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nità sarà affidata per lo più a case editrici cattoliche quali Borla e Morcelliana e ad altre più piccole come la vicentina La Locusta. Soltanto negli anni '80, con le traduzioni di Adelphi, sarà ripresa l'opera di divulgazione dei testi weiliani, anche di quelli non a contenuto strettamente religioso, come già avevano iniziato a fare le edizioni olivettiane nei primi anni '50. Ed è infatti a partire dalle pubblicazioni di Adelphi che si ha un vero e proprio "caso Weil". Su di lei si scrivono articoli, si tengono corsi universitari e convegni. Tra questi ultimi, quello tenuto l'il e il 12 novembre 1983 a Reggio Emilia promosso dall'Istituto "Mounier", patrocinato dal Comune, dalla Regione e dalla Fondazione Olivetti -, suscita una polemica a proposito del rapporto tra Simone Weil e il promotore delle sue prime traduzioni, Adriano Olivetti, come è possibile vedere da una pagina che la «Gazzetta del Popolo» del 1.4.12.1983, dedica all'argomento. Sul quotidiano compaiono due articoli, uno a firma di Aris Accornero 18 l'altro di Sergio Ristuccia, segretario della Fondazione Olivetti. Il primo, dopo aver ribadito la "scomodità" del personaggio Simone Weil e la sua poliedricità che è stata causa di diverse strumentalizzazioni, ricorda a proposito che «in Italia, durante gli anni '50, Simone Weil è stata tirata addosso alla sinistra come se si trattasse di una Giovanna d'Arco che aveva scelto la libertà. E qui l'uso olivettiano - di,

ciamo pure padronale - non fu meno opportuno di quello cattolico». A tale affermazione risponde l'articolo di Ristuccia: La condizione operaia e il "padrone"19 in cui dapprima si sostiene che «Non deve stupire che Olivetti si interessasse anche ai risvolti religiosi e mistici, perché va ricordata la sua attenzione "libera" non confessionale per il filone etico-religioso e gli stessi influssi valdesi che ebbe. Indubbiamente nell'editoria italiana fu assai singolare la presenza di cultura religiosa da parte delle Edizioni Comunità, che non a caso con la morte di Olivetti cessarono di interessarsi a quei temi». Più avanti Ristuccia esprime la propria contrarietà al fatto che vi sia stato una sorta di "filtro" olivettiano all'opera weiliana e aggiunge che a suo parere sarebbe stato «impensabile che Simone Weil potesse venire tradotta in italiano ad opera di case editrici cattoliche a meno di non pagare il prezzo di drastiche censure e mutilazioni del testo originale». In ogni caso, Simone Weil «rimane un personaggio con forti connotazioni religioso-spiritualiste sicché si potrà osservare che quando uscì La condizione operaia sarebbe stato difficile che le sue conclusioni etico-religiose potessero essere "digerite" tranquillamente», di conseguenza, aggiunge Ristuccia, «si tratta della difficoltà di un rapporto diretto tra universo operaio di quegli anni ed elaborazione weiliana. E ben altra cosa da un presunto "uso" olivettiano». L'allora segretario della Fondazione Olivetti si chiede, quindi, che cosa ,

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