Quaderno di Scuola

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ringhi al moccioso - schifoso piccolo esserino - mentre cerchi di spiegare al tuo diavoletto - o angelo?interiore che sì, in effetti strangolare qualcuno non è propriamente fargli del bene. “ Ma nemmeno poi così male no?” riprende il diavolo tentatore “solo un pugnetto nel plesso solare, un piccolo pugnetto” ripende, la voce mielosa, e il desiderio ti avvolge, come melassa ti si attacca addoso, seguendo le curve della tua psiche, aderendo ai tuoi più profondi recessi. “no?” sibili mentalmente. « Io non mi spooooooosto ! » cantilena intanto quella piattola sgradevole e quanto mai insopportabile. “Dai su, un colpo, uno solo” riprende quella vocetta facendo breccia nel tuo autocontrollo. « Andrea spostati, ora ». « Altrimeeenti? ». « Ora! ». Eccola lì, la goccia che fa traboccare il vaso, assaltata su due fronti, due vocette - una petulante e l’altra dolce e comprensiva - ti hanno spremuto ogni goccia di pazienza. L’autocontrollo fa armi e bagagli, inizi a vedere rosso, senti i muscoli irrigidirsi, le mani si serrano, le nocche sbiancano, il profumo della cucina svanisce dalla tua sfera percettiva sostituito dall’odore disgustoso del cavolo; e scatti. La destra si muove da sola e colpisce, lì nel plesso solare, in quella zona priva di muscoli dove sai che farà più male. Senti la carne contro le nocche, il tempo come bloccato. E poi il rosso svanisce e tu torni in cucina con un fratello urlante fra i piedi e l’odore dolce della fragole nelle narici. Vedi Andrea lanciarsi sul telefono prima che lo faccia realmente e lo senti urlare che lo hai aggredito mentre torni furente in camera. Schianti a terra lo zaino e ti butti a peso morto sul letto affondando il volto nei cuscini. « Stasera mi aspetta un’altra bella strigliata ». Brontoli rassegnata. Tanto ormai è la prassi. Lui provoca e tu ne paghi le conseguenze.

E invece ti sbagliavi, non sono venuti a urlarti contro, ma quello che accade è infinitamente peggio, è degradante, sgradevole e ti spinge al pianto. Li senti, là in cucina che nemmeno ci provano a tenere bassa la voce, a calunniarti, a dire a lui di quanto tu sia violenta, instabile e di come ti approfitti di lui che è piccolo e indifeso - lui che ha spaccato un vetro con un pugno ! - . Serri la mascella cercando di controllarti. Continuano, implacabili, insensibili, a dire di quanto tu sia inaffidabile di quello che non fai MAI - e dire che un matematico dovrebbe saperlo che “sempre e mai” mal si adattano alla vita reale - e di quei comportamenti a sentire loro ricorrenti e odiosi che così spesso tieni. E ancora continuano, pare che abbiano deciso di ricordare a voce alta e in modo falso le tue mancanze dell’ultimo decennio. L’umiliazione si gonfia e riempie la tua sfera emotiva, il già precario equilibrio psicologico salta e le lacrime rompono l’argine e iniziano a rigarti le guance senza freno, calde, tremendamente irritanti. Ti addormenti sul letto, la guancia destra premuta sul cuscino e le lacrime che ancora scivolano sul viso, sogni di volare via, nel bianco, per sempre. E sai che quando domani ti risveglierai sarai ancora lì, in quel mondo così pieno di colori, cosi crudele e così tremendamente bello. E sai che ti laverai il viso e quando sarai a scuola ti costringerai a ridere, e scherzare e a fare finta di nulla. Sai che nasconderai ancora e come sempre il peso che hai nel cuore, affidandolo a quei momenti in cui tutto svanisce e rimane la pace, affidandoti al vuoto, ora e sempre, perché non ce la fai ancora a pensare di buttare tutto fuori, di sfogarti con chi ti è vicino. È molto più semplice scappare in fondo, no?

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