Il Piccolo Giornale del Cremasco

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Speciale Economia

Sabato 28 Aprile 2012

Api: valorizzare la produzione locale

«Aumentate i controlli sull’import»

Il presidente di Reindustria a sostegno del rilancio del territorio e dell’imprenditorialità

Giuseppe Capellini: «Riportare l’economia reale al centro del sistema

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«Rilanciare l'economia, aumentare l'occupazione, sono solo parole e concetti generali. Tutti ne parlano, ma nessuno dà le istruzioni per l'uso»: con questa premessa il presidente Api Alberto Griffini si appresta ad indicare i punti di intervento che il settore del commercio sente come più urgenti. «Bisogna favorire l'economia locale, aumentando i controlli alle frontiere dell'Europa: troppi prodotti importati non sono a norma. Tutti i container devono essere controllati: non solo la carta (fatture ecc), occorre fare anche controlli di tipo tecnico. L'Europa è fatta di 450 milioni di abitanti e non può soggiacere passivamente ai paesi emergenti , proprio quelli che gli economisti ci indicano sui quali puntare per le esportazioni, quando questi si permettono di porre dazi del 40% (India) fino all'80% (Brasile)». Dal punto di vista dell'occupazione, prosegue Griffini, «il lavoro deve essere più flessibile; le troppe tasse e la poca flessibilità impediscono gli investimenti dall'estero. Anche la burocrazia andrebbe ridotta. L'Europa, sempre di piu' tutta l'Europa, e' un continente in crisi e solo ritrovando la

voglia di combattere tutti insieme puo' trovare la forza di riprendersi». «L'idea del "low cost" ha ubriacato classe dirigente e popolo minuto, senza che nessuno mai formulasse l'equazione "bassi prezzi per lungo tempo, nessuno stipendio al termine dell'operazione". Se non si fa nulla, se non si mantiene una base produttiva locale, presto avremo una situazione sudamericana. Pochi molto ricchi e tutti gli altri a soffrire». Tra le questioni da affrontare anche quella delle tasse legate alle importazioni e agli scambi internazionali. «Dazi o non dazi? E' un dettaglio, ma come minimo uguali regole. Anzi, basta spirito olimpico, servono regole che a parità di molte altre cose premino i produttori locali». A cambiare il proprio ruolo e la propria policy dovrebbero essere, inoltre, le banche, responsabili di credere nei progetti ed incentivare lo sviluppo locale, per un diretto intervento a favore della ripresa economica: «Il compito delle banche dovrebbe essere quelli di credere nei progetti aziendali e sostenere le piccole e medie imprese, anziché dare o addirittura proporre finanziamenti a chi li ha già».

«Le banche dovrebbero credere nelle imprese territoriali»

iforme che fanno discutere e interventi che dividono l'opinione pubblica: il rilancio dell'economia italiana ed europea passa attraverso un difficile percorso di cambiamento. Sono misure adeguate? Ne parliamo con Giuseppe Capellini, presidente di Reindustria. «Reputo che l’esecutivo stia portando avanti un’azione di governo incisiva, volta a una reale cambiamento dell’Italia. In attesa che parta la fase due, cioè la crescita, sarà possibile valutare nel prossimo futuro se effettivamente questo porterà a un rilancio della competitività e all’incremento dell’occupazione, ma di certo si è iniziato a parlare di alcuni nodi cruciali che da troppi anni non venivano affrontati. Per incrementare l’occupazione bisogna prima creare competitività, e per far ciò bisogna ribaltare il sistema su cui si è appoggiato il nostro Paese, dando vita a una vera e propria nuova fase e riportare l’economia reale e l’imprenditorialità al centro del sistema. Le idee ci sono e sono giuste, ma come sempre i passaggi parlamentari possono portare a modifiche sostanziali che potrebbero causare un annacquamento della proposta iniziale. Rimaniamo in attesa». La stagnazione della domanda interna è uno dei problemi prioritari per l’Italia: in che modo si dovrebbe intervenire? «Viviamo in un Paese con il reddito procapite tra i più bassi d’Europa e una tassazione reale tra le più alte ed è su questi due punti che bisogna agire. Una tassazione più equa che diminuisca la pressione fiscale a carico delle famiglie, ma soprattutto occorre portare i livelli di reddito più vicini a quelli dei nostri partner europei. Bisogna fare in modo che una maggiore flessibilità del mondo del lavoro porti a delle buste paghe più alte, che permettano ai lavoratori di avere maggiore capacità di spesa e di risparmio. La storiella che i nostri redditi sono bassi perché il costo della nostra vita è bassa non sta più in piedi. Sono frequenti le vi-

Giuseppe Capellini

cende di giovani italiani che andando all’estero sono riusciti a raddoppiare la loro busta paga». La crescita in Italia è ferma da troppo tempo, come le associazioni di categoria sottolineano continuamente. In che modo il nostro Paese può tornare ad essere davvero competitivo? «Bisogna lavorare su più fronti. Innanzitutto, le aziende si devono mettere in testa che la loro competitività dipende dalla loro capacità di stare sul mercato internazionale. La domanda interna non tira e devono imparare a competere con le aziende estere. La managerialità dev’essere illuminata, propositiva, proiettata al futuro. La competitività del nostro Paese dipende anche dall’attrazione che riesce a esercitare sugli investitori stranieri. Sembra che l’articolo 18 sia il nodo di tutto, quando invece ci sono problemi strutturali ben più importanti, per esempio la corruzione, gli sprechi e i costi della politica. Bisogna inoltre puntare sulla ricerca e sull’innovazione, sulla sburocratizzazione, favorire una maggiore imprenditorialità da parte dei cittadini, dar vita a una

nuova fase che sia in grado di liberare le energie incatenate del nostro Paese». Entrando nella dimensione locale, cosa possono fare le istituzioni per favorire il recupero del tessuto economico? Cosa chiedete a chi ci amministra? «Le istituzioni locali devono tornare a essere soggetti aggregatori e punti di riferimento per politiche in grado di dar vita a un prodotto territorio che sia attrattivo e competitivo. Questo può tradursi in varie azioni. Supportare iniziative di reti locali, capaci di mettere insieme diverse micro e piccole realtà imprenditoriali appartenenti allo stesso settore per l’elaborazione di progetti comuni e migliorare la competitività dell’economia locale. In relazione all’evento Expo che si svolgerà tra tre anni, noi come Reindustria abbiamo presentato il mese scorso un progetto con protagonista non una singola città, ma l’intero territorio. Le istituzioni devono lasciar perdere gelosie di parte e collaborare per presentare una proposta turistica condivisa, capace di mettere in luce i diversi aspetti del nostro territorio. Due esempi che esplicano perfettamente il ruolo della politica: aggregare, coordinare». La difficile questione del credito: le aziende faticano ancora molto a ottenere finanziamenti. Quale dovrebbe essere, invece, il ruolo delle banche? « Sarà banale dirlo, ma le banche devono tornare al loro ruolo di supporto all’economia locale. Siamo arrivati a un punto tale in cui anche chi pone ottime garanzie fatica ad accedere al credito e si crea il rischio di dar vita ad un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Anche sul nostro territorio le banche locali, assieme alle associazioni di categoria, si stanno impegnando per sollevare il problema».

«L’art. 18 non è il vero problema: lo sono corruzione, sprechi e costi della politica»


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