Il testo e il problema - La Divina Commedia

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letteratura italiana libro aperto

DIV 2A · Il sincretismo medievale: Roma, le Muse, Apollo

Ciascuna delle cantiche della Divina Commedia si apre con la presentazione della materia (protasi) e con l’invocazione a una divinità pagana (le Muse, Apollo), cui il poeta chiede l’ispirazione. Nell’Inferno protasi e invocazione si presentano all’inizio del secondo canto, in quanto il primo fa da proemio all’intera opera (infatti l’Inferno è composto di 34 canti, a differenza delle altre due cantiche che ne hanno 33). L’invocazione alla divinità costituisce un’imitazione dei modelli classici (nei testi qui riportati i modelli sono soprattutto Virgilio e Ovidio). Ma Dante rinnova profondamente il significato di tale invocazione perché, nel suo poema – e ciò appare sempre più evidente via via che dall’Inferno si sale al Purgatorio e al Paradiso –, dietro le divinità pagane credute vere dai poeti antichi si cela l’unica divinità creduta vera da Dante: il Dio dei cristiani. Riportiamo, di seguito, la protasi e l’invocazione di ciascuna delle tre cantiche.

1 Lo gi orno… che non erra: Il giorno tramontava (se n’andava) e l’oscurità della sera (l ’aere bruno; è una metonimia, perché viene usato il concreto al posto dell’astratto) liberava (togl i eva) dalle loro fatiche gli esseri animati (ani mai , latinismo) che vivono sulla terra; mentre invece (e, con valore avversativo) io solo, unico <tra questi esseri> (i o sol uno), mi apprestavo (apparecchi ava) ad affrontare la sofferenza (a sostener l a guerra) sia (sì ) del viaggio (cammi no), sia dell’angoscia <suscitata dai tormenti dei dannati> (pi etate; il termine ha, in Dante, significato diverso dall’attuale “pietà”), che (pronome relativo con funzione di complemento oggetto, riferito a «guerra») la memoria (mente; è il soggetto della relativa), che ricorda con esattezza (che non erra), riferirà (ri trarrà). Il secondo canto si apre con l’indicazione dell’ora in cui comincia il viaggio: è trascorsa l’intera giornata che era iniziata all’alba nella «selva oscura», e il giorno volge ormai al termine. Il tramonto del sole richiama anche, allegoricamente, la condizione dell’uomo ottenebrato dal peccato. I versi 4-5 contengono, in forma molto sintetica, la protasi, ossia l’indicazione della materia della cantica: «la guerra / sì del cammino e sì de la pietate», ossia la sofferenza fisica affrontata da Dante nel suo viaggio, e la sofferenza morale dovuta alla visione dei patimenti dei dannati. 2 O muse… nobi l i tate: O Muse, o

<mio> elevato ingegno, ora aiutatemi; o memoria (mente) che registrasti (scri vesti , metafora) ciò che io vidi, qui si misurerà (si parrà, lett. si manifesterà) il tuo valore (nobi l i tate). Le Muse, divinità pagane protettrici delle lettere, delle arti e delle scienze, sono invocate da Dante in ossequio alla tradizione classica.

[Inferno, canto II, vv. 1-36]

Per quanto riguarda il canto II dell’Inferno, analizzeremo un brano un po’ più ampio: dopo protasi e invocazione, infatti, Dante espone le proprie convinzioni circa il significato provvidenziale dell’Impero romano, presentando il suo trionfo politico come una preparazione del mondo all’avvento del cristianesimo. Il brano qui antologizzato si inserisce in una serrata discussione tra Dante e Virgilio, a proposito della necessità di compiere il viaggio nell’oltretomba. Dante manifesta i suoi dubbi, dicendosi indegno di questa missione. Tali dubbi saranno in seguito risolti da Virgilio, il quale lo informerà che il DIV8 ] . suo viaggio è voluto dalla Vergine Maria [

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno m’apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra1.

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate; o mente che scrivesti ciò ch’io vidi, qui si parrà la tua nobilitate2.

Io cominciai: «Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s’ell’è possente, prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.

Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente3.

Il riferimento all’«alto ingegno» dimostra la sua consapevolezza dell’importanza della propria opera di poeta (cfr. Inferno, I, DIV1a]), ma tale riferimento v. 87 [ va letto alla luce del v. 9: Dante, più che vantare la propria abilità, vuole qui lanciare una sfida a se stesso. 3 Io comi nci ai … sensi bi l mente: Io

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cominciai <rivolto a Virgilio>: «O poeta che mi guidi, guarda se la mia capacità (vi rtù) è adeguata (possente; il pronome «ell’», dopo la prolessi del sostantivo «virtù», è pleonastico), prima che tu mi destini (fi di ) al difficile viaggio (al to passo). Tu dici <nell’Eneide> che il padre (parente, latinismo) di S ilvio (cioè


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