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Dalla teoria del brevetto chimico come brevetto d'uso discendono due importanti corollari. In primo luogo il principio dell'unità inventiva impone che ad ogni brevetto può corrispondere un solo uso del composto. In secondo luogo ogni originale utilizzazione del composto può costituire oggetto di brevetto del tutto indipendente da altri brevetti incidenti sulla stessa sostanza. Non viene dunque preso in considerazione il disposto dell'art. 5 L.I. che richiede per attuare un'invenzione "dipendente" da altra oggetto di privativa il consenso del titolare di quest'ultima, né quello dell'art. 54, secondo comma, n. 2) L.I. che disciplina la licenza obbligatoria a favore del secondo inventore. Per temperare gli svantaggi che tale soluzione interpretativa comporta per la ricerca di base si ammette 13 comunque una privativa sul procedimento di realizzazione della sostanza, privativa che stimolerebbe la ricerca di secondo grado finalizzata o a mettere a punto un nuovo processo di sintesi, o comunque nuovi usi della sostanza (che darebbero eventualmente luogo a "brevetti d'uso" questa volta dipendenti dal brevettodi procedimento). Vediamo a questo punto le ragioni che inducono la gran parte dei commentatori14 a non accogliere la teoria del "brevetto d'uso". Innanzitutto viene rilevato un vizio logico nel negare da un lato la privativa su un prodotto inutile per ammettere dall'altro la brevettabilità di un procedimento il cui unico

scopo consiste nella produzione di tale prodotto inutile. Si osserva poi che l'ultimo comma dell'art. 14 L.I., più che espressione di un principio generale, costituisce norma eccezionale alla stregua del secondo comma dell'art. 2585 c.c. che limita il brevetto ai ((risultati individuati dall'inventore» nel solo caso di applicazione tecnica di un principio scientific& 5 . In tutti gli altri casi dunque il brevetto riguarda il "prodotto in sé". Non è poi mancato chi 16 ha rilevato gli inconvenienti pratici dell'insistenza di due diversi brevetti (d'uso) sullo stesso prodotto. Si è fatto l'esempio di due farmaci di composizione sostanzialmente identica, uno prodotto e venduto dal titolare del brevetto per l'uso del trovato in cure cardiache, l'altro prodotto e venduto dal titolare del brevetto per l'uso del trovato a fini antipiretici: come impedire al consumatore (consigliato dal medico) di usare il secondo (magari meno caro) per la prima terapia? 17 . Se ne trae un argomento ab inconveniente per ritenere valido il brevetto di "prodotto in sé". Una volta ammessa la brevettabilità della formula generale non è diffiile applicare il regime delle invenzioni dipendenti alle utilizzazioni originali del trovato. Anziché attardarsi in indagini sulla natura della privativa chimico-farmaceutica, la giurisprudenza di legittimità ha preferito un percorso di composizione degli interessi fondato esclusivamente attraverso il brevetto, vale a dire sul37


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