I'M Magazine Prova

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a leggenda narra che sul finire del secolo XVI un uomo che era stato arrestato ingiustamente, mentre veniva trascinato in catene dai gendarmi, vide crollare un muro di cinta ed apparire un’immagine della Vergine. Promise che se fosse stato scarcerato, come voto avrebbe fatto erigere una lapide d’argento, e così fece. Per quanto riguarda l’origine della Cappella, si dice che fu Giovan Francesco de Sangro a farla costruire per proteggere la lapide dalle intemperie, e che nel 1749 Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero, la fece ampliare arricchendola di opere di grande valore. Oggi la Cappella Sansevero è considerata un gioiello del patrimonio artistico napoletano. È composta da un’unica navata a pianta longitudinale con quattro archi a tutto sesto; la volta, raffigurante la Gloria dello Spirito Santo, fu affrescata da Francesco Maria Russo nel 1749 e ha al centro raffigurata la colomba dello Spirito Santo che porta nel becco un triangolo, simbolo della Trinità. Sopra le finestre ci sono sei medaglioni di un verde brillante con i ritratti dei santi della famiglia de Sangro e altri sei sugli archi delle cappelle, opera del Queirolo, raffiguranti i cardinali. Purtroppo il pavimento originale è andato perduto alla fine dell’Ottocento, l’unico campione rimasto si può ammirare nel passetto antistante la tomba del principe. La lapide in marmo rosa, decorata lungo il perimetro da un prezioso ricamo, sembra non esser fatta da mano umana, in quanto l’elogio funebre è intagliato senza scalpello e creato con un procedimento a base di solventi chimici inventati dal de Sangro, ancora oggi rimasti un mistero. Meritano di essere citate due meravigliose opere collocate nella Cappella: la prima rappresenta il monumento funebre dedicato alla madre del principe, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, morta quando il figlio aveva sono pochi mesi. Fu realizzata dal Corradini che raggiunse la perfezione artistica nel modellare il velo posto sul corpo della donna. A destra dell’altare maggiore c’è l’omaggio funebre al padre di Raimondo de Sangro, Antonio, che forse è l’opera più bella del Quierolo. Si narra che dopo la morte della moglie Cecilia l’uomo per il dolore si diede ad una vita avventurosa, affidando il figlio al nonno; in vecchiaia si pentì

5. Panoramica dall’alto Foto di: Massimo Velo Museo Cappella Sansevero ©

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SETTEMBrE-oTToBrE 2009


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