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riformatore; in altri termini, il dibattito sulle riforme non è stato trasparente (in particolare nel periodo 1994-2000) e quando lo è stato era notevolmente "confuso", "nebuloso" e culturalmente "dequalificato" 3 Il sistema istituzionale, d'altra parte, ha subìto, in questi anni, uno stato di continua fibrillazione, nel quale osservatori ed operatori hanno cercato di metabolizzare una serrata serie di innovazioni "incrementali", ciascuna di grande rilevanza, che però non sono apparse tra loro collegate da trame unitarie, né rette da "razionalità apriori' In questo senso, da più parti si è dovuto rilevare che se, da un lato, "i tempi sono senza dubbio interessanti perché le istituzioni mutano nelle regole e nella prassi", dall'altro, "non si scorge quale possa essere il punto di approdo di queste trasformazioni" 4 Da parte delle forze politiche, si è imposto un discutibile "uso' congiunturale delle istituzioni" 5, frutto di una spregiudicatezza istituzionale e di un tatticismo riformista privi di spessore culturale, tanto che si è potuto, a buona ragione, sostenere che "dietro affermazioni altisonanti come 'Grande riforma' o simili, nella realtà, mai è affiorato un progetto complessivo e di largo respiro, sorretto da una cultura adeguata" 6 Tali affermazioni sono riferibili principalmente alle posizioni avanzate nel dibattito in seno alla Commissione Bicamerale, ma si possono anche estendere alle altre successive riforme costituzionali (tentate ed attuate). .

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UNA "DISINVOLTA" STAGIONE COSTITUENTE •

Svolte le precisazioni relative al (mancato) dibattito politico-culturale (e scientifico) sui contenuti e sulle modalità (parlamentari o meno) della revisione costituzionale, si può ora richiamare per cenni la recente stagione di revisioni costituzionali parlamentari (ex art. 138 Cost.) approvate nella )(III Legislatura e valutate, da più parti, quali prova di "concreto riformismo", in opposizione agli insuccessi del terzo tentativo organico di riforma della Costituzione. Come lo stesso ministro per le riforme istituzionali ha riconosciuto nel "Rapporto sulle riforme istituzionali" (2001), "dopo il fallimento della Commissione D'Alema... si è scelto di adottare un percorso di riforme incrementali.., in tal modo, si è preso atto di una caratteristica di fondo della società italiana, nell'ambito della quale la politica dei piccoli passi ha sempre prodotto risultati migliori e più duraturi di quella delle grandi riforme." Tralasciando in questa sede la pur necessaria distinzione tra riforme e revisioni costituzional1 7 (che pure, si noti, sono proceduralmente disciplinate dal 152


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