Musicare 2/2015

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Echi MusiCare Marzo-Aprile 2015

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Fra tutti i direttori del sabato sera, Gianni Ferrio colpiva per l’eleganza. Ancora più riservato di un Bruno Canfora, e molto meno plateale di un Pino Calvi, questo “vicentino per caso”, nato nel 1924 all’ombra del Palladio da sartina napoletana e sarto abruzzese, si distingueva per una naturale inclinazione al bello. La stessa immancabilmente colta da quanti, negli anni ‘30, al conservatorio di Vicenza si imbattono in questo studente di violino stregato dal genio di Mozart, nonché sensibile allo swing di Natalino Otto. Figura longilinea, charme naturale, tratti assorti, gestualità contenuta, eloquio rarefatto quanto gentile. Tutto in Gianni Ferrio sublima quell’eleganza che, dopo studi di medicina interrotti a causa di una grave malattia, lo adagia fra le braccia di una Musica da sempre amatissima, coltivata con matematica passione, magistralmente espressa sia nel dirigere che nel comporre. Fra gli anni ‘50 della sua partenza da Vicenza e gli anni ‘80 del suo congedo dalla televisione, Gianni Ferrio lascia poche canzoni. Tutte rigorosamente belle. E naturalmente eleganti. Declinando ora la rumba di “Piccolissima serenata”, ora il melodramma di “Ora o mai più”, ora le reminiscenze dixieland di “Quando mi dici così”, ora la teatrale grandeur di “Parole parole”. Alla fine il Maestro esce di scena, nel 2013, lasciandoci in eredità il sospetto che, forse, altri capolavori sono rimasti incollati ai tasti del suo pianoforte. Magari intuiti e intravisti, fra una prova generale e l’altra, dall’inseparabile Alba, o dal fantasma del nonno Raffaele Gautiero, maestro di serenate nella Napoli Ottocentesca di Eduardo

Di Capua e Salvatore Di Giacomo. D’altra parte, basta ascoltare il tema de “Il volo di Teo”, riservato a quanti si accostano al sito internet di Gianni Ferrio, per intuire le sconfinate potenzialità di una vocazione armonica educata, quanto naturale. Lo rammentano citazioni e memorie di una carriera e un repertorio personale di proporzioni inusitate: colonne sonore, arrangiamenti, spettacoli teatrali, varietà, musical, concerti sinfonici in cui rivisitare l’adorato George Gershwin. Con la netta sensazione che, dagli anni ‘50 delle orchestrine dirette a Vicenza tra una festa studentesca e l’altra, agli album in cui Mina gli affidava i suoi smisurati talenti, il tratto costante risulti quello di un divertimento inesauribile e multiforme. Applicato ora a un balletto delle gemelle Kessler, ora al copione di un western all’italiana, ora a un evergreen di Cole Porter. Con l’accortezza, quando si tratta di accostare le parole alle note, di rivolgersi non a parolieri, ma ad “autori” come Antonio Amurri, Giorgio Calabrese, Roberto Lerici. Incontri e complicità i cui effetti canori risplendono nel concerto in memoria di Gianni Ferrio proposto dalla Società del Quartetto al teatro Comunale di Vicenza. La data da segnare è il prossimo 15 aprile. Quando il sipario si aprirà su solisti e voci di una città che, anche dopo l’addio di Gianni Ferrio, ha continuato a cantare. A dirigerli sarà il sassofonista e compositore Ettore Martin. Avendo come obbiettivo, e non come miraggio, musicali intrecci di grazia e di eleganza. Le stesse che si usavano al tempo dei “Maestri”. ●


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