Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città” e vuole essere lo stimolo alle amministrazioni comunali a piantare oggi un “seme” per costruire “una foresta di benessere” per il futuro.

L’annuncio dei vincitori degli URBES AWARD sarà dato in occasione dell’Assemblea Annuale ANCI e la premiazione si svolgerà durante un momento a latere dedicato.

Sono annualmente dati i seguenti riconoscimenti URBES AWARD: premio urbes - città del benessere e della salute premio urbes - bene comune premio urbes - comunità del benessere premio urbes in favore di fondazioni, federazioni, enti, società scientifiche e associazioni civiche e sociali premi speciali

Potranno essere assegnati, a discrezione del comitato editoriale della rivista URBES, anche riconoscimenti speciali a istituzioni, comuni, città, università, enti, fondazioni, istituti di ricerca, federazioni, associazioni e persone che abbiano implementato progetti di rilevanza sociale per il bene comune.

Le candidature potranno essere proposte e pervenire entro il 31 agosto 2024 scrivendo alla segreteria del premio c/o FASI (Via O. Tommasini 700162 Roma - 06 97605610) alla cortese attenzione di Fabrizia Rossetti - f.rossetti@fasiweb.com, tramite segnalazione di amministrazioni comunali, parlamentari europei, nazionali e consiglieri regionali, istituzioni ed enti nazionali, regionali e locali, fondazioni, università, associazioni civiche, dai membri della giuria, dell’Health City Institute, di C14+ e dell’Intergruppo parlamentare qualità di vita nelle città.

GIURIA DEL PREMIO

La giuria del premio è composta

Presidente: Ketty Vaccaro- esperta in sociologia e welfare

Componenti: Roberta Crialesi – esperta in statistica; Tiziana Frittelli – esperta in politiche sanitarie; Francesca Romana Lenzi – esperta in politiche sociali; Anna Lisa Mandorino - esperta in politiche di cittadinanza; Chiara Spinato – esperta in urban health; Simona Tondelli – esperta in politiche di pianificazione urbana; Roberta Siliquini – esperta di salute pubblica; Frida Leonetti - esperta in medicina e salute; Novella Calligaris - esperta in politiche sportive; Fernanda Gelone - esperta in politiche industriali; Teresa Petrangolini - esperta in politiche sociali; Raffaella Bucciardini - esperta sulle diseguaglianze di salute; Francesca Romana Gigliesperta in comunicazione; Veronica Grembi – esperta in economia sanitaria; Giulia Sormani – esperta in design; Eva Massari - esperta in relazioni pubbliche.

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