Queste istituzioni 114 115

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fu prevalente: si trattava appunto di realizzare il passaggio dallo Stato totalitario a quello democratico, il che significò soprattutto il passaggio dal partito unico al pluralismo dei partiti (pur nei limiti imposti dalla «guerra fredda"). Si presta, questo modo di pensare lo Stato, ad una concettualizzazione prevalentemente ideologica e, nell'ambito delle discipline dedicate al funzionamento dello Stato, ad una certa predominanza del diritto costituzionale, soprattutto quando questo non era specializzazione orientata sulla giurisprudenza della Corte costituzionale.

Un secondo modo di pensare lo Stato nasce molto più avanti nel tempo, quando la macchina complessiva delle istituzioni di governo (il Governo in senso proprio e il Parlamento) divengono e sono sempre più intesi come organi dedicati a promuovere, se non realizzare, interventi per proteggere interessi sociali o per svilupparli. Siamo nella logica dello Stato sociale in senso lato. Lo strumento che viene predicato a tal fine è la programmazione riguardante non soltanto la politica economica in termini macro ma anche le politiche di settore. Lo strumento, nella sua sistematicità, non passa mai ad una reale attuazione. Al contrario, l'insufficienza degli strumenti tecnici di calcolo e previsione per fenomeni di grande complessità sociale, la sovrapposizione delle indicazioni programmatorie ad un modo di operare che a queste poteva offrire soltanto la mediocre forza coattiva di una traduzione in prescrizioni legislative inevitabilmente formali, ma soprattutto la concezione centralistica, dall'alto verso il basso, resero l'esercizio povero di risultati. In ogni caso concepiti, questi risultati, come distribuzione di risorse. E di tale distribuzione la programmazione fu - possiamo dire - la narrativa d'illustrazione senza molte altre pretese. Di tali elementari caratteristiche quantitative, qualsiasi esercizio programmatorio fin qui Svolto, anche soltanto in ambiti speciali o di settore, è rimasto costantemente connotato. Sul piano delle discipline, il far programmi non ha valorizzato nessun apporto disciplinare, neppure quelli più legati a metodi quantitativi. Un tentativo analitico più agguerrito sul piano qualitativo è stato compiuto dalla cosiddetta "analisi delle politiche pubbliche" che parte dal presupposto che, bene o male, nei diversi campi vengono pur fatte delle politiche anche quando non ben delineate e dichiarate e che di queste occorre ben identifi-

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